Ferrari, Giuseppe
Filosofo e uomo politico italiano (Milano 1811 - Roma 1876). Avvocato, si dedicò anche a studi filosofici, riconoscendo suo maestro Romagnosi e, idealmente, Vico. Spirito inquieto, proteso verso l’azione, F. trovò in Francia, dove andò esule nel 1838, l’ambiente più congeniale. Nell’Essai sur le principe et les limites de la philosophie de l’histoire (1843), e ancor più nella Filosofia della rivoluzione (1851), egli espose la sua concezione attivistica della realtà, in cui anche la storia d’Italia si configurava come un seguito di rivoluzioni (Histoire des révolutions d’Italie, 4 voll., 1856-58). In tale prospettiva F. sviluppò la sua critica alla filosofia della storia di Hegel accusandola di cercare, mediante la composizione delle antinomie, di ricondurre alla «logica» la concretezza della «vita» e della storia, in cui si manifestano invece contraddizioni irresolubili. La necessità, in sede politica, di tener conto delle singole istanze rivoluzionarie, lo portò a vagheggiare, come soluzione del problema italiano del Risorgimento, un federalismo repubblicano e democratico. Favorevole a un intervento della Francia, poi all’emancipazione dell’Italia da ogni legame religioso, tornò in Italia nel 1859 e fu, nella vita parlamentare, un radicale isolato, ma influente per il prestigio della sua onestà e per la competenza nelle discussioni economiche e amministrative. Nel 1876 fu nominato senatore. Tra le sue opere va anche ricordato il Corso sugli scrittori politici italiani (1862).