DE FRANCESCHI, Giuseppe
Nacque a Borgo San Donnino (dal 1927 Fidenza, prov. di Parma) il 19 apr. 1850 da Severino e Luigia Quaglia. Di famiglia agiata, dopo gli esordi militanti nel paese natale, si trasferì a Milano nel 1875. Ingegnere di professione, prese parte agli sviluppi teorici e politici del socialismo lavorando - fin dalla crisi della I Internazionale - alla costruzione di una forza politica nazionale ispirata ai metodi del socialismo evoluzionistico e rispondente alle esigenze di modernità e razionalità espresse dalle nuove fasi dello sviluppo economico e dall'evoluzione della coscienza operaia.
Dirigente del Circolo socialista di Milano, nel 1877 (insieme con O. Gnocchi Viani, E. Bignami e altri ai quali sarebbe restato legato per molti anni da una comune milizia) fu tra i firmatari di un manifesto - pubblicato dalla Plebe, organo del circolo - contenente l'appello per la costituzione di una federazione di circoli socialisti per dare un primo impulso alla "formazione di un vasto e unico Partito socialista italiano in armonia alle organizzazioni socialiste dei paesi più provetti nelle nostre lotte". All'iniziativa, che riscosse notevoli adesioni, vien fatto risalire uno dei primi tentativi di invertire la tendenza alla disgregazione prevalente nell'ultima fase della vita dell'Internazionale (G. Manacorda, 1963). La campagna fu ripresa nel 1878 dagli stessi e dall'ex comunardo Benoît Malon, finché la svolta di Andrea Costa (1879) iniziò a porre le premesse per un favorevole esito della proposta della Plebe.
In un articolo del 1880 (Comunalesimo), edito dalla Rivista internazionale del socialismo nell'ambito di un dibattito sulla Comune di Parigi, il D. teorizzava la necessità di affidare la socializzazione della produzione e il governo dell'economia al Comune, non distaccandosi sostanzialmente - e ciò era tipico della formazione culturale dello staff della Plebe - dalle ipotesi radicali della Sinistra risorgimentale e dalle idee di Carlo Cattaneo.
Venne delegato a rappresentare i circoli socialisti lombardi al III congresso della Federazione dell'Alta Italia dell'Internazionale (Chiasso, 5-6 dic. 1880), nel quale i gruppi contrapposti dei socialisti e degli anarchici (rispettivamente guidati da Gnocchi Viani e da C. Cafiero) si scontrarono su una serie di punti dottrinari e politici. Il D. sostenne, in linea con i socialisti evoluzionisti, la posizione favorevole alla partecipazione alle elezioni politiche ed amministrative. A seguito del congresso - che palesò l'impossibilità di mantenere unite le due tendenze del movimento di classe - fu deliberata la costituzione della Federazione socialista dell'Alta Italia e al D. ne fu affidata la segreteria milanese.
Negli anni Ottanta prese parte alla complessa battaglia per la formazione di una forza politica socialista di dimensioni nazionali militando nell'ala operaista. Partecipò all'attività della Lega dei figli del lavoro - da cui sarebbe nato il Partito operaio italiano - cui faceva riferimento, oltre la Plebe, Il Fascio operaio (1883-1890). Al IV congresso della Confederazione operaia lombarda (Milano, febbraio 1884), il gruppo dei Figli del lavoro - guidato dal D., C. Lazzari e G. Croce - riuscì a far prevalere, contro i democratici, la linea che respingeva "ogni ingerenza governativa nelle relazioni tra capitale e lavoro; e, ritenendo come necessario mezzo di difesa degli operai contro l'oppressione capitalistica, la coalizione e lo sciopero, fa[ceva] voto che tutte le associazioni operaie comprend[essero] negli scopi sociali quello della resistenza".
La polemica tra democratici e operaisti ebbe per il D. un seguito personale. Nel 1886 Felice Cavallotti lo accusò di essersi sottratto ai doveri di solidarietà durante la epidemia di colera del 1884 a Napoli, ma, sebbene ripetutamente sfidato a farlo, non provò mai l'accusa.
Nel luglio 1889 il D. fu tra i fondatori della Lega dei socialisti milanesi, costituita da Filippo Turati e da vecchi e giovani operaisti (Gnocchi Viani, Croce, Bignami, Lazzari, Alfredo Casati, ecc.), che prefigurava in buona parte la futura composizione del partito socialista, e nel 1890, con gli stessi, firmò l'indirizzo di saluto dei socialisti italiani al congresso dei socialdemocratici tedeschi di Halle, indirizzo rilevante perché riconosceva nel movimento tedesco un modello di organizzazione più rispondente alle esigenze italiane di quanto non fosse il socialismo francese. Candidato nello stesso anno alle elezioni politiche nella lista della Lega (che aveva subito la defezione di Casati), non venne eletto; né ebbe esito favorevole una sua candidatura alle elezioni amministrative del 1892.
Nel gennaio 1891 aveva partecipato con I. Danielli e contro le direttive socialiste al congresso costitutivo del Partito socialista rivoluzionario di tendenza anarchica tenutosi a Capolago ed aveva espresso riserve sulla politica dell'astensionismo elettorale. Se, come è probabile, si trattava di verificare un'altra volta la disponibilità degli anarchici ad un comune progetto di organizzazione, la verifica ebbe esito negativo, tanto che al congresso socialista di Genova dell'agosto 1892 fu lo stesso D. - delegato della Società di mutuo soccorso di Borgo San Donnino - che presentò un emendamento, in sostanziale accordo con Turati, che chiudeva per sempre l'uscio agli astensionisti in quanto richiedeva dalle società operaie del partito una dichiarazione di adesione al programma elettorale.
Il problema della presenza degli anarchici fu riproposto al II congresso socialista (Reggio Emilia, settembre 1893) da G. De Felice Giuffrida e il D. sostenne che già nel precedente esso aveva trovato soluzione. Nella stessa assise polemizzò, esprimendo una posizione tipica del socialismo del tempo, contro il movimento siciliano dei fasci e la possibilità per i contadini, anche se poveri, di aderire al socialismo (non si possono aiutare "i piccoli proprietari senza far cosa contraria all'essenza dei principi del socialismo").
Nel 1894, a seguito del decreto di scioglimento delle organizzazioni socialiste, il D. fu coinvolto nel processo ai dirigenti milanesi ma non scontò il confino comminatogli. Da allora, forse per dissensi insorti con l'indirizzo politico prevalente nel partito (Lazzari, p. 806), non prese più parte alla politica militante. Proprietario di uno stabilimento industriale specializzato nel settore degli impianti igienici e di riscaldamento, si dedicò in seguito esclusivamente all'attività professionale.
Il D. morì a Milano il 5 dicembre del 1909.
Di un certo rilievo la sua attività pubblicistica. Ricordiamo un importante articolo su Lotta di classe del 1° maggio 1893 (Cenno sulle evoluzioni del Partito socialista in Italia) ed alcuni interventi di teoria economica su Critica sociale negli anni 1893 e 1894. Vanno inoltre menzionati i suoi opuscoli di propaganda, uno dei quali, Le orazioni dell'operaio (Milano 1883), parodistico rifacimento di alcune note preghiere della liturgia cattolica, fu più volte ristampato. La Biblioteca nazionale centrale di Roma conserva sue pubblicazioni a carattere professionale (progetti per l'installazione di servizi in alcuni importanti edifici pubblici).
Bibl.: F. Anzi, IlPartito operaio ital. (1882-1891), Milano 1933, pp. 13, 33, 48, 59 s., 68, 101; L. Valiani, Storia del movimento socialista, Firenze 1951, pp. 231, 236; C. Lazzari, Memorie, in Movimento operaio, IV (1952), pp. 623, 629, 804, 806; L. Bufferetti, Le ideologie socialistiche in Italia nell'età del positivismo evoluzionistico, Firenze 1952, ad Indicem; A. Gradilone, Storia del sindacalismo, III (Italia), I, Milano 1959, ad Indicem; L. Musini, Da Garibaldi al socialismo. Memorie... dal 1858 al 1890, a cura di G. Bosio, Milano 1961, ad Ind.; L. Cortesi, La costituzione del Part. social. ital., Milano 1961, ad Indicem; E. Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti ital., Milano 1961, p. 256; Biblioteca G. Feltrinelli, I periodici di Milano, I, Milano 1961, pp. 64, 96, 114, 167; Ente per la storia del socialismo e del movim. oper. ital., Bibl. del social. e del movimento…, II, Libri, I, Roma-Torino 1962, ad nomen; G. Manacorda, Il movimento operaio ital. attraverso i suoi congressi (1853-1892), Roma 1963, ad Indicem; L. Valiani, La lotta sociale e l'avvento della democrazia, in Storia d'Italia, a cura di N. Valeri, IV, Torino 1965, pp. 490, 535, 550; A. Angiolini, Socialismo e socialisti in Italia, Roma 1966, ad Indicem; G. Manacorda, Il socialismo nella storia d'Italia, Bari 1966, ad Indicem; L. Cortesi, Il socialismo ital. tra riforme e rivoluzione 1892-1921, Bari 1969, ad Indicem; L. Briguglio, Il Partito operaio ital. e gli anarchici, Roma 1969, p. 98; S. Merli, Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale, Firenze 1972, p. 849; A. Nascimbene, Il movimento operaio lombardo tra spontaneità e organizzazione (1860-1890), Milano 1976, pp. 156, 394, 396; F. Renda, I fasci siciliani 1892-94, Torino 1977, pp. 200-203; F. Della Peruta, Democrazia e socialismo nel Risorgimento, Roma 1977, p. 313; M. Degl'Innocenti, Storia della cooperazione in Italia 1886-1925, Roma 1977, p. 59; M. G. Meriggi, La Comune di Parigi e il movimento rivoluz. e socialista in Italia (1871-1885), Milano 1980, ad Indicem; G. Cervo, Le origini della federazione socialista milanese, in Il socialismo riformista a Milano agli inizi del secolo, a cura di A. Riosa, Milano 1981, pp. 19, 22, 33, 41, 47, 88, 95 s.; F. Pedone, Novant'anni di pensiero e azione socialista attraverso i congressi del PSI, I, (1892-1914), [Venezia] 1983, pp. 59, 70, 77, 89 s., 95, 98; M. Giuffredi, Dopo il Risorgimento. L. Musini e il primo socialismo nelle campagne piemontesi, Fidenza 1984, ad Ind.; M. G. Meriggi, Il Partito operaio ital. Attività rivendicativa, formazione e cultura dei militanti in Lombardia (1880-1890), Milano 1985, pp. 22, 26, 49, 53, 106.