FANCIULLI, Giuseppe
Nacque a Firenze l'8 marzo 1881 da Giovanni ed Enrichetta Guidotti. A sette anni, alla morte della madre, fu accolto nella casa delle zie materne. A Firenze compì gli studi fino alla laurea ed al perfezionamento in filosofia presso l'Istituto di studi superiori, ma si indirizzò presto alla psicologia ed alla giurisprudenza, in cui si addottorò brillantemente ad Urbino.
Degli studi di psicologia, nella quale conseguì per primo in Italia la libera docenza che esercitò nelle università di Firenze e Milano, ci restano diversi documenti: L'individuo nei suoi rapporti sociali (Torino 1905), L'umorismo (Firenze 1913), La vita affettiva dei bambini (ibid. 1914), Il fascino dell'infanzia (Torino 1926), I nostri ragazzi (Milano 1937). In queste opere concentrò i suoi interessi sulla vita affettiva infantile e diede particolare rilievo alla pratica pedagogica e didattica.
Ad avviarlo alla letteratura per l'infanzia fu decisiva la conoscenza di L. Bertelli (Vamba), il celebre direttore del Giornalino della Domenica. Nel 1906, pur non cessando di collaborare a riviste come Psiche e La Cultura filosofica, entrò nella redazione del Giornalino con lo pseudonimo di Maestro Sapone, accanto a personalità quali F. Scarpelli, A. Romualdi (Fra Bombarda), E. Guidotti (Don Radice), A. Valori (Ceralacca), G. Borsi e I. Baccini. Nel contempo iniziava una intensa attività pubblicistica: nel 1908 era corrispondente della Tribuna di Roma e redattore del Campione di Firenze, del Secolo XX e della Lettura di Milano fino al 1912, anno in cui iniziò la collaborazione a Il Corriere dei piccoli, che terminerà nel 1918.
Nel 1909 pubblicò in volume i quadretti di vita infantile Per i più piccini (Firenze), seguiti dalle mirabolanti avventure di Pippo Sizza aviatore (ibid. 1910) scritte con lo pseudonimo di Pino. Nel 1912, edito sempre a Firenze, primo grande successo di pubblico con L'omino turchino.
Il libro racconta le azioni a fin di bene di un omino che, disegnato e ritagliato da una bimba, è portato via dal vento in giro per il mondo. Se il piglio della narrazione ricorda, a tratti, il Collodi per l'accento realistico della fantasia e la briosa rapidità (Cibaldi), alcuni temi rivelano però l'influenza del gruppo del Giornalino. Non è, infatti, solo l'idea del pupazzo in viaggio nel mondo di personaggi-insetti ad avvicinare il F. al Vamba di Ciondolino ed al Barzini di Fiammiferino: più ancora, il tentativo di divulgazione scientifica in forma di fiaba, la fantasiosa umanizzazione della natura (Petrini), il fine senso dell'umorismo unito a spunti di satira sociale rivolta più agli adulti che ai ragazzi (Robuschi Romagnoli). Tutto all'insegna di una pedagogia volta alla formazione di un'etica nazionale e fondata su un patriottismo che condurrà il F. su posizioni interventiste (La volontà d'Italia, Firenze 1915).
La tragedia del conflitto mondiale, in cui morì l'amico fraterno G. Borsi, gli procurò un'acuta crisi religiosa. Ed è con Creature (Torino 1918), dedicato allo scomparso, che si inaugura un nuovo corso. Questi "quadri di vita per la gioventù", in quanto commossa contemplazione della natura, sono un'implicita risposta alla contemporanea esaltazione attivistica lasciata in eredità dalla guerra. Seguivano due volumi di novelle, ricche di spunti autobiografici, inni alla vita semplice e buona, che avevano come sfondo la Toscana del tempo di guerra: Gente nostra (Torino 1918) e Alla sorgente (ibid. 1918). Qui, il generico filantropismo delle opere precedenti trovava finalmente una giustificazione nella fede e nella pratica cristiana: non era più l'avventura in sé e per sé ad interessare il F., ma il modo di viverla dei personaggi e l'ideale che la determinava (Robuschi Romagnoli).
Frattanto gli impegni giornalistici si moltiplicavano. Dal 1916fu redattore del Guerin Meschino (fino al 1921) e del quotidiano La Perseveranza di Milano (fino al 1920), mentre collaborava a Mondo e Gli Avvenimenti. Nel 1918 era di nuovo nel rinato Giornalino che, con la morte di Vamba, dirigerà dal '20 al '24. Nel 1919 fondò a Milano il Teatro per ragazzi, poi itinerante, di cui fu direttore fino al 1923. Da questa esperienza nacquero, tra l'altro, Ilteatro di Takiù (Milano 1923), il burattino giapponese col cappello verde e la giubba disegnata a pappagalli, le fiabe sceniche Il sole di Occhiverdi (ibid. 1926) e Zufrin (ibid. 1932) e le commedie per bambini La testa di Spinacino (Torino 1930). Si tratta di testi nei quali il F., senza rinunciare alla vivacità scenica ed alla comicità delle situazioni, finalizza ogni evento all'esemplificazione di un monito morale. La nuova attività teatrale non escludeva quella narrativa. Pubblicò S. Francesco d'Assisi (Torino 1926), prima opera di un edificante ciclo di biografie romanzate: S. Luigi Gonzaga (ibid. 1926), Virgilio (Milano 1927), Glorie d'Italia (Torino 1929), Dante (Milano 1930), S. Giovanni Bosco (Torino 1934), Santi d'Italia (Brescia 1935), Gesù Bambino (ibid. 1936), La novella di Giotto (Milano 1936).
Qui, la vita dei protagonisti era presentata ai ragazzi nella cornice di un'ampia novella ove la tradizione antica è continuata con libera invenzione di particolari. Il dato narrativo era, però, sempre piegato ad una prioritaria e spesso soverchiante esigenza pedagogica e religiosa. Non è un caso, infatti, che la maggior parte dei ritratti sia dedicata ai "campioni della fede", secondo un'angusta concezione della storia come attuazione di un disegno della provvidenza, la cui molla è l'amore.
Nel 1927 il F. dava alle stampe Fiore (Firenze), vincitore del concorso Bemporad, primo dei "romanzi di vita".
Il libro racconta due anni di vita di un ragazzo rimasto orfano e accolto in casa dello zio paterno, rude sterratore, il quale aveva chiuso da tempo ogni rapporto con il fratello. Fiore, anima sensibile, ricevuto per pietà, dopo un periodo di incomprensioni e difficoltà riuscirà a far ritrovare allo zio la fede e alla piccola cugina paralizzata, per la violenta emozione, l'uso delle gambe. In questo romanzo, fastidiosamente agiografico, il motivo simbolico e morale diviene centrale. Il protagonista, del tutto spiritualizzato, è un personaggio irreale, a rappresentare l'ideale dell'io di ciascun adolescente, come aspirazione alla bontà ed alla poesia (Robuschi Romagnoli).Nel 1931 il F. tornò a ricoprire incarichi di prestigio: fu redattore de L'Illustrazione italiana di Milano (fino al 1932) e direttore della Gazzetta del popolo di Torino (fino al '35). Nel contempo, ed ininterrottamente fino al 1943, collaborò a numerose testate, tra le quali: Ambrosiano, Sette giorni, La Scena illustrata (Firenze), L'Avvenire d'Italia (Bologna), IlGazzettino (Venezia), IlGiornale di Trieste.
Nel 1932 ottenne il premio Viareggio con Lisa-Betta (Torino), presentata con molti elogi da Massimo Bontempelli.
Questo secondo "romanzo di vita" narra la storia edificante di una bambina di nove anni dalla duplice personalità: ora più Lisa, ora più Betta, secondo che prevalga in lei il raziocinio o l'istinto, il sentimento o la fantasia. Come Fiore, anche Lisa-Betta ha una sua missione di conciliazione familiare che si compirà nel lieto finale con la riappacificazione tra il babbo e la zia Daria, superando antichi dissidi e malintesi. La trama, quanto mai tenue per accadimenti, è tutta giocata sulla ricostruzione del piccolo mondo del paese visto dagli occhi incantati e poco credibili di una bimba tutta bontà e religiosità all'insegna di una insistita esaltazione dei valori domestici e familiari.
Nel 1934, sull'onda del successo, pubblicò Alza bandiera (Firenze, poi con il titolo mutato Il gran gioco), racconto di una guerra tra ragazzi, ispirato al capolavoro di F. Molnár I ragazzi della via Pal. Del 1936 è Tra le lance dei Galla (Torino), storia di un giovane indigeno al seguito del cardinale Massaia, a metà tra il racconto di pura fantasia e quello a carattere strettamente didattico. Ad esso seguirono Il bosco incantato (Firenze 1941), Lisa-Betta al mare (Torino 1943), Un raggio di sole (ibid. 1946).
Dal 1946 fino al 1948 fu direttore del Corriere dei ragazzi. In questo stesso anno il F. ebbe una vigorosa ripresa narrativa: oltre alle Nuove avventure dell'omino turchino (Firenze), dava alle stampe a Torino i racconti fiabeschi di L'isola degli uccelli, Le onde senza corona, Il gatto nero, Verdespina. Si tratta di fiabe che raccontano le metamorfosi di "bimbi cattivi" attraverso il dolore ed il pentimento. Scritte in una lingua semplice e persuasiva per gli adolescenti, costituiscono l'ultima testimonianza di uno scrittore programmaticamente e tenacemente volto a realizzare una missione morale e religiosa tra i fanciulli.
Nel 1950 il F. si ammalò gravemente a Firenze e si trasferì, in convalescenza, a Castelveccana (Varese) sul lago Maggiore, ove morì il 16 ag. 1951.
Bibl.: Per una rassegna completa delle 151 opere del F., cfr. P. Robuschi Romagnoli, F., Firenze 1955, pp. 105-11, ed E. Petrini, F., Firenze 1963, pp. 129-36. A dispetto della enorme attività dello scrittore, sono molto pochi, oltre alle monografie citate, gli studi a lui dedicati: F. De Sarlo, Prefazione a G. Fanciulli, L'individuo nei suoi rapporti sociali, Torino 1905; D. Mondrone, Un asso della letteratura infantile, G. F., estratto da La Civiltà cattolica, CII (1951); V. Pisani, G. F., Firenze 1954; A. Michieli, G. F., Rovigo 1954. Utili indicazioni possono comunque trovarsi nelle seguenti storie letterarie: M. Tibaldi Chiesa, Letteratura infantile, Milano 1944, pp. 79-83; P. Bargellini, Canto alle rondini, Firenze 1953, passim; M. Mastropaolo, Panorama della letteratura infantile, Milano 1955, pp. 77-81 e passim; L. Santucci, Letteratura per l'infanzia, Milano 1958, ad Indicem; M. Valeri-E. Monaci, Storia della letteratura per i fanciulli, Bologna 1961, pp. 140-45; A. Cibaldi, Storia della letteratura per l'infanzia e l'adolescenza, Brescia 1967, pp. 212 ss. e passim; L. Sacchetti, Storia della letteratura per la gioventù, Firenze 1968, pp. 282 ss. e passim; G. V. Paolozzi, Letteratura giovanile, Palermo 1974, ad Indicem; A. Lugli, Libri e figure. Storia della letteratura per l'infanzia e per la gioventù, Bologna 1982, ad Indicem.