GALASSO, Giuseppe
Giuseppe Galasso nacque in una ‛famiglia popolana’, come egli stesso ricordò più volte, da Luigi, artigiano vetraio, e Maria Panico, a Napoli nel quartiere di Tarsia-Montesanto, il 19 novembre 1929. Cresciuto in condizioni modeste e rimasto orfano della madre in giovane età, si formò nel rispetto e nell’interesse per la cultura dotta, in particolare grazie all’impatto positivo dei modelli educativi scolastici e all’intervento dello zio che lo abbonò nel 1939-1940 alla biblioteca circolante di via Latilla. Dalla propria esperienza Galasso trasse il principio che l’accesso alla cultura dotta, italiana ed europea, offre l’occasione fondamentale e gli strumenti indispensabili per formarsi civilmente, esprimersi e progredire nella società in quanto singolo e come collettività.
Nell’estate del 1946 si diplomò all’istituto magistrale intitolato a Pasquale Villari. L’anno successivo sostenne da privatista la maturità classica al Liceo Umberto I per potere accedere alla facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Napoli. Il 2 luglio 1953 si laureò con una tesi di storia medievale su La vita economica e sociale della Campania nel periodo normanno, avendo come relatore Ernesto Pontieri. Le ricerche condotte per la tesi confluirono successivamente in un saggio pubblicato nel 1959 nell’Archivio storico per le Provincie Napoletane. Anche quando in anni successivi i suoi interessi si rivolsero prevalentemente verso la storia moderna e contemporanea, Galasso conservò un interesse non superficiale per la storia medievale in specie del Mezzogiorno. La trattazione sostanziosa dedicata nel 1972 alle conseguenze dell’irruzione delle popolazioni semi-nomadi nella penisola nella tarda antichità (perché, come scrisse, «L’invasione longobarda del 568 apriva nella geografia storico-politica del paese un capitolo destinato a chiudersi solo fra il 1860 e il 1870») documenta l’importanza della sua competenza medievistica per l’interpretazione delle questioni moderne (Le forme del potere, classi e gerarchie sociali, in Storia d’Italia Einaudi, vol.1, I caratteri originali, Torino 1972). Tra i docenti con cui venne in contatto all’università Galasso ricordò, oltre a Pontieri, come particolarmente influenti il filologo Salvatore Battaglia, lo storico del Risorgimento Nino Cortese, il critico letterario e scrittore Giuseppe Toffanin e il glottologo Vittorio Bertoldi. Di grande importanza, inoltre, per modellare il suo stile storiografico furono gli esempi che gli vennero dalla precoce lettura delle opere di Giorgio Falco, Gabriele Pepe e Gioacchino Volpe.
Gli studi universitari non esaurirono, tuttavia, l’ambito delle esperienze formative, né la vita universitaria, dove pure Galasso conseguì una posizione di assoluta rilevanza negli anni Settanta e Ottanta, esaurì la sfera dei suoi interessi. Prima ancora di accedere agli studi superiori, s’iscrisse alla Federazione giovanile del Partito repubblicano italiano, a 16 anni, nel dicembre del 1945, e si impegnò per il successo dell’opzione repubblicana nel referendum del 1946, in una città nella quale i voti a favore della monarchia sfiorarono l’80%. Galasso divenne segretario provinciale e poi regionale della Federazione giovanile, entrando infine nel direttivo nazionale. Aderendo al Pri, Galasso seguì in particolare Ugo La Malfa, che vi aveva portato una componente proveniente dal Partito d’azione, rinnovandone e modernizzandone la tradizione politica risorgimentale in un senso con cui Galasso si identificò durevolmente.
Abilitato all’insegnamento, fu assegnato come maestro elementare a Mugnano di Napoli dal 1950 al 1954. Dopo la laurea fu borsista presso l’Istituto Italiano di Studi Storici, fondato da Benedetto Croce nel 1946. Esercitò il compito di segretario dell’Istituto dal 1956 al 1958 durante la direzione di Federico Chabod, succedendo a Rosario Romeo quando questi fu chiamato a insegnare all’università di Messina nel 1956. Dal 1959 fu borsista presso l’Istituto per la storia moderna e contemporanea, per suggerimento di Federico Chabod che lo diresse sino alla morte nel 1960. Frutto tra gli altri di questo periodo è il Contributo alla storia delle finanze del Regno di Napoli nella prima metà del Seicento (in Annuario dell’Istituto Storico Italiano per l’età moderna e contemporanea, XI 1959 (ma uscito nel 1961), pp. 1-106). Libero docente dal 1963, insegnò presso l’università di Salerno come professore incaricato. Dopo un breve periodo come professore straordinario presso l’università di Cagliari presso la facoltà di Magistero, fu chiamato nel 1966 a ricoprire la cattedra di storia medievale e moderna all’università di Napoli Federico II, dove svolse la sua attività di insegnamento alla facoltà di Lettere dal 1966 al 2005.
In parallelo all’avvio della sua attività di ricerca storica all’interno della comunità accademica, fu attivo nell’analisi politico-sociale sul campo, fortemente motivato dall’impegno meridionalista. La ricerca fu condotta per la rivista Nord e Sud, fondata nel 1954 da Francesco Compagna insieme a Vittorio De Caprariis e Renato Giordano, come risposta laico-riformista alla creazione, a gennaio 1954, di Cronache Meridionali, il periodico promosso dal Partito comunista e socialista e diretto da Giorgio Amendola, Francesco De Martino e Mario Alicata. Nella ricerca condotta per Nord e Sud confluivano la ripresa e la reinterpretazione dello storicismo crociano e del meridionalismo democratico, che risaliva a Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Guido Dorso e Francesco Saverio Nitti: l’intento era affrontare la questione meridionale come questione nazionale e in prospettiva europea. Nel saggio introduttivo al primo numero del dicembre 1954 Ugo La Malfa espose una posizione cui Galasso si ispirò costantemente, quella del ‘Mezzogiorno nell’Occidente’ (Nord Sud, n. 1, 1954, pp. 11-22), che si basa sulla «capacità del Mezzogiorno di legarsi all’Occidente» (p. 13). Sin dai primi numeri Galasso fu presente con interventi e commenti, come quello, molto critico e severo, sulla «Parabola monarchica» (II, n. 4, 1955, pp. 30-43) e quello di poco successivo sul sindacalismo operaio a Napoli (II, n. 6, 1955, pp. 21-37), che affrontava la questione del confronto con la strategia del Partito comunista nell’egemonizzare i movimenti progressisti e modernizzatori del Meridione. Nello sguardo retrospettivo lanciato sulla storia della rivista nel 1967 segnalò come riferimenti essenziali la tradizione crociana, il liberalismo anche di ispirazione radicale alla Salvemini, e «la vecchia tradizione repubblicana e rinnovata e potenziata dai fermenti gobettiani, dorsiani, lamalfiani» (citato in Seguendo il PCI, p. XI). Il contributo di Galasso a Nord e Sud si concretò in analisi ravvicinate, pubblicate nella rivista sino al 1970, che dimostrano la centralità della questione meridionale nella sua visione complessiva di storico e politico. Per Galasso la questione meridionale doveva essere analizzata e affrontata nella sua unità complessiva, pur molto differenziata e articolata al suo interno. Nell’ampia discussione con Gerardo Chiaromonte condotta tra il 1977 e il 1979 (riportata in L’Italia dimezzata,1980) Galasso insistette sul ‘problema meridionale’ come «unico problema generale dell’area meridionale» (p. 20). Il volume L’altra Europa (2011) raccoglie alcuni degli interventi più evocativi dell’approccio multidisciplinare di Galasso, con particolare interesse per l’antropologia, alla storia e alla realtà presente del Meridione.
Espressione della sua scelta storiografica e politica fu l’indagine sulla riforma agraria in Calabria susseguente all’approvazione ed entrata in vigore della legge Sila del 12 maggio 1950, che Galasso pubblicò in prima battuta in Nord e Sud nel giugno del 1957. Le ricerche sul campo, attraverso interviste e conversazioni, si intrecciarono alle indagini sulla storia moderna calabrese confluite in Economia e società nella Calabria del Cinquecento (1967). L’intensa attività di interpretazione della storia del Mezzogiorno italiano portò alla raccolta Mezzogiorno medievale e moderno, pubblicato nel 1965. In questi saggi Galasso proponeva una cronologia ampia, adatta a identificare il processo storico della costruzione di una specificità meridionale nello sviluppo sociale, economico e politico, da accostare e paragonare alla storia europea e alle sue articolazioni, di cui il Meridione italiano era, a sua volta, una componente. Il volume Dal Comune medievale all’Unità, apparso nel 1969, ribadiva narrativamente il tema ormai consolidato che Galasso sintetizzava come ‘unitarietà nella diversità’ e come ‘specificità all’interno della più generale storia italiana ed europea’ riconoscibili nella storia del Mezzogiorno d’Italia. Da questa prospettiva Galasso produsse studi (e promosse ricerche) sul feudalesimo come ‘sistema di governo’ e ‘regime delle terre e degli uomini’ per dimostrare che il feudalesimo divenne una caratteristica duratura della storia dell’Italia meridionale destinata a imprimere una nota profonda anche dopo la crisi del baronaggio e la svolta rappresentata dall’unità italiana.
Attraverso queste indagini, riprese e rimodulate nel corso dei decenni, Galasso propose un’originale rivisitazione del tema della distinzione tra unità e unificazione dell’Italia. Galasso rovesciò la tesi di Croce per cui la storia d’Italia coincide con la storia statale unitaria iniziata nel 1870 e cercò le ragioni per cui l’identità nazionale italiana si formò nel corso dei secoli, attraverso svolte, occasioni mancate e potenzialità effettivamente realizzate. La tesi generale di Galasso sostiene che la creazione dello Stato nazionale moderno, nelle modalità assai difficili e ben note, ha concluso in prima istanza il processo di formazione identitaria e a sua volta ha reso possibile un avanzamento economico e sociale di cui volle documentare la realtà. L’opzione di riconoscere la sostanziale positività del processo di unificazione gli permise di evidenziare e definire i problemi rimasti a lungo insoluti come contrapposizioni interne al nuovo stato e alla nuova società italiane: innanzitutto la contrapposizione tra paese legale e paese reale, conseguenza del Risorgimento condotto contro lo Stato territoriale della Chiesa, e la questione meridionale. Pur nella profonda simpatia intellettuale nei suoi confronti, da Croce Galasso si distinse, oltre che nella visione complessiva della storia italiana, anche nell’interpretazione del fascismo: ‘parentesi’ per Croce, piuttosto ‘rivelazione’, per Galasso, di come i problemi profondi della storia italiana avrebbero potuto essere e non furono affrontati, lasciando campo libero al fascismo. L’analisi dei problemi connessi al Mezzogiorno fece parte integrante della sua interpretazione della storia italiana, di cui non intendeva disconoscere i fallimenti e le storture gravi rispetto a un corso ideale, possibile ma non realizzato. Galasso rimase attento peraltro a non scivolare in una storiografia del lamento o della cospirazione. «Non adotto il principio per cui tutto ciò che accade è perfettamente razionale, e quindi se è accaduto, è buono. Però, che una cosa sia accaduta non può essere più negato, né mutato; e a questo punto non ha senso andare a parlare delle alternative o di dirne bene o male. Occorre piuttosto capire perché essa è accaduta e come è avvenuta» (Italia dimezzata, 1980, p. 96).
L’ampiezza della tesi di Galasso sulla storia italiana come storia di lunga campata cronologica e multidimensionale non poteva essere esaurita dall’attività, pur di straordinaria vivacità e produttività, svolta da un unico studioso. Galasso partecipò alla Storia d’Italia Einaudi con un già citato, impegnativo e ampio saggio sulle forme di potere nell’arco lungo della storia italiana dal VI al XX secolo. Tuttavia, l’estraneità della sua impostazione rispetto al quadro storiografico (e alla motivazione ideologica originaria) dell’opera einaudiana è evidente e venne sottolineata, anche malevolmente, nella corrispondenza interna tra i direttori dell’opera. Se non contrapposta, certo ben distinta da quella di Ruggero Romano e Corrado Vivanti fu la visione della storia d’Italia impressa da Galasso all’impresa editoriale condotta per l’editore UTET. Nell’ideazione e nel coordinamento di quest’opera collettiva, Galasso dimostrò in pieno la sua efficacia e autorevolezza di organizzatore e seppe sviluppare una visione di ‘unità nella diversità’ e di proporzione tra ‘più Italie’ e ‘più Italia’, che intendeva essere equilibrata e rispettosa della realtà del dettaglio e della specificità. L’opera impegnò Galasso e decine di autori per più di 30 anni, dalla metà degli anni Settanta, per pubblicare 24 volumi in 35 tomi. Il volume concepito come introduzione concettuale alla Storia d’Italia UTET, L’Italia come problema storiografico (1979) affrontò il tema dell’intreccio tra la realtà geo-storica della penisola e l’elaborazione della coscienza di una comunità nazionale costruitasi nel tempo all’interno di una ‘configurazione ambientale’ specifica. Quest’ampia discussione delle diverse forme di identificazione di una storia d’Italia non solo indicava la molteplicità di concezioni effettivamente formulate nel corso dei secoli, ma teorizzava l’imprescindibilità di mantenere «l’autonomia e il parallelismo della storia degli Stati preunitari» (L’Italia come problema storiografico, p. 188), dal primo volume sui longobardi e bizantini sino all’esperienza repubblicana. Con Rosario Romeo condivise la direzione della Storia del Mezzogiorno d’Italia in 15 volumi (in 19 tomi), condotta secondo uno schema analogo, a partire dal 1980.
Alla convinzione che la storia non è predeterminata e che ogni scelta deve essere compiuta razionalmente si accompagnava la decisione di partecipare in prima persona alla vita politica. In questo Galasso ha rappresentato uno degli esempi più efficaci della convergenza tra la comprensione e l’interpretazione storica, da una parte, e l’attività operativa nella sfera politica, dall’altra, con un grado molto alto, difficilmente comparabile con casi analoghi nell’Italia repubblicana, di coinvolgimento nelle discussioni nazionali, di acquisizione delle tecniche amministrative, parlamentari e ministeriali, di efficacia nel conseguimento di risultati durevoli e tangibili attraverso la costruzione del consenso. Sin dall’esordio nel Pri degli anni Cinquanta Galasso si mosse alla ricerca di una politica che, collocandosi nella tradizione liberal-democratica, la rilanciasse nell’età dei partiti di massa e ne valorizzasse la specificità. L’opzione di Galasso per il Pri, convinta ma sempre sorvegliata dall’istinto a contestualizzare ogni situazione, corrispondeva in primo luogo al suo deciso anticomunismo degli anni Cinquanta e Sessanta: malgrado il rispetto di Galasso per la funzione progressista svolta dal Pci e per le sue difficoltà a muoversi nello schieramento dominato dal legame con l’Unione Sovietica, la cultura comunista gli appariva obbligata a compiere una scelta di riconversione liberale e democratica per completare il processo di integrazione nazionale delle masse popolari nella repubblica. Negli anni Settanta questa prospettiva gli parve più verosimile e guardò con simpatia alla proposta di Enrico Berlinguer in favore di una versione autonoma dell’ ‘eurocomunismo’ (Galasso preferiva la dizione ‘latinocomunismo’), che avrebbe svincolato la cultura comunista dall’ipoteca dell’autoritarismo dogmatico e del dirigismo illiberale. In secondo luogo, la scelta di Galasso di identificarsi con il riformismo del Pri, incentrato sulla programmazione economica e la redistribuzione del reddito, rispondeva alla sua insofferenza per il conservatorismo manipolatore espresso dalla cultura politica democristiana, disposto cinicamente, come scrisse commentando la scomparsa di Antonio Gava, a qualunque compromesso per trovare «un punto d’equilibrio» e mantenere, a ogni costo, il potere (Il Corriere della sera, 9 agosto 2008). Galasso scelse l’attivismo pragmatico possibile dall’interno del Pri, partito inevitabilmente dotato di con un modesto peso elettorale ma capace di esercitare un ruolo d’indirizzo chiaro nella politica italiana.
Alle elezioni amministrative del 7 giugno 1970 fu eletto nel consiglio comunale di Napoli, avendo il Pri superato il 2% dei voti, e divenne assessore alla pubblica istruzione. Fu in consiglio comunale sino al 1994.
Alle elezioni comunali del 15 giugno 1975, quando il Pci superò la Dc e divenne il primo partito senza tuttavia ottenere la maggioranza insieme al Psi, Galasso fu, con l’appoggio di La Malfa, sindaco incaricato di Napoli, eletto con 41 voti su 80. Tentò di costituire una giunta che fosse fondata sull’alleanza dei partiti di sinistra con quelli laici ed elementi della Democrazia cristiana disposti a una sperimentazione istituzionale originale. Non prestò giuramento, non potendo costituire una giunta e, a fronte delle resistenze della Dc, si dimise, permettendo così l’elezione di Maurizio Valenzi a sindaco. La carriera politica di Galasso proseguì a livello nazionale. Dal 12 luglio 1983 all’aprile 1994 fu deputato nella IX, X e XI legislatura, eletto nella circoscrizione di Napoli, per il Pri. In quanto deputato della IX legislatura fu membro dell’VIII commissione Istruzione e belle arti. Durante la X legislatura fece parte successivamente della VI commissione Cultura, scienza e istruzione, dell’VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, della commissione d’Indagine ex articolo 58, della XII commissione Affari sociali, della V commissione Bilancio, tesoro e programmazione. Nella XI legislatura fece parte della IV commissione Difesa, della conferenza dei capigruppo e infine dell’VIII commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici. La parte più incisiva e duratura della sua attività parlamentare si svolse in quanto sottosegretario ai Beni culturali e ambientali del I e II governo Craxi (VIII legislatura), essendo ministro Antonino Gullotti. Il Ministero era stato avviato da Giovanni Spadolini nel 1975 con il nome più specifico e un ambito di interventi più delimitato di ministero per i Beni culturali. La cosiddetta Legge Galasso (legge 8 agosto 1985, n. 431) modificò l’assetto normativo introducendo tutele sui beni paesaggistici e ambientali. Come fu ricordato nella discussione parlamentare, si trattava della prima norma in materia dopo la legge 29 giugno 1939, n. 1497, cui Galasso riconosceva un valore fondativo per la legislazione successiva. La legge Galasso fu integrata successivamente nel codice dei Beni culturale e del paesaggio del 2004 (Dlgs/2004). La legge convertiva il decreto Galasso del 21 settembre 1984 e istituì il vincolo di tutela su tutto il territorio nazionale dotato di particolari caratteristiche naturali, disponendo ‘la redazione di piani paesaggistici o di piani urbanistico-territoriali’. Va ricordato (come fece ripetutamente Galasso stesso) che l’iter di trasformazione del Decreto ministeriale del 21 settembre 1984 in legge fu assai contrastato a livello parlamentare. La legge prescrisse «l’obbligo di una pianificazione paesistica a cui entro un tempo determinato i competenti poteri dovevano assolvere», oltre a delineare il quadro dei vincoli sulle realtà ambientali da tutelare e dare una tempistica certa all’attività di tutela del Ministero. La legge Galasso, infine approvata anche per la pressione dell’opinione pubblica, fu seguita dai ‘galassini’, i decreti ministeriali di dichiarazione di notevole interesse pubblico per vaste aree paesaggistiche ai fini di una tutela urgente e provvisoria. Pubblicati nelle Gazzette Ufficiali dopo l’entrata in vigore della legge Galasso, pur tra contestazioni e difficoltà, i decreti portarono all’istituzione, su base regionale, dei Piani delle aree naturali protette. Nel volume Beni e mali culturali del 1996 questa cruciale esperienza pratica, sostenuta da una visione politica, è stata al centro di una riflessione approfondita sulla natura del ‘bene culturale’: Galasso auspicava che il ‘bene culturale’ avesse uno stretto legame con il ‘bene ambientale’, piuttosto che essere dissolto in una generica salvaguardia di ‘attività culturale’, e vivesse in un rapporto critico con il mercato, da governare e non da subire. Successivamente Galasso fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel I governo De Mita e nel VI governo Andreotti (X legislatura).
Precedentemente, dal 1979 al 1982, Galasso era stato presidente della Biennale di Venezia; nel 1983 fu nominato nel consiglio di amministrazione. Da presidente designò Paolo Portoghesi come primo direttore della Biennale Architettura per il 1980. A queste funzioni Galasso aggiunse nel corso della sua carriera e in particolare negli anni Settanta e Ottanta numerosi riconoscimenti, tra i quali la presidenza dal 1980 al 2010 della Società Napoletana di Storia Patria, e la nomina a socio dell’Accademia dei Lincei, della Real Academia de Historia di Madrid, dell’Accademia delle Scienze di Torino, dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere e Arti. Nel 1986 fu insignito in Spagna della Encomienda de Número de la Orden del Mérito Civil; l’anno successivo ricevette la Medaglia d’Oro per i Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte da parte della Presidenza della Repubblica italiana.
Nel marzo del 1993 Galasso fu coinvolto nello scandalo di Tangentopoli. Indagato nei due filoni di inchiesta a Napoli per gli appalti sulla ricostruzione post-sisma e per appalti pubblici e condannato in primo grado nel 1996 per finanziamento illecito ai partiti, fu assolto nei successivi gradi di giudizio dopo una lunga e complessa vicenda giudiziaria. Galasso si considerò parte di una classe politica abbattuta e non sostituita da Tangentopoli, una classe politica che aveva assunto – pur con inevitabili e talvolta gravi errori – il compito storico di gruppo dirigente e governante, e che effettivamente seppe promuovere lo sviluppo, fondamentalmente positivo, della società, delle istituzioni, dell’economia dell’Italia. Retrospettivamente ripercorse le scelte compiute nell’età delle ideologie contrapposte, sino all’inizio degli anni Novanta, in un quadro della storia italiana, delle sue dinamiche, dei suoi limiti e anche degli slanci per controllarne dinamiche e superarne i limiti. Contestualizzando la propria vicenda, Galasso si collocò nella composita costellazione laica e democratica, in una tradizione liberale e repubblicana, rappresentata da un elenco di nomi scritto di getto e provvisorio, ma proprio per questo indicativo, che comprende «i Craxi e i Bobbio, gli Strada e i Sechi, i Fejtö e i Romeo, i Bettiza e i Pirani» (Seguendo il PCI, 1998).
Le imputazioni in sede giudiziaria troncarono la carriera politica di Galasso ma non la sua attività pubblica, che per molti aspetti si intensificò. Gli anni Novanta furono caratterizzati da un rilancio energico della riflessione storica e dell’osservazione e commento sulle vicende politiche correnti, che Galasso seguì nella loro evoluzione pressoché quotidiana. Alla sua vocazione di commentatore e interprete della politica sono da ricondurre l’attività giornalistica per i maggiori organi dell’opinione pubblica nazionale, dal Il Corriere della sera alla Stampa al Mattino, e la direzione di riviste come L’Acropoli, avviata da Galasso nel 2000 richiamandosi all’omonima rivista di Omodeo del 1945-46 e all’esperienza della rivista Prospettive Settanta, fondata da Elena Croce e diretta da Galasso medesimo tra il 1979 e il 1993. Sull’altro fronte più propriamente storiografico gli fu possibile riprendere e rilanciare, allargandoli e aggiornandoli, i temi degli anni Sessanta e Settanta, e innanzitutto la riflessione sulla figura e l’opera di Croce e sulla vitalità dello storicismo (Croce, Gramsci e altri storici, prima edizione 1969; Croce e lo spirito del suo tempo, prima edizione 1990). La cura dedicata alla ripubblicazione delle opere di Croce presso Adelphi, iniziata nel 1989, proseguì con ritmo regolare negli anni Novanta e sino al 2015. Galasso riconosceva a Croce una funzione di riferimento. Da Croce trasse, anche nella fase finale della sua riflessione, elementi essenziali della definizione di che cosa costituisca l’attività storiografica: «Insomma: filologia, filologia, filologia; ma filologia in vivente unità con la filosofia, ossia col passare i dati della filologia al crivello di una metodologia. Metodologia non è la tecnica della ricerca e della elaborazione dei suoi dati. Sono i criteri logici, le dimensioni concettuali secondo le quali si procede nella filologia, che non è un prius della filosofia, ma è una cosa sola con essa, nascendo e concrescendo insieme, perché, come diceva Vico, esse erano geminae ortae, nate a un solo parto» (Studi storici e vita civile, 2018, pp. 31-2). L’adesione alla posizione crociana, riflessa anche nel vocabolario usato preferibilmente da Galasso, comportava tuttavia la necessità di considerare Croce un punto di partenza da aggiornare continuamente. In particolare, sul tema della storia etico-politica, Galasso preferiva richiamarsi al Croce inclusivo di Teoria e storia della storiografia, che negava l’esistenza di una ‘storia per eccellenza’, quella appunto etico-politica. L’ispirazione crociana di Galasso valorizzava l’esigenza di creare una tradizione storiografica continuamente rinnovata e ampliata a cerchi concentrici, per includere, dopo attenta verifica critica, quanto di nuovo viene creato. Da Croce riprendeva anche il modello della scrittura storiografica come movimento che valuta, conferma e arricchisce, se opportuno, il già detto con nuove formulazioni, dettagli più precisi, originali prospettive, da unificare ogni volta attraverso alcune tesi forti e ribadite con chiarezza.
Si accentuò dagli anni Novanta anche la predisposizione alla riflessione metanarrativa. Galasso non si limitò a proporre concetti interpretativi, quale, tra gli altri, quello di ‘blocco storico moderno-contemporaneo’ come modalità per relazionare lo sguardo dello storico al passato privilegiando la connessione tra grandi fenomeni (la proposta è nella Prima lezione di storia moderna). Le sue osservazioni sulla natura della storiografia, non scienza ma disciplina regolata da un metodo, si moltiplicarono. Reagendo a un innegabile mutamento nella discussione sullo statuto della storiografia, Galasso affrontò a più riprese il tema della difficoltà a proseguire nella tradizione di interpretazione storica a fronte di un doppio fenomeno apparentemente contraddittorio: l’europeizzazione del mondo e il declino dei paesi europei come attori della politica di potenza mondiale. Le riflessioni negli ultimi anni insistettero in particolare sulla trasformazione e sul declino della storiografia come forma di coscienza civile e di premessa al comportamento politico (Storici italiani del Novecento, 2008; Storiografia e storici europei del Novecento, 2016). «Indubbio appare […] che la storia e il suo ruolo nella vita civile, e non solo nelle società dell’Occidente, abbiano molto a che fare con i travagli del mondo contemporanea» (Studi storici e vita civile, cit., p. 33) Tuttavia, a Galasso la vitalità della tradizione europea pareva intatta, aldilà delle sue difficoltà, se fosse considerata come l’acquisizione della storicità, l’attenzione a come l’essere umano si è trasformato nel tempo che plasma le azioni di individui e società (Nient’altro che storia, 2000; La verità della storia, 2006; Storia della storiografia italiana, 2017; Storicismo, filosofia e identità italiana, 2012).
Sposato con Elena Macoggi dal 1956, ebbe tre figli: Luigi, nato nel 1957, laureato in medicina, Giulia, nata nel 1960, laureata in informatica, e Francesco, nato nel 1963, laureato in economia.
Trasferitosi nel 1965 a Pozzuoli, vi morì il 12 febbraio 2018.
Le carte personali di Galasso sono custodite dalla famiglia a Pozzuoli. Carteggi con personalità eminenti del mondo politico, accademico e scientifico sono segnalati presso biblioteche e archivi italiani (il carteggio con Pasquale Saraceno ad esempio presso il fondo di questi Archivio Centrale dello Stato, Roma). Ricordi autobiografici sono in La mia vita tra i libri, Salerno 2014 (presso https://www.salernoletteratura.com). Sulla sua produzione storiografica cfr. L’Europa e l’altra Europa: i libri di Giuseppe Galasso, a cura di A. Musi e L. Mascilli Migliorini, Napoli 2011. Un eccellente guida alla personalità di Galasso è: Piero Craveri, La Napoli di Giuseppe Galasso, in Napoli nobilissima, serie VII, vol. IV, Fascicolo I, gennaio aprile 2018, pp. 5-19. Una prima approssimazione alla valutazione della sua attività è nei saggi in Giuseppe Galasso storico e maestro, a cura di E. Di Rienzo, Biblioteca della Nuova Rivista Storica, 2019 e negli atti del convegno Giuseppe Galasso storico, tenutosi il 19-21 novembre 2018, i cui atti sono in via di pubblicazione.
Bibliografie delle sole monografie in ordine cronologico di pubblicazione: La riforma agraria in Calabria, Roma 1958;
Il tramonto della civiltà medievale in Italia: dalle lezioni del corso ufficiale di storia medievale nel Magistero di Salerno, a.a. 1963-64, Napoli 1964; Mezzogiorno medievale e moderno, Torino 1965 (poi 1975); Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Napoli 1965 (poi 1967; Milano 1975 e 1980, Napoli 1992); Austria e Asburgo nella storia dell’Europa moderna. Appunti dalle lezioni del corso di storia moderna tenuto dal Prof. Giuseppe Galasso nella Università di Napoli, Napoli 1968; Dal Comune medievale all’Unità. Linee di storia meridionale, Bari 1969 (poi 1971);
Croce, Gramsci e altri storici, Milano 1969 (2° ed., Milano 1978); Critica e documenti storici: ad uso delle scuole medie superiori, Napoli 1972 (libro scolastico 2 voll); Napoli spagnola dopo Masaniello. Politica, cultura, società, Napoli 1972, Firenze 1982, Roma 2005; Potere e istituzioni. Dalla caduta dell’Impero romano a oggi, Torino 1974 (ed. 1976);
Da Mazzini a Salvemini: il pensiero democratico nell’Italia moderna, Firenze 1974; Età moderna. Testi e documenti, Napoli 1977; Il Mezzogiorno nella storia d’Italia, Firenze 1977 (2° ed. riveduta e accresciuta 1984: con sottotitolo Lineamenti di storia meridionale e due momenti di storia regionale; ristampa 1992); Passato e presente del meridionalismo, vol. 1 Genesi e sviluppi, Napoli 1978; vol. 2 Cronache discontinue degli anni settanta, Napoli 1978;
Intervista sulla storia di Napoli, a cura di P. Allum, Bari 1978 (con una nota di Luigi Mascilli Migliorini 2018); L’Italia come problema storiografico, Torino 1979 (poi 1981); con Gerardo Chiaromonte, L’Italia dimezzata. Dibattito sulla questione meridionale, Bari 1980; L’altra Europa: per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, Milano 1982 (nuova edizione accresciuta Lecce 1997; terza edizione Napoli 2009); Napoli spagnola dopo Masaniello. Politica, cultura, società, Firenze 1982; La democrazia da Cattaneo a Rosselli, Firenze 1982; L’Europa tra le due guerre mondiali, Milano 1983;
Italia democratica. Dai giacobini al Partito d’Azione, Firenze 1986, Napoli, Bari 1987; Storia del movimento cooperativo in Italia: la Lega nazionale delle cooperative e mutue 1886-1986, Torino 1987; La filosofia in soccorso de’ governi. La cultura napoletana del Settecento, Napoli 1989; Croce e lo spirito del suo tempo, Milano, 1990 (poi Bari 2002); L’Italia come problema storiografico, Torino 1991 (volume parte della Storia d’Italia UTET, Torino 1991); Il Mezzogiorno nella storia d’Italia. Lineamenti di storia meridionale e due momenti di storia regionale, Firenze 1992; Il Mezzogiorno angioino e aragonese: 1266-1494 (vol. 1 il Regno di Napoli, Torino 1992); Capri, insula, Capri 1993; Alla periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo, secoli 16°-17°, Torino 1994; Italia nazione difficile. Contributo alla storia politica e culturale dell’Italia unita, Firenze 1994; Sicilia in Italia. Per una storia culturale e sociale della Sicilia nell’Italia unita, Catania 1994; Beni e mali culturali, Napoli 1996; Dalla libertà d’Italia alle preponderanze straniere, Napoli 1997;
Seguendo il PCI. Da Togliatti a D’Alema (1955-1996), Lungro 1998; con Luigi Mascilli Migliorini, L’Italia moderna e l’unità nazionale, vol. 19 di Storia d’Italia, Torino 1998; Napoli capitale: identità politica e identità cittadina. Studi e ricerche 1266-1860, Napoli, 1998 (2° ed. 2003); Storia d’Europa, v. 1 Antichità e Medioevo, Roma,1996; v. 2 Età moderna, Roma 1996; v. 3 Età contemporanea, Roma 1996 (Storia d’Europa, Roma 2001); Storia d’Europa in 4 voll., UTET Grandi Opere, Torino 2013; Nient’altro che storia. Saggi di teoria e metodologia della storia, Bologna 2000; Storia d’Italia, v. 19, L’Italia moderna e l’unità nazionale (con Luigi Mascilli Migliorini), Torino 2000; L’Italia s’è desta. Tradizione storica e identità nazionale dal Risorgimento alla repubblica, Firenze 2002; Capri insula e dintorni, Capri 2004; Il Mezzogiorno: da questione a problema aperto, Manduria 2005; Napoli spagnola dopo Masaniello, Roma 2005; con Aurelio Musi, La storia. Corso di storia per la scuola secondaria di 1 Grado, Pozzuoli 2005; La verità della storia. Una conversazione con Edoardo Tortarolo, Torino 2006; Carlo V e Spagna imperiale. Studi e ricerche, Roma 2006; Storia del Regno di Napoli, v. 2, Il Mezzogiorno spagnolo, 1494-1622, Torino 2005; v. 3 Il Mezzogiorno spagnolo e austriaco, 1622-1734, Torino 2006; v. 4, Il Mezzogiorno borbonico e napoleonico, 1734-1815, Torino 2007; v. 5, Il Mezzogiorno borbonico e risorgimentale, 1815-1860, Torino 2008; v. 6, Società e cultura del Mezzogiorno moderno, Torino, 2011; La tutela del paesaggio in Italia 1984-2005, Napoli 2007; Prima lezione di storia moderna, Roma 2008; Storici italiani del Novecento, Bologna 2008;
Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d’Italia: da Giustiniano a Federico II, Roma 2009; Nell’Europa dei secoli d’oro. Aspetti, momenti e problemi dalle guerre d’Italia alla Grande Guerra, Napoli 2012; Napoli: l’eredità dell’Ottocento, Soveria Mannelli 2012; La Calabria spagnola, Soveria Mannelli 2012; Storicismo, filosofia e identità italiana, Ariano Irpino 2012; Liberalismo e democrazia, Roma 2013; La memoria, la vita, i valori. Itinerari crociani, a cura di E. Giammattei, Bologna 2015; Calabria, paese e gente difficile. Prospettive storiche, geografiche, sociali, Soveria Mannelli 2015; Mezzogiorno.it. dall’osservatorio italiano del Corriere del Mezzogiorno (2002-2015). Prefazione di Antonio Polito, a cura di R. Messere, Bari 2016; Dalla libertà d’Italia alle preponderanze straniere, Roma 2016; Storiografia e storici europei del Novecento, Roma 2016; Storia della storiografia italiana. Un profilo, Roma 2017; L’Italia nuova. Per la storia del Risorgimento e dell’Italia unita, Roma 2011 (7 voll.) (è raccolta monografie pubblicate in precedenza tra cui vol. 3 La democrazia dai giacobini al Partito d’Azione, vol. 2 La democrazia da Cattaneo a Rosselli); Lezioni mediterranee, Napoli 2018; Studi storici e vita civile, Bologna 2018; Emarginazione della storia e nuove storie, Ariano Irpino 2018; Il regno di Napoli. Intervista a cura di Francesco Durante. Postfazione di Vittoria Fiorelli, Vicenza 2019.
Immagine per cortesia Quirinale.