CURTI (Corte, Dalla Corte, Della Corte), Giuseppe
Figlio di Giacomo, come risulta dall'unica indicazione di archivio oggi nota, un estimo del 1605, in cui è segnalato a Verona in località Fratta (Trecca, 1910), fu operoso come pittore tra la seconda metà del Cinquecento e il primo quinquennio almeno del secolo successivo.
Il casato, evidentemente un toponimo, varia, nelle firme sui dipinti e nel documento citato, da "Cor." a "De Corte", "De Corti", "A Curte" tanto che la Tea (1913), probabilmente a causa della firma sul dipinto di Cima di Valsolda, dubitava doverlo chiamare più propriamente Della Corte.
La data 1571 sulla Madonna col Bambino e i ss. Michele e Giovanni Battista sull'alt.ar maggiore della parrocchiale di Provaglio Sopra (Brescia), su cui il Vaglia (comunicazione scritta) ha potuto leggere: "Isepo Cor / P. Verone 1571" (cfr. anche Vaglia, 1948), colloca la nascita del C. entro il 1550.
Le prime generiche notizie che se ne hanno sono tarde, già settecentesche: Dal pozzo (1718, p. 144) Si limita a ricordare la pala, su cui lesse la firma e la data 1591, con S. Pietro e gli Apostoli nella chiesa veronese di S. Eufemia (perduta in un incendio alla fine del Settecento durante l'occupazione francese: cfr. Dalla Rosa, 1803-1804, pp. 72 s.); il Lanceni (Divertimento, 1720, pp. 49, 78, 100) ne amplia il catalogo segnalando nella provincia veronese dipinti, anch'essi purtroppo perduti, a S. Giovanni Battista di Rivoli (S. Giovanni Battista e le ss. Lucia e Apollonia: la data del 1653 indicata dal Lanceni appare evidentemente un refuso o un errore di lettura), a S. Zeno di Piovezzano (Madonna col Bambino e le ss. Caterina, Apollonia e Lucia) e a Bonferrar nella chiesa di S. Maria (Immacolata Concezione e il ritratto di due committenti). Su questa scarna base si muove, senza nulla aggiungere, il resto della letteratura setteottocentesca, dal Cignaroli allo Zannandreis, al Bernasconi. In realtà anche il Biancolini (Notizie..., 1749, I) e il Dalla Rosa (1803-1804, p. 185), descrivendo la chiesa di S. Zeno in Oratorio a Verona, ne ampliano il catalogo: tuttavia il fatto che lo chiamassero in questo caso "Dalla Corte" ha fatto sì che la loro inedita aggiunta non fosse notata da chi poi del C. s'è occupato. Il Biancolini gli attribuisce infatti una Madonna e i ss. Zenone e Pietro martire, pala dell'altare a sinistra di S. Zeno in Oratorio, in questo contraddetto dal Dalla Rosa che assegna, invece, al malnoto pittore la pala dell'altare maggiore con Il Padre Eterno, la Madonna e i ss. Zenone e Niccolò. Purtroppo questi due dipinti, generalmente assegnati il primo a Felice, il secondo a Domenico Brusasorci (cfr. Dal Pozzo, 1718, p. 269; Lanceni, Ricreazione..., 1720, p. 189), risultano ora dispersi e perciò le due contrastanti indicazioni incontrollabili: in entrambi i casi, tuttavia, le oscillazioni attributive in direzione dei Brusasorci potrebbero eventualmente indicare un momento nell'attività del C. di scoperta adesione ai modi di quella bottega. Interessante comunque che il Biancolini dicesse il dipinto di S. Zeno in Oratorio "opera di Giuseppe Dalla Corte, che contrassegnar solea le sue pitture con un panno, come si vede nel Parlatorio di S. Daniele": a parte la problematica indicazione di quel motivo-firma, la notizia tramanda il ricordo di un altro dipinto perduto a S. Daniele, non altrimenti noto.
Si può condividere l'ipotesi della Tea (1913) sulle origini del C. dalla zona lombarda dei laghi, provenienza probabile perché comune a molte famiglie di artisti operanti a Verona nel Cinquecento (un non meglio specificato "Thomaso quondam Jacopo" è citato venticinquenne in una Anagrafe del 1557, in contrada Sant'Andrea, in consorteria con altri "murari" originari della Valsolda [L. Castellazzi, in Palladioe Verona, catal., Verona 1980, p. 305]: forse un fratello, presumibilmente maggiore, dei C.) e che parrebbe comprovata dalla presenza a Cima di Valsolda, sul lago di Lugano, di una pala segnata "Giuseppe De Corti" e datata 1604 (Sant'Ambrogio, 1905), senza che per questo si debba necessariamente sottoscrivere l'affermazione della Tea che lo dice forse parente del noto scultore Niccolò da Corte, nativo appunto di Cima ma operante per lo più a Genova e in Spagna, dato che numerosi sono gli artisti operanti tra Cinque e Seicento riconducibili genericamente alla stessa casata (ad es. un omonimo del C., intagliatore, è attivo nel 1629nel duomo di Como: cfr. S. Monti, Storia ed arte nella provincia ed antica diocesi di Como, Como 1902, p. 192).
Alla pressoché totale mancanza di notizie biografiche e di dati d'archivio ha d'altra parte fin qui corrisposto la mancanza di una qualsiasi lettura critica e stilistica delle poche opere superstiti da parte di chi del C. s'è occupato, evidentemente disorientato dai suoi modi popolareschi e disossati, che solo latamente rimandano alla coeva cultura veronese e che potrebbero anche indicare la mano dell'autodidatta, di chi non ha avuto una scuola precisa: lo stesso Dal Pozzo (1718), di solito ben informato da fonti di più antica data, non sa indicare eventuali maestri. Eppure proprio i suoi limiti tecnici, innanzitutto la secchezza del disegno e il comporre convenzionale, talora eccessivamente affollato, conferiscono alla pittura del C. un tono popolaresco, dal sapore ingenuamente naïf e prossimo per esiti alla cultura degli ex voto, che non è sgradevole, come non sono sgradevoli il variopinto ma mai sfacciato gusto cromatico e l'evidenza controriformistica di alcune sue composizioni.
Questi caratteri appaiono evidenti nella Trinità e santi della chiesa di S. Pietro d'Agrino a Bogliaco, sulla sponda bresciana del Garda, segnalata da Panazza (1969) che vi ha potuto leggere la firma e la data (1580). Attualmente appesa in precarie condizioni di conservazione sopra la cantoria, raffigura, sotto la piccola SS. Trinità in alto, la gloria di quattro santi in cielo e sotto, in primo piano, due figure di non facile identificazione (per Panazza, s. Antonio abate e s. Romualdo) stampate su un vasto paesaggio, diligentemente rappresentato, che rimanda al gusto paesistico della scuola veronese del Cinquecento: i due santi in basso, ritagliati contro il cielo striato, possono ricordare alla lontana analoghe soluzioni farinatiane, senza tuttavia averne l'evidenza disegnativa e plastica, mentre la complessa e affollata zona superiore, costruita secondo evidenti intenzioni gerarchiche proprie dello spirito del concilio tridentino, pare anticipare certe volgarizzazioni del gusto di Felice Brusasorci tipiche di Sante Creara e Zeno Donato (cfr. di quest'ultimo l'affollato S. Cristoforo e santi attualmente nella sacrestia della parrocchiale di Poiano presso Verona, firmato e datato 1600).
Si ricorda infine un Battesimo di Cristo sull'altare minore dell'oratorio di S. Maria (la "Madonnina") a Marcellise presso Verona, che Simeoni (1909) diceva della seconda metà del Cinquecento, "forse di G. Corte": malamente restaurato in più riprese, cromaticamente e tipologicamente gli può comunque competere, con una datazione tuttavia già entro il Seicento perché nelle due figure principali l'artista parrebbe rifarsi ai tipi della prima produzione veronese di Alessandro Turchi.
Bibl.: B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori, degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, pp. 144, 233; G. B. Lanceni, Ricreazione pittorica o sia Notizia universale delle pitture nelle chiese, e luoghi pubblici... di Verona, I, Verona 1720, p. 24; Id., Divertimento pittorico... che contiene le pitture delle chiese nella diocese veronese, II, Verona 1720, pp. 49, 78, 100; G. B. Biancolini, Notizie storiche delle chiese di Verona, Verona 1749, I, p. 377; II, p. 521; [G. B. Cignaroli], Serie de' pittori veronesi, in G. B. Biancolini, Cronica della città di Verona descritta da Pier Zagata ampliata e supplita da G. B. Biancolini, pt. 2ª, II, Verona 1749, p. 210; Verona, Bibl. civica, ms. 1008: S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture... nelle chiese e luoghi pubblici... in Verona [1803-1804], trascriz. dattiloscr. a cura della Direzione dei Musei civici di Verona, pp. 72 s., 185; G. B. Da Persico, Descriz. di Verona e della sua provincia, II, Verona 1821, p. 25 1; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi [1831-34], a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 159 s.; C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana dei secoli XIV e XV e della scuola pittorica veronese dai medi tempi fino a tutto il secolo XVIII, Verona 1864. p. 350; D. Sant'Ambrogio, La tomba Muttoni del 1313 a Cima in Valsolda in Bollettino storico della Svizzera italiana: XXVII (1905), 4-6, p. 81; L. Simeoni, Verona. Guida stor.-artist. d. città e provincia, Verona 1909, p. 452; G. Trecca, Note per la biogr. d. pitt. veronesi, in Atti d. Accad. d'agricoltura, scienze, lettere, arti e commercio di Verona, s. 4, XI (1910), p. 8; E. Tea, C. G., in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, Leipzig 1913, p. 213; U. Vaglia, Diz. d. artisti e d. artigiani valsabbini, Sabbio Chiese 1948, pp. 98, 104; P. Brugnoli, Diz. biobibl. d. pittori veronesi, in Vita veronese, IX (1956), 7, p. 308; G. Panazza, Le manifestazioni artistiche della sponda bresciana del Garda, in Il lago di Garda, I, Salò 1969, p. 235