CUBONI, Giuseppe
Nacque a Modena da Luigi e da Carolina Camuncoli il 2 febbr. 1852.
Di famiglia originaria della Sardegna trasmigrata a Modena, presso la cui corte ducale il nonno era stato maestro di cappella, seguì durante la sua giovinezza il padre (dapprima anch'egli musicista, quindi, caduto il ducato, funzionariodelleintendenze di Finanzadeinuovo Stato italiano) nei suoi trasferimenti in diverse città della penisola, Bologna, Milano, Firenze e infineRoma. Qui conseguì nel 1872 la licenza liceale e si iscrisse alla facoltà di medicina seguendone per qualche tempo i corsi: fu infatti uno studio di anatomia umana il primo lavoro, pubblicato nel 1874 sulla rivista universitaria L'Ateneo. Ma l'anno seguente, attratto dall'insegnamento di G. De Notaris, il C. passò alla facoltà di scienze naturali e da quel momento si avviò senza incertezze su questa nuova via, guidato dall'insigne maestro che del giovane allievo aveva osservato ed apprezzato l'acuto ingegnoela passione per lo studio.
Sorse così tra i due botanici una cordiale intimità scientifica ed una salda amicizia, cementata in seguito da un vincolo familiare, quando il C., laureatosi nel 1877, pochi giorni prima della morte del De Notaris, ne sposò la figlia Virginia e venne assunto come assistente all'Orto botanico della capitale, dove rimase per quattro anni, completando la sua preparazione scientifica. Pubblicò in quel periodo una sola memoria, Nuovi studi sulla natura della malaria, in Mem. d. R. Accad. d. Lincei, classe di scienze fisiche matematiche e nat., s. 3, IX (1881), pp. 3-15, in collaborazione con E. Marchiafava: un lavoro che, nonostante concordi con Peziologia bacterica confutata da studi posteriori, è da ricordare perché è una delle prime conferme sperimentali della trasmissibilità della malattia attraverso il sangue.
Nel 1881 si trasferì a Conegliano, alla Scuola di viticultura e di enologia, per coprirvi la cattedra di scienze naturali, fino al 1885, e poi quella di botanica e di patologia vegetale. In questo istituto, primo del genere in Italia, rimase fino al 1887, quando venne chiamato, in seguito a concorso, a dirigere la stazione di patolo vegetale di Roma.
In questo periodo che il C. raggiunse una meritata fama in Italia e all'estero per i suoi studi sulla Peronospora della vite, il gravissimo parassita fungino segnalato in Italia pochi anni prima, nel 1879. Nel ricco vigneto sperimentale di Coneglianoebbea sua disposizioneurio spazio idoneo per una serie di esperimenti, in base ai quali approfondì lo studio della biologia della Peronospora, ne scoprì e illustrò la forma larvata e provò vari metodi di lotta, pervenendo in seguito a proporre l'uso della poltiglia bordolese in formula ridotta all'1%, che tanto vantaggio e risparmio ha portato alla viticoltura europea e che, sotto il nome di "formula Cuboni", è ancora oggi comunemente usata. Fu merito dello stesso C. la diffusione della lotta antiperonosporica: egli svolse infatti un'assidua opera di propaganda con articoli, conferenze, pubblici esperimenti.
L'attività scientifica di questo periodo comprese ancora studi sull'anatomia e fisiologia delle foglie di vite sane e peronosporate, trattate e non trattate; ricerche sulla probabile origine dei saccaromiceti, in cui erano espresse previsioni che trovarono successive conferme; indagini sul micromiceti e sui batteri delle cariossidi di granoturco in rapporto alla pellagra; e varie traduzioni e collaborazioni in campo micologico.
Direttore della stazione di patologia vegetale di Roma dalla sua fondazione, ne fu geniale ed attivissimo animatore ininterrottamente per trentatré anni, fino alla morte, riuscendo a farne, quantunque con mezzi inadeguati, un centro di alto livello scientifico, coadiuvato in ciò da assistenti quali U. Brizi, V. Peglion, L. Petri, B. Peyronel, R. Perotti, G. B. Traverso. Portato dal suo abito mentale eminentemente sintetico e dalla sua vasta cultura naturalistica e filosofica a comprendere qualunque problema nella sua interezza, considerando di qualsiasi fenomeno cause ed effetti, il C. fu tra i pionieri di un nuovo indirizzo della patologia vegetale.
Egli comprese che questo ramo della scienza non doveva essere limitato alla ricerca e allo studio dei parassiti delle piante coltivate e dei mezzi più efficaci per combatterli, ma che occorreva tener conto delle cause predisponenti, dell'ereditarietà, degli effetti della selezione (della quale fu tenace assertore): che insomma bisognava dare alla patologia vegetale una nuova base fisiologica e biologica, oltre alla vecchia base sistematica, e che era necessario piuttosto prevenire che reprimere. Continuando dunque ad occuparsi scrupolosamente di casistica fitopatologica, come era richiesto dalle sue mansioni, si accinse anche ad affrontare, con criteri biologici e sperimentali, lo studio delle più gravi malattie delle piante coltivate: così che, sotto la sua direzione, molti difficili problemi della patologia vegetale vennero studiati a fondo e spesso felicemente risolti o avviati alla soluzione.
Il C. fu soprattutto un maestro. Del lavoro di ricerca e di sperimentazione che si compiva nella stazione di patologia vegetale egli era davvero la mente direttiva, pur lasciando ai suoi collaboratori la più ampia libertà di metodo e di idee, in modo che dal contrasto delle diverse vedute si potesse giungere alla conquista della verità. Molto numerosi furono gli argomenti trattati, dalla brusca dell'olivo al mal d'inchiostro del castagno, dalla rogna dell'olivo a quello della vite, dalla fersa del gelso al roncet della vite, dalla Peronospora dei cereali al mal bianco delle querce; e poi ancora furono oggetto di studio le alterazioni prodotte dalla fillossera sulle radici della vite e quelle prodotte sulle piante dai fumi e dai vapori tossici emessi dagli stabilimenti industriali, l'azione del gelo sulle gemme della vite, le malattie delle colture artificiali dei funghi mangerecci, l'aborto fioreale dell'olivo; furono condotte ricerche sui fermenti del vino, sulla microflora, dei terreno agrario, sull'origine delle galle e dei fatti teratologici in generale e sulle condizioni di recettività delle piante per determinate malattie, per non citare che i temi di maggior importanza.
Dal 1898 il C. ricoprì presso la facoltà di scienze naturali dell'università di Roma la cattedra di patologia vegetale: di essa, del resto, egli era stato tra i primi a sostenere il carattere di scienza autonoma ed aveva ottenuto, dopo accese perorazioni, che venisse inclusa negli ordinamenti della facoltà.
Per i suoi meriti accademici e scientifici ebbe in seguito la nomina a socio dell'Accademia dei Lincei. In tali sedi, avvalendosi della sua personale esperienza maturata nelle frequenti visite per motivi di ufficio alle diverse regioni italiane, egli trattò a lungo e profondamente il problema dell'agricoltura meridionale e portò dal campo politico-sociale al campo tecnicoagrario la questione agraria del Mezzogiorno, asserendo in scritti, conferenze, conversazioni che il problema dell'agricoltura nell'Italia centromeridionale era essenzialmente un problema di biologia vegetale. Fu suo merito quello di aver visto chiaramente e di aver sostenuto tra i primi l'importanza della ricerca scientifica e dell'applicazione tecnica per la ripresa dell'agricoltura nel Meridione, inducendo il ministero a fondare a Bari una stazione sperimentale per l'aridocoltura, intesa a trovare specie e varietà di piante agrarie adatte alle condizioni climatiche di quelle regioni.
Ammiratore, nei primi anni della sua formazione scientifica, del Darwin, non tanto per le sue speculazioni teoriche, quanto per il fecondo impulso che aveva dato al metodo sperimentale nel campo della biologia, il C. accolse con pari entusiasmo le nuove teorie che, in fatto di evoluzione e di eredità, sorsero all'inizio del sec. XX in seguito alla riesumazione ed alla rivalutazione delle scoperte del Mendel, rimaste ignorate e incomprese per vari decenni. Egli se ne fece banditore in Italia, avendone capito la grande importanza non soltanto scientifica e filosofica, ma soprattutto pratica. Soleva affermare che i piselli e i fagioli del Mendel dovevano trovare posto nella storia della scienza accanto alla lampada di Galileo e alla rana del Galvani; e prevedeva che il mendelismo avrebbe aperto nuovi orizzonti per il miglioramento delle piante coltivate, sottraendo all'empirismo la pratica antica dell'ibridazione, per inquadrarla in precise leggi matematiche, e che ne sarebbe nata una nuova scienza di somma utilità per l'agricoltura, la genetica sperimentale.
In tale fase dei suoi studi il C. ascriveva a sua grande fortuna di essere stato il primo italiano, o almeno il primo agronomo italiano a visitare la celebre stazione di Svalöf diretta dallo svedese Nilsson. In quel viaggio, compiuto per incarico dell'Istituto internazionale di agricoltura allo scopo di studiare le condizioni degli istituti sperimentali agrari nei principali Stati europei, il C. ammirò i sorprendenti risultati ottenuti dal Nilsson con l'ibridazione e la selezione dei cereali e di altre piante erbacee, risultati che egli per altro già conosceva teoricamente, e poté farsi una chiara idea dei metodi seguiti. Di qui ebbe origine l'indirizzo di studio e di ricerca seguito da N. Strampelli nella stazione sperimentale di granicoltura di Rieti, della quale il C. aveva suggerito l'istituzione: si dovettero pertanto in buona parte a lui i notevoli risultati, universalmente riconosciuti, conseguiti dallo Strampelli.
Nella seconda metà della sua vita il C. fu una delle più spiccate personalità della scienza italiana: ne fanno fede le sue pubblicazioni, non ingenti di mole, salvo qualcuna, ma dense di idee e feconde di risultati, specchio della sua natura limpida e modesta.
Fece parte di innumerevoli commissioni governative, quali quelle per la fillossera, per le malattie delle piante, il Consiglio superiore dell'istruzione agraria e il comitato permanente dell'Istituto internazionale di agricoltura. In queste sedi svolse opera volonterosa e spesso proficua per la riforma dell'insegnamento agrario superiore, per il potenziamento delle stazioni sperimentali, per l'organizzazione dei servizi fitopatologici, per la legislazione fitopatologica in Italia e nei rapporti internazionali, intorno al quale argomento avrebbe dovuto ancora una volta riferire nell'assemblea generale che si apriva proprio il giorno in cui morì.
Figlio di musicisti, il C. nutriva una viva passione per la musica, di cui era buon conoscitore. Come tale appunto lo ricordò il D'Annunzio nel suo romanzo Il trionfo della morte.
Morì a Roma il 3 nov. 1920.
I lavori pubblicati dal C. sono circa duecentotrenta, molti dei quali ristampati in periodici diversi e parecchi tradotti in varie lingue. I titoli più importanti sono: Sulla Peronospora viticola, in Riv. di viticol. ed enol. ital., V (1881), pp. 60-67, 129-138; La Peronospora e il secco, ibid., pp. 469ss.; La Peronospora viticola ricompare, ibid., VII (1883), pp. 343s.; La Dematophora necatrix, ibid., pp. 385-392; Studi botanici sulla vite, ibid., pp. 718-722; I rimedi contro la Peronospora, ibid., IX (1885)., pp. 321-27; Le cause del disseccamento dei grappoli, ibid., X (1886), pp. 449-455; Relazione intorno alle esperienze per combattere la Peronospora..., ibid., pp. 705-16, 737-752; Rimedi contro la Peronospora delle viti, in Boll. di notizie agr., VIII (1886), pp. 3-7; Malattie delle viti nella provincia di Roma, ibid., pp. 1691s.; Istruzioni per conoscere e combattere la Peronospora della vite, in Ann. di agric., CXII (1886), p. 35 (in coll. con G. B. Cerletti); Synopsis mycologiae venetae secundum matrices, Patavii 1886 (in collab. con V. Mancini); La Peronospora dei grappoli - Studi di patologia vegetale, in Atti d. Congr. naz. d. Bot. critt. Parma, Varese 1887, pp. 97-108; Sylloge Hymenomycetum, in P. A. Saccardo, Sylloge fungorum..., V, Patavii 1887, pp. 1-1146; VI, ibid. 1888, pp. 1-928 (in coll. con P. A. Saccardo e V. Mancini); La Peronospora delle rose, in Le Staz. sper. agr. it., XIV (1888), pp. 295-308; Sulla erinosi nei grappoli della vite, ibid., XV (1888), pp. 524-527; Sulla cosidetta "uva infavata" dei colli Laziali, ibid., pp. 528-31; La clorosi, ibid., XVI (1889), pp. 40-46; Il "mal del secco" nei grappoli d'uva, ibid., XVII (1889), pp. 469-476; I fermenti del vino, in Boll. d. Soc. gen. d. vitic. ital., IV (1889), pp. 193ss.; La Peronospora nei tralci, ibid., pp. 378s.; La selezione dei lieviti, ibid., pp. 508s.; Sui bacteri della "rogna della vite", in Rendic. d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 4, V (1889), 1, pp. 570-73; Peronospora e zolfiramati, in Nuova Rass. di vitic. ed enol., IV (1890), pp. 656-59; La poltiglia bordolese deve essere applicata sulla pagina superiore o sulla pagina inferiore delle foglie ?, in Boll. d. Soc. gen. d. vitic. ital., V (1890), pp. 343s.; Il carbonato calcio-magnesiaco in viticoltura, ibid., pp. 420s.; Sull'uso come concime di parti di viti peronosporate, ibid., pp. 572ss.; Comunicazione sulla Peronospora entro le gemme della vite, in Boll. di not. agr., XIII (1891), pp. 736ss.; Il rossore della vite e il Tetranychus telarius, in Nuova Rass. di vitic. ed enol., V (1891), pp. 634-38; I Bacteri contenuti nei vini itaturali e negli artificiali, in Boll. d. Soc. gen. d. vit. ital., VII (1892), pp. 141s.; La putredine delle radici (Dematophora), ibid., pp. 124ss.; I fermenti selezionati nella vinificazione, ibid., VIII (1893), pp. 337ss.; Sulle cause della fasciazione dello Spartium junceum L. e nel Sarothamnus scoparius Wim., in Bull. d. Soc. bot. ital., XXVI (1894), pp. 281-2; Malattie crittogamiche dei gelso, in Boll. di not. agr., XVI (1894), pp. 285-93; La comparsa della Cecidomya destructor Say nell'Agro romano, ibid., pp. 143s.; L'azione dei sali di rame nei trattamenti contro la Peronospora, in Boll. d. Soc. gen. d. vitic. ital., IX (1894), pp. 292s.; La fersa del gelso, ibid., X (1895), pp. 321-28; Per quali cause le piante coltivate siano danneggiate da malattie..., in Le Staz. sper. agr. ital., XXIX (1896), pp. 101-116; La malattia del castagno nell'anno 1896, in Boll. di not. agr., XIX (1897), pp. 196-215; Urta grave calamità negli olivi, in Boll. d. Soc. agr. ital., III (1898), pp. 125-28; La Patologia vegetale al principio e alla fine dei sec. XIX, ibid., V (1900), pp. 219-30; La Teratologia vegetale e i problemi della biologia moderna, in Riv. di sc. biol. aprile-maggio1900, ristampato in: Annuario d. R. Staz. di patol. veg. di Roma, I, Modena 1901, pp. 165-217; La variabilità delle piante riprodotte per seme..., in Boll. d. Soc. agr. ital., VI (1901), pp. 456-462; Ricerche sulle malattie delle piante, I, Modena 1901; Le leggi dell'ibridismo secondo i recenti studi, in Boll. d. Soc. agr. ital., VIII (1903), pp. 554-564; Sopra una malattia infesta alle colture dei funghi mangerecci, in Rendic. d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 5, XII (1903), pp. 440-43 (in coll. con G. Megliola); Nuove osservazioni sulla Peronospora delfrumento..., ibid., s. 5, XIII (1904), pp. 545ss.; Sul roncet, in Boll. d. Soc. agr. ital., XII (1907), pp. 548-63; Le conoscenze attuali sulla patologia dell'olivo, in Boll. d. Soc. di Olivicult., I (1907), pp. 53-60; I nuovi progressi della biologia vegetale applicati all'agricoltura, in Atti d. Soc. ital. per il progr. d. scienze, Parma 1908, pp. 162-173; Sopra una erisifacea parassita del pesco in rapporto col nuovo oidio delle querce, in Rendic. d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 5, XVIII (1909), pp. 325 s. (in coll. con L. Petri); Organisation du service internatiortal d'information relatif à l'expansion et à l'intensité des maladies qui frappent les plantes cultivées..., in Proc. verb. de l'Ass. gén. de l'Inst. intern. d'agric., Rome 1909, pp. 85-91; Sull'organizzaziorte di difesa contro le malattie delle piante in Italia, in Boll. d. Soc. agr. ital., XVI (1911), pp. 723-27; Collaboration internationale pour combattre les maladies les plus destructives des plantes utiles, in Ass. gén. de l' Inst. intern. d'agric., Rome 1911, pp. 335-347; Ricerche sulle malattie delle piante, II, Modena 1912; La dose dei rame nei trattamenti antiperonosporici. L'uno per cento è sufficiente, in L'Italia vinic. ed agr., III (1913), pp. 273s.; Una rivoluzione nella biologia. Dal darwinismo al mendelismo, in Atti d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat.; II (1914), pp. 697-702; Certiti sulla storia del giardinaggio in Roma ed origini della villa Venosa, in La villa Venosa in Albano Laziale, Bergamo 1917, pp. 1-33; La lotta contro la Peronospora. Oggi e quarant'anni fa, in Boll. mens. di inform. e not. d. Staz. di patol. veg. ed Osserv. fitopat. di Roma, I (1920), 3-4, pp. 35-40.
Fonti e Bibl.: G. B. Traverso, Scritti scelti cuboniani, Pavia 1924; Boll. mens. di inform. e not. d. Staz. di patol. veg. di Roma, I (1920) (in cui è contenuta la bibl. completa a cura di G. B. Traverso), pp. 141-154.