• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

Garibaldi, Giuseppe

Dizionario di Storia (2010)
  • Condividi

Garibaldi, Giuseppe


Generale e politico (Nizza Marittima 1807-Caprera 1882). Secondogenito di Domenico, capitano mercantile, e di Rosa Raimondi; attratto dalla passione per il mare, fu dapprima mozzo sul brigantino Costanza, poi navigò con il padre e con altri armatori in Oriente. Comandava una nave propria, quando nel 1833 in una locanda di Taganrog, sul Mar Nero, informato da G.B. Cuneo di Oneglia dell’azione politica mazziniana fu «iniziato», come disse egli stesso, ai «sublimi misteri della patria» e decise di dedicarsi alla causa nazionale iscrivendosi alla Giovine Italia. L’anno stesso, a Marsiglia, fece la conoscenza di G. Mazzini. Imbarcatosi come semplice marinaio con il nome di Cleombroto sulla fregata Des Geneys, per collaborare alla rivolta che avrebbe dovuto facilitare la spedizione di Savoia, fallito il moto nel febbr. 1834, fu costretto a fuggire; riparato a Marsiglia vi apprese la sua condanna a morte (3 giugno). Si imbarcò allora per il Mar Nero; poi si arruolò nella flottiglia del bey di Tunisi. Ritornato alla metà del 1835 a Marsiglia, vi ottenne il comando in seconda di un brigantino diretto a Rio de Janeiro, dove giunse fra il dic. 1835 e il genn. 1836. Qui partecipò con altri italiani esuli alle riunioni della Giovine Italia. In seguito accettò con l’amico L. Rossetti di far guerra di corsa a favore dello Stato di Rio Grande do Sul, ribellatosi al governo brasiliano, e ne comandò poi la flotta da guerra. Al principio del 1842, costretto a riparare a Montevideo, portò con sé Anita, già compagna di vita e d’ideali, che divenne sua moglie. Ma subito riprese a combattere a favore di Fructuoso Rivera contro M. Oribe, sostenuto dal dittatore argentino J.M. de Rosas. Al comando di una flottiglia fu costretto dalla flotta argentina, presso Nueva Cava (15 ag. 1842), a cercare scampo a terra. G. ebbe il comando di una nuova flottiglia e, organizzata una legione italiana, risalì il Rio de la Plata; l’8 febbr. 1846 si segnalava brillantemente a S. Antonio del Salto. Richiamato a Montevideo (sett. 1846), gli giunse dall’Italia la notizia, significativa del maturarsi dei tempi propizi per la libertà, della rivoluzione di Palermo, che lo persuase a imbarcarsi, il 12 apr. 1848, con parte della legione. A Gibilterra, apprendendo che il re di Sardegna si preparava a intervenire contro l’Austria, decise di approdare a Nizza, dove, con sorpresa dei suoi compagni mazziniani, dichiarò «di non essere repubblicano, ma italiano». Accolto però freddamente dal governo sardo, al comando di un gruppo di volontari si batté a Luino (15 ag.), conquistò Varese, che poco dopo dovette abbandonare; resistette a Morazzone (26 ag.), e poi, premuto dalle soverchianti forze austriache, riparò in Svizzera. Tornato a Nizza, il 24 ott. ne ripartì con alcune centinaia di volontari per la Sicilia, inviato da Paolo Fabrizi; ma, fermatosi in Toscana (25 ott.-8 nov.), offrì alla Repubblica romana il suo sostegno; tenuto dapprima in disparte, a Macerata, che lo nominò deputato alla Costituente, e poi a Rieti, fu chiamato a Roma per l’ultima difesa contro i francesi. Dopo il sanguinoso scontro del 30 apr. 1849 seguirono la breve campagna contro l’esercito napoletano, interrotta per volere di G. Mazzini, e l’assedio, conclusosi con la caduta della Repubblica. G. sfuggì all’accerchiamento e riparò a S. Marino (31 luglio) e da qui tentò di raggiungere Venezia ancora libera. Ma attaccato da navi austriache sbarcò sulla costa di Magnavacca (ora Porto Garibaldi), e, nel tragico inseguimento, vide morire la moglie Anita (4 ag.). Attraverso Romagna e Toscana riuscì a raggiungere il territorio piemontese, dal quale, senza proteste, accettò l’espulsione. Cominciava il suo secondo esilio (16 sett.). Ospite prima del console piemontese di Tangeri (nov. 1849-giugno 1850), poi operaio in una fabbrica di candele a New York, riprese finalmente a navigare nell’America Centrale e tra il Perù, la Cina, l’Australia. A Londra, nel febbr. del 1854, rivide Mazzini e conobbe A.I. Herzen; ma a Genova e a Nizza fu conquistato dalla politica realistica del governo sardo. In seguito a un colloquio segreto con Cavour (13 ag. 1856), dichiarò pubblicamente di voler mettere a base dell’unità italiana la monarchia e aderì alla Società nazionale. Alla vigilia della guerra, il 2 marzo 1859, s’incontrò con Cavour per accordarsi sull’organizzazione dei volontari; e in quell’occasione conobbe Vittorio Emanuele. Al comando dei cacciatori delle Alpi, sconfisse il generale Urban sotto Varese (26 maggio) e a S. Fermo (27 maggio); protesse i fianchi dei franco-piemontesi ed entrò trionfalmente a Brescia (13 giugno). Gli avvenimenti che seguirono alla pace di Villafranca raffreddarono i rapporti fra G. e il governo sardo. Comandante in seconda delle truppe della lega militare formatasi fra Toscana, Romagna, Parma e Modena, passò nelle Marche per estendere in quella zona il movimento rivoluzionario, ma, richiamato dallo stesso Vittorio Emanuele, depose il comando, ritirandosi a Caprera, dopo aver lanciato a Genova un manifesto agli italiani di violenta critica alla politica piemontese. Nell’apr. 1860 gli giunse notizia della rivolta scoppiata a Palermo e, con il consenso tacito del governo, si pose a capo della missione nota come spedizione dei Mille, che partì da Quarto nella notte dal 5 al 6 maggio 1860. Tappe dell’impresa furono: lo sbarco a Marsala (11 maggio), la battaglia di Calatafimi (15 maggio), la presa di Palermo (27 maggio), la battaglia di Milazzo (20 luglio), il passaggio dello Stretto di Messina (19 agosto), la trionfale marcia attraverso la Calabria, l’ingresso a Napoli (7 sett.), la decisiva battaglia del Volturno (1-2 ott.), l’incontro con il re a Teano (26 ott.). Il 7 nov. entrò con Vittorio Emanuele a Napoli; sacrificando ogni ambizione alla soluzione sabauda, che sentiva necessaria per l’unità, il giorno seguente gli consegnò i risultati del plebiscito e il 9 ripartì per Caprera, rifiutando la nomina a generale e le ricompense concessegli. L’impresa che univa il Mezzogiorno al Piemonte per formare di lì a poco il regno d’Italia, apparve subito come l’azione politicamente risolutiva del processo risorgimentale; anche dal punto di vista tecnicamente militare, sia nello stratagemma della marcia avvolgente su Palermo, sia nella dislocazione e nella manovra delle forze al Volturno, G. rivelò le sue grandi qualità di comandante, esaltate dall’ascendente che esercitava sui suoi uomini. Intanto la morte di Cavour parve allontanare il compimento dell’unità italiana. Le forze rivoluzionarie guardavano di nuovo a G. come all’uomo che sapeva osare, mentre U. Rattazzi cercava di ripetere, in modi assai più ambigui, la politica svolta con tanto successo da Cavour nel 1860. Dopo un vano tentativo di invasione del Trentino (Sarnico, maggio 1862), G. si recò a Palermo (28 giugno), lanciò un proclama contro la Francia, e al grido di «Roma o morte» marciò verso Roma; nell’Aspromonte (29 ag.) fu ferito e fatto prigioniero da soldati italiani. Amnistiato, nel marzo 1864 lasciò Caprera per Londra, dove ebbe incontri con Mazzini e con Herzen, oltre che con Palmerston, e misurò la propria straordinaria popolarità. Scoppiata la guerra del 1866, accettò però il comando dei volontari; entrò nel Trentino e li condusse alla vittoria (Monte Suello, 3 luglio; Bezzecca, 21 luglio). Dopo l’annessione del Veneto, G. sentì ancora più urgente la conquista di Roma. Fermato a Sinalunga (24 sett. 1867) da soldati italiani mentre organizzava una spedizione contro Roma, fu ricondotto a Caprera, ma, sfuggendo alla sorveglianza della flotta italiana, ritornò sul continente e il 23 ott. passò il confine con i volontari accorsi all’impresa: a Mentana (3 nov.) le truppe francesi e pontificie lo costrinsero alla ritirata. Arrestato a Figline e condotto nella fortezza del Varignano, il 25 nov. fu imbarcato, virtualmente prigioniero, per Caprera, da cui salpò solo per partecipare alla difesa della Francia (1870), ottenendo una vittoria a Digione (21-23 genn. 1871). Negli ultimi anni della sua vita fu sempre più incline a un socialismo di tipo umanitario e aderì all’Internazionale.

Giuseppe Garibaldi

Vedi anche
Spedizione dei Mille fig.Spedizione garibaldina che, abbattendo il Regno delle Due Sicilie, diede la spinta decisiva alla formazione dell’unità d’Italia. Il primo ideatore dell’impresa, F. Crispi, propose la spedizione a G. Garibaldi, che accettò di capitanarla a condizione che il terreno fosse preparato da una rivolta in ... Giuseppe Mazzini Uomo politico (Genova 22 giugno 1805 - Pisa 10 marzo 1872). Militante della Carboneria (1827-30), fu esule in Francia e in Svizzera. Allontanatosi dall’ideologia carbonara, maturò il progetto della Giovane Italia, secondo un principio repubblicano di nazione unita, composta di cittadini liberi ed eguali ... Risorgimento fig.Termine storiografico usato per indicare quel complesso processo spirituale e politico, quella serie di trasformazioni economiche e sociali, di atteggiamenti letterari e culturali, di eventi diplomatici e militari, che tra la fine del Settecento e l’Ottocento, intrecciandosi e contrastandosi, portarono ... Quarto dei Mille Quartiere della parte orientale di Genova (fino al 1911 Quarto al Mare). Da qui salpò Garibaldi il 5 maggio 1860 alla volta della Sicilia. A Q. il 5 maggio 1915 G. D’Annunzio pronunciò un’orazione in favore dell’intervento italiano nella Prima guerra mondiale.
Tag
  • SPEDIZIONE DEI MILLE
  • ESERCITO NAPOLETANO
  • PACE DI VILLAFRANCA
  • STRETTO DI MESSINA
  • REPUBBLICA ROMANA
Altri risultati per Garibaldi, Giuseppe
  • Garibaldi, Giuseppe
    L'Unificazione (2011)
    Generale e uomo politico (Nizza 1807 - Caprera 1882). Nato da una famiglia di marinai – il padre era un piccolo armatore e capitano di navi da cabotaggio – fu attratto fin da giovane dalla passione per il mare e, abbandonati gli studi, cominciò a viaggiare per il Mediterraneo e il Mar Nero. Durante ...
  • Garibaldi, Giuseppe
    Enciclopedia on line
    Patriota, generale e uomo politico (Nizza 1807 - Caprera 1882). Dopo aver aderito alla Giovine Italia e preso parte a moti insurrezionali in Italia, visse alcuni anni (1835-48) in America, combattendo per l’indipendenza in vari paesi. Rientrato in Italia, partecipò al governo provvisorio di Milano e, ...
  • Garibaldi, Giuseppe
    Enciclopedia dei ragazzi (2005)
    Guido Pescosolido L'eroe dei due mondi Dei quattro grandi artefici del Risorgimento italiano, Giuseppe Garibaldi è stato, in Italia, il più popolare e amato e, nel mondo, il più conosciuto e ammirato. L'apostolato di Mazzini, l'iniziativa regia di Vittorio Emanuele II, la superlativa intelligenza politica ...
  • GARIBALDI, Giuseppe
    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)
    Giuseppe Monsagrati Nacque a Nizza, allora capoluogo del dipartimento delle Alpi Marittime dell'Impero francese, il 4 luglio 1807. Era il terzo dei sei figli nati dal matrimonio di Domenico (1766-1841) e di Rosa Raimondi (1776-1852), commerciante marittimo lui, casalinga di solidi principî e di sincera ...
  • GARIBALDI, Giuseppe
    Enciclopedia Italiana (1932)
    Nino CORTESE * Nacque in Nizza Marittima il 4 luglio 1807, secondogenito di Domenico, un piccolo armatore e capitano di navi da cabotaggio, e di Rosa Raimondi, che forse più del padre comprese l'animo del figliuolo, come il suo dotato d'infinita bontà. Vano riuscirebbe il tentativo di precisare quale ...
Mostra altri risultati
Vocabolario
qui si fa l’Itàlia o si muòre
qui si fa l'Italia o si muore qui si fa l’Itàlia o si muòre. – Frase attribuita dallo scrittore G. C. Abba a Giuseppe Garibaldi, il quale durante il sanguinoso combattimento di Calatafimi (15 maggio 1860) l’avrebbe rivolta a N. Bixio, in...
garibaldino
garibaldino agg. e s. m. – 1. agg. a. Relativo a Giuseppe Garibaldi (1807-1882) e alle sue imprese: i volontarî g.; l’epopea garibaldina. b. In senso fig., detto d’imprese eroiche o fatte con impeto, con entusiasmo giovanile, anche se con...
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali