GIOENI, Giuseppe
Di antica e nobile famiglia, nacque a Catania il 12 maggio 1743 da Francesco e Agata Buglio. Nella città natale iniziò i suoi studi sotto la guida di A. Bandiera e V. Coco per le lettere italiane, L. Gambino per la matematica; non estraneo, dunque, gli dovette essere lo spirito di rinnovamento negli studi logici e grammaticali voluto a Catania da mons. S. Ventimiglia. Importante fu per lui l'esempio del vulcanologo Giuseppe Recupero; proficua e solidale l'amicizia con il principe di Biscari I. Paternò Castello. La lettura dei Campi Phlegraei (Naples 1776) di sir W. Hamilton, plenipotenziario britannico a Napoli, lo avviò agli studi vulcanologici; da sir Hamilton ricevette amicizia e appoggi alla corte borbonica, libri e strumenti per approfondire le sue conoscenze di fisica, chimica e vulcanologia. Particolarmente cara gli fu l'amicizia del geologo francese D. Gratet de Dolomieu, a Catania nel 1781, sodalizio testimoniato da un rapporto epistolare intercorso dal 1781 al 1791.
Ma più di ogni altro gli fu prezioso il libro della natura che nell'Etna e nella costa ionica costituiva un ricco quanto misconosciuto museo naturale. Con paziente osservazione il G. si diede a raccogliere fin dagli anni Ottanta le più note e le più rare produzioni mineralogiche e zoologiche che costituirono un personale quanto pregevole museo naturale.
Il G. ottenne la nuova cattedra di storia naturale e botanica presso l'Università di Catania nel 1780 - essendo morto nel 1778 il Recupero che avrebbe dovuto, data l'anzianità, ricoprirla - grazie alla fama di cultore delle scienze naturali, ma più ancora grazie all'appoggio di cui godeva alla corte di Napoli.
Il conferimento della cattedra infatti seguì una procedura speciale: essa venne assegnata dal re e fu concessa al G. a vita. Come risulta da documenti conservati nell'Archivio dell'Università di Catania - altri dell'Archivio di Stato di Napoli andarono distrutti durante la seconda guerra mondiale -, per ragioni di studio e per motivi privati il G. però si allontanava spesso da Catania, lasciando scoperto l'insegnamento.
L'opera con la quale si rese noto agli ambienti scientifici europei fu la Relazione d'una nuova pioggia…, Catania 1782. Quando, il 24 apr. 1781, i dintorni di Catania furono "bagnati da un'acqua colorita cretacea biggia" che, evaporando, lasciava sugli oggetti la sostanza disciolta, il G. ne condusse l'analisi chimica trovandovi un "sale calcareo" e un "principio marziale nella forma metallica" sensibile, dopo intensa calcinazione, all'esposizione di un magnete. I risultati convinsero il G. dell'origine vulcanica delle sostanze esaminate. Hamilton comunicò alla Royal Society di Londra la Relazione del G., che venne poi edita anche negli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, VIII, Milano 1785, pp. 230-234.
L'invito di Hamilton (lettera del 16 giugno 1781) e la curiosità di visitare il Vesuvio determinarono il G. a portarsi a Napoli. Qui fu introdotto negli ambienti di corte dove conobbe il ministro J.F.E. Acton, il marchese di Sambuca G. Beccadelli, la stessa regina Maria Carolina, alla quale dedicò una ricca collezione di minerali e l'opera sua più importante, il Saggio di litologia vesuviana. Il G. s'integrò perfettamente nell'ambiente di corte, ebbe l'amicizia e l'appoggio della regina, e stabilì una serie di relazioni cui non era forse estranea la tessitura massonica, diffusa in quegli anni alla corte di Napoli, fratellanza alla quale il G. stesso apparteneva come attestano la frequentazione di circoli massonici catanesi e la corrispondenza con numerosi fratelli come lo stesso Hamilton, C. Borgia, A. Fortis.
Il G. fu fatto gentiluomo di camera del re e precettore del principe Gennaro Carlo (morto nel 1788): ebbe dunque incarichi prestigiosi e amicizie potenti che lo protessero almeno fino alla caduta di Acton.
Assai vivi furono i suoi interessi nell'ambito della malacologia ionica. Pubblicò infatti nel 1783 a Napoli un'operetta dal titolo Descrizione di una nuova famiglia e di un nuovo genere di testacei trovati nel litorale di Catania… con qualche osservazione sopra una spezie di ostriche. Il lavoro non ebbe il successo sperato dall'autore, anche perché questi scambiò lo stomaco della Bulla lignaria descritta da Linneo, per un nuovo genere di Testaceo. Essa si presta tuttavia a qualche considerazione di carattere metodologico: descrizione rapida e precisa del presunto animale e osservazioni al microscopio sono esempi del procedere scarno e teso al dato positivo di cui aveva già dato prova nella Relazione del 1781.
A Catania ebbe occasione di fare uno studio attento e metodico dell'eruzione del 1787, studio che pubblicò in una Relazione della eruzione dell'Etna nel mese di luglio 1787, Catania 1787, plaudita da Dolomieu che la incluse nell'appendice ai suoi Mémoires sur les iles ponces… suivis de la déscription de l'éruption de l'Etna du mois de juillet 1787 (Paris 1788). I fenomeni eruttivi iniziarono a metà giugno e il G. ne seguì l'andamento e ne descrisse con precisione tutti gli aspetti utilizzando strumentazioni quali il termometro di R.-A. Réaumur, il cannocchiale, il microscopio per osservare la struttura cristallina delle pietre, l'elettrometro atmosferico di H.-B. de Saussure, mandatogli nello stesso anno dal Dolomieu (lettera da Malta del febbraio 1787: "Vous y trouverez la manière dont on fait les expériences…") insieme con il volume dello stesso Saussure, Essai sur l'hygrometrie, Neufchâtel 1783.
Maturò nel frattempo l'idea di compilare un catalogo delle lave del Vesuvio, impresa assai ardua che lo avrebbe di nuovo portato a Napoli. Ritornatovi nel 1789, sostenne una fitta corrispondenza con Dolomieu che, prodigo di consigli e incoraggiamenti, può considerarsi l'autorevole supervisore del Saggio di litologia vesuviana (Napoli 1790) tanto per la classificazione dei materiali raccolti quanto per il metodo dell'analisi mineralogica. Fu peraltro il Dolomieu a inviargli l'opera di T. Bergmann, Opuscoli chimici-fisici, a cura di G. Fabbroni, Firenze 1787-88, e le tavole "d'une distribution méthodique" di tutte le produzioni vulcaniche secondo il metodo dello stesso (lettera da Roma del 25 dic. 1789).
Il Saggio di litologia vesuviana è diviso in due parti. La prima, a carattere introduttivo, affronta questioni rilevanti dal punto di vista teorico e metodologico: concezione provvidenzialistica della natura, utilità della mineralogia per lo sviluppo delle arti, importanza dello studio dei vulcani per la formulazione di "verisimili congetture" e "ragionevoli idee intorno antiche rivoluzioni sofferte dalla Terra" (p. 12), gnoseologia sensistico-empiristica che si traduce in metodo positivo nell'analisi mineralogica e chimica dei materiali lapidei.
Tre sono i livelli di analisi di questa prima parte dell'opera: origine del Vesuvio, origine dei materiali che lo costituiscono, caratteri chimico-mineralogici di questi. Appena due pagine della prima parte della Litologia sono dedicati al metodo utilizzato per la compilazione del catalogo, le uniche nelle quali il G. si inserisce dichiaratamente nel contesto teorico della chimica flogistica di Bergmann, R. Kirwan, J.G. Wallerius e A.F. Cronstedt. Chiaramente legato agli schemi teorici della chimica prelavoisieriana (comunemente e imprecisamente intesa come chimica del flogisto), il G. rivendica sulla scia dei suoi modelli la priorità delle analisi concrete dei fossili sulle teorie generali intorno agli elementi o principî, privilegiando la sperimentazione e la metodologia descrittiva. La seconda parte, dal titolo Catalogo ragionato di litologia vesuviana, consiste nella classificazione dei materiali per generi, specie, varietà.
L'opera gli procurò fama e onori (il primo paragrafo e la Sinopsi furono pubblicati per intercessione di G. Arduino nel Nuovo Giornale d'Italia, XLIV e XLV, rispettivamente 26 febbr. 1790 e 5 marzo 1791). Molte accademie lo elessero socio corrispondente: fu membro dell'Accademia di Gottinga, della Società patriottica di Milano, dell'Accademia reale, dell'Accademia di Padova, dell'Accademia delle scienze di Berlino, della Società mineralogica di Jena; era già socio onorario dell'Accademia reale di Londra.
Laboriosa proseguiva intanto la raccolta, oggi dispersa, delle produzioni mineralogiche etnee, per la classificazione delle quali Dolomieu lo invitava al rigore nelle analisi fisico-chimiche e nelle comparazioni (da Roma, 19 giugno 1789).
Oggetto di costante preoccupazione dovette essere per il G. il reperimento di fondi per l'acquisto degli strumenti, dei libri e dei reperti mineralogici per le comparazioni. Fin dal 1793, ottenuta a vita la carica di tesoriere dello Senato di Catania, protetto dalle più alte cariche del governo napoletano, il G. utilizzò l'Erario pubblico per scopi privati. Aveva già tentato, nel 1790, di vendere il suo museo al re, il quale aveva promesso l'acquisto, ma le vicende tumultuose dell'ultimo scorcio del XVIII secolo sconvolsero i piani del G.: quando nel 1804 il nuovo ministro L. de' Medici subentrò ad Acton, il re rifiutò l'acquisto e il G. fu trovato in debito con lo Stato di 12.000 once.
Difficile divenne allora la sua vita. Peregrinò per l'Italia al fine di vendere il suo museo, ma la presenza dei Francesi a Roma, dove era giunto, lo costrinse a trasferirsi a Trieste e da lì a Malta. Certo di un salvacondotto di Maria Carolina, nel 1811 rientrò in Sicilia, ma a Messina fu arrestato e trattenuto nel castello di Termini per quasi tre anni a motivo dell'antico debito.
Nel 1814 il G. poté rientrare libero a Catania dove nulla di ciò che aveva lasciato trovò nelle medesime condizioni. Gli venne anche negata la cattedra di storia naturale che negli anni della sua assenza - sedici, come risulta da una lettera in data 13 dic. 1814 di Camillo Moncada Perramuto, in Archivio dell'Università di Catania, n. 392 -, era stata tenuta da Girolamo Recupero (appare significativo che lo stesso G. richiedesse l'affidamento della suddetta cattedra per C. Maravigna: lettera del 3 dic. 1814, ibid.).
Il G. morì a Catania il 6 dic. 1822.
Suo ultimo desiderio fu la fondazione di una accademia che raccogliesse i più valenti studiosi locali di scienze naturali. L'Accademia Gioenia di scienze naturali fu costituita nel 1824 a Catania; ebbe una vita lunga e prestigiosa ed è a tutt'oggi attiva; tra i suoi fondatori G. Alessi, F. Cosentino, A. Di Giacomo, C. Maravigna, C. e M. Gemmellaro (i cui interessi per la vulcanologia erano stati direttamente influenzati dal G.), D. Orsini, R. e S. Scuderi, per citare i nomi più ricorrenti nelle sezioni degli Atti.
Una ricca corrispondenza epistolare è raccolta in un unico corpus, le Lettere autografe di alcuni uomini illustri nella storia naturale dirette al cav. G. G. (Catania, Biblioteca regionale, Arm. 1, ms. Vant. 61) che contiene più di duecento lettere dal 1780 al 1804 (mancano invece le missive del Gioeni). Corrispondenti illustri quelli del G. (tra gli altri A. von Humboldt, R.-J. Haüy) ma non tutti naturalisti (come S. Landolina, T. Gargallo, M. Delfico, C. Minervini), bensì uomini di pubblico rilievo italiani ed europei; nelle lettere si riflettono indirettamente tanto gli interessi dello scienziato catanese e la sua indole quanto i canali della circolazione dei libri e delle idee.
Un esiguo gruppo di lettere fu raccolto in volume ancora vivente il destinatario: Alcune lettere d'uomini illustri nella storia naturale dirette al cav. G. G. pubblicate dal suo fratello ab. Salvatore Gioeni. Aggiuntavi la descrizione data dall'ab. Spallanzani del Gabinetto di storia naturale siciliana in casa del medesimo cavaliere, Catania 1815. Si trattò di un'operazione agiografica volta a propagandare la fama del naturalista, che tagliava fuori quanto potrebbe risultare utile alla comprensione di aspetti importanti dell'attività scientifica del Gioeni. Essa comprendeva le lettere di Hamilton, elogiative e solidali, parte delle lettere di Dolomieu e un gruppo di lettere successive alla pubblicazione della Litologia scritte da F. De Bellevue, L. Spallanzani, A. Volta, G. Heyne, J.H. Bartles, A. Bertola, M. Cesarotti, C. Amoretti, M. Borza, A.M. Lorgna, A. Fortis, G. Garampi, P. Landriani, C.L. Marozzo, E.F. Hertzberg, C.M. Sulzer. Appare significativo che, nella pubblicazione, alcune lettere siano state censurate, relativamente al caso Cagliostro (cfr. le lettere del Dolomieu, da Roma, 19 gennaio e 19 giugno 1789).
Nulla ci resta del suo museo di storia naturale (che fu acquistato dall'Università di Catania nel 1842) se non una descrizione nell'inventario dei beni del G. steso dopo la lettura del testamento avvenuta il 24 dic. 1822 (Arch. di Stato di Catania, Fondo Gioeni). L'inventario del museo ebbe inizio il 13 giugno 1823 e si concluse il 9 luglio dello stesso anno; periti furono i catanesi e soci fondatori dell'Accademia Gioenia G. Alessi, C. Gemmellaro e V. Gagliani.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Catania, Fondo Gioeni, bb. 3, 7; Catania, Archivio dell'Università, cartelle 47, 108, 392; G. Alessi, Elogio del cav. G. G. dei duchi d'Angiòrecitato nella gran sala della detta R. Università il dì 12 maggio 1824, Palermo 1824; E. de Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, II, Venezia 1835, pp. 300-304 (G.M. Bozoli); V. Percolla, Biografie degli uomini illustri catanesi del secolo XVIII, Catania 1842, p. 63; G. Bozzo, Le lodi dei più illustri siciliani trapassati nei primi 45 anni del secolo XIX, I-II, Palermo 1851-52, s.v.; C. Maravigna, Biografia di G. G., in Giornale letterario dell'Accademia Gioenia, I (1834), p. 257; L. Scuderi, Le biografie degli uomini illustri catanesi del secolo XVIII, Catania 1881, pp. 136-150; G. Manacorda, Una lettera inedita di A. von Humboldt a G. G., in Arch. stor. per la Sicilia orientale, IV (1907), p. 496; Onoranze a G. G. d'Angiò rese dall'Accademia il 19 luglio 1908, in Atti dell'Acc. Gioenia, s. 5, LXXXV (1908), 1, ad indicem; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 249; C. Naselli, Dai "Diari" di F. Münter (Il soggiorno in Catania), in Boll. stor. catanese, VI (1941), p. 92; C. Dollo, Filosofia e scienza in Sicilia, Padova 1979, ad indicem; H. Tuzet, Viaggiatori stranieri in Sicilia nel XVIII secolo, Palermo 1988, p. 369.