FERRIGNI (Ferrigni del Pisone), Giuseppe
Nacque a Napoli il 27 luglio 1797 da Diego e Margherita Simeoli. Indirizzato dal padre, avvocato e magistrato, verso gli studi giuridici, e conseguita la laurea, divenne ben presto un abile avvocato pur non trascurando gli interessi letterari. Dopo il moto rivoluzionario del luglio 1820 egli fondò insieme con C. Troya e R. Liberatore la Minerva napolitana, il più autorevole periodico del costituzionalismo napoletano del nonimestre costituzionale, dotato di un buon livello culturale e diffuso, oltre che nella capitale, anche nelle province.
I redattori, schierati in difesa della libertà di stampa e della libertà religiosa, non andavano oltre un astratto liberalismo moderato, socialmente conservatore, e seguivano una linea a volte critica nei confronti del governo costituzionale composto di elementi murattiani.
La reazione, scatenatasi dopo l'intervento austriaco, colpì duramente anche la Minerva, che fu costretta a sospendere le pubblicazioni (l'ultimo numero è del 10 marzo 1821), mentre la maggior parte dei collaboratori dovette emigrare. Il F., grazie all'intervento del padre, riuscì a rimanere a Napoli, mantenendo contatti epistolari con gli esuli.
Nel 1826 fondò la rivista L'Ateneo di scienze morali, sulla quale scrisse numerosi articoli di diritto e filosofia, ma che poi cedette a N. Corcia.
In quello stesso anno sposò Enrichetta Ranieri, sorella di Antonio, e la sua casa divenne luogo d'incontro di artisti, poeti, letterati; ospitò la parte più viva dell'intellettualità napoletana e spesso i più illustri ospiti stranieri che numerosi convenivano a Napoli.
La passione del F. per gli studi storici e letterari gli fece scrivere gli Elementi della storia e della geografia del Regno delle Due Sicilie (Napoli 1828), la Prefazione all'edizione delle Lettere di Cicerone volgarizzate da A. Cesari (I, Milano 1826) e alcuni componimenti apparsi sulle "strenne", raccolte di versi e prose di gran moda in quel periodo a Napoli.
L'avvento al trono di Ferdinando II nel 1830 suscitò nuove speranze nei circoli liberali moderati, in cui si riponeva grande fiducia nel nuovo sovrano. Del resto Ferdinando alimentava queste illusioni permettendo il ritorno in patria di molti esuli politici, che - grazie alle relazioni allacciate lontano da Napoli e alle esperienze maturate durante l'esilio - portarono nuovi stimoli culturali al gruppo che si raccoglieva in casa Ferrigni. In questo clima nacque l'idea di dare vita a un nuovo periodico, Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, fondato da G. Ricciardi.
La rivista, il cui titolo era stato suggerito dal F., si ispirava all'Antologia di G. P. Vieusseux e si proponeva di creare "un nodo fra gli uomini più cospicui in fatto di scienza e di lettere". Tra gli articoli più importanti del F. si ricordano: Dello studio del diritto in Italia nel XIX secolo (I [1832], pp. 241-248), nel quale egli riconosce la validità del metodo vichiano di collegare gli studi della civiltà a quelli di storia del diritto; Dell'indole e dell'ufficio della giurisprudenza (II[1833], pp. 61-69), nel quale sostiene che la civiltà di una nazione è rispecchiata dalla giurisprudenza, e Del perfezionamentodella legislazione europea (ibid., pp. 197-206), in cui distingue il concetto di pena da quello di punizione e si mostra contrario alla pena di morte definita un residuo di diritto barbarico. Il Progresso, dopo la chiusura dell'Antologia esprimeva quanto di meglio potesse offrire il giornalismo degli Stati italiani in quegli anni, ma al tempo stesso ne rappresentava anche i limiti trovandosi ad operare in una società arretrata e politicamente retriva, costretto a subire continuamente la pesante censura borbonica.Accanto agli articoli apparsi sul Progresso e su altri giornali, il F. nel 1837 pubblicò a Napoli l'Esame critico del corso di storia di leggi comparate (corso tenuto al Collège de France da J.-L.-E. Lerminier) e una monografia sul codice napoletano del 1819. In quegli anni in una villetta di Torre del Greco di proprietà del F. fu più volte ospitato G. Leopardi, allora a Napoli in casa del Ranieri.
Nel 1838 il F. fu nominato procuratore del re a Palermo, ove rimase otto anni. Nel 1846 ebbe la carica di supplente nella Gran Corte dei conti di Palermo e quindi fu trasferito alla Gran Corte civile di Napoli. Nei rivolgimenti del 1848, dopo la concessione della costituzione da parte del re e la formazione di un governo liberale, il F. fu nominato consigliere della Corte suprema di giustizia di Napoli e coadiutore del ministro di Grazia e Giustizia A. Saliceti nel secondo governo presieduto da N. Maresca duca di Serracapriola. Seguace del programma di riforme del Saliceti, il quale si dimise perché contrario alla legge che impediva gli assembramenti popolari, il F. non entrò nel successivo governo presieduto da C. Troya, che gli aveva offerto il ministero della Giustizia.
Accettò però numerosi altri incarichi che testimoniano la sua adesione al programma governativo: fu membro della commissione per la riforma delle leggi di procedura civile e commerciale, di quella per l'istituzione delle casse di risparmio e della commissione provvisoria di pubblica istruzione.
Dopo il 15 maggio e l'inizio della repressione il sovrano, per allontanare il F. dalla capitale, lo nominò presidente della corte civile di Trani. Egli rifiutò l'incarico e fu destituito, tornando a esercitare l'avvocatura e mettendosi in vista in molti importanti processi.
Nel 1859 aderì al moderato Comitato dell'ordine presieduto da S. Spaventa e fu arrestato insieme con il genero L. De Gennaro, ma venne presto rilasciato.
Dopo la caduta di Palermo, il 25 giugno 1860 Francesco II emanò un "atto sovrano" che annunciava la concessione della costituzione, un'amnistia generale e un nuovo ministero composto da moderati presieduto da A. Spinelli. Al F. fu offerto il ministero della Giustizia, ma egli rifiutò l'incarico ritenendo ormai giunto alla fine il Regno borbonico.
Il giorno stesso dell'entrata di Garibaldi a Napoli (7 sett. 1860) il F., reintegrato nella magistratura, ottenne la carica di vicepresidente della Corte di giustizia. Durante la luogotenenza di L. C. Farini fu consigliere per gli affari ecclesiastici, ma si dimise dall'incarico il 16 genn. 1861 e il 20 fu nominato senatore.
Trasferitosi a Torino, partecipò assiduamente alle sedute del Senato: in particolare intervenne nella discussione della legge per l'abolizione dei fidecommessi e dei maggiorascati nelle province lombarde e meridionali e sui progetti di legge per l'affrancamento dei canoni enfiteutici e per il riconoscimento dei gradi ai militari dell'esercito meridionale (garibaldino); fu relatore dello schema di legge per l'esercizio della mediazione. Fece parte di alcune commissioni tra le quali quella per gli Ordini cavallereschi e quella per la riforma della magistratura; entrò nel comitato segreto per il brigantaggio e fu membro della commissione coordinatrice per la riforma del codice civile.
In questi anni ebbe nuovi incarichi e onorificenze: fu avvocato della Cassa ecclesiastica e del Regio Economato, nel 1862 divenne procuratore generale della Corte di cassazione di Napoli e nel maggio 1863 fu nominato vicepresidente del Senato; gli furono anche conferiti i titoli di commendatore e grande ufficiale dell'Ordine mauriziano.
Il F. morì a Torino il 29 dic. 1864.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 633, f. 12 (3): una lettera del F. a P. S. Mancini; Atti parlamentari, Senato, Discussioni (1861- 1864), ad Indices. Notizie sul F. in: G. Ricciardi, Memorie autografe d'un ribelle, Parigi 1857, pp. 150, 263, 309; L. A. Villari, Cenni e ricordi di G. F., Napoli 1895; L. Rocco, La stampa periodica napoletana delle rivoluzioni, Napoli 1921, pp. 37, 140; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, III,Milano 1960, p. 884; L. Perla, Contributo alla storia del Senato del Regno, in Rass. stor. del Risorgimento, XLIX (1962), pp. 421 s., 424; U. Dotti, Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti (1832-1834), Roma 1970, ad Indicem; M. Sansone, La letteratura a Napoli dal 1800 al 1860, in Storia di Napoli, IX, 1, Napoli 1972, pp. 320 s.; A. Galante Garrone, I giornali della Restaurazione 1815-1847, in La stampa italiana del Risorgimento (Storia della stampa ital., II),Bari 1978, pp. 87, 90, 189, 192; G. Acocella, La storia degli scrittori politici italiani dopo la svolta del 1830 a Napoli..., in Archivio di storia della cultura, VIII (1995), pp. 53-62; T. Sarti, Il Parlamento naz. e subalpino, Terni 1890, pp. 461 s.