FIOCCO, Giuseppe
Nacque a Giacciano con Baruchella (Rovigo) il 16 nov. 1884 da Luigi e Maria Carpani. Dopo una prima laurea in legge, conseguita a Roma nel 1904, si appassionò alla storia dell'arte laureandosi nel 1908 a Bologna con I.B. Supino, per poi perfezionarsi alla scuola di storia dell'arte dell'università di Roma diretta da A. Venturi, dove ottenne il diploma nel 1911. Nel clima eclettico della scuola del Venturi il F. apprese gli insegnamenti fondamentali di G.B. Cavalcaselle e G. Morelli, accanto alle teorie della scuola di Vienna, divulgate da E. Loewey, che era stato discepolo di A. Riegl. Determinanti per la sua formazione furono i viaggi in Austria, Svizzera e Germania, che, già dal 1909, gli permisero di conoscere a Monaco di Baviera le opere degli impressionisti nella collezione von Nemes. A Monaco conobbe inoltre il critico U. von Tschúdi e a Vienna incontrò pffi volte J. Meier Graeffe, il primo storico dell'impressionismo. La scoperta degli impressionisti lo portò a riconoscere nell'arte veneta una sensibilità pittorica aperta, fondata sulla luce e sul colore, molto vicina a quella moderna.
Ottenuta nel 1918 la libera docenza, l'anno seguente il F. vinse il concorso alle soprintendenze e fu destinato alle Gallerie di Venezia, dove rimase fino al 1925, anno in cui fu trasferito alla soprintendenza di Firenze. Durante questo periodo si prodigò nella salvaguardia del patrimonio artistico e nel recupero delle opere d'arte disperse a causa della guerra. Nel 1926 vinse il concorso per la cattedra di storia dell'arte all'università di Pisa; nello stesso anno venne trasferito all'università di Firenze. Nel 1929 la facoltà di lettere dell'università di Padova istituì una cattedra di storia dell'arte e il Senato accademico all'unanimità chiamò il F. a ricoprirla.
Alla sua scuola si formarono le nuove leve degli storici dell'arte veneta, da T. Pignatti a R. Pallucchini a L. Puppi. Collaborò al Künstlerlexikon di U. Thieme - F. Becker dal 1921 al 1947 e alla Enciclopedia Italiana dal 1929 al 1937, redigendo molte voci su artisti prevalentemente veneti.
Di fronte al fascismo non seguì l'esempio di L. Venturi, che si era rifiutato di prestare giuramento al regime e aveva scelto l'esilio nel 1931, e mantenne invece la cattedra, cercando di destreggiarsi con le autorità senza scendere a troppi compromessi. Ma il suo proverbiale carattere salace e polemico gli causò l'arresto alla fine del 1944, con l'accusa di aver pronunciato frasi contro la Repubblica sociale italiana.
Nel secondo dopoguerra il F., ormai gran patriarca dell'arte veneta, conobbe la definitiva consacrazione accademica. Nel 1947 venne chiamato a presiedere il comitato direttivo della rivista Arte veneta. Nello stesso anno fu accolto tra i soci dell'Accademia dei Lincei e, negli anni seguenti, di quasi tutte le accademie d'Italia, compresa quella di S. Luca a Roma. Fu tra i membri della commissione per l'arte figurativa della Biennale di Venezia nel 1950 e nel comitato internazionale degli esperti nell'edizione del 1954.
Nell'ultima parte della sua vita il F. profuse gran parte delle sue energie nell'Istituto di Storia dell'arte della Fondazione Giorgio Cini a Venezia.
Chiamato a dirigerlo fin dalla sua creazione nel 1954, il F. ne fece in breve un punto di riferimento internazionale per le ricerche sull'arte veneta, attraverso l'organizzazione di corsi di alta cultura, la pubblicazione di cataloghi dei musei veneti (la Galleria Querini Stampalia di Venezia, i musei civici di Belluno, di Treviso e di Vicenza), l'assegnazione di borse di studio, l'allestimento di mostre e la creazione di una biblioteca e di una fototeca nei locali restaurati dell'ex-convento sull'isola di San Giorgio, sede della Fondazione. La biblioteca, soprattutto, divenne il vanto dell'Istituto, arrivando a contare oltre 70.000 volumi - tra cui numerose edizioni rare e prestigiose - grazie anche alla generosità dello stesso F., che donò in più riprese quasi 7.000 tra libri, opuscoli e cataloghi di vendite, provenienti dalla sua biblioteca personale; donò inoltre all'Istituto l'intera sua collezione di disegni, oltre 500 opere per lo più di maestri veneti dal Cinquecento al Settecento, tra cui Tiziano, Canaletto, Guardi e Canova (cfr. Annuari della Fondazione Giorgio Cini, Venezia 1954-1968, passim). Un centinaio di questi disegni vennero presentati al pubblico nel 1955, nella prima delle numerose mostre dedicate dalla Fondazione Cini alla grafica.
Nel 1965 gli venne conferita una medaglia d'oro dal sindaco di Venezia durante la cerimonia di inaugurazione della mostra dedicata ai Guardi.
Il F. morì nella sua casa di Padova il 5 ott. 1971. Il 7 dic. 1918 aveva sposato Agnese Branchi, da cui aveva avuto due figlie, Luisa e Angela Maria.
Dotato di straordinario intuito e di memoria prodigiosa, il F. svolse un'intensa opera di recupero e rivalutazione critica dell'arte veneta dal Rinascimento al Settecento. Convinto assertore dell'idea che la storia dell'arte fosse solo un aspetto della più ampia storia della cultura, nei suoi studi diede largo spazio alla ricostruzione del tessuto politico e sociale del periodo o dell'artista che andava studiando, al punto che qualcuno (Rizzi, 1971) vi ha scorto una anticipazione del metodo iconologico sviluppato da E. Panofsky. In quest'opera vastissima, che conta più di 500 tra volumi, saggi e note, A. Chastel (1972) ha individuato tre binomi fondamentali attorno a cui il F. articolava la sua concezione della nascita e diffusione del Rinascimento nel Nord Italia: due poli geografici (Firenze e Venezia), due eroi dell'arte (Mantegna e Veronese), due grandi personalità civili (Palla Strozzi e Alvise Comer). In questa ottica, quindi, tutto avrebbe avuto inizio con la venuta a Padova degli artisti toscani (Paolo Uccello, Lippi, Donatello), chiamati dal mercante e umanista fiorentino in esilio Palla Strozzi, da cui prese le mosse il Mantegna per la sua riscoperta dell'antico. In un secondo tempo l'azione del poliedrico mecenate Alvise Corner avrebbe contribuito all'afferinazione di G.M. Falconetto, architetto da cui sarebbe derivato in un certo senso il classicismo del Palladio, equivalente prestigioso in architettura dei Veronese. Per il F., infatti, il Rinascimento si identificava con l'invenzione della prospettiva fatta dai Toscani, invenzione che aveva permesso all'uomo di staccarsi dalla visione empatica dei Greci, aprendogli la mente ad una regola che gli consentisse di coordinare le sue azioni. Senza l'arrivo dei Fiorentini a Padova, quindi, gli artisti veneti sarebbero rimasti gli ultimi epigoni della tradizione tardogotica; una teoria vivacemente contestata da R. Longhi, il quale rivendicava a Giovanni Bellini il merito di aver rivoluzionato la pittura veneziana, e che diede origine ad uno scambio di "lettere pittoriche" tra i due nel 1926 (R. Longhi, Lettere pittoriche a G. F., in Vita artistica, I[1926], pp. 127-139, 147 s.; G. Fiocco, Lettere pittoriche, risposta di G. Fiocco a R. Longhi, ibid., pp. 144-147). D'altra parte, fin dal 1911, il F. aveva posto le basi di questa sua concezione, individuando la mano di Andrea del Castagno negli affreschi dell'abside della cappella di S. Tarasio in S. Zaccaria a Venezia.
Nel 1927 pubblicò il primo degli studi dedicati all'arte del Mantegna, cui fece seguito la monografia del 1937. Grazie anche all'attenta analisi dei documenti, in questi studi il F. ridimensionava drasticamente il ruolo svolto dallo Squarcione nella formazione del Mantegna, sottolineando invece l'influenza esercitata sul pittore dagli artisti toscani attivi a Padova nel Quattrocento. Il F. dedicò inoltre un volume al ciclo della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova (1947), corredato da fotografie a colori degli affreschi dei Mantegna, scattate qualche giorno prima dei bombardamento del 1943 che li avrebbe in gran parte distrutti. Fondamentali rimangono tuttora la sua ricostruzione dei primitivo aspetto dell'altare maggiore di Donatello nella basilica del Santo a Padova (1965) e i suoi studi sui mecenati e umanisti Alvise Corner (1965 e 1967) e Palla Strozzi (1964 e 1969). Su quest'ultimo il F. aveva in progetto una dettagliata monografia che alla sua morte, avvenuta nel palazzetto rinascimentale che abitava e in cui aveva egli stesso riconosciuto la dimora padovana di Palla, rimase incompiuta.
Oltre alle ricerche sull'arte ravennate e su altri artisti del Rinascimento veneto (Carpaccio, Giorgione, Veronese), il F. si dedicò alla scoperta e rivalutazione critica di tante personalità dell'età barocca e del Settecento, primo fra tutti l'amatissimo Francesco Guardi. A partire dal 1919, infatti, ne sottolineò in numerosi studi la grandezza, come pittore di figure oltre che di vedute, assurgendolo a "punto più alto, riassuntivo e moderno, di una tradizione che si era espressa nel colore e nella luce" (Pallucchini, 1972).
Fonti e Bibl.: P. Rizzi, La morte di F., in Il Gazzettino, 7 nov. 1971; S. Bettini, Ricordo di F., in Corrieredella sera, 17 nov. 1971; N. Ivanoff, G. F.: in memoriam, in Paragone, XXII (1972), 263, pp. 106 ss.; T. Mullaly, G. F., in The Burlington Magaz., CXIV (1972), pp. 177 s.; R.M. Pittaluga, Arte e studi in Italia nel Novecento: gli storici dell'arte, in Leonardo, I(1930), p. 458; S. Ludovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), in Enc. biografica e bibliografica italiana, s. IV, Roma 1942, s. v.; R. Pallucchini, in Enc. Ital., App. II, Roma 1948, s. v.; Id., Per G. F., in Arte veneta, VIII (1954), pp. 9-12; Elenco degli scritti di G. F., a cura di C. Semenzato, ibid., pp. 12-16; R. Pallucchini. Per gli ottant'anni di G. F., ibid., XVIII (1964), p. 9; Elenco delle pubblicazioni di G. F. 1954-1964, a cura di C. Barbantini, ibid., pp. 10 ss.; G. Fantuzzi, in Le Muse, enciclopedia di tutte le arti, V, Novara 1965, s. v.; A. Chastel, G. F. et la Reanaissance à Venise, un souvenir, in Saggi e memorie di storia dell'arte, VIII (1972), pp. 9 s.; S. Bettini, G. F. egli studi medioevali veneti, ibid., pp. 11 ss.; U. Procacci, Il contributo del F. all'arte toscana, ibid., pp. 14 ss.; R. Pallucchini, G. F. e la pittura venez. del Sei e del Settecento, ibid., pp. 17-20; A. Bettagno, G. F. a San Giorgio, ibid., pp. 20 s.; Elenco delle pubblicazioni di G. F., a cura di L. Frizziero, ibid., pp. 22-41.