CIVRAN, Giuseppe
Nacque a Venezia il 7 maggio 1578, quarto dei sei figli maschi di Bertucci (1547-1603; non va escluso che questi coincida con quel Bertucci Civran largamente presente in operazioni assicurative, di cui in A. Tenenti, Naufrages,corsaires et assurances... à Venise..., Paris 1959, passim) diAlvise (1519-1576) e di Donata di Giuseppe Michiel.
Uomo d'un qualche rilievo il padre, che fu capo del Consiglio dei dieci, savio alla Mercanzia, provveditore al Sal e consigliere di S. Croce; tra i fratelli del C. si distinguono soprattutto Antonio (1575-1642), che sarà capitano del Golfo e provveditore generale in Dalmazia, e Girolamo (1582-1646), che sarà provveditore generale di Palma, luogotenente a Udine, capitano di Padova, podestà di Brescia, consigliere di Cannaregio, mentre più sbiaditi appaiono Giovanni, Piero (1571-1621), che farà parte dei Dieci savi, Luigi (1573-1615), che morirà senza poter assumere la carica, cui era stato eletto, di rettore di Rettimo, e Francesco (1583-1616), che sarà governatore di galea grossa e capitano della guardia di Candia.
Dopo essere stato eletto giudice "de l'esaminador", "visdomino al fontego dei tedeschi", del Collegio dei dodici, della Quarantia civil nova e della Quarantia civil vecchia, dei venti savi, provveditor al cottimo di Alessandria, il C. venne nominato, il 15 maggio 1616, provveditore e castellano a Cerigo, carica che esercitò dalla primavera del 1617 all'inizio del 1620.
Rilevabile, tra le poche sue lettere inviate dalla lontana isola, quella del 12 luglio 1617 attestante - proprio quando il duca d'Ossuna manifestava la sua ostilità per Venezia e si sospettava incitasse la Porta ad assalire Caridia - una marcata manifestazione ottomana d'intenti non aggressivi: "alli 7 del corente scrive il C., ... passò avanti questa fortezza... l'armata del signor Turco al numero di 54 vele. Quando fu in vista, tirò segno di siguranza et... venuta incontro la fortezza, salutò ad uso d'armata con strepito di voci e con salva d'archibugiate et sparro de tutta l'artigliaria. Effetto veramente insolito "et estraordinario" commenta il C., che, stupefatto da tale rumorosa "dimostratione d'honore", ricambiò a sua volta "il saluto con l'artigliaria" del forte. D'un certo interesse pure la relazione, presentata dal C. il 9 apr. 1620: l'isola, egli scrive, ha 7.500 abitanti, tra i quali sono "descritti" 730 "soldati", ripartiti in due "compagnie", la prima di 350 uomini col privilegio di dover "servire con l'arcobuso" soltanto, l'altra di 380 uomini sottoposti, invece, al "peso dell'altre fattibni". Ridicolo, comunque, l'armamento, poiché limitato ad "arcobusi da uccellare male in ordine e poco atti al mestier dell'armi"; donde il suggerimento di sostituirli con "quantità corrispondente di moschetti". Buona, al contrario, la situazione della "fortezza" costruita "sopra un picciol monte di sasso vivo"; ma vi mancano "vettovaglie" e "monitioni" e difficile è l'approvvigionamento d'acqua.
Dopo essere stato membro del Senato, il 29 marzo 1622 il C. venne eletto console di Siria, carica che aveva rifiutato, ancora nel 1610, suo fratello Piero. Si recò così ad Aleppo, dove rimase tre anni, ricevendo gli elogi del Senato per i suoi sforzi volti "a radricciare quel negozio mercantile" e a incoraggiare i "sudditi" veneti a non desistere dai traffici malgrado gli "aggravi" che ne intralciano l'attività e le continue "operationi dei corsari".
Certo la buona volontà può al più ritardare la decadenza commerciale, non arrestarla, tant'è vero che, nella relazione del 21 ag. 1625, egli non può far altro che illustrarne le cause. Alle contingenti - tipo la "ribellione del subagì di Bagdad" e l'instabilità politica in genere - che "impediscono il corso delle carovane", si aggiunge l'ineliminabile "ingordigia" degli "appaltatori dei dazi", che nemmeno il bassà riesce a frenare, dannosissima per i "mercanti" di Venezia, peraltro "ridotti in sole cinque case". Ma il motivo determinante del contrarsi dell'intrapresa mercantile è costituito dalla concorrenza vincente delle "pannine condotte da' fiamminghi ed inglesi", il cui smercio s'impone sempre più ora che "il Persiano", già solito vestirsi "tutto di panno e del più ricco", preferisce la "tela". Muta la domanda: si preferiscono le "londre". Donde lo "smacco notabile" della produzione di lusso proveniente da Venezia. Ulteriore minaccia, poi, "nuova scala" oceanica degli Olandesi "per cavar le sete di Persia, la maggior parte de' quali capitano in Soria".
Successiva incombenza d'una certa importanza del C. - che, nel frattempo, risulta dei sessanta del Senato, dei sessanta della "zonta" di questo, dei quarantuno elettori del doge Nicolò Contarini, nonché provveditore alle Biade - la nomina, del 12 ag. 1633, a provveditore sopra i sali in Istria.
Qui per un anno, tra il novembre del 1633 e il novembre del 1634, vigilò contro gli assidui "contrabbandi", ostacolò l'installazione di concorrenti "saline de' imperiali", cercò di "travagliare" il più possibile gli "interessi de' triestini", intenti ad "ampliare le loro saline", e controllò, avendo sempre di mira il "publico interesse", l'"incanevo" del sale nei "magazeni" all'uopo adibiti. Problema arduo questo dell'immagazzinaggio, non essendovi "magazeni" adeguamente spaziosi e in numero sufficiente, sì che quasi "tutti restano occupati con il sale degli anni passati", sul quale insiste anche nella relazione del 16 nov. 1634.
Di nuovo della "zonta" dei Pregadi, successivamente provveditor in Zecca, quindi degli otto "sopra la tansa de qua da canal" e, poi, senatore provveditor alle Beccarie e savio alla Mercanzia, il C. partì, il 9 ott. 1637, in qualità di provveditor generale di Candia, alla volta dell'isola che raggiunse alla fine di dicembre trattenendovisi sino all'aprile del 1640.
Suo compito il controllo dei porti, degli arsenali, degli approvvigionamenti, dei forti, delle cisterne, delle saline, delle "militie", dell'"incanto de' datii", della viabilità, della sicurezza costiera. Grave il contrasto con Girolamo Priuli, il rettore di Rettimo, che, ad onta dei suoi "ordini", maltrattava la popolazione, "onde gl'infelici a tutte l'hore mi molestano... chiedendomi soccorso"; e in effetti il C. dovette rappresentare agli occhi degli abitanti un'autorità non esosa, se, come scrive il capitano di Candia, Marco Bragadin, partì salutato da fervidi "applausi" riconoscenti. Diligente, la Relation sul provveditorato offre un attendibile spaccato sull'isola, qual era cinque anni prima dell'aggressione ottomana: "fertile" e popolato il territorio della "metropoli", Candia; "scarso de grani" quello della Canea; angustiato dal "mancamento di biade" quello di Rettimo; sterile e disabitata Scittia. Dai 254.040 abitanti complessivi si estraggono i 78.800 uomini "da fattione", a loro volta suddivisi in "privilegiati" "cernide" "angarici"; 38.000 sono questi ultimi, i quali "servono con obligo della galera" (andrebbero trattati meglio, azzarda velatamente il C., visto che "nessun altro prencipe del mondo impartisce a' sudditi" siffatto "aggravio"). 3.100 altresì i "fanti" pagati presenti nell'isola ed afflitti da pesanti condizioni di vita. Insufficienti i "bombardieri", per lo più, inoltre, "inhabili, senza pratica, disciplina o peritia alcuna"; la cavalleria, infine, consta di 2104 uomini, ma resta scadente, se non altro per la "mancanza de cavalli". Prossima a verificarsi la previsione del C. che "il Turco, con la vicinità de' stati, con tanto numero di militie, con la sua gran potenza" decida d'"intraprender l'impresa" della conquista della isola. Né ignora lo scarso attaccamento alla Serenissima della popolazione che fa presente, indirettamente, laddove auspica che i sudditi siano accarezzati, ben trattati, mantenuti in fede e devotione, perché, oppressi et angariati soverchiamente da' cavalieri padroni de' feudi, alcune volte da' rappresentanti stessi con essecutioni e rigori estraordinari, si riducono poi alla disperatione, abandonano il regno, si portano in paese turchesco" donde "fomentano i nemici" all'aggressione.
Una volta a Venezia il C. - che dopo il 1634 spesso lamentava i "patimenti" derivantigli dal "dolor di pietra" e i tormenti "di gotta" e, dall'inizio del 1640, "febre maligna continua" - morì nel novembre del 1640.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, 55, c. 5-5r; le rel. di Cerigo e di Candia: Ibid., Senato. Relazioni, buste 84 e, 80, la relazione al ritorno da Candia è stata altresi edita con accanto la traduzione greca, a cura di S. G. Spanaki, in Κ0ηητικὰ Χρὸνικα, XXI (1969), pp. 365-458; lett. del C. da Cerigo del 5 apr., 12 luglio, 27 ag., 10 sett. 1617: Ibid., Senato. Lettere rettori Candia, filza 8, e cenni sul C.: ibid., filza 18, in lett. del 20 ag. e 24 nov. 1639, 16 e 29 apr. 1640, 6 febbr. 1640 m.v.; la rel. e lett. del C. provveditore sopra i sali in Istria: Ibid., Senato. Lettere di provv. da terra e da mar, filze 351A e 351B (la rel. al ritorno dell'Istria è stata ed. in Atti e mem. della Soc. istriana di arch. e st. patria, VI [1889], pp. 147-154); lett. del C. da Candia ibid., 792; lett. del C. da Capodistria; Ibid., Capi del Consiglio dei X. Lettere di rettori e altre cariche, busta 257, nn. 207, 212, 213; disposizioni al C.: Ibid., Senato. Deliberazioni Costantinopoli, regg. 14, cc. 215r-216r; 15, cc. 70v-71r, 166v-167r; 16, c. 17; una disposizione del C. a favore del quasi ultimato monastero "di ritto et ordine greco" a Candia, in Venezia, Civico Museo Correr, ms. Venier, b. XXXV/2; copia di ducale al C. del 21 ag. 1637: Ibid., cod. Cicogna, 2402/50; lett. del C., da Candia, tra l'ag. 1638 e l'ag. 1639 al bailo Alvise Contarini, in Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, 1092 (= 8532): Lett. di diversi ad A. Contarini, cc. 24r-62r passim, 94; la rel. di Siria in Relaz. dei consoli veneti in Siria, a C. di G. Berchet, Torino 1866, pp. 161-164; Senato rettori. Deliberazioni..., in Atti e mem. della Soc. istriana di arch. e storia patria, XIX (1902), pp. 20-25 passim; Calendar of state papers... in the archives... of Venice, XXIV, a c. di A. B. Hinds, London 1923, pp. 57 s.; G. Berchet, La Repubblica di Venezia e la Persia, Torino 1865, p. 90; G. Gerola, Imonumenti ven. nell'isola di Creta, I, Venezia 1905, pp. 557-567 passim, 666 ss.; IV, ibid. 1932, pp. 27, 151; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma s. d. [1927], p. 212; F. Antonibon, Le rel. a stampa di amb. ven., Padova 1939, p. 117; F. Sassi, La politica navale veneziana dopo Lepanto..., in Arch. veneto, s. 5, XXXVIII-XLI (1946-47), pp. 185 n. 1, 186 n. 2; British Museum. gen. Cat. ..., XXXVIII, London-Beccles 1944, col. 480; G. Mazzatinti, Invent. dei mss. delle Bibl. d'It., LXXXVII, p. 16.