WERZ, Giuseppe Giorgio Simone
Nacque a Trento il 28 luglio 1765 da Giuseppe e Anna Caterina Margherita Corradini.
Di famiglia nobile, godeva di possedimenti in Tirolo. Le prime attestazioni riguardanti la presenza di de Werz a Milano risalgono al febbraio 1808: nell’allora capitale del Regno d’Italia de Werz introdusse la litografia. Viste le origini tirolesi, è stato ipotizzato che de Werz avesse avuto contatti diretti con Aloys Senefelder, il quale a Monaco di Baviera aveva da poco messo a punto la tecnica di stampare mediante pietra; tuttavia de Werz fu probabilmente iniziato alla stampa litografica da un allievo di Senefelder, tale Grünewald, e con l’inventore della litografia non ebbe mai a che fare direttamente, se questi lo definiva «un certo sig. Werz» (Senefelder, 1821, p. 114).
A Milano de Werz si ingegnò in ogni modo per ottenere una privativa sulla poliautografia – termine che veniva correntemente usato come sinonimo di litografia. Da una parte, insisteva sulla possibilità per il Regno d’Italia di rendersi autosufficiente in materia di stampa litografica – e dalla documentazione emerge che la Direzione della Pubblica Istruzione pensasse a un utilizzo per le tavole di botanica. Dall’altra, de Werz informava che l’orfanotrofio di Monaco di Baviera beneficiava dei proventi della privativa di Senefelder e perciò sarebbe stato spiacevole che altrove la tecnica fosse potuta proliferare indisturbata, comportando una concorrenza alla produzione di Senefelder e quindi una riduzione dei proventi a beneficio dell’orfanotrofio. Insieme a queste dichiarazioni de Werz presentava campioni di pietre e di matite litografiche, oltre al disegno del torchio necessario per la stampa.
L’interesse del governo doveva essere notevole se, dopo che de Werz costruì a sue spese un torchio e tirò i primi saggi, valutati negativamente quando comparati con altri esempi giunti dall’estero, gli concesse ulteriore fiducia: a de Werz fu fornito un nuovo torchio, costruito appositamente dietro suo disegno. La scarsa qualità degli esemplari tirati sembrava infatti dovuta a un torchio troppo piccolo, mentre Marcel de Serres avrebbe ricondotto il problema alla scarsa qualità della pietra usata (Fumagalli, 1937, p. 103). Il risultato ottenuto con il secondo torchio fu gradito al governo e il 20 agosto 1808 a de Werz fu concessa una patente di introduzione della durata di dieci anni (Arch. di Stato di Milano, Atti di governo, Commercio, p.m., b. 356, f. Verz, de)
Nel 1809 de Werz dichiarava di voler «vendere le sue possidenze» in Tirolo e «realizzarle» (Ibid.), nella speranza di investire i proventi nella sua attività milanese. Tuttavia, come lasciato intuire anche dallo stesso Senefelder, l’attività di de Werz in campo litografico non diede i risultati sperati, forse per imperizia dello stesso (Senefelder, 1821, p. 114), come emerge dalle successive vicende.
Il 20 febbraio 1813 de Werz, che probabilmente già aveva chiuso il proprio stabilimento, cedette il segreto a Ferdinando Artaria, proprietario di una bottega di stampe, carte geografiche e musica, per una somma di 1.200 lire italiane, riservandosi in ogni caso il diritto di continuare a esercitare anch’egli la stampa litografica a Milano o altrove. Forse de Werz vendette ad Artaria anche il torchio e i materiali, come parrebbe emergere dalla supplica che nel 1813 Artaria indirizzò all’ispettore della stampa e della libreria del dipartimento dell’Olona, in cui citava una «stamperia poliantografica (sic) in pietra da me acquistata dal (sic) introduttore nel Regno […]» (Arch. di Stato di Milano, Atti di governo, Commercio, p.m., b. 342, f. Artaria)
Viste le difficoltà incontrate nel realizzare stampe di qualità, de Werz dovette tentare la strada dei proventi della cessione del suo segreto, se a distanza di pochi mesi entrò in trattativa anche con il ministero della Guerra del Regno d’Italia, da cui fu incaricato, il 23 aprile 1813, di organizzare l’avvio di uno stabilimento poliautografico interno al ministero, indicando anche una persona da formare affinché lo mettesse in opera. L’iniziativa doveva avere lo scopo di stampare tavole «per l’esercizio e per l’istruzione dell’infanteria» (Ibid.). Probabilmente ancora a causa della sua scarsa conoscenza della tecnica, come rilevavano anche i funzionari coinvolti nell’operazione, de Werz si rivolse, per portare a compimento l’incarico, proprio ad Artaria, spartendo con lui il compenso di 4.500 lire italiane offerto dal ministero.
Le opere note uscite dal torchio litografico di de Werz sono elencate dal bibliografo Giuseppe Fumagalli: una stampa raffigurante una festa ai giardini pubblici di Milano il 26 maggio 1808, un ritratto di Giambattista Bodoni, riproduzioni di opere di Andrea Appiani, Giuseppe Bossi, Pietro Longhi, due serie di stampe vendute per sottoscrizione e una carta geografica pubblicata nel Giornale della Società d’Incoraggiamento delle scienze e delle arti. Critici sulle doti di de Werz furono pure la Biblioteca italiana e lo stesso Fumagalli (1937, pp. 102-105).
Dibattuta è la presunta parentela di de Werz con Giovanni Dall’Armi, pure trentino, a cui si deve l’introduzione della litografia a Roma forse intorno al 1805 (Fumagalli, 1937, p. 100), e per cui ottenne privativa prima di de Werz a Milano: nel gennaio 1808. La madre di Dall’Armi era infatti la tirolese Maria Teresa Werz (1734-1797). In lettere autografe e nel testamento di de Werz sono citati una «zia Elisabetta De Werz in casa Dall’Armi» e un cugino Giuseppe Dall’Armi (Trento, Biblioteca comunale, Fondo manoscritti, BCT1-1419 c. 737r; BCT1-1422 c. 1016r), tuttavia, come sostenuto anche da Fumagalli, gli elementi sono pochi per confermare questa ipotesi (Fumagalli 1937, p. 114).
Lasciata Milano probabilmente già nel 1813, de Werz si trasferì a Venezia. Lì si sposò, nel 1817, con Tecla Cantora della Pietà, con la quale non ebbe figli. Poche sono le informazioni sugli anni veneziani, durante i quali intraprese le più svariate occupazioni, entrando anche nella polizia asburgica. Tuttavia de Werz dovette mantenere legami con Milano, come attestato da una lettera del 1826, da cui si comprende che era ormai privo di mezzi (Trento, Biblioteca comunale, Fondo manoscritti, BCT1-1413 c. 485r); lo stesso emerge dal testamento.
Morì a Venezia il 13 ottobre 1827.
Archivio diocesano di Trento, Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, Nati e battezzati, vol. VI, p. 626; Arch. di Stato di Milano, Atti di governo, Commercio, p.m., b. 342, f. Artaria; b. 356, f. de Verz; Arch. di Stato di Venezia, Tribunale civile di prima istanza di Venezia, 1815-1871, b. 2316; Trento, Biblioteca comunale, Fondo manoscritti, BCT1, 1413 c. 485r; 1419 c. 737; 1422 c. 1016; Giornale bibliografico universale, 1808, vol. 2, pp. 183 s.; Giornale pisano di letteratura, scienze ed arti, X (1809), pp. 153-155. Inoltre: A. Senefelder, Vollständiges Lehrbuch der Steindruckerey, Monaco di Baviera II ed. 1821; G. Amati, Ricerche storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze, I, Milano 1828, pp. 274 s.; Biblioteca italiana, XLIX (1828), pp. 55 s.; A. Bertarelli - A. Monti, Tre secoli di vita milanese nei documenti iconografici (1630-1875), Milano 1927, ad ind.; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae. Dictionnaire géographique d'Italie pour servir à l'histoire de l'imprimerie dans ce pays, Firenze 1905 (ristampa anastatica, Firenze 1966); Id., Incunabuli della litografia in Italia. Milano o Roma?, in Maso Finiguerra, II (1937), 2, pp. 99-127.