FACCHINETTI, Giuseppe
Nacque a Ferrara nel 1694, secondo la testimonianza delle fonti, e fu allievo dell'ornatista. Antonio Felice Ferrari, del quale superò presto la bravura (Baruffaldi, 1675-1755, p. 573).
Dal Ferrari, che lavorò a lungo nel Veneto oltre che a Ferrara, il F. derivò la perizia e la "leggerezza" nella resa delle ombre nei finti rilievi delle quadrature, descritta da Cittadella (1783, p. 153).
Nel 1720 il F., ritenuto dalle fonti il più eccellente tra gli scolari del Ferrari, morto in quell'anno, aveva già iniziato una propria attività indipendente: si tratta degli ornati della serie di diciotto Santi francescani, dipinti a mezza figura da Giacomo Parolini nel corridoio grande del convento della chiesa di S. Spirito, nonché delle quadrature delle due porte, di cui una con la Vergine della Concezione e l'altra con S. Francesco, e delle quindici sovrapporte, con raffinate vedute allusive e figure allegoriche, con cartigli e versi latini, che illustrano le virtù dello Spirito Santo.
Tale importante decorazione è descritta dalle fonti settecentesche (Brisighella [sec. XVIII], 1990, p. 287, che la data al 1720; Barotti, 1770, p. 172; Cittadella 1783, IV, p. 213), tutte concordi nell'attribuzione delle quadrature al Facchinetti.
I medaglioni del Parolini e le quadrature delle sovrapporte del F., considerati perduti o "non identificati" dalla critica novecentesca (Riccomini, 1970, p. 71; Novelli in Brisighella, 1990, p. 287, nn. 43, 46 ss.), sono visibili, pur con qualche lacuna, nel vasto corridoio al primo piano dell'ex convento di S. Spirito, ora Centro di ricerca sui polimeri e collegio estivo; in particolare gli ornamenti delle quindici sovrapporte sono una prova della perizia tecnica del F., pur nell'ambito della sua produzione giovanile. La quadratura della porta vicino all'ingresso al corridoio è molto deteriorata, con vaste lacune, mentre è ancora perfettamente leggibile l'ornato maestoso e movimentato della porta del lato sud del convento, con l'immagine di S. Francesco al centro. Vi sono grandi volute a ricciolo accartocciate all'estremità, tipiche del F., su uno sfondo monocromo marron-rosato, con le consuete lumeggiature a calce e i contorni delle lesene incisi direttamente sull'intonaco. Nonostante si tratti di un'opera giovanile, si può già notare una piena maturità di stile e quel "rinnovamento" rispetto alla tradizione quadraturistica ferrarese, notato dalle fonti, in specie dal Cittadella (1783).
Un'altra opera giovanile, dipinta nel 1722, era la quadratura del distrutto oratorio di S. Lorenzo, descritta dalle fonti (Brisighella [sec. XVIII], 1990; Barotti, 1770).
Ancora esistenti, per quanto deteriorate a causa di infiltrazioni di umidità, sono le quadrature eseguite dal F. nella chiesa di S. Apollonia, databili circa al 1724 (Brisighella [sec. XVIII], 1990, p. 237; Novelli, ibid., p. 374).
Si tratta dell'ornato architettonico della terza cappella a destra e delle quadrature della seconda cappella a sinistra, dedicata a S. Antonio, che incorniciano gli affreschi di Francesco Parolini, i cui monocromi perdono ogni consistenza plastica e si integrano perfettamente con l'ornato "giocoso" del Facchinetti (Riccomini, 1970). Gli stucchi della volta sono opera di Pietro Turchi, anch'egli spesso associato al F. in altre imprese decorative cittadine (chiesa del Suffragio, per esempio).
Nel 1740 circa è noto dalla testimonianza delle fonti settecentesche che il F. ornò il fondale architettonico della parete dietro l'organo della chiesa dì S. Maria in Vado, insieme con Giacomo Filippi, mentre le figure furono realizzate da Giuseppe Ghedini.
Si tratta di un ornato architettonico molto ricco e mosso, eseguito sempre in monocromo marron chiaro, abbastanza ben conservato. La quadratura dell'altare nel transetto sinistro che presenta le usuali foglie accartocciate e allungate, ghirlande di fiori, un grosso medaglione centrale, due putti al centro in alto e un imponente timpano spezzato, senz'altro simile a quello realizzato vent'anni prima nel convento di S. Spirito, sembra opera del solo Facchinetti.
Sempre al 1740 risale la collaborazione del F. con il Ghedini alla realizzazione delle quadrature dell'affresco raffigurante L'Olimpo in palazzo Bevilacqua (ora Massari), in occasione delle nozze di Alfonso Bevilacqua con Maddalena Trotti (Giovannucci Vigi, 1991, p. 101).
Alla metà del secolo si collocano parecchie realizzazioni del F., come la quadratura della volta dell'ex oratorio dei Ss. Crispino e Crispiniano (attualmente sede degli uffici del Credito romagnolo).
L'affresco della volta è ancor oggi conservato, pur con gravi lacune dovute anche all'erezione dei tramezzi, al primo piano della banca (cfr. Riccomini, 1970, p. 57). La quadratura, con grosse volute angolari, ghirlande e medaglioni e un ampio spazio vuoto centrale (con il cielo) nel quale in basso è la gloria dei santi titolari, è molto simile compositivamente sia a quella della chiesa di S. Maria del Suffragio (pure 1750), sia alla volta dipinta insieme col bolognese V. M. Bigari nel palazzo di Renata di Francia, ora Gavassini (1758-1766).Al 1750, anno in cui l'oratorio di S. Maria del Suffragio venne riedificato per volere del governatore di Ferrara Agostino Novara, è databile la decorazione della calotta absidale ad opera del F., con l'aiuto degli allievi Massimo Baseggio e Giovan Battista Ettori per le quadrature, mentre l'affresco con le Anime purganti si deve a Francesco Pellegrini. Anche la volta centrale presenta gli ornati del F., sebbene con estese ridipinture ottocentesche.
Sempre nello stesso anno (1750) fu aperta al pubblico la biblioteca (in palazzo Paradiso), la cui sala di lettura ancor oggi mostra gli ornati architettonici tipici del Facchinetti.
Realizzata con "arabeschi, volute, fogliami e festoni lumati in parte con oro da Giuseppe Facchinetti, aiutato da Giacomo Filippi ..." (Barotti, 1770, p. 194), la decorazione, seppur in parte ridipinta nel XIX secolo, mostra la caratteristica "granitura" delle ombre, realizzata a piccoli tondi dorati, più volte iterati, proprio per ottenere un effetto illusivo di movimento e di rilievo.
Al 1750-51 ancora le fonti settecentesche attestano la decorazione della volta della cappella del Crocifisso, nella chiesa di S. Domenico, con al centro l'affresco ora quasi illeggibile del Pellegrini, raffigurante un Angelo che indica il monogramma della Vergine. Le ricche e mosse "cornici" si devono al F., che decorò anche quasi tutte le altre cappelle della chiesa, insieme con Giacomo Filippi e Gerolamo Gregori, nell'ottica del rinnovamento dell'edificio a spese del marchese Ottaviano Sacrati. Gli ornati sono in parte ridipinti. Il Cittadella (1783) rilevava l'intelligente adattamento del F. alla tavolozza smorzata e quasi monocroma del Pellegrini, "tutta tenuta su toni grigi e azzurri e verdastri" (Riccomini, 1970, p. 57).
Ancor oggi visibile è la quadratura della cappella del Sacramento (dei marchesi Zavaglia), nella chiesa di S. Paolo, a sinistra dell'altare maggiore, eseguita dal F. sempre in collaborazione con il Pellegrini, in occasione dei rinnovamento della cappella, nel 1758. Sullo scorcio degli anni Cinquanta è pure databile la raffinata decorazione delle prime due cappelle, a sinistra e a destra dell'ingresso, della chiesa di S. Girolamo, in cui il F. realizzò a monocromo gli ornati delle finestre e delle porte, nonché dell'altare della cappella del Crocefisso.
Al 1765 risale la collaborazione del F. con il Ghedini per la decorazione della volta dell'oratorio di S. Sebastiano, distrutto; ugualmente opera di collaborazione fra i due artisti, secondo le fonti, l'oratorio della Concezione. detto della Scala, anch'esso distrutto.
Nella vicina chiesa di S. Francesco resta visibile, seppur ridipinto, l'ornato dell'altare dedicato al santo titolare. Numerose le quadrature del F. descritte dalle fonti oggi non più esistenti, appartenute alla produzione tarda dell'artista: si tratta di quelle nella chiesa della Madonnina, di S. Maria della Rosa, dell'oratorio di S. Rocco, di S. Libera, della Madonna di Ca' Bianca, dell'oratorio Riminaldi, della chiesa di S. Caterina da Siena, nonché di vari palazzi privati, come quello dei Campana, famiglia protettrice e committente dell'artista, e quello Cittadella, nel quale lo stesso biografo ricorda uno "scenario" molto bello e una "soda prospettiva dipinta ad olio su tela" (Cittadella, 1781 p. 214).
Di grande effetto illusivo sono le quadrature dei quattro soffitti di palazzo Gavassini, ex Renata di Francia, datati al 1765-66, di soggetto mitologico, che raffigurano il Ratto di Ganimede, Il Silenzio, Il Sonno, La Notte, L'Olimpo, Il trionfo di Nettuno, e sono l'unica testimonianza della collaborazione del F. con V. M. Bigari.
Si tratta della più complessa architettura dipinta dal F., costituita da un'ampia e mossa balconata centrale, con uno spazio ellissoidale al centro, timpani spezzati, grosse urne in prospettiva, medaglioni, nicchie e le consuete volute accartocciate, ghirlande e cartigli tipici dell'artista. Anche in questi soffitti si nota la caratteristica "granitura" dei fondi, presente in quasi tutte le sue opere.
Nello stesso palazzo Gavassini, attuale sede dell'università, nel salone d'onore del piano nobile sono collocate tre cassapanche lignee e una grande madia dipinte dal F. e bottega, con caratteristiche tipiche del suo stile (volute a ricciolo, medaglioni con protomi femminili, granitura dei fondi). Nella madia è raffigurato lo stemma Gavassini e nelle cassapanche figure di Virtù, fra cui la Speranza e la Prudenza (Lodi, 1983-34, pp. 202-206).
Non si conoscono opere del F. dopo la data del 1766.
All'attività artistica il F. affiancò quella accademica: nel 1736, quando fu istituita a Ferrara l'Accademia del disegno presso la pubblica università, divenne professore d'ornato e di architettura e mantenne tale insegnamento fino all'anno accademico 1770-71, prima della riforma universitaria voluta da Clemente XIV. Inoltre negli anni 1736-37, 1738-39, 1756-57, 1760-61, 1766-67, 1767-68 rivestì la carica di direttore della sezione architettura (Fiocchi, 1983-84). In quegli anni ebbe molti allievi, alcuni anche collaboratori, come Maurelio Goti, Luigi Corbi, Massimino Baseggio. Il Cittadella (1783, IV, p. 200) menziona una serie di disegni acquerellati del F., conservati allora presso l'Accademia dell'università, a tutt'oggi non ancora rinvenuti. Presso la collezione di stampe della Biblioteca Ariostea di Ferrara è, invece, attualmente ancora conservata l'incisione di A. Bolzoni da un disegno del F. del monumento al vescovo Bonaventura Barberini, datato 1743.
La sua modestia, come ricorda il Cittadella (1783), non lo aiutò affatto nella carriera ma lo portò a respingere i numerosi inviti e le commissioni fuori della città estense.
Riccomini (1970, p. 57) ritiene si debba al F. il merito di aver introdotto a Ferrara il metodo quadraturistico bolognese, ma in realtà il F. mantenne una propria autonomia stilistica, peculiare nella tecnica di "granir le ombre", e rinforzare le lumeggiature a calce e rendere il rilievo delle architetture illusive, del tutto differente dalle coeve realizzazioni degli ornatisti bolognesi; d'altro canto la collaborazione con Vittorio Maria Bigari nel palazzo Gavassini avvenne nella tarda attività, quando il suo stile era gia pienamente definito.
A noto dalle fonti che ebbe un nipote Bartolomeo, anche lui quadraturista, che dipingeva molto bene, ad imitazione dello zio, ma morì giovane e non lasciò opere (Cittadella, 1783).
A quanto attestano le fonti il F. morì a Ferrara l'11 febbr. 1777 e fu sepolto nella chiesa di S. Clemente.
Fonti e Bibl.: C. Brisighella, Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara [sec. XVIII], a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1990, pp. 131, 136, 287, 297, 374 ss., 460, 491, 497; G. Baruffaldi [1675-1755], Vite de' pittori et scultori ferraresi, II, Ferrara 1846, pp. 573 s. (cfr. anche Indice, a cura di A. Mezzetti-E. Mattaliano, I, Ferrara 1980, p. 111); C. Barotti, Pitture e sculture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici... di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 33, 61, 68, 78, 88, 95 ss., 116, 129, 141, 153, 163, 172, 179, 180 s., 183, 194; G. A. Scalabrini, Memorie istor. delle chiese di Ferrara..., Ferrara 1773, pp. 53, 198, 242; C. Cittadella, Catalogo histor. de' pittori e scultori ferraresi; Ferrara 1783, IV, pp. 199-24; A. Frizzi, Guida del forestiere per la città dì Ferrara, Ferrara 1787, pp. 64, 121, 145; L. Ughi, Diz. stor. degli uomini illustri ferraresi, I, Ferrara 1804, pp. 202 ss.; F. Avventi, Ilservitore di piazza. Guida per Ferrara, Ferrara 1838, pp. 136 ss.; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, a cura di C. Laderchi, Ferrara 1848, p. 476; L.N. Cittadella, Guida per il forestiere in Ferrara, Ferrara 1873, p. 98; G. Medri, Guida di Ferrara, Ferrara 1933, pp. 201, 235; G. Zucchini, Ilpittore Nicolò Bertuzzi..., Bologna 1955, p. 57; E. Riccomini, Settecento ferrarese, Ferrara 1970, pp. 31 n. 12, 55, 57, 63, 67; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, p. 123; Id., in L'arte del Settecento emiliano (catal.), Bologna 1979, pp. 84-87; F. Fiocchi, L'Accademia del disegno di Ferrara, in Boll. annuale dei Musei civici Ferrara, XIII-XIV (1983-84), pp. 233, 236 s., 240-44; L. Lodi, Schede settecentesche, ibid., pp. 199-207; C. Casali Pedrelli, V.M. Bigari. Affreschi, dipinti, disegni, Bologna 1991, pp. 144 s.; B. Giovannucci Vigi, Ferrara. Chiese, palazzi, musei, Bologna 1991, p. 101 e passim; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 177.