GIGLIOLI, Giuseppe
Nacque a Brescello (Reggio nell'Emilia) il 9 luglio 1804 da Domenico, notaio, procuratore e infine cancelliere presso il locale tribunale, e da Maria Luigia Palmerini, che all'età di quattordici anni aveva ripudiato la religione ebraica e il suo nome di Venturina Guastalla per farsi cattolica.
La svolta decisiva nella vita del G. fu determinata nel febbraio 1823 dall'arresto del padre, affiliato alla carboneria e coinvolto nei moti del 1821, e dalla conseguente condanna a vent'anni di reclusione, che gettò la famiglia nella miseria e la sradicò definitivamente dalla terra natia. Sebbene gli mancasse un solo anno per completare il ciclo di studi, il G. fu espulso dal R. Convitto della Mirandola e costretto a iscriversi all'Università di Bologna, dove il 9 giugno 1824 si laureò in giurisprudenza. Cominciò quindi a esercitare la professione, ma nel settembre 1826 la polizia pontificia, che ne sorvegliava l'attività, gli intimò di abbandonare le Legazioni.
Si recò allora a Marsiglia, dove si trattenne fino al dicembre 1826 nella vana ricerca di un impiego, per poi far ritorno in Italia e stabilirsi a Firenze. Vi rimase fino al settembre 1828, dedicandosi all'apprendimento della lingua inglese. Frequentò il Gabinetto scientifico-letterario di G.P. Vieusseux e vi strinse alcune amicizie: intanto si guadagnava da vivere come correttore di bozze e come traduttore (per l'editore Sanson Coen realizzò fra l'altro le prime traduzioni in italiano di due romanzi di W. Scott: Peveril of the Peak e Chronicles of the Canongate). Nel 1828, trovato impiego come istitutore di un fanciullo di dieci anni, si trasferì a Napoli e vi restò fino al maggio 1831, quando l'infausto epilogo del tentativo rivoluzionario nei Ducati e la notizia che il padre e due fratelli avevano trovato rifugio in Francia lo indussero a cercare di ricongiungersi a essi.
Giunse a Marsiglia il 25 maggio 1831 e vi si fermò fin verso la metà di giugno. Fu in questo breve periodo che conobbe G. Mazzini, cui lo legarono subito una profonda amicizia e una comune visione degli ideali patriottici. Il G. fece così parte del nucleo costitutivo della Giovine Italia e di un'altra associazione che il Mazzini fondò in quei giorni, la Società per la propagazione dei lumi in Italia. Dopo aver dato vita a sua volta a Maçon, dove si trovavano i suoi familiari, a una Società degli emigrati italiani finalizzata ad addestrare la gioventù all'uso delle armi nel caso che una guerra richiedesse il rientro in patria, nell'agosto 1831 il G. si recò a Parigi. Fu una tappa importante nella sua formazione politica perché poté entrare in contatto con la folta comunità di esuli e di patrioti che vi risiedevano (fra i quali P. Maroncelli, T. Mamiani, C. Rusconi, C. Pepoli) e soprattutto perché ebbe l'opportunità di collaborare con la Società dei veri Italiani di F. Buonarroti, alla quale fu probabilmente affiliato.
Sempre alla ricerca di un'occupazione stabile e redditizia, nel gennaio 1832 il G. partì alla volta di Londra, dove grazie anche all'appoggio di A. Panizzi trovò lavoro come insegnante d'italiano, traduttore e correttore di libretti per il teatro dell'Opera, collaborando con articoli e recensioni al Literary Guardian. Dalla capitale inglese nel settembre 1833 si spostò a Edimburgo, ennesima tappa della sua erratica esistenza, dove tuttavia mise radici, rimanendovi per circa otto anni. Allontanatosi per qualche tempo dalla cerchia degli esuli italiani, nel maggio 1838 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia e nell'agosto 1841 si laureò.
Specializzatosi nella nuova branca delle teorie omeopatiche, sulla quale più tardi pubblicò anche un suo opuscolo (A view of a reformed system of medical practice from the established, the homoeopathic and the other schools of medicine, or Principal heads of a syncretic system of practical medicine, London 1846), nell'aprile 1842 fece ritorno a Londra e vi aprì, non senza fatiche e ricorrendo ancora ai prestiti dell'amico Panizzi, un proprio studio medico.
La migliorata condizione economica gli consentì, il 28 sett. 1844, di sposarsi con Ellen Hillyer e di sviluppare un'attività sociale e politica più intensa, riallacciando i contatti con gli esuli residenti a Londra e con gli italiani di passaggio e trasformando così la sua casa in un luogo d'incontro e di discussione. Particolarmente assidua e feconda fu in questi anni la sua collaborazione con il Mazzini, che coadiuvò in tutte le sue principali iniziative. Segretario della congrega centrale della Giovine Italia, fin dall'apparizione del primo numero, il 15 ag. 1843, fu tra i collaboratori dell'Educatore, fondato dal Mazzini come giornale della Scuola gratuita italiana. Nel 1847 fu tra i primi ad aderire alla Lega internazionale dei popoli per la difesa delle nazionalità e sempre nell'agosto di quell'anno fu tra i firmatari della circolare con la quale si annunciava l'intenzione di dar vita all'Associazione per un fondo nazionale italiano. Egli si occupò specialmente di raccogliere adesioni e finanziamenti fra gli Inglesi e assunse subito dopo la presidenza del comitato provvisorio. All'inizio del 1848 il rapido precipitare degli eventi, con i primi fuochi rivoluzionari e poi con lo scoppio della guerra d'indipendenza, ne suggerì tuttavia l'immediato rientro in patria.
Il G. partì da Londra il 31 marzo e giunse a Torino agli inizi di aprile. Fu poi a Milano e quindi a Reggio e Modena, dove il governo provvisorio lo nominò ispettore generale per l'Istruzione Pubblica e capitano ad honorem della guardia nazionale. In luglio lo raggiunse a Modena la famiglia, ma la sconfitta di Custoza e il ritorno degli Austriaci lo costrinsero ancora una volta alla fuga, prima a Firenze, dove soggiornò per alcuni mesi, infine nell'ottobre 1848 a Torino. Gli avvenimenti tumultuosi di questo periodo e l'esame ravvicinato delle vicende italiane, che negli anni passati gli era stato impedito, originarono in lui un profondo ripensamento delle proprie concezioni politiche. Pur restando nell'intimo repubblicano, abbandonò infatti la pregiudiziale istituzionale e si allontanò dalla rigidezza ideologica del mazzinianesimo per avvicinarsi a posizioni filoalbertiste. In una lettera alla moglie del 17 maggio 1848 scrisse chiaramente: "Mi vado convincendo che il partito per un Regno dell'Alta Italia sotto Carlo Alberto diviene sempre più forte; e al momento presente questo è decisamente, nella mia opinione, il partito della maggioranza degli Italiani educati. E davanti alla maggioranza io, in queste circostanze, mi piego" (Giglioli Stocker, p. 237).
All'inizio del 1849, alla vigilia della ripresa della guerra, il G. dette alle stampe un opuscolo dal titolo Guerra agli invasori, nel quale sostenne l'esigenza di raccogliersi intorno a Carlo Alberto per raggiungere l'obiettivo fondamentale dell'unità e dell'indipendenza del paese. Il nuovo Stato italiano sarebbe dovuto essere una monarchia costituzionale guidata dal principe sabaudo, basata però su un largo decentramento politico e amministrativo, che egli riteneva necessario per garantire una vera rappresentatività della nazione e per tutelare gli interessi e l'autonomia di ciascuna regione. L'inevitabile conseguenza di questa evoluzione del suo pensiero politico fu il raffreddamento dei rapporti col Mazzini, che da quel momento in poi divennero alquanto sporadici e formali.
Nominato dal governo piemontese ispettore delle scuole elementari per la provincia di Genova, nell'autunno del 1849 il G. si stabilì nella città ligure, dove riprese anche la propria professione di medico, divenendo membro fra l'altro nel 1851 della locale Accademia medico-chirurgica e adoperandosi nel 1854-55 nelle opere assistenziali predisposte per fronteggiare l'epidemia di colera.
Assorbito dalle attività professionali, che si concretizzarono anche nella pubblicazione di un libro divulgativo sull'anatomia umana (La casa di mia dimora a forma di svolgimento per lo spirito movente a libertà, Genova 1859), il G. ridusse al minimo gli impegni politici e non ebbe parte attiva nelle vicende del 1859-60. In un suo scritto inedito del 1860, che recava il titolo Divisioni politiche e amministrazioni locali proposte pel Reame d'Italia e che suscitò l'interesse del ministro dell'Interno M. Minghetti, manifestò la sua netta avversione per il sistema di accentramento sabaudo e ripropose l'istanza di un'organizzazione politico-istituzionale basata su larghe autonomie.
L'ultimo impegno professionale del G. fu dall'autunno del 1860 l'insegnamento di logica e antropologia prima nell'Università di Pavia e poi, a partire dal 1862, nell'Università di Pisa.
A Pisa il G. morì il 29 apr. 1865.
Fonti e Bibl.: B. Malmusi, Giuseppe Malmusi nelle vicende politiche dei suoi tempi, Modena 1894, passim; G. Mazzini, Scritti editi e inediti, Imola 1906-43 (per la consultazione v. Indici, II, a cura di G. Macchia, ad nomen); G. Sforza, Esuli estensi in Piemonte dal 1848 al 1859, Modena 1908, passim; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, II, Milano 1934, p. 84; C. Giglioli Stocker, Una famiglia di patrioti emiliani. I Giglioli di Brescello, Milano-Roma 1935; S. Mastellone, Mazzini e la "Giovine Italia" (1831-34), I-II, Pisa 1960, pp. 64 s., 89-91, 122, 199, 205, 234, 269; G. Pasquali, Noterelle sugli Apofasimeni, in Belfagor, XVII (1962), p. 382; E. Morelli, L'Inghilterra di Mazzini, Roma 1965, ad indicem; A. Galante Garrone, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento (1828-37), Torino 1972, pp. 349 s., 372, 378; Id., Mazzini in Francia e gli inizi della Giovine Italia, in Mazzini e il mazzinianesimo. Atti del XIV Congresso di storia del Risorgimento italiano (Genova… 1972), Roma 1974, pp. 222-224, 226-228; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il "partito d'azione", 1830-45, Milano 1974, ad indicem; B. Montale, L'emigrazione politica in Genova ed in Liguria (1849-59), Savona 1982, pp. 50, 95 s., 163, 175, 179-181, 210; S. Mastellone, Il progetto politico di Mazzini (Italia-Europa), Firenze 1994, ad indicem; Diz. del Risorg. nazionale, III, sub voce.