FRANCO (Franchi), Giuseppe (conosciuto anche come Giuseppe Monti, o de' Monti, o dalle Lodole)
Figlio di Domenico, nacque a Roma nel 1565. Nulla si conosce della sua formazione iniziale, in quanto le prime notizie risalgono all'epoca di Sisto V (1585-90), quando, già ventenne, è ricordato attivo nella decorazione della Biblioteca Vaticana e anche "negli altri lavori di pittura in quel tempo dal Pontefice comandati" (Baglione, 1642). La mano del F. è stata individuata nei riquadri della Biblioteca che raffigurano il Concilio niceno II e il Concilio lionese II (Zuccari, 1992) e nelle figure di Menone Foroneo e Palamede dipinte su due pilastri (Id., 1993).
Allo stesso periodo sono ascrivibili gli affreschi a lui attribuiti nell'abside della chiesa di S. Liberato a Bracciano, datati 1589, con al centro una Madonna con bambino e ai lati S. Marciano martire a sinistra e S. Marco martire a destra (Russo, 1994, p. 169). Da questo stesso anno è ricordato tra i membri dell'università dei pittori (Melasecchi, 1993). Si trasferì poi a Milano, dove, secondo il Baglione (1642), "dimorò alcun tempo et operovvi molte cose". Non si hanno notizie di sue imprese in quella città, anche se proprio nella Pinacoteca Ambrosiana è conservato il più cospicuo numero di dipinti di sua produzione tuttora esistente, realizzati tuttavia a Roma, su commissione del cardinale Federico Borromeo e spediti a Milano. Queste opere appartengono alla ricca serie di ritratti di santi, pontefici e personaggi illustri raccolta dal cardinale Borromeo a scopo didattico-moralistico.
Sulla base della documentazione rintracciata dalla Jones (1993) è emerso che sicuramente trenta ritratti, sette dei quali sono andati perduti, vennero dipinti dal F., incaricato di rintracciare in Roma i prototipi più antichi, o tradizionalmente consolidati, al fine di realizzarne copie fedeli. La Jones, su confronti stilistici, attribuisce al F. anche altri dodici ritratti, tra i quali quello di Cesare Baronio, che i documenti datano al 1599. Qualora fosse valida l'ipotesi, sarebbe questo l'anno del primo invio e il termine post quem per il ritorno del pittore a Roma. Nel 1602 spedì una testa di Ecce Homo, perduta, da un originale, anch'esso perduto, di S. Pulzone; nel 1608 gli furono commissionati ventinove ritratti pagati 3 scudi ciascuno; come attestano i documenti lavorò ancora ai ritratti nel 1613, nel 1617 e nel 1621.
Tornato dunque a Roma alla fine del secolo, oltre a svolgere la sua attività di copista, taciuta però dal Baglione, dipinse uno stendardo a olio per la Compagnia di S. Andrea delle Fratte e due quadri a olio per i padri serviti di S. Maria in Via (Baglione, 1642).
Nello stendardo di S. Andrea delle Fratte era raffigurato su di un lato S. Andrea apostolo che abbraccia una croce e sull'altro S. Francesco di Paola, opera "da tutti assai lodata" (ibid.), ma mai ricordata dalle guide e tuttora dispersa; negli olii di S. Maria in Via vi erano un "S. Andrea apostolo in piedi… con gran diligenza et amore fatto" e un "S. Girolamo in atto di far penitenza, diligentemente condotto", nel quale avrebbe dipinto "(si come in altri luoghi) diversi uccelli, e Lodole, donde i Professori pigliarono occasione di nominarlo Giuseppe dalle Lodole" (ibid.). Quest'ultima opera, che originariamente era collocata nella terza cappella a sinistra sopra l'altare, è andata dispersa, mentre il S. Andrea apostolo è tuttora collocato sull'altare della prima cappella a sinistra, eretta dai Del Bufalo. La tela, firmata "Ioseph Franchi Roman. fecit anno 16..", è databile entro il 1610, anno della morte del cardinale Innocenzo Del Bufalo riportato sulla lapide eretta nella cappella. L'opera è contrassegnata anche dalla firma simbolica dell'artista indicata dal Baglione: in basso a sinistra, su di uno spoglio arboscello spinoso, è riconoscibile una lodoletta. L'attività del F. in S. Maria in Via è dimostrata inoltre da un documento di pagamento di 16 scudi e 60 baiocchi non datato, firmato dal pittore (Archivio di Stato di Roma, Congregazioni religiose, Servi di Maria, S. Maria in Via 190. Ricevute 1617-1640). Nel S. Andrea sono stati rilevati significativi moduli stilistici ricorrenti nelle opere attribuite al F. (Zuccari, 1992, p. 94), riscontrabili anche nei ritratti della Pinacoteca Ambrosiana. La proposta derivazione dell'opera dal dipinto di analogo soggetto di Giovanni Baglione in S. Cecilia a Trastevere, eseguito tra il 1601 e il 1602 (Russo, 1994, p. 169), diventa più che plausibile alla luce della pratica di copista emersa dalla documentazione milanese, e per la quale doveva forse godere ai suoi tempi di una certa fama. Dovevano essere opere di derivazione anche i perduti "quattro dottori Greci della chiesa tutti d'oro", dipinti per Asdrubale Mattei nell'aprile del 1625, apprezzati dal committente, per ciascuno dei quali ricevette 6 scudi (Testa, 1994).
A una fase tarda della sua attività, successiva comunque al S. Andrea di S. Maria in Via, risalgono due dipinti a olio su tela, firmati, raffiguranti uno Rinaldo e Armida e l'altro l'Adorazione dei magi. Comparsi sul mercato antiquario il primo nel 1955 a Monaco (Weinmüller, 14-15 dic. 1955, n. 938), il secondo nel 1978 a New York (Sotheby, 13 genn. 1978, n. 96), non si conosce la loro attuale ubicazione.
L'Adorazione dei magi, opera di grandi dimensioni, testimonia l'influenza della pittura naturalistica lombarda assimilata dal F. nel periodo della sua permanenza a Milano; l'episodio tassesco, forse posteriore, rivela l'adeguamento alle novità della corrente classicista bolognese a Roma, in particolare dell'Albani e del Domenichino.
Il F. abitò a Roma, risiedendo stabilmente nella parrocchia di S. Maria in Via dal 1610 fino alla morte (Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Maria in Via, Stati delle anime,1610-1626) con la moglie Eugenia, morta il 4 ag. 1626 e, nei primi anni, con i cinque figli Giuseppe Domenico, Lorenzo, Margherita, Francesco e Gregorio. Nel 1627, come ricorda anche il Baglione, il F. contrasse un secondo matrimonio con la giovane Barbara Lauri (Roma, Arch. storico capitolino, sez. XXXIV, prot. 5, notaio G.B Ottaviani, 11 ag. 1627).
Il F. morì a Roma il 5 genn. 1628 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Trastevere (Ibid., Archivio storico del Vicariato, S. Maria in Trastevere, Libro dei morti, f. 74).
Fonti e Bibl.: G. Baglione, Vite de' pittori…, Roma 1642, pp. 355 s.; G.B. Mola, Breve racconto delle migliori opere d'architettura, scultura e pittura fatte in Roma l'anno 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 95; F. Titi, Descrizione delle pitture, sculture ed architetture esposte al pubblico in Roma (1674), Roma 1763, p. 352; G.P. Chattard, Nuova descrizione del Vaticano, Roma 1767, p. 46; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, I, Bassano 1808, p. 337; G. Melchiorri, Guida di Roma, Roma 1834, p. 318; D. Angeli, Le chiese di Roma, Roma 1900, p. 408; C. Cecchelli, S. Maria in Via, Roma 1925; D. Redig De Campos, I Palazzi vaticani, Bologna 1967, p. 187; C.M. Strinati, Quadri romani tra '500 e '600. Opere restaurate e da restaurare (catal.), Roma 1979, p. 19; L. Barroero, La decorazione pittorica della Scala santa, in Il Palazzo apostolico lateranense, a cura di C. Pietrangeli, Firenze 1991, pp. 142-144; A. Zuccari, I pittori di Sisto V, Roma 1992, pp. 94 s., figg. 68 s.; Id., La Biblioteca Vaticana e i pittori sistini, in Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, a cura di M.L. Madonna, Roma 1993, pp. 70 s., figg. 23, 25, 27; O. Melasecchi, ibid., p. 532; P.M. Jones, Federico Borromeo and the Ambrosiana, Cambridge 1993, pp. 184 s., 187, 191, 196; L. Russo, Un'ipotesi su G. F. dalle Lodole nella chiesa di S. Liberato a Bracciano, in Antichità tardo-romane e medievali nel territorio di Bracciano, Atti del Convegno… Bracciano 1991, Viterbo 1994, pp. 163-182; L. Testa, in F. Cappelletti - L.Testa, Il trattenimento di virtuosi, Roma 1994, p. 149; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 367; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., V, p. 150.