FAGNANO, Giuseppe
Nato a Rocchetta Tanaro (Asti) il 9 marzo 1844 da Bernardo e Maddalena Pero, contadini di una certa agiatezza, fu avviato per gli studi ginnasiali e la carriera ecclesiastica nel seminario vescovile di Asti, dove fece la vestizione chiericale nel novembre 1855. Nel 1858, data l'esiguità numerica di allievi, il seminario venne chiuso e i chierici furono rimandati alle loro case o affidati ad altri istituti. Scoppiata la guerra contro l'Austria, spinto dagli entusiasmi popolari, il giovane F. si arruolò volontario tra i garibaldini; dallo stesso Garibaldi fu però indotto a passare fra le truppe regolari e nei mesi di guerra fu assegnato all'assistenza dei feriti ad Asti nei locali del seminario.
Nel novembre 1859 entrò all'oratorio di don Giovanni Bosco a Torino, completò gli studi umanistici e giunse a conseguire presso l'università degli studi il diploma per l'insegnamento nelle scuole ginnasiali inferiori (1864). Nel 1864 fu ordinato sacerdote a Casale Monferrato, da mons. P.M. Ferrè, uno dei prelati che in quegli anni maggiormente appoggiavano don Bosco e la Congregazione dei salesiani da lui fondata. Il F. fu inviato dapprima come insegnante nel collegio di Lanzo Torinese (1863-1872), poi come economo in quello di Varazze: in collegi cioè dove funzionavano le scuole che le rispettive Municipalità, negli anni di transizione fra la legge Casati e la legge Coppino, avevano finito per affidare ai salesiani.
Nel 1875 don Bosco inserì il F. nel drappello dei primi "missionari" inviati nella Repubblica Argentina. Con alcuni altri fu destinato a San Nicolás de los Arroyos (fra Rosario e Buenos Aires) per aprirvi un collegio con scuole primarie e secondarie. Era un progetto carezzato da alcuni notabili di quella comunità dedita in prevalenza all'allevamento del bestiame, in zone ancora percorse da tribù indipendenti di aborigeni. Nei progetti di don Bosco il collegio di San Nicolás doveva costituire un avamposto per l'opera di evangelizzazione e di civiltà fra i "selvaggi" della Patagonia. Gli inizi non furono facili. L'edificio era tutto da costruire, le sovvenzioni scarseggiavano, gli allievi non raggiungevano il centinaio. Colpito da tifo, nell'aprile 1879 il F. dovette ricoverarsi a Buenos Aires, lasciando la comunità salesiana di San Nicolás ingolfata in enormi debiti.
La sua gestione non aveva raccolto consensi nemmeno tra i suoi confratelli: se ne apprezzava la dedizione, l'ardimento, ma si rimproveravano al F. i progetti esorbitanti, le spese avventate e la gestione incauta di tutta la sfera amministrativa e disciplinare. I superiori salesiani di Buenos Aires lo indicavano a Torino come non idoneo a responsabilità direttive. Nel pro e contro, don Bosco scommetteva sulle doti d'intraprendenza e di tenacia del F. e nel 1880 gli affidava la gestione della parrocchia di Carmen de Patagones, altro avamposto ideale verso gli Indios delle sconfinate pianure, dove i salesiani subentravano ai padri lazzaristi. Negli anni 1879-80 gli Indi erano respinti verso le zone andine, sterminati o catturati da circa ottomila soldati regolari che sotto il comando del generale Julio Roca conducevano la "conquista del desierto". A Patagones il F. dispiegava le sue doti di intraprendenza costruendo edifici di educazione e di culto e organizzando la eterogenea comunità di indi, di negri discendenti da schiavi africani e d'immigrati europei. Tra l'altro diede vita a una Società italiana di mutuo soccorso nell'intento anche di superare l'anticlericalismo emotivo che contadini e allevatori avevano portato con sé dalla madrepatria.
Con decreto del 16 nov. 1883 don Bosco ottenne dalla congregazione di Propaganda Fide l'istituzione di due territori missionari affidati ai salesiani: il vicariato apostolico della Patagonia settentrionale e centrale, e la prefettura apostolica della Patagonia meridionale. Come vicario apostolico venne designato Giovanni Cagliero, che fu consacrato vescovo l'anno successivo. Il F. il 2 dic. 1883 fu nominato prefetto apostolico della Patagonia meridionale, delle Malvine e delle non meglio definite isole che si estendevano fino allo stretto di Magellano: un territorio che politicamente apparteneva all'Argentina e al Cile (le Maldive-Falkland, rivendicate dall'Argentina, erano colonie della Corona britannica), ed ecclesiasticamente copriva aree appartenenti alla diocesi cilena di San Carlos de Ancud.
Dalla sua residenza di Patagones intanto, tra il 1880 e il 1887, il F. compiva una serie di esplorazioni lungo tutta la valle del Rio Negro allo scopo di mettersi in contatto con i gruppi di aborigeni sparsi in quelle plaghe del territorio patagonico. Nel 1884 insieme con Antonio Oneto, un genovese capitano di lungo corso, progettò nel Chubut una "riduzione" indigena, collegandosi idealmente alle vecchie esperienze dei gesuiti che la memoria salesiana aveva rinverdito ristampando a Torino l'opera di L. A. Muratori, Il cristianesimo felice nel Paraguay (1880). Il piano, inviato al governo argentino, non ebbe seguito sia per le remore o politiche o dei grossi proprietari di terre, sia per la morte dell'Oneto, sopravvenuta in quel medesimo anno.
Nell'aprile 1887 il F. lasciò definitivamente Patagones alla volta del Cile per fare ormai della Terra del Fuoco il campo preferenziale della sua attività. Con il consenso del vescovo cileno di Ancud stabilì la sua residenza a Punta Arenas, meta in quegli anni di commercianti cosmopoliti, piccoli armatori di navi, cercatori d'oro, avventurieri: comunità politicamente divisa tra liberali e conservatori. Il F. soleva aggregarsi a spedizioni esplorative militari o scientifiche allo scopo di meglio conoscere le popolazioni fueghine (nel 1892 in una di queste esplorazioni condotta dal contrammiraglio Vicente Montes, ammiratore del F., venne scoperto un lago di circa 100 Km di lunghezza, cui fu dato il nome di lago Fagnano).
A Punta Arenas, superando ostilità politiche e opposizioni burocratiche, impegnandosi in rischiosi investimenti, diede vita a collegi, a luoghi di culto, a scuole e a ricreatori per i giovani. Acquistata nel 1889 una goletta di 30 tonnellate (battezzata "Mafia Auxiliadora"), poté con maggiore autonomia stabilire contatti con gli aborigeni delle terre magellaniche (Onas, Alacalufes, Yahganes, Tehuelches). Nel 1890 ottenne dal presidente della Repubblica, il liberale J. M. Balmaceda, il possesso per vent'anni dell'ampia e lussureggiante isola Dawson (133.000 ettari) a fini umanitari verso gli Indios. Con fatica e dispendio di denaro i salesiani disboscarono larghi tratti della zona costiera prescelta, costruirono un centinaio di casette, trasportarono capi di bestiame, vestiario e attrezzi. Fu possibile raccogliere nella missione, denominata San Rafael, qualche centinaio di indi alacalufes e onas, parte frutto di una sorta di "tratta" da isole vicine, operata dalla Società geografica di Punta Arenas, parte confluiti spontaneamente. Arenatosi irrimediabilmente in quelle plaghe un cutter a vapore, il F. trovò modo di recuperarne il motore e avviare con esso una segheria a San Rafael. Ebbe inizio così sull'isola Dawson una delicata e discutibile opera d'inculturazione di etnie primitive ormai debilitate e in via d'estinzione. Dopo qualche anno di euforia, inesorabilmente il tifo, la scarlattina e la tubercolosi cominciarono a mietere la popolazione di San Rafael, non sufficientemente compensata dall'afflusso di gruppi sparuti (Entraigas, p. 518). Il F. pensò a un incrocio di etnie tra gli alacalufes e onas fueghini e gli araucanos patagonici, questi ultimi più resistenti, anche se a loro volta falciati dal vaiolo e da altre malattie. Quando nel 1911 scadde la convenzione con il governo, le casette di San Rafael erano ormai con pochi ragazzi, perciò silenziose e quasi vuote. I salesiani, le figlie di Maria Ausiliatrice e gli indi superstiti lasciarono Dawson per trasferirsi altrove nella Terra del Fuoco.
Sull'onda dell'euforia per quanto si faceva all'isola Dawson, nel 1892-93 il F. ottenne dal governo argentino di poter occupare una vasta estensione di terreno a Rio Grande (circa 30.000 ettari), presso la foce dell'omonimo fiume sull'Isola Grande della Terra del Fuoco. Si trattò in realtà di un'acquisizione precaria, mal precisata, successivamente contestata e ridefinita (Bruno, I, pp. 472-487; II, pp. 467-473). Per garantire contatti rapidi con Punta Arenas il F. acquistò intanto un naviglio a vapore (che battezzò "Torino"). Come già nell'isola Dawson, così a Rio Grande fece sistemare centinaia di ovini e bovini; provvide inoltre alla costruzione di edifici per i salesiani e le figlie di Maria Ausiliatrice, nonché abitazioni per gli indi onas che cominciarono ad affluire numerosi nella nuova missione intitolata a Nostra Signora della Candelaria.
Nel primo decennio, nonostante un pericoloso incendio che devastò le costruzioni (12 dic. 1896), la Candelaria giunse a gestire, come una grande hacienda, oltre 20.000 ovini e bovini, polarizzando gruppi onas anche stabilmente. A mano a mano che procedeva la colonizzazione di terre nelle plaghe argentine australi il progetto di una riduzione per indi si rivelava impraticabile, tanto più che la politica generale non tendeva a costituire riserve indiane sul modello di quanto si conosceva degli Stati Uniti d'America. La Candelaria pertanto da centro per indi si trasformava via via in grande scuola agrotecnica per la popolazione locale.
In quei medesimi anni il F. provvedeva alla presenza di salesiani alle Malvine (1891), a Ushuaia (1904) e altrove nell'ambito della sua prefettura apostolica.
Nei primi lustri del '900, già prima che si chiudesse la missione dell'isola Dawson, si fecero insistenti le pressioni dell'alto clero diocesano di Ancud, perché Punta Arenas non fosse più il centro residenziale di una prefettura apostolica, che in quella zona non aveva più ragione d'essere. Più o meno esplicitamente si chiedeva al F. e ai salesiani la cessione di competenze giurisdizionali e di luoghi di culto sia nella città sia nella zona. Il F. e i salesiani cercarono di difendere le proprie posizioni in Cile e a Roma. La S. Sede giunse a una soluzione che voleva essere salomonica. Il 4 ott. 1916 fu eretto il vicariato apostolico di Magellano con sede principale a Punta Arenas. Come primo prelato con la dignità di vescovo fu scelto il salesiano cileno Abrahán Aguilera (eletto il 22 dic. 1916, consacrato il 20 maggio 1917; poi vescovo di San Carlos de Ancud dal 24 ott. 1924). Cessava la prefettura apostolica della Patagonia meridionale. Il F., sebbene prostrato di forze, negli ultimi anni di vita non cessava di viaggiare in Argentina e in Cile, finché la morte lo colse a Santiago (Cile) il 18 sett. 1916. Per volere della cittadinanza di Punta Arenas, la sua salma fu trasportata colà e sepolta nella chiesa maggiore che il prelato vi aveva costruito.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio salesiano centrale annesso alla casa generalizia, cartelle 273, Fagnano; 38, Punta Arenas, Rio Grande, San Carlos de los Arroyos; 6.411, Patagonia Meridionale. Documenti relativi al F. sono presso l'Opera salesiana di Punta Arenas, l'archivio locale e il Museo regionale. Altri materiali archivistici sono segnalati da C. Bruno, Los salesianos y las hijas de Mariá Auxiliadora en la Argentina, Buenos Aires 1981-83, 2 voll., ad Indices; G.B. Lemoyne-A. Amadei-E. Ceria, Memorie biografiche di don Giovanni Bosco, San Benigno Canavese-Torino 1898-1939, 19 voll., ad Indices; Boll. salesiano, XL (1916), pp. 295, 328 ss., 367 ss.; M. Borgatello, Mons. G.F. prefetto apostolico della Patagonia e Terra del Fuoco, Torino 1930; M. Migone, Un héroe de la Patagonia. Apuntes biográficos de mons. José F., Buenos Aires 1933; E. Ceria, Annali della Soc. salesiana, I-IV, Torino 1941; ad Indices; R.A. Entraigas, Monseñor F., el hombre, el misionero, el pioneer, Buenos Aires 1945; Id., Los salesianos en la Argentina, I-IV, Buenos Aires 1969-72, passim; P. R. Paesa, Nuevos aspectos de la erección del vicariato de la Patagonia, in Archivum. Revista de la Junta de historia eclesidstica argentina, VII (1963-65), pp. 85-100; J. E. Belza, En la isla del Fuego, I, Buenos Aires 1974, passim; F. Aliaga, La misión en la isla Dawson (1889-1911), in Anales de la Facultad de teología (Santiago del Cile), XXXII (1981), 2; F. Bodratto, Epistolario (1857-1880), a cura J. Borrego, Roma 1988, ad Indicem; G. Bosco, La Patagonia e le terre australi del continente americano, a cura di J. Borrego, Roma 1988, p. 4; S. Kuzmanich, Presencia salesiana, 100 años en Chile, Santiago 1987, pp. 81-84, 193-203, 274-309; II, ibid. 1990, pp. 23-178, 419-437.