DE NAVA, Giuseppe
Nato a Reggio Calabria il 23 sett. 1858 da Francesco e da Elisabetta D'Agostino, dopo gli studi liceali svolti nella propria città, come i giovani rampolli delle famiglie della nobiltà liberale calabrese andò a studiare giurisprudenza a Napoli, ove si laureo brillantemente. Dedicatosi poi all'approfondimento degli studi economici ed alla libera professione, vinse nel 1883 un concorso per referendario al Consiglio di Stato. Gli studi universitari, poi l'attività forense e quella di referendario svolti in contatto con le leve politiche ed economiche dell'industria, influenzarono sensibilmente la sua formazione intellettuale in senso conservatore, facendogli abbandonare le precedenti posizioni vicine alla sinistra liberale.
Primo impegno politico fu nel 1896 l'incarico di capogabinetto di G. Prinetti, un deputato della Destra conservatrice che nel terzo governo Di Rudinì deteneva il portafoglio dei Lavori pubblici. Su segnalazione dello stesso Prinetti il D. fu designato da Di Rudinì quale membro del Consiglio delle miniere, ove ebbe modo di approfondire le sue conoscenze dei problemi economico-finanziari e delle esigenze della grande industria nazionale.
Nel 1897 decise di candidarsi alle elezioni per la XX legislatura. Anziché presentarsi nel collegio di Reggio Calabria, per timore della diretta competizione con il deputato liberaldemocratico uscente B. Camagna, scelse il limitrofo collegio di Bagnara Calabra: nella lotta elettorale contro un candidato di ispirazione radicalsocialista, il medico C. Repaci, ebbe l'appoggio dell'ex parlamentare conservatore A. De Lieto, ottenendo una facile vittoria. Annullata l'elezione per incompatibilità, si dimise dall'incarico di referendario, affrontò nuovamente e vinse, sebbene con uno scarto inferiore, le elezioni suppletive che lo vedevano contrapposto al possidente radicale A. Patamia.
Alla Camera il D. fu particolarmente attivo nel settore dei Lavori pubblici, dal quale ministero proveniva (fu relatore del bilancio per ben quattro volte). Intervenne anche sull'ammodernamento delle ferrovie e sulla riduzione delle relative tariffe per agevolare gli scambi da e verso il Meridione, e sulla lotta per l'alfabetizzazione (si ricorda la donazione che farà per testamento alla città di Reggio della sua abitazione con l'annesso patrimonio librario, a condizione di costituirvi una biblioteca pubblica). Numerosi interventi riguardarono i temi della riforma dei catasti e le bonifiche; nessuno, invece, in favore di una congrua industrializzazione della Calabria. Non dotato di particolari abilità oratorie, formulò sempre i suoi progetti parlamentari badando in particolare alle reali possibilità di pratiche attuazioni; una dote, questa, propria della migliore tradizione burocratica, che si accompagnava all'altra della probità, sempre riconosciutagli anche dagli avversari politici.
Durante la "crisi di fine secolo", pur facendo parte organica della maggioranza che faceva capo a Pelloux, si adoperò in un tentativo di mitigazione della legislazione liberticida. Tale spirito autonomo si evidenziò ancora di più quando, dopo lo svolgimento delle elezioni del giugno 1900, per la XXI legislatura (il D. vinse senza competitori), si giunse alla formazione del governo Zanardelli (15 febbr. 1901-3 nov. 1903) che egli appoggiò con pochi altri deputati conservatori. Fra le varie iniziative del D. in quegli anni, sono da rilevare particolarmente quelle sui piani di risanamento idrogeologico e contro una politica di disboscamento indiscriminato.
Durante la successiva XXII legislatura (nelle elezioni del 1904 era stato eletto nuovamente senza avversari), proseguì nell'azione di sostegno critico alla linea di Giolitti. Al formarsi dei governi Fortis passò all'opposizione: fra le posizioni assunte in quei mesi, si ricorda quella di sostenitore dell'iniziativa ministeriale di nazionalizzazione delle ferrovie. Primo incarico governativo del D. fu il sottosegretariato agli Interni nel governo Sonnino nel 1906; ebbe così una rilevante parte nella stesura e nella approvazione della legge speciale per la Calabria, varata in quel medesimo anno. Con la formazione del nuovo governo Giolitti tornò tra i banchi parlamentari, riprendendo una poázione di appoggio, anche se critico, accentuata all'indomani del terremoto del dicembre 1908 che distrusse Messina e Reggio Calabria. Il motivo pratico dell'ulteriore ammorbidimento era la convinzione che se, come deputato, voleva ottenere qualcosa da un governo in carica, doveva preventivamente appoggiarlo. Ebbe un ruolo importante ipella commissione parlamentare costituitasi dopo il terremoto, ma non riuscì a far approvare la sua proposta di un piano organico di ricostruzione.
Nelle elezioni del 1909 (XXIII legislatura) il D., cedendo alle pressioni degli ambienti conservatori e della curia reggina che mal sopportava di vedere la città rappresentata da un laico come l'on. Camagna, accettò la candidatura anche nel collegio del capoluogo e, dopo un'accesa campagna, fu eletto di stretta misura. Trascorse però poche settimane, optò per il collegio di Bagnara, dove era stato rieletto senza antagonisti. Alla base della scelta c'erano con ogni probabilità sia la difficoltà a conciliare i contrastanti interessi tra il suo tradizionale elettorato laico e agricolo e quello cattolico e borghese reggino, sia l'occasione di offrire un favore a Giolitti - favorendo la rielezione del suo seguace Camagna - da barattare con un adeguato intervento pubblico nella regione. Certo è che il D. compì un ulteriore avvicinamento a Giolitti, sostenendolo decisamente, ad esempio al momento della guerra libica definita senza mezzi term;ni "una impresa di civiltà". Nel 1912 si dichiarò a favore del suffragio universale, anche se lamentò con veemenza il disastroso tasso di analfabetismo e i connessi brogli e corruzioni elettorali, esprimendo anche critiche alla magistratura per lo scarso vigore nella persecuzione di tali reati.
Alle elezioni seguenti la riforma elettorale (XXIV legislatura), il D. ebbe come avversario il radicale R. Caminiti, libero docente di patologia medica all'università di Napoli. Questi, nativo di Villa San Giovanni, aggiungeva a un cospicuo seguito di carattere personale l'appoggio dei circoli operai ed artigiani. Un'accesa polemica scoppiò in seguito alla pubblicazione da parte di un giornale laico (La Giovine Calabria, 5 nov. 1913) di un elenco di sottoscrittori del cosiddetto "patto Gentiloni", nel quale compariva anche il nome del De Nava. Una serie di smentite e conferme non risolsero in modo chiaro la questione.
Favorevole nel 1915 alla dichiarazione di guerra agli Imperi centrali, il D. nel 1916 entrò a far parte del gabinetto Boselli. Ministro dapprima senza portafoglio (18-22 giugno), appena il ministero dell'Agricoltura Industria e Commercio fu riorganizzato separando il dicastero dell'Agricoltura dal nuovo dicastero dell'Industria, Commercio e Lavoro, divenne titolare del secondo (22 giugno 1916-29 ott. 1917). Fra le iniziative prese si ricordano quelle relative alle assicurazioni contro gli infortuni in agricoltura e quelle contro le malattie. Mentre la prima materia riuscì ad essere definita nei termini di un formale progetto di legge, la seconda non fece in tempo a superare la fase della proposta tecnica di studio per la sopraggiunta crisi ministeriale. Sempre durante il governo Boselli il D. predispose uno schema di iniziative da prendersi alla fine del conflitto, che si sperava prossima, dal titolo "Lavori e studi da compiersi per la preparazione alla pace e al dopoguerra" (Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Boselli, b. 1, f. 12): si tratta in sostanza di un'interessante ipotesi di pianificazione economico-politica del dopoguerra.
Nel successivo governo Orlando il D. assunse per pochi mesi la responsabilità del ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari (18 genn. 23 giugno 1919). Anche di pochi mesi, e dunque senza avere la possibilità di avanzare particolari iniziative, fu la permanenza nei due ultimi governi Nitti, alla guida del ministero dei Lavori pubblici (14 marzo-21 maggio 1920) e di quello delle Finanze (21 maggio-15 giugno 1920).
Rieletto nel 1919 (XXV legislatura) a capo di una lista denominata Partito liberale democratico e radicale, nel 1920 fu chiamato a tenere in Parlamento la relazione sul trattato di Rapallo, incarico che lo sottopose a duri attacchi da parte delle forze nazionaliste. Sempre al 1920 risale la sua elezione a vicepresidente della Camera.
Nelle elezioni del 1921 (XXVI legislatura), insieme con gli altri due leaders calabresi G. Colosimo e L. Fera, si presentò nella lista denominata Unione nazionale democratica. Nonostante il capolista fosse Fera, in quel momento il maggior esponente regionale del composito movimento giolittiano cui la lista si richiamava, il D. ebbe il maggior numero di preferenze.
Con la formazione del governo Bonomi il D. assunse la responsabilità del Tesoro (4 luglio 1921-26 febbr. 1922). Da tale posizione ebbe finalmente la possibilità di dare un deciso impulso ai lavori di ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1908, che in quei mesi videro un netto aumento dell'intervento pubblico in materia edilizia. Sul piano dell'indirizzo economico fu favorevole ad una cauta ma sensibile politica di espansione economica, sulla base dei miglioramenti degli indicatori finanziari della bilancia commerciale e dell'avvenuto aumento delle entrate fiscali. Va segnalato anche il suo schieramento nella corrente che paventava un moto rivoluzionario in Italia, divenendo sostenitore della politica d'intervento italiano nella guerra civile russa.
In ombra durante il primo governo Facta, il nome del D. riapparve nelle vicende della crisi ultima del sistema politico liberalconservatore.
Il 19 luglio 1922 i gruppi liberali, diretti dal D., da Nitti e da G. A. Colonna di Cesarò, revocarono assieme ai popolari la fiducia al governo. Il 27 luglio, dopo il fallimento dei tentativi di Orlando, Bonomi e Meda, Vittorio Emanuele III decise di affidare l'incarico del nuovo governo al D., in ossequio alla sua posizione di leader del più consistente gruppo liberale della Camera e nella certezza che non avrebbe incontrato l'avversione della Destra salandrina e di quella fascista. Il D., acquisita la disponibilità dei popolari ad accettare la cosiddetta "puntatella" a destra, questione sulla quale si era arenato il tentativo di Orlando, anziché proseguire il mandato tentò di rimettere in gioco l'Orlando stesso, a suo avviso più indicato a guidare il delicato momento politico. La ragione del gesto va ricondotta a un complesso di motivi politici e personali. Fra questi ultimi, oltre alle sue cattive condizioni di salute, non si può certamente escludere il timore di assumersi in quel momento la responsabilità del governo (Sturzo, p. 13).
Al momento della formazione del secondo governo Facta, avvenuta dopo il fallimento del nuovo tentativo di Orlando e di uno successivo di E. De Nicola, il D. rimase in disparte. Dopo essersi già espresso a favore dell'ingresso dei fascisti nel governo nazionale, venne consultato dal re, insieme con De Nicola, F. Cocco Ortu, Orlando e Salandra, nel pomeriggio del 28 ottobre. Proseguendo nella sua politica filofascista all'interno della commissione per la concessione dei pieni poteri al governo Mussolini, il D. fece parte di quella schiera di esponenti politici liberalconservatori che furono inseriti nel cosiddetto listone fascista del 1924 per la XXVII legislatura. Le sue vicende sono emblematiche della netta opposizione che spesso le organizzazioni fasciste locali esercitarono nei loro confronti.
Il federale e il comandante provinciale della milizia volontaria per la sicurezza nazionale di Reggio Calabria mettevano in guardia il "pentarca" M. Bianchi dal rischio di "sfasciamento completo del Fascismo in provincia di Reggio Calabria, Fascismo che ha sostenuto e vinto una lotta titanica contro l'on. De Nava ed il suo entourage" e di una "ecatombe nelle amministrazioni comunali fasciste". Bianchi, che all'interno della "pentarchia" si era riservato il massimo potere decisionale rispetto alla formazione della lista calabro-lucana, sulla base delle relazioni dei vari gerarchi locali, appuntò tra l'altro nel suo promemoria di sintesi: "La inclusione nella lista governativa degli on. De Nava, Fera, Colosimo, produrrebbe tra i fascisti una penosissima impressione; getterebbe un disorientamento nell'offinione pubblica che non saprebbe in alcun modo spiegarsi una simile inclusione ... darebbe la falsa impressione che il Governo, per vincere, ha bisogno, il che assolutamente non è, di tali uomini" (Arch. centrale dello Stato, Carte Bianchi).
In verità, così era; il fascismo in Calabria aveva effettivamente bisogno di uomini che - elettoralmente forti - potessero dare un congruo apporto al listone. In questo senso, ad esempio, si espresse il prefetto che, molto più realisticamente degli altri due gerarchi, aveva suggerito ai fini di un sicuro successo elettorale l'inserimento del leader liberalconservatore. La scelta di Bianchi fu favorevole al nome del D. e avversa a Colosimo e Fera per una complessità di ragioni. Oltre a quelle già citate di carattere eminentemente elettoralistico, un motivo di rilievo fu l'analisi del comportamento del D. e della stampa regionale e di quella messinese a lui collegata che continuava a caratterizzarsi in una politica di appoggio al fascismo, ma che, nel contempo, si mostrava piuttosto guardinga tanto da far temere che, in caso di non inserimento, avrebbe potuto fungere da elemento catafizzatore di una forte lista di opposizione.
In conseguenza del suo inserimento nella lista, il D. pubblicò un appello all'elettorato nel quale affermava che, a causa dei calorosi appelli a lui pervenuti che lo vedevano quale simbolo di patriottismo e di pacificazione degli animi, aveva abbandonato l'ipotesi di ritirarsi a vita privata, dovuta alle proprie precarie condizioni di salute e ai "sentimenti di solidarietà carissimi al mio cuore" (l'esclusione dal listone di Colosimo e Fera).
Pochi giorni dopo, nel pieno della campagna elettorale, il 27 febbr. 1924 morì a Roma.
Tra gli scritti del D. vanno ricordati: Provvedimenti a favore dei Comuni colpiti dal terremoto del 28 dic. 1908, I-II, Roma 1910-1913; Le assicurazioni contro gli infortuni in agricoltura, ibid. 1920; Discorsi politici e conferenze, a cura di G. Pedace, ibid. 1920; Brevi note sulla situazione del Bilancio e del Tesoro, ibid. 1921; Discorsi ai Calabresi, ibid. 1923.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Gab. Finzi, busta 8, fascicolo 79; Carte Bianchi, b. 2, f. 25; b. 4, ff. 81, 84; Carte Boselli, b. 1, ff. 10, 12; b. 2, ff. 22, 23. Sulla sua azione e immagine di politico cfr.: O. C. Mandalari, Uomini e cose della Calabria, Roma 1934, pp. 445-449; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, Reggio Calabria 1955, I, ad vocem;P. Borzomati, Aspetti religiosi e storia del movim. cattolico in Calabria (1869-1919), Roma 1967, ad Indicem;I. Lattari Giugni, Iparlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, ad vocem;I. Falcomatà, G. D. un conservatore riformista meridionale, Reggio Calabria s. d. [ma 1977]; Chiesa e società in Calabria nel sec. XX, Reggio Calabria 1978, ad Indicem;F. Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Manduria 1978, ad Ind.;G. Masi, Socialismo e socialisti in Calabria (1861-1925), Salerno-Catanzaro 1981, ad Indicem;G. Cingari, Storia della Calabria dall'Unità ad oggi, Bari-Roma 1982, ad Indicem; Storia d'Italia dall'Unità ad oggi, Le Regioni, La Calabria, a cura di P. Bevilacqua-A. Placanica, Torino 1985, ad Indicem;G. Cingari, Storia di Reggio Calabria, Bari-Roma 1988, ad Indicem. Si vedano anche: F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, V, a cura di A. Schiavi, Torino 1953, ad Indicem; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica ital., III, a cura di C. Pavone, Milano 1962, ad Indicem;L. Albertini, Epistolario (1911-1926), a cura di O. Barié, Verona 1968, II-III, ad Indicem;S. Sonnino, Carteggio, a cura di G. Spini, II, Bari-Roma 1972, ad Indicem;Id., Diario, a cura di G. Spini, I, Bari-Roma 1972, ad Indicem;M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1973, ad Indicem;F. Barbagallo, Stato, Parlamento e lotte politico-sociali nel Mezzogiorno (1900-1914), Napoli 1976, ad Indicem. Sulla crisi del 1922 e sulla candidatura nel listone cfr.: L. Sturzo, Popolarismo e fascismo, Torino 1924, ad Indicem;P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1962, ad Indicem;A. Tasca, Nascita ed avvento del fascismo, Bari-Roma 1965, ad Indicem;R. De Felice, Mussolini il fascista, I, Torino 1966, ad Indicem;A. Dito, Fascisti e antifascisti a Reggio Calabria, Reggio Calabria 1967, pp. 20, 25 s.; G. De Rosa, IlPartito popolare italiano, Bari-Roma 1969, ad Indicem;G. Dorso, La rivoluz. meridionale, Torino 1974, ad Indicem;A. Lyttelton, La conquista del potere, Bari-Roma 1974, ad Indicem;A. Carvello, La Calabria sotto il fascismo, Salerno-Catanzaro 1980, pp. 41, 124, 126 ss.; M. Fatica, M. Bianchi, in F. Cordova, Uomini e volti del fascismo, Roma 1980, ad Indicem. Per la sua attività di parlamentare cfr.: Indice generale degli Atti del Parlamento, Camera dei Deputati, Discussioni, legislature XX-XXVI, ad Indices. Sui suoi scritti cfr.: F. Tigani Sava, Bibliografia calabrese, II, Soveria Mannelli 1984, ad vocem.