COSTETTI, Giuseppe
Nacque a Bologna il 13 sett. 1834 da Paolo e da Carolina dei conti Troni. Laureatosi in giurisprudenza, il C. iniziò con scarso entusiasmo l'attività forense che abbandonò definitivamente dopo i primi insuccessi. Maggiore fortuna ottenne, invece, il suo esordio di autore teatrale, avvenuto nel 1854 a Bologna con la rappresentazione della commedia La scuola dei generosi che riscosse un'accoglienza benevola da parte del pubblico. Il protagonista della commedia, ossessionato dal rimorso per avere ucciso in duello un amico, e innamorato di una fanciulla che scopre amata anche dal figlio della sua vittima, sacrifica il proprio amore in espiazione del delitto commesso.
L'inaspettato successo incoraggiò il C. a scrivere nuove commedie e drammi in cui predomina un gusto romantico di ascendenza dumasiana, particolarmente evidente nel dramma La morte del conte di Montecristo (in collaborazione con L. Gualtieri; Bologna 1854) che presenta i moduli tipici del dramma popolare con intrighi, rocambolesche avventure e tragici eventi in grado di suscitare una facile commozione tra il pubblico.
Nella prima produzione teatrale del C., in seguito rinnegata dall'autore ormai affermato, si preannunciano già alcuni temi e motivi che contraddistingueranno le opere della maturità, dirette alla rappresentazione della vita borghese contemporanea. La commedia La fossa dei leoni (Torino 1858) contiene infatti precisi riferimenti sociali e politici nella descrizione di una certa gioventù dell'epoca, oziosa e depravata, e nell'incitamento finale inneggiante alla libertà, che provocò l'intervento della censura quando l'opera fu rappresentata a Roma il 6 giugno 1859, mentre era in corso la guerra contro l'Austria e imminente la liberazione della Lombardia da parte delle truppe franco-piemontesi.
Nel 1860 il C., che era entrato nella pubblica amministrazione l'anno precedente, venne assunto al ministero della Pubblica Istruzione dove più tardi ricoprì la carica di direttore generale delle Belle Arti. Tuttavia il lavoro impiegatizio non distolse il C. dalla sua attività teatrale, stimolandolo anzi a comporre un'opera satirica sulla vita degli impiegati governativi, Le mummie (Torino 1863; ed. Milano 1876), che prelude alle Miserie di Monsù Travet di V. Bersezio.
I successivi lavori teatrali del C. documentano sempre più l'evoluzione dall'iniziale repertorio tardo romantico, costituito da drammi macchinosi e privi di ogni verosimiglianza storica e sociale, al naturalismo di scene che pretendono mostrare gli aspetti salienti della società italiana postunitaria, avviata ormai ad una rapida trasformazione politica ed economica. Il figlio di famiglia, rappresentato a Torino nel 1864, vinse il premio nel concorso drammatico governativo e segno l'ingresso del C. nella schiera degli autori teatrali più seguiti e acclamati dal pubblico.
Meno convincente risultò il dramma d'intonazione moralistica, Il dovere (Firenze 1866 e Milano 1880), in cui un integerrimo magistrato, Edmondo Del Monte, posto di fronte alla dolorosa alternativa di condannare o assolvere il figlio colpevole della donna che egli amò in gioventù e tuttora ama, non rinuncia al suo dovere di inflessibile tutore della legge. All'insuccesso dell'opera contribuirono la poca credibilità dei personaggi ridotti a semplici strumenti di una tesi, la presenza di dialoghi estremamente convenzionali e la palese artificiosità che sosteneva l'azione drammatica. Seguirono la farsa Gli dei d'Omero (Firenze 1867) e le commedie Un'ora di sconforto (Firenze 1867), La lesina (Milano 1868 e 1880), scritta appositamente per l'attrice Giacinta Pezzana, e Nubi d'estate (Venezia 1870).
Del 1871 è uno dei drammi più riusciti I dissoluti gelosi (Firenze 1871; ed. Milano 1873), nel quale il matrimonio tra la bella e virtuosa Luisa Verani e il dissoluto conte Giuliano Aroldi si rivela ben presto un'unione infelice, tormentata dai continui sospetti del conte nei riguardi della moglie innocente.
Una schiera di personaggi minori partecipa in vario modo al dramma della coppia, suscitando gelosie e litigi, mentre l'azione procede incalzante verso la scena finale in cui il conte è abbandonato dalla moglie, accortasi troppo tardi di avere sposato un uomo fatuo e corrotto. L'abilità dimostrata dall'autore nel delineare il carattere del conte moderno don Giovanni torturato da una morbosa gelosia, che proietta sugli altri le proprie colpe, e l'andamento vivace e scorrevole delle scene, furono apprezzati dal pubblico e dalla giuria che dichiarò il C. vincitore del concorso drammatico svoltosi a Firenze nel 1871.
Nel decennio seguente il C. portò sulle scene un numero notevole di commedie che tentarono inutilmente di emulare il successo dei Dissoluti gelosi. Dopo L'ospitalità di Firenze (Firenze 1871). allegoria politica composta con V. Carrera in occasione del trasferimento della capitale da Firenze a Roma, e Sposi in chiesa rappresentata a Roma nel 1872, il C. presentò la commedia Le compensazioni (Firenze 1874; ed. Milano 1876) il cui elaborato intreccio stabilisce un complesso sistema di gratificazioni e frustrazioni che ricompensano o puniscono i vari personaggi della commedia in base ai loro comportamenti virtuosi o disonesti. Compensazioni sociali, morali e perfino giuridiche concorrono a dimostrare la validità del concetto che il bene e il male si bilanciano vicendevolmente, ma caricano lo svolgimento della commedia con digressioni tali da generare inevitabilmente noia e fastidio nel pubblico, come di fatto avvenne. Né migliore sorte toccò alla commedia Solita storia (Milano 1875; ed. idem) che affronta il tema dell'adulterio, destinato a sostituire nella commendia borghese di fine secolo l'ormai superato soggetto dell'amore contrastato.
Nel 1881 il C. riconquistò pubblico e critica con il dramma storico Libertas (Torino 1881; ed. Milano 1882) che vinse nello stesso anno il concorso drammatico di Torino.
Il lavoro piacque per l'equilibrata fusione di ricostruzione storica ed invenzione scenica raggiunta dal C. nella drammatica vicenda, ambientata a Bologna verso la fine del Settecento, che contrappone al rigido marchese Orsi, devoto alla S. Sede, e imbevuto di tutti i pregiudizi della sua casta, l'intrepida figura del genero, seguace delle nuove idee diffuse dalla Rivoluzione francese. Ma presto le prime prove del teatro verista segneranno, nel sensibile mutamento di gusti e interessi, l'inevitabile declino dei drammi storici e patriottici, falsamente oleografici. Da questo momento il C. scriverà sempre meno opere teatrali, divenendo invece un appassionato ed instancabile raccoglitore di notizie, memorie e aneddoti sul teatro dell'Ottocento.
I dati storici spesso sono offerti al lettore sotto forma di ricordi personali, come nelle autobiografiche Confessioni d'un autore drammatico (Bologna 1883) che ottennero una lusinghiera prefazione del Carducci. Nella prima parte dell'opera il C. rievoca in toni tra il serio e il faceto, i timori e le speranze che accompagnarono il suo debutto teatrale, la spensierata vita bohémien degli anni giovanili e il particolare clima storico che precedette l'unificazione d'Italia. La seconda parte più rapidamente passa in rassegna i lavori drammatici che il C. diede alle scene dal 1860 in poi, nei tre periodi in cui Torino, Firenze e infine Roma ospitarono la sede del governo. Il pittoresco microcosmo formato da attori, capocomici, amici dei comici, ecc., che già si intravvede in alcuni episodi delle Confessioni, costituisce il principale argomento dei Bozzetti di teatro (Bologna 1883).
Nel divertente volumetto sfilano davanti agli occhi del lettore, coadiuvate da una prosa agile e briosa, le gustose macchiette del "capocomico", ferocemente ostile all'autore e sempre pronto "a contrastargli i pochi decimi dei suoi così detti diritti", della disinvolta "servetta", malinconicamente trasformata dalla commedia borghese in una "rispettabile dama di compagnia, impettita e dignitosa", del chiassoso "brillante", meraviglia e terrore dei caffè e biliardi di second'ordine.
A criteri più scientifici si ispirarono le opere La Compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855 (Milano 1893) e Il teatro italiano nel 1800 (Rocca San Casciano 1901) nelle quali il C. ripercorre le tappe fondamentali nella storia del teatro italiano dell'Ottocento. Ma frequenti anacronismi ed una consultazione incompleta delle fonti archivistiche denunciano i limiti dell'indagine storica condotta dal C. sull'origine e il successivo sviluppo della famosa compagnia reale sarda, di cui furono mecenati i re di Sardegna. D'altra parte il tentativo di esporre organicamente le molteplici esperienze che caratterizzarono il teatro italiano dell'Ottocento si risolve in una congerie di notizie, impressioni e considerazioni, non suffragate da alcuna seria interpretazione storica.
Gli ultimi anni della sua esistenza il C. li trascorse in un completo oblio, scomparsi ormai dalle scene teatrali i lavori che gli avevano procurato una certa notorietà. Morì a Roma il 13 marzo 1928.
Fonti e Bibl.: C. Trevisani, Delle condiz. della letter. dramm. ital. nell'ultimo ventennio, Firenze 1867, pp. 153-156; A. Franchetti, rec. a G. Costetti, I dissoluti gelosi, in La Nuova Antol., maggio 1871, pp. 203-210; L. Capuana, G. C., in Il teatro ital. contemp., Palermo 1872, pp. 41-49; A. Franchetti, rec. a G. Costetti, Le compensazioni, in La Nuova Antol., settembre 1874, pp. 205-208; Id., rec. a G. Costetti, Solita storia, ibid., aprile 1875, pp. 1032-1035; A. De Gubernatis, Diz. biogr. d. scrittori ital., Firenze 1879, p. 322; A. Franchetti, rec. a G. Costetti, Libertas, in La Nuova Antol., LXV (1882), pp. 540-543; G. Roberti, rec. a G. Costetti, La Compagnia reale sarda, in Giorn. stor. della lett. ital., XXIII (1894), pp. 267-274; A. De Gubernatis, Piccolo Diz. d. contemp. italiani, Roma 1895, p. 272; G. Carducci, preg. a G. Costetti, Le confessioni di un autore drammatico, in Ceneri e faville, III, Bologna 1902, pp. 281-289; F. Martini-G. Biagi, G. C., in Il primo passo, Firenze 1923, pp. 8188; L. Tonelli, Il teatro ital., Milano 1924, pp. 384, 396; R. Simoni, Scrivere una commedia, in Il Corriere della sera, 31 maggio 1948; M. Apollonio, Storia del teatro italiano. IV, Firenze 1950, pp. 84, 103, 129; G. Carducci, Lettere (ed. naz.), XIV, p. 177; G. Mazzoni, L'Ottocento, II, Milano 1956, pp. 1014-1026; B. Croce, La letter. della nuova Italia, II, Bari 1974, p. 105; Enc. d. Spett., III, coll. 1574 s.; Diz. encicl. della letter. ital., II, Bari 1966, p. 148; E. Bonora, Diz. della letter. ital., Milano 1977, p. 135; Encicl. Ital., XI, p. 652.