FERRAIOLI (Ferrajoli), Giuseppe
Nacque a Piperno (oggi Priverno, in prov. di Latina) nel 1798 da Filippo e da Marianna Talacchi, entrambi di modeste condizioni. Nel 1810 si trasferì con la famiglia a Roma ove suo padre ottenne un impiego presso il Banco Torlonia. Proprio questa potente famiglia aristocratica, ma soprattutto il principe Alessandro, determinò l'ascesa e la fortuna del F., che, da semplice computista, divenne, prima, uno degli assistenti personali del principe e poi, suo fidato ed insostituibile consigliere. Il costante appoggio del principe, inoltre, permise al F. di abitare, dal 1840 al 1855, nello stesso palazzo Torlonia a piazza Venezia, di acquistare, intorno al 1840, ad Albano Laziale la villa Benucci (appartenente a Domenico Benucci, gestore della Regia dei tabacchi prima dello stesso F.) e di ottenere, infine, nel 1852 il titolo di marchese di Filacciano - ratificato lo stesso anno da un breve apostolico - dopo l'acquisto del castello locale dal principe Domenico Orsini, cognato di Alessandro Torlonia.
Nel 1836 sposò Francesca Elisei Scaccia Camporo di Fossombrone, di nobile famiglia umbro-marchigiana, dalla quale ebbe i figli Gaetano (1838), Marianna (1842), Teresa (1844), Alessandro (1846) e Filippo (1851), marito, quest'ultimo, di Natalia De Rossi, figlia dell'insigne archeologo Giovanni Battista.
Nel 1836 il F. risulta - insieme con famiglie blasonate come i Borghese, i Rospigliosi, i Colonna - uno dei cento soci fondatori della Cassa di risparmio di Roma, con una donazione di 500 scudi a fondo perduto.
La notorietà e la fama dei F. sono legate agli impegnativi incarichi da lui ricoperti presso la Manifattura tabacchi dal 1843 al 1870.
La gestione diretta di questo rilevante settore manifatturiero da parte dell'amministrazione statale pontificia, iniziata nel 1820 e proseguita per oltre un decennio senza alcun metodo ed obiettivo imprenditoriale, aveva creato sempre più ingenti passivi di bilancio. Nel 1831 la gestione venne affidata per dodici anni alla famiglia Torlonia (ai tre fratelli Marino, Carlo e Alessandro) e al marchese Camillo Pizzardi di Bologna. Durante i primi quattro anni, il F. ricoprì incarichi di minore entità, che gli valsero la stima e la fiducia del principe Alessandro. Il 14 aprile 1835 quest'ultimo decise, di concerto con gli altri soci appaltatori, di nominarlo direttore generale dell'amministrazione dei sali e tabacchi, in sostituzione di D. Benucci. mandato a Napoli a gestire l'appalto dei tabacchi, ottenuto dal Torionia nel, 1833. Il 28 maggio 1841, visti gli ottimi risultati dell'amministrazione cointeressata (le vendite dei sali e dei tabacchi conobbero, nel decennio 1830-40, una crescita costante), dopo una gara d'appalto, il contratto venne rinnovato al solo Alessandro Torlonia per un ulteriore dodicennio, a condizioni tuttavia maggiormente favorevoli alla Curia, che ottenne 1.355.000 scudi annui Più il 34% degli utili netti della manifattura.
Il 10 luglio 1843 il F. venne nominato rappresentante generale e capo dell'amministrazione cointeressata dei sali e tabacchi. Il suo compenso fu di circa 200 scudi mensili più il 6% degli utili netti, nel caso l'azienda avesse raggiunto un saldo attivo di 200.000 scudi annui.
Proseguendo nella linea intrapresa nel precedente dodicennio, egli si impegnò a combattere con accanimento la grave piaga del contrabbando, causa prima dei preoccupanti deficit degli anni Venti, nominando esperti e fidati ufficiali di guardia preposti alla sorveglianza delle coste, delle frontiere e dei magazzini di sali e tabacchi. Per incentivare le vendite, sperimentò la coltivazione di nuove e più raffinate qualità di tabacco, sia da fumo sia in polvere, e importò, anche se in quantità contenuta, le più pregiate foglie di tabacco estero. I risultati furono soddisfacenti: nei primi cinque anni di gestione, dal 1843 al 1848, i sali e i tabacchi portarono il maggiore introito fra le aziende statali, per una somma di quasi 1.700.000 scudi annui.
Il governo repubblicano del 1849 soppresse l'appalto dei sali e tabacchi e invitò lo stesso F. ad assumerne la gestione per conto dello Stato, ma egli decise di rifiutare preferendo tutelare a Roma gli interessi del principe Torionia, emigrato a Napoli. Persuase il nuovo amministratore dei sali e tabacchi a pagare parte dei debiti che lo Stato pontificio aveva contratto con il Torlonia e a indennizzare il principe per i danni causati dalla rivoluzione romana. Riuscì a evitare la demolizione della villa fuori porta Pia e del teatro Apollo, entrambi di proprietà Torlonia e a mettere in salvo i più importanti tesori d'arte, tra cui l'Ercole di A. Canova, posseduti dalla famiglia.
Tornato a dirigere la Manifattura tabacchi dopo la restaurazione pontificia, il F., nel quinquennio successivo alla rivoluzione, riuscì a quadruplicare le vendite del decennio precedente.
Già sul finire del 1851 la Curia cominciò a prendere in considerazione Vipotesi di avocare a sè la gestione dei sali e tabacchi appena scaduto il contratto d'appalto col Torlonia nel 1855. In alternativa si proponeva di rinnovare l'accordo ma a condizioni assai più vantaggiose per le finanze pontificie.
In vista di una possibile asta pubblica emerse, tra gli altri, un gruppo di capitalisti guidati dal conte Antonelli, che propose al F. di unirsi a loro per concorrere al rinnovo dell'appalto dei sali e tabacchi (agosto 1853). Il Torlonia, dopo qualche incertezza e ambiguità con il F., decise di rompere gli indugi e il 20 sett. 1853 gli inviò il progetto di una nuova collaborazione societaria secondo cui il F. avrebbe ottenuto un terzo degli utili netti. Quest'ultimo accolse la proposta e offrì immediatamente al principe l'ipoteca sui suoi fondi per garantire l'anticipazione dei capitali; ma, quando, nel giugno 1854, presentò il progetto dettagliato del Torlonia al proministro delle Finanze Angelo Galli, era ormai troppo tardi. Il governo aveva deciso, già da tempo, di assumere la direzione dell'azienda, nonostante il parere contrario della Consulta di Stato per le Finanze (marzo 1854) e ottenne l'avallo definitivo della Curia nel luglio 1854. Il F., indicato come il candidato ideale a cui affidare l'amministrazione dei sali e tabacchi, accettò l'incarico il 16 sett. 1854 nonostante l'invito del Torlonia a rifiutarlo: ciò procurò la rottura di ogni rapporto col principe e con la famiglia Torlonia. Il F. dovette lasciare l'appartamento a piazza Venezia (28 genn, 1855), ma il governo pontificio gli assegnò il terzo piano dei palazzo Del Bufalo-Nicolini, a piazza Colonna, che divenne negli anni successivi di proprietà dello stesso Ferraioli.
In qualità di gestore egli percepi un elevato compenso (3.000 scudi annui), più il 15% degli utili netti della Regia. La proficua condizione della manifattura permise al F. di guadagnare tra il 1856 e il 1858 una media di quasi 174.000 scudi annui e di elevare perciò la sua famiglia, grazie alla cospicua rendita censuaria, al livello di alcuni grandi nuclei aristocratici della capitale.
Negli anni 1856-58, grazie al considerevole aumento della produzione del tabacco, l'azienda conobbe il suo periodo più florido: entrarono nelle casse pontificie quasi 2.000.000 di scudi annui, l'utile di bilancio crebbe del 20%, la voce dei sali e tabacchi divenne il terzo maggiore introito dello Stato dopo la dativa reale sui fondi rustici e i proventi doganali. Ma la perdita delle Legazioni nel giugno 1859 e delle Marche e dell'Umbria nel settembre 1860 crearono un pauroso crollo nella produzione e nelle vendite dei sali e tabacchi: le entrate diminuirono infatti di quasi il 75%. Il F. provvide pertanto alla riorganizzazione radicale dell'azienda, ormai al limite del collasso finanziario. Gli fu affidato il compito di studiare nuovi metodi di gestione per assicurare una lenta ma vitale ripresa. Tra il 1861 e il 1866, nonostante l'aumentato contrabbando e le crescenti diminuzioni del capitale azionario per il recesso di vari soci, fu possibile assistere ad un parziale recupero (le entrate aumentarono in cinque anni di circa il 6%), fondato prevalentemente su una sostanziale riduzione delle spese di fabbricazione e di gestione e sul contemporaneo impulso dato all'estrazione e alla lavorazione del sale che, specialmente a Roma, aveva subito le perdite più pesanti. Il dodicennio tuttavia si chiuse con un nuovo calo della produzione determinato essenzialmente dai nuovi moti insurrezionali del 1867.
Frattanto, nel 1866, il F. era stato tra i cento soci fondatori di una delle prime società edilizie capitoline, la Società anonima edificatrice di case per la classe povera e laboriosa, sorta in una Roma pontificia già consapevole di una prossima espansione urbanistica, e fu uno dei cinque membri della commissione incaricata di compilarne lo statuto (Statuto della Società anonima edificatrice di case per la classe povera e laboriosa, Roma 1873).
Il F. ebbe, inoltre, la possibilità di mostrare le sue doti come amministratore terriero. Oltre al Foro Appio, già in suo possesso, acquistò i terreni della Macchia di Piano - una vasta zona pantanosa divisa in vari appezzamenti tra Terracina e Gaeta - ed ottenne in enfiteusi un'estesa area delle paludi Pontine, di proprietà camerale, appena bonificata da Alessandro Torlonia tra il 1855 e il 1861. Questi terreni vennero in parte affittati ed in parte amministrati direttamente, consentendo al F. un profitto di quasi 17.000 scudi annui. Si dedicò anche al risanamento delle aree di sua proprietà, realizzando un imponente lavoro di prosciugamento e di scolo, proseguito e terminato, dopo la sua morte, dai figli Alessandro e Filippo, che, nel 1902, ottennero dal ministero dell'Agricoltura una medaglia d'oro "per aver eseguito senza dubbio una delle maggiori opere di bonifica sinora eseguite da privati nella provincia romana" (A. Poggi, Latenuta "Foro Appio" e la bonificazione di "Caronte" nell'Agro Pontino, Roma 1902).
La sua fama di valente finanziere permise al F. di ricoprire anche posizioni di rilievo presso il Comune capitolino. Venne infatti scelto nel 1848 come uno dei cento consiglieri comunali del Senato romano, dotato finalmente di prestigio e di relativa autonomia dopo il motu proprio di Pio IX del 1º ott. 1847. Venne nuovamente confermato nello stesso incarico dal 1851 al 1854 - dopo la trasformazione in senso riduttivo dell'istituto comunale in seguito alla rivoluzione romana del 1849 - e ancora dal 1861 al 1868. In quest'ultimo anno, segnalato al pontefice dal Consiglio comunale come uno dei possibili conservatori, venne scelto da Pio IX quale amministratore responsabile in campo finanziario di tutti i beni capitolini ("Conservazione dei diritti e delle rendite").
Durante il mandato consiliare si segnalò per alcune significative modifiche ai regolamenti degli uffici comunali, come ad esempio l'istituzione di un "registro matricolare", che doveva finalmente disciplinare la caotica e nepotistica procedura delle assunzioni comunali. Si fece apprezzare anche per l'acquisto di numerosi fabbricati, atti alla sistemazione delle brigate comunali, la cui riorganizzazione territoriale venne da lui diligentemente promossa.
Oltre che consigliere provinciale di Roma (nel 1848 e dal 1851 al 1869: come tale propose un nuovo sistema di riparto delle spese stradali), fu anche consigliere comunale di Filacciano (dal 1851 al 1855) e di Albano (dal 1857 al 1861).
Nel corso della sua vita il F. si mostrò sempre uomo devoto alla S. Sede e fermamente contrario a qualsiasi rivolgimento sociale o istituzionale; fu tuttavia favorevole ad un moderato riformismo, appoggiando con entusiasmo la politica di Pio IX tra il 1846 e il 1848 (nel 1848 firmò un indirizzo - avanzato dal senatore Corsini a nome del Comune capitolino - in cui si incitava il papa a proseguire sulla via riformistica e ad accelerare i tempi per l'approvazione definitiva dello statuto costituzionale). Dopo il 1861 il F., in sintonia con l'atteggiamento di molti aristocratici e borghesi romani dell'epoca, ritenne necessario, per la sopravvivenza stessa dello Stato, un confronto e un avvicinamento, specialmente in campo economico-finanziario, col nuovo Regno d'Italia.
Il F. mori improvvisamente a Roma il 17 nov. 1870. Venne sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero di Albano Laziale.
Fonti e Bibl.: Le notizie biografiche sul F. e sulla sua famiglia sono state ricavate dai registri degli stati delle anime, dei battesimi, dei matrimoni, delle morti delle parrocchie dei Ss. XII Apostoli e di S. Marcello, conservati presso il Vicariato di Roma, e dal Fondo Ferrajoli (Codici ed Autografi), custodito alla Biblioteca apostolica Vaticana. Sulla gestione della Manifattura tabacchi si veda la documentazione manoscritta conservata a Roma nell'archivio della famiglia Ferraioli: Bilancio dell'Amministrazione cointeressata de' sali e tabacchi nello Stato Pontificio, escluso Benevento e Pontecorvo (1831-32); Bilancio dell'Amministrazione camerale cointeressata della Regia pontificia dei sali e tabacchi (1857, 1861-63, 1866-67). Ecc. Collegio arbitrale composto da N. Tondi, G. Astengo, G. Piroli, Per la risoluzione delle sentenze compromesse al loro giudizio inappellabile con atto del 5 ag. 1882 da Alessandro Torlonia e i signori marchesi Gaetano, Alessandro e Filippo fratelli Ferrajoli. Sommario sull'incidente sollevato nella udienza arbitrale del giugno 26 marzo 1883, Roma 1883 (copia e stampa in Bibl. apost. Vaticana). Sulla sua attività di amministratore comunale e provinciale, Roma, Archivio Capitolino, Verbali di Consigli generali (1847-48, 1851-70) e Verbali di Congressi di Magistratura (1868-70); Arch. di Stato di Roma, Fondo del Ministero dell'Interno, titolo 29, vol. 102.
Per un quadro relativo alle proprietà terriere del F. e ai lavori in esse realizzati: F. Giordano, Annali del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. Gita alle paludi pontine, Roma 1872, pp. 5-11; A. Ferrajoli, Le paludi pontine e il presente stato di bonificamento, Roma 1891, pp. 11-15; R. Remiddi, Brevissimi cenni sullo stato attuale della bonifica pontina, Roma 1905, pp. 3-19; A. M. Giraldi, L'archivio dell'amministrazione Torlonia, Roma 1984, p. XXIV. Sull'attività della Manifattura dei tabacchi di Roma e sul ruolo avuto dal F. si vedano: Iltabacco vendicato. Fisiologia del tabacco, della pipa, del cigaro, della cigaretta e della tabacchiera, Modena 1845, pp. 31 s.; F. Lanci, Dell'Amministrazione cointeressata de' sali e tabacchi. Consideramenti, Roma. 1848, passim;F. Scalzi, Il consumo del tabacco da fumo in Roma in attinenza alla salute pubblica, Roma 1868, pp. 15 ss.; Discorso pronunciato alla Camera nella seduta del 4 ag. 1868 dal deputato G. Massari nella discussione sulla convenzione per una regia cointeressata dei tabacchi, Firenze 1868, passim; Società anonima italiana per la Regia cointeressata dei tabacchi, Firenze 1870, pp. 5-34; Le entrate dello Stato pontificio dal 1827 al 1867, a cura di B. Bossi Ragazzi, in Archivio economico dell'unificazione italiana, s. 1, I, fasc. 4, Roma 1956; La nuova Manifattura tabacchi di Roma, Roma 1958. Per la partecipazione dei F. alla fondazione della Cassa di risparmio: Istruzione sulla Cassa di risparmio in Roma. Elenco dei cento azionisti che compongono la società, Roma 1836, pp. 6-12; Bilancio della Cassa di risparmio in Roma (anni 1837-41).
Per altre notizie: Album dei cento consiglieri che siedono in Consiglio..., Roma 1848, p.3; Nozze Ferrajoli e De Rossi, Roma 1886; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa, dal ritorno di Pio IX al 20 settembre, Roma 1907, p. 356; M. Tosi, La societàromana dalla feudalità al patriziato, Roma 1968, p. 288; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare ital., III, p. 124.