WELZ, Giuseppe
de. – Nacque il 5 aprile 1785 a Como, nella parrocchia di S. Fedele, da Pietro Velzi; nulla si sa riguardo alla madre.
Giuseppe de Welz è in realtà lo pseudonimo di Giuseppe Giulio Vincenzo Velzi (Banca moderna..., 2004). Sui motivi che lo indussero a cambiare il proprio cognome in de Welz non c’è chiarezza e la scelta viene genericamente attribuita a un esotismo volto a conferirgli maggiore visibilità negli affari (Severin, 1965, p. 18). Dopo la formazione negli studi classici presso il ginnasio liceo di Como, si trasferì giovanissimo a Milano dove iniziò la pratica commerciale e, come agente di commercio, intraprese molto presto viaggi di affari in tutta Europa. Appena ventenne, già risultava commissionario per una rete di più di cinquanta manifatture a livello internazionale, tra Italia, Svizzera, Germania, Inghilterra, Francia e Svezia. Grazie alle spiccate doti organizzative e a una non comune propensione per il commercio, tra il 1808 e il 1814, fu chiamato ad associarsi in affari al negoziante e banchiere milanese Paolo Battaglia che gli affidò la direzione di varie case commerciali dislocate tra Genova, Napoli e Costainizza in Croazia.
Il periodo napoleonico rappresentò per de Welz un’opportunità estremamente fortunata per lo sviluppo delle proprie competenze nell’ambito degli scambi internazionali e per la formazione delle proprie convinzioni in ambito economico.
Grazie alla protezione di Battaglia e all’appoggio di politici importanti tra i quali Ferdinando Marescalchi e Antonio Aldini e di diplomatici di vario rango in tutta Europa, poté realizzare importanti imprese commerciali stabilendo relazioni con diversi Paesi nel corso dei suoi numerosi e frequenti viaggi di lavoro. Visse per periodi stabili in Francia, in Inghilterra, in Austria, occupandosi principalmente del commercio di cotone e stoffe tra il Medio -Oriente, la Francia e l’Italia e secondariamente di altri generi, tra cui animali da trasporto. Creò depositi per la quarantena del bestiame in Ungheria, stabilì una base per le proprie operazioni commerciali a Salonicco, offrendo la possibilità a vari agenti di commercio di visitare e conoscere i principali mercati greci e dell’Asia Minore, ottenne agevolazioni per sé e per i propri agenti per operare nelle province turche.
I viaggi e le esperienze di questo intenso periodo di crescita professionale rappresentarono anche l’opportunità per de Welz di maturare le proprie convinzioni in ambito economico attraverso l’osservazione diretta delle condizioni economiche e finanziarie degli altri Stati e lo studio dei fattori istituzionali e politici che ne avevano caratterizzato i diversi percorsi di sviluppo. Convinto degli esiti positivi che il sistema napoleonico del «blocco continentale» aveva sortito su rami di industria prima isteriliti, divenne sostenitore convinto dei benefici del protezionismo, senza mai mutare le proprie posizioni nel corso del tempo.
Alla caduta dell’Impero napoleonico, dopo lo scioglimento della società con Paolo Battaglia, si stabilì durevolmente a Napoli, dove visse fino al 1828. Nella città partenopea era già transitato una prima volta nel 1810, instaurando fin da subito relazioni di affari con imprenditori locali. Nell’ottobre del 1814, infatti, già risulta lo scioglimento della de Welz e Viollier, una società in nome collettivo, con sede in Napoli, fondata con Augusto Viollier, per lo svolgimento di generica attività finanziaria e bancaria. Con questo imprenditore negoziante di origine svizzera attivo in settori diversi (dalla carta, al vino, alla navigazione, alla finanza) tra Napoli e la Sicilia, mantenne rapporti duraturi, rifondando una nuova società in nome collettivo già nel 1814, la de Welz e Compagni, alla quale oltre che Viollier, si era associato anche il potente banchiere locale di ascendenza svizzera Emanuele Appelt. Anche questa società ebbe vita breve, sciogliendosi nel 1816, ma attesta le relazioni solide che aveva stabilito nell’ambiente finanziario del restaurato Regno borbonico e che furono trasversali alle alterne vicende politiche che si susseguirono negli anni successivi.
Insieme a Viollier e Appelt, infatti, nel gennaio del 1821, durante il nonimestre costituzionale che seguì i moti rivoluzionari nel 1820, si fece promotore di un progetto di prestito ventennale per sopperire alle ingenti necessità finanziarie dello Stato che fu presentato in Parlamento dall’appena nominato ministro delle Finanze, Giuseppe Carignani di Novoli. Il progetto, che prevedeva che «tanto i signori de Welz e Viollier che la Casa Appelt» (F. Barbagallo, Carignani Giuseppe, in Dizionario biografico degli Italiani, XX, Roma 1977, pp. 91-93) anticipassero la somma di 10 milioni di ducati, con ipoteca sul Tavoliere della Puglia e altri beni dello Stato da specificare, venne approvato dal Parlamento napoletano che a distanza di poco più di un mese però terminò la propria esperienza a seguito della seconda restaurazione al trono dei Borbone.
Nel 1822 la Viollier e Compagni lanciò un prestito di un milione di once siciliane redimibile in diciotto anni all’interesse a scalare del dieci per cento, per supplire alle ingenti necessità finanziarie della Sicilia e più miratamente per la costruzione di ponti e strade (Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle due Sicilie, 1822, I semestre, decreto 7 gennaio 1822, pp. 412 s.; decreto, Napoli, 5 marzo 1822, pp. 428 s.). Grazie ai suoi saldi legami con il ministro delle finanze napoletano Luigi de’ Medici e con il luogotenente di Sicilia Antonino Lucchesi Palli, de Welz era stato incaricato fin da subito di raccogliere su piazze estere sottoscrizioni da parte di banche e banchieri. I suoi piani furono però fortemente ostacolati dall’arrivo a Napoli di Karl Rothschild, divenuto banchiere di corte all’indomani della seconda restaurazione. Rothschild intercettò i progetti finanziari di de Welz, il quale anni dopo così descrisse l’accaduto: «appena Sua Maestà il Re Ferdinando I, ebbe approvato il quadro del mutuo col rimborso, [...] uno dei fratelli di cotesta famiglia errante, giungendo in Napoli si annunciò qual mio competitore, e usando de’ modi che lo distinguono, mi fece strappare il negoziato dalle mani» (Patalano, 2013, p. 42 nota 189). Nel 1826, Rothschild rilevò anche una cospicua quota del prestito Viollier.
Fu in questo periodo che, nel corso dei viaggi all’estero, a Parigi venne in contatto con l’economista e sacerdote di origine casertana Francesco Fuoco (Di Battista, 1998) con il quale instaurò intensi rapporti di collaborazione. Il sodalizio con quest’ultimo – che sarebbe durato fino al 1828 – segnò una svolta nella maturazione delle riflessioni economiche di de Welz che trovarono sistemazione nella pubblicazione di una serie di opere a suo nome, somma di principi economici e progetti volti a favorire la crescita della Sicilia e del Mezzogiorno. Viaggiando nell’Italia meridionale, infatti, era rimasto particolarmente colpito dalle condizioni di arretratezza della Sicilia, la cui situazione economica attribuiva principalmente alla scarsità di commercio dovuta alla mancanza di un adeguato sistema di vie di comunicazione. In realtà, tutte le opere a sua firma, seppure riconosciute frutto di una collaborazione tra le competenze teoriche di Fuoco e quelle pratiche di de Welz, dopo una lunga e animata controversia storiografica (Macchioro, 1964; Renda, 1969), sono state attribuite, in maniera comprovata (Di Battista, 1980, 1998) a Francesco Fuoco che, d’altra parte, ne aveva rivendicato la paternità fin dal 1831.
Il primo lavoro, Saggio su i mezzi da moltiplicare prontamente le ricchezze della Sicilia, fu pubblicato a Parigi presso l’editore Didot nel 1822 (e poi riedito nel 1964 a cura di Francesco Renda). In esso, illustrate le condizioni economiche dell’isola e le sue potenzialità in questo ambito a partire dall’agricoltura, l’attenzione veniva focalizzava sulla necessità di costruire un’ampia e moderna rete stradale che favorisse il commercio, finanziata attraverso prestiti bancari da negoziare anche su piazze estere. A due anni di distanza, il modello di sviluppo proposto per la Sicilia trovò una sintesi compiuta nel lavoro che avrebbe consegnato – seppure in maniera controversa – il nome di de Welz alla storia, La magia del credito svelata, pubblicato a Napoli nel 1824.
Attingendo alle concezioni di Antonio Genovesi e Adam Smith sull’importanza della circolazione fiduciaria, l’opera – che trovò l’ampia approvazione di Melchiorre Gioja – elogiava le potenzialità espansive del credito considerato come una sorta di «magia» per mezzo della quale Sicilia e Mezzogiorno continentale avrebbero potuto superare le proprie condizioni di ristagno economico. In particolare, la costituzione di un solido sistema bancario e l’emissione di cartamoneta fiduciaria, accrescendo la circolazione monetaria, erano visti come stimolo diretto per le attività commerciali e industriali.
A sostegno delle tesi sviluppate nelle pubblicazioni precedenti, due anni prima della conclusione del sodalizio con Francesco Fuoco, uscì nel 1826 Primo elemento della forza commerciale, ossia Nuovo metodo di costruire le strade, traduzione dall’originale inglese dell’opera di John Loudon McAdam.
I progetti finanziari di de Welz per la Sicilia, nonostante l’appoggio politico di cui continuava a godere, non ebbero il successo sperato. La presenza nel regno meridionale di interessi finanziari costituiti, e particolarmente dei Rothschild, rappresentò l’ostacolo maggiore allo sviluppo di istituzioni di credito alternative. Né maggiore fortuna ottenne il progetto che formulò per «colonizzare e ridurre a buona coltura la deserta campagna di Roma». Nonostante l’appoggio del cugino, Giuseppe Maria Velzi, che sarebbe divenuto cardinale nel 1832, e pur avendo avuto la possibilità di esporre il piano a papa Leone XII e al collegio dei cardinali, presto desistette dal fare ulteriori pressioni, avendo ottenuto «da tutti belle accoglienze, ma intorno al suo progetto nulla più che parole vaghe» (Bianchi-Giovini 1863, p. 46).
Nonostante l’insuccesso dei suoi ambiziosi progetti, a Napoli aveva comunque continuato a svolgere la propria attività. Nel 1823 era entrato in società con i Binet, negozianti napoletani di ascendenza francese, nell’accomandita per azioni Binet e Compagni, che si occupava di «commercio, intermediazione e commissioni». Della Binet, fu socio accomandante fino al suo scioglimento nel 1831, insieme al suo primo socio in affari milanese, Battaglia, e a due negozianti parigini, Jean Wallner e Giovan Bartolomeo Carlo Andrea Velay, ai quali aveva ceduto fin da subito parte del proprio pacchetto azionario. Inoltre, grazie ai rapporti mai interrotti con Luigi de’ Medici, nel 1825 aveva ottenuto da Francesco I di Borbone la concessione della regia cointeressata dei tabacchi e, l’anno successivo, la concessione per dodici anni delle manifatture seriche di San Leucio. Anche in questo caso, de Welz, animato da spirito riformatore, formulò un progetto per ammodernare il sistema di conduzione della fabbrica. Il progetto, illustrato in un opuscolo del 1827 intitolato Prospetto per la formazione di una compagnia industriale per San Leucio, proponeva la costituzione di una società in accomandita per azioni, la de Welz Barracco e Compagni, della quale – unitamente al socio piemontese Giuseppe Barracco – sarebbe stato responsabile e gerente. Il capitale della società in accomandita, che avrebbe partecipato la Compagnia industriale di San Leucio, era fissato in 600.000 ducati, diviso in tremila azioni. La de Welz, Barracco e Compagni venne effettivamente formata ma il progetto non ebbe seguito.
L’ulteriore insuccesso, oltre che le voci sempre più insistenti della reale paternità delle sue opere, furono i motivi che lo portarono ad allontanarsi definitivamente dal Mezzogiorno nel 1828, per fare ritorno a Milano. Gli esiti della permanenza al Sud sono controversi. Per alcuni «si era procacciata una ingente fortuna» (Bianchi-Giovini, 1863, p. 46) per altri era tornato a Milano «ricco non altro che di una virtuosa sposa siciliana e della consolazione d’aver giovato ai propri simili» (Biografia degli Italiani illustri, 1838, p. 454).
Nel corso della sua permanenza in Sicilia aveva sposato Gabriella Micherona, dalla quale non risulta aver avuto figli. Nella città lombarda, alla ripresa della propria attività, per la quale fu chiamato alla «direzione di alcune aziende» (Severin, 1965, p. 23), corrispose anche la ripresa di un’intensa attività pubblicistica. In particolare, nel 1833, diede vita al periodico mensile L’Ape delle cognizioni utili.
Pubblicato per la prima volta a Capolago, in Svizzera, presso la Tipografia elvetica e dal 1836 a Milano presso l’editore Nervetti, L’Ape restò in vita fino al 1847. Il periodico, raccoglieva «il meglio di ciò che ne’ giornali stranieri si può ricavare di più utile e più conveniente allo stato attuale dell’Italia» ma anche «articoli originali, stesi da mani maestre, e dove si prenderanno ad esaminare i diversi punti d’istruzione e di miglioramento di cui si ha nel nostro paese bisogno» (Della Peruta - Cantarella, 2005, p. 140). Il mensile, il cui nome richiamava l’alacrità dell’insetto, si proponeva quale fulcro del dibattito scientifico in Italia sull’economia. de Welz, mantenendo sempre il proprio orientamento protezionista, ne animò ampiamente le pagine per propagandare le proprie idee e i propri scritti e sostenere la propria battaglia culturale per il progresso industriale al fine di vincere la ritrosia dei capitalisti verso investimenti non agricoli.
Anche in questo caso, per quanto il ruolo di redattore principale e di «vero» animatore e direttore del periodico risultasse evidente e comprovato (Greenfield, 1940), l’attribuzione fu controversa, riconoscendogli, alcuni, il ruolo di mero collaboratore del giornale (Caddeo, 1934).
Nel 1837 partecipò attivamente alla stesura del progetto per la formazione della Società del Monte sete, per la concessione di anticipazioni agevolate ai produttori di seta. Il progetto, che incontrò le critiche di Carlo Cattaneo, non ebbe realizzazione concreta. Inoltre, di ritorno da un viaggio per visitare gli stabilimenti industriali in Francia e Belgio, si fece promotore dell’impresa per lo scavo dei combustibili fossili che sarebbe stata realizzata all’indomani della sua prematura scomparsa.
Morì improvvisamente a Milano il 28 gennaio 1839.
Fonti e Bibl.: Le notizie relative alle iniziative imprenditoriali alle quali de Welz prese parte a Napoli sono documentate negli incartamenti relativi alle società conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, Tribunale di commercio di Napoli, fascio 811 bis, Atti di società - Inventario; fascio 1889, Atti di società - Verbali di trascrizione, 1810; fascio 358, Atti di società - Verbali di trascrizione, 1825. Il vero nome e le presunte ragioni del cambiamento in de Welz si trovano in: M. Monti, Storia di Como scritta da Maurizio Monti professore nel liceo diocesano della stessa città, 2, Milano 1831, p. 428; A. Fanfani, Economia e storia, Milano 1966, pp. 438-440; Nell’officina della «Biblioteca italiana». Materiali per la storia della cultura nell’età della Restaurazione, a cura di F. Della Peruta, Milano 2006, pp. 134 s. Il nome della moglie è tratto da Collezione delle iscrizioni lapidarie poste nei cimiteri di Milano dalla loro origine all’anno 1845 col nome dei signori architetti che delinearono i principali monumenti compilata a cura dell’impiegato municipale Giuseppe Casati, 5, Porta Ticinese, Milano 1848, p. 302.
Capitoli fondamentali per lo stabilimento della Società anonima del Monte della sete in Milano, Milano 1837; Biografia degli Italiani illustri nelle scienze: lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia pubblicata per cura del professore Emilio De Tipaldo, VI, Venezia 1838, pp. 452-455; Necrologio di de W., in Biblioteca italiana; ossia Giornale di letteratura, scienze ed arti compilato da una società di letterati, XCI-XCII (1838), pp. 283 s.; A.A. Bianchi-Giovini, Le prediche domenicali, I, G. De-W., in Annali universali di statistica economia pubblica, storia, viaggi e commercio, LIX (1839), p. 288; Milano 1863, pp. 44-47; R. Caddeo, Le edizioni di Capolago (1830-1853), Milano 1934, p. 31; K.R. Greenfield, Economia e liberalismo nel Risorgimento, Bari 1940, pp. 259-261; A. Macchioro, Francesco Fuoco o G. De W.?, in Giornale degli economisti e annali di economia, XXIII (1964), 1-2, pp. 90-120; D. Severin, Figure e momenti di storia comasca, Como 1965, pp. 17-28; F. Renda, Introduzione, in G. de Welz, La magia del credito svelata, Caltanissetta 1969, pp. XXXV-LV; F. Di Battista, Una singolare terza edizione di “Magia del credito” di Francesco Fuoco, in Storia del pensiero economico. Bollettino di informazione, n.s., VII (1980), pp. 3-14; A. Saitta, Momenti e figure della civiltà europea. Saggi storici e storiografici, V, Roma 1991, pp. 351 s.; F. Di Battista, Fuoco, Francesco, in Dizionario biografico degli Italiani, L, Roma 1998, pp. 752-760; Banca moderna, etica e sviluppo economico: il sentiero del credito, a cura di T. Fanfani, Roma 2004, p. 139; F. Della Peruta - E. Cantarella, Bibliografia dei periodici economici lombardi: 1815-1914, I, Milano 2005, pp. 139-142; M.C. Schisani, How to make a potentially defaulting country credible: Karl Rothschild, the neapolitan debt and financial diplomacy (1821-26), in Rivista di storia economica, 2010, n. 2, pp. 233-278; R. Patalano, Francesco Fuoco, in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero. Economia, Roma 2012; M. Romano, Alle origini dell’industria lombarda. Manifatture, tecnologie e cultura economica nell’età della Restaurazione, Milano 2012, pp. 109-111; F. Fuoco, Saggi economici, a cura di R. Patalano, Napoli 2013, pp. 7-10, p. 42 nota 189.