CHIARA, Giuseppe (in giapponese, Okamoto Sanuemon; postumo, Nyūshen Jōshin Shinji)
Nacque a Chiusa Sclafani (Palermo) nel 1603 ed il 2 sett. 1623 entrò nella Compagnia di Gesù a Napoli (Arch. Rom. Soc. Iesu, Neap. 178, f. 95v). Dopo aver studiato teologia per quattro anni ed insegnato grammatica (Ibid., Neap. 82, f. 119v, n. 32), nel 1635 ottenne di partire missionario "nell'Indie" (Ibid., Neap. 103, f. 209r), come aveva ripetutamente richiesto a cominciare dal 26 genn. 1623 con otto lettere (Ibid., Fondo Gesuitico-Indipetae 737, n. 10, 472; 738, n. 170/1, 207/1, 337/1; 739, n. 91; 740, n. 38/1). Si imbarcò il 13 aprile a Lisbona insieme con M. Mastrilli, considerato il capo del gruppo dei missionari destinati in Giappone, e l'8 dicembre giunse a Goa (Ibid., Neap. 176, ff. 269r-287r). Riprese il viaggio nell'aprile 1636 insieme con il Mastrilli e altri tre compagni; ma nel Mar Cinese Meridionale la presenza di vascelli olandesi nemici costrinse la loro nave a mutar rotta e, anziché sul Giappone, a puntar su Manila, dove giunse il 31 luglio 1636. Il 20 ottobre, lasciato il Mastrilli a Manila, il C. e gli altri partirono alla volta di Macao, ma naufragarono a poca distanza dalla costa delle Filippine (D. Bartoli, Il Giappone, Roma 1660, pp. 464-469). Dopo una lunga sosta in un'isola dell'arcipelago filippino, il C. riuscì a raggiungere Macao nel 1639 e in questa città si accinse allo studio del giapponese, dove, a suo dire, fece rapidi progressi (sua lettera da Macao in data 12 nov. 1639, in Arch. Rom. Soc. Iesu, Iap.-Sin. 34, ff. 205r-206r).
Tornato a Manila, nel 1643, insieme con altri tre gesuiti, P. Marquez, A. de Arroyo e F. Cassola, un fratello giapponese e cinque laici, partì per il Giappone, allora precluso alla predicazione dei missionari.
Si trattava di una impresa disperata, di un viaggio senza ritorno, data la sorveglianza esercitata dalle autorità giapponesi e le severissime misure da esse prese nei confronti di coloro i quali avessero osato sbarcare per svolgere opera di evangelizzazione. Come i componenti della precedente spedizione guidata da A. Rubino e conclusasi tragicamente nel 1642, il C. e i suoi compagni apparivano animati da un'eroica determinazione, perché si proponevano anch'essi di riscattare con un eventuale sacrificio l'onta gettata sulla Compagnia dal vicario provinciale C. Ferreira, il quale, imprigionato dai Giapponesi e sottoposto a tortura, aveva finito per apostatare.
Il C. e i compagni sbarcarono il 27 giugno 1643 nell'isoletta Kajime-Ōshima, sita a nord di Chikuzen nel Kyushu, ma furono subito catturati e trasportati prima a Nagasaki, quindi il 27 ag. 1643 a Edo (l'odierna Tokyo) (Sokkyohen, VI, pp. 1-3). Qui vennero interrogati ripetutamente dalle autorità giapponesi assistite dallo stesso Ferreira in qualità di interprete (A. Montanus, pp. 42-44) e sottoposti alla tortura del pozzo.
Questa consisteva nell'appendere per i piedi i condannati e calarli in una stretta fossa, dove erano lasciati morire lentamente di fame e di congestione cerebrale. Finché non perdevano conoscenza, essi potevano salvare la vita manifestando in qualche modo l'intenzione di apostatare, come ad esempio invocando il nome di Buddha o facendo risuonare una campanella sistemata vicino alle loro mani.
Nessuno dei componenti del gruppo resistette alla prova, ma per qualche tempo circolarono in Europa voci contrastanti circa la sorte del Chiara. Secondo alcuni, il C. "dal supplicio ancor vivo levato al carcere, exausto dalla forza de' sopportati tormenti, finì martire glorioso" (lettera dal Tonchino di F. Marini al generale della Compagnia in data 2 maggio 1649, in Arch. Rom. Soc., Iesu, Iap.-Sin. 18, II, f. 284r). Invece, secondo le fonti giapponesi (Sokkyohen, VI, pp. 34-39, e Kirishito-ki, 1907, p. 648), anche il C. cedette e dopo la forzata conversione al buddismo ebbe assegnata una pensione, consistente in dieci razioni di cibo e un kanme di argento (kg 3,75), nonché attribuito un nuovo nome: Okamoto Sanuemon, già appartenente ad un samurai condannato a morte e di cui ereditò anche la spada. Infine gli vennero concessi due servi ed imposta la compagnia di una giovane donna, vedova di un altro condannato alla pena capitale. Ciononostante non riottenne la libertà, ma fino alla morte fu trattenuto in virtuale prigionia, prima a Tenmacho, quindi a Iidamachi e infine a partire dal 1646 a Kobinata, sempre nella città di Edo, venendo incaricato di scrivere opere sul cristianesimo e costretto a firmare libelli contro di esso.
Così il 12 giugno 1658 sottoscrisse una dichiarazione secondo cui non è peccato per un cristiano uccidere un infedele ostile alla fede, foss'anche il suo genitore o superiore (Kirishito-ki, 1907, pp. 653-654). Ma più tardi, allorché tra il 25 febbraio ed il 15 marzo 1674 venne incaricato di scrivere un libro sul cristianesimo, egli ne diede una esposizione in tre volumi che evidentemente non soddisfece i suoi carcerieri. Questi infatti intensificarono da allora le misure di sorveglianza nei suoi confronti e il 21 nov. 1675, dubitando della sincerità della sua apostasia, lo sottoposero ad un interrogatorio che si concluse con un rinnovato invito ad abbracciare una delle religioni del Giappone (Sokkyohen, VI, pp. 34-39). L'8 sett. 1677 venne redatto un inventario dei libri in suo possesso (Okamoto Sanuemon Hikki, ff. 45r-46v).
Negli ultimi anni della sua vita si occupò forse di giardinaggio presso il tempio buddhista di Muryōin (Voss-Cieslik, Kirishito-ki..., p. 29).
Morì a Edo il 24 ag. 1685.
Il suo cadavere venne cremato nel recinto del tempio di Muryōin, dove fu innalzata una stele che nella parte superiore riproduce la forma di un cappello di prete (Sokkyohen, VI, p. 38). Distrutto il tempio, la lapide fu trasferita dapprima nel cimitero di Zoshigaya a Tokyo, quindi nel seminario salesiano di Chofu, dove attualmente si trova. Dieci anni dopo la morte del C., il 27 febbr. 1695, morì a settantaquattro anni sua "moglie" (Sokkyohen, VI, p. 38).
Oltre alle lettere sopramenzionate, il C. fu autore di una relazione sul Mastrilli, da lui inviata a Roma da Macao in due copie, come egli afferma nella sua lettera del 12 nov. 1639 e di cui si servì il Bartoli. Nessuna traccia di essa è stato possibile rinvenire nell'Arch. Rom. Soc. Iesu. Opere in lingua giapponese del C. si trovano in due manoscritti conservati a Tokyo: il primo, intitolato Okamoto Sanuemon Mōshiage (Detti di O. S.), ff. 9 e datato 1829, si trova nella Biblioteca della università Tōyō, coll. 190.21:OS-2; il secondo, intitolato Okamoto Sanuemon Hikki (Note di O. S.), ff. 56 e datato 1878, si trova nella Biblioteca Naikaku Bunko, coll. 42.601. 1.193-593. Anche nel testo del Kirishito-ki, edito nel 1907, si trovano scritti del C. e in particolare merita tener presente il manoscritto di questo, non preso in considerazione dagli editori del 1907, conservato attualmente presso la Library of the Congress di Washington (Orientalia Japanese 190-084, I-II), soprattutto i ff. 2v-8v del II volume. La collazione dei suddetti manoscritti permette di ricostruire in parte il testo dell'opera in tre volumi sul cristianesimo che venne scritta dal C. negli anni 1674-75 e tradotta parzialmente in tedesco da Voss-Cieslik, Kirishito-ki..., pp. 95-109. Ad essa fa riferimento il letterato confuciano Arai Hakuseki (1657-1725) allorché afferma di avere consultato un'opera sul cristianesimo in tre volumi, fornitagli dall'ufficio dello Shōgun perché se ne servisse nel corso dell'interrogatorio del missionario Giovan Battista Sidotti (1666-1714), arrestato anch'egli dopo lo sbarco in Giappone (Arai Hakuseki, Seyō Kibun, 1975, pp. 10, 17).
Il C. appartenne a quell'esiguo numero di missionari, i quali, dopo aver ceduto sotto la tortura, rimasero per il resto dei loro anni in Giappone conducendo una vita grama per umiliazioni e rimorsi. La sua triste sorte interessò scrittori giapponesi di epoche posteriori, come Honda Toshiaki (1744-1821), che ne tessé l'elogio nella biografia da lui scritta di un "romano", confondendo però particolari della vita del C. e di Sidotti: "Questo grande maestro mutò il suo nome durante la permanenza in Giappone assumendo quello di Okamoto Sanuemon, in conformità ai severi ordini ricevuti. Purtroppo quest'uomo, che avrebbe potuto rendersi utile in qualche modo, fu crudelmente ignorato durante i quaranta e più anni da lui vissuti in Giappone" (Seiki Monogatari, 1970, p. 122). Di recente il romanziere Shusaku Endo si è liberamente ispirato alla figura del C. per il personaggio principale del suo romanzo Chimmoku (Silenzio), Tokyo 1966 (trad. ingl., ibid. 1969; trad. ital., Milano 1973). Dal romanzo è stato tratto nel 1971 un film dallo stesso titolo diretto da M. Shinoda. Infine il 25 maggio 1977 è stata eretta una stele alla sua memoria nel recinto del tempio buddista Denzūin a Tokyo.
Fonti e Bibl.: Dagregisters van de factorij te Hirado en te Deshima,1633-1833, vol. 57, alle date 4 luglio 1643 e 2-3 novembre 1644, ms. del sec. XVII, in Algemeen Rijkarchief Eerste Afdeling, 's-Gravenhage Bleijenburg (trad. giapp. con commento di N. Murakami, Nagasaki Orandashokan no Nikki [Diario della fattoria olandese di Nagasaki], I, Tokyo 1956, pp. 220, 367); Kirishito-ki (Memorie sul Cristianesimo), ms. del 1658 circa, edito in Zokuzoku Gunsho Ruiju, Tokyo 1907 (rist. 1970), XII, pp. 626-668 passim; D. Bartoli, Dell'Historia della Compagnia di Giesù. Il Giappone, Roma 1660, pp. 464-469; A. Montanus, Ambassades memorables de la Compagnie des Indes,Orientales des Provinces Unies vers les Empereurs du Japon, Amsterdam 1680, pp. 21-24, 42-46, 56; Sayō Yoroku (Documenti vari sulla stregoneria), ms. del 1691 circa, edito in Zokuzoku Gunsho Ruijū, XII, pp. 598-625; Arai Hakuseki, Seiyō Kibun (Notizie sull'Oceano Occidentale), ms. del 1724 circa, edito in Iwanami Bunko, Tokyo 1936, pp. 15, 22, 140 (nuova ediz., ibid. 1975; trad. ingl. di S. R. Brown, Sei yo kibun,or annals of the Western Ocean, in Journ. of the North China Branch of the Royal Asiatic Soc. (Shanghai), II (1865), pp. 56, 61, 65, 67, 70; III (1866), p. 44; Honda Toshiaki, Seiki Monogatari (Storie delle contrade occid.), ms. del 1798 circa, edito in Nihon Shisō-Taikei, XLIV, Tokyo 1970, p. 122 (trad. ingl. di D. Keene, The Japanese Discovery of Europe 1720-1830, Stanford 1969, pp. 211-213); Sokkyohen (Testi anticristiani), ms. del 1855 circa, in Biblioteca Shōkōkan, Mito (altra copia posteriore, qui tenuta presente, in Bibl. d. Univ. Waseda, Tokyo, VI, pp. 1-3 e 34-39); J. M. Dixon, Christian Valley, in Transactions of the Asiatic Society of Japan (Yokohama), XVI (1888), 3, pp. 210-211; M. Anesaki, Kirishitan Shumon no Hakugai to Sempuku (Persecuzione e clandestinità della religione cristiana), Tokyo 1926, pp. 13-16, 97-102; Id., Kirishitan Dendo no Kohai (Crescita e decadenza della propaganda missionaria cristiana), Tokyo 1930, pp. 726-731; G. Voss-H. Cieslik, Kirishito-ki und Sayo-yoroku,Yapanische Dokumente zur Missiongeschichte des 17. Jahrhunderts, Tokyo 1940, ad Ind.; C. R. Boxer, The Christian Century in Japan 1540-1650, Berkeley-London 1951 (n. ediz., 1967), ad Ind.;H. Cieslik, Kirishitan no Gakkō no okeru Humanism (L'umanesimo nella dottrina cristiana), in Daigaku to Humanism (Scienza e umanesimo), Tokyo 1953, pp. 199-203; A. Ebisawa, Nanban Gakuto no Kenhyú (Studi sulla cultura dei Nanban), Tokyo 1958, pp. 18-23; Id., Christianity in Japan, I, 1543-1858, Tokyo 1960, p. 49; J. Wicki, Liste der Jesuiten Indienfahrer 1581-1758, in Aufsätze zur portugiesischen Kulturgeschichte, VII, Münster1967, p. 295; J. F. Schütte, Introductio ad Historiam Societatis Iesu in Iaponia 1580-1650, Romae 1968, pp. 275-76, 375, 374, 849; J. Jennes, A History of the Catholic Church in Japan, Tokyo1973, pp. 170-173; H. Cieslik, The Case of Christovão Ferreira, in Monumenta Nipponica, XXIX (1974), 1, pp. 32-40; Furusato Bunkyō(Cultura del paese), settembre, ottobre e novembre 1976, giugno 1977; Katorikku Shimbun (Giornale cattolico), 19 giugno 1977.