GRABINSKI (Grabiński), Giuseppe (Józef Joachim)
Nacque a Varsavia il 19 marzo 1771 da Stanisław e da Justyna Zandrowicz, nobili polacchi. Nel 1791 entrò nella carriera militare, come alfiere dell'8° reggimento fanteria dell'esercito lituano. Nel 1792 prese parte alla guerra russo-polacca, ottenendo la promozione a tenente nel 5° fanteria lituana e la decorazione dell'Ordine polacco Virtuti militari. Nel 1794 partecipò alla guerra per l'indipendenza della Polonia sotto T. Kościuszko, nel cui esercito comandò il I battaglione fucilieri lituani ed ebbe (24 luglio) la promozione a colonnello. Alla fine della disperata guerra dei Polacchi (novembre 1794) fu fatto prigioniero dai Russi. Rimase poi in Russia finché non gli fu consentito di emigrare (1796); si recò allora in Prussia e da qui in Francia.
Nel 1797 rispose all'appello che il tenente generale polacco J.H. Dιabrowski aveva rivolto da Milano (20 gennaio) ai connazionali, invitandoli ad arruolarsi nelle legioni polacche che si formavano in Italia per combattere "per la causa comune delle nazioni, per la libertà" sotto il generale in capo Napoleone Bonaparte. Il G., nominato capo battaglione il 20 maggio, ebbe il comando del III battaglione della 1ª legione polacca (nel novembre successivo le due legioni di Dιabrowski divennero legioni polacche ausiliarie della Repubblica Cisalpina). Col suo battaglione fece la campagna di Romagna e delle Marche, dal novembre 1797 all'aprile 1798; poi si portò a Roma, dove la sua legione entrò il 3 maggio. Dieci giorni dopo il comandante della 1ª legione, Zabłocki, a lui ostilissimo (si era opposto alla sua ammissione nel corpo), fu ucciso in duello da un amico del G.; questi, accusato di responsabilità morale nella morte del superiore, chiese e ottenne il congedo assoluto dalle legioni polacche per passare al servizio della Francia e il 26 maggio salpò da Civitavecchia per raggiungere l'Armata d'Oriente del generale Bonaparte. Promosso capo di brigata (colonnello) con anzianità 20 apr. 1798 e assegnato al 7° reggimento ussari, poi alla brigata Leclerc, il G. fu alla presa di Malta, a quella di Alessandria e alla battaglia delle Piramidi. Ottenuto, per ragioni di salute, di tornare in Francia, alla fine di agosto o ai primi del settembre 1798 salpò da Alessandria, ma fu catturato da una nave da guerra turca e portato a Costantinopoli, nel cui bagno rimase per sette mesi. Liberato per intervento degli ambasciatori di Spagna e di Prussia, rimase in Turchia fino all'ottobre 1799, quando poté partire per la Francia.
Nell'aprile 1800 il generale Dιabrowski lo collocò, come capo di brigata, nella nuova legione polacca che si stava organizzando a Marsiglia; incaricato del reclutamento, si recò a Digione e, nel luglio, a Milano. Nel novembre seguente partì da Milano per la zona di operazioni al comando della ricostituita 1ª legione (o mezza brigata) polacca dell'Armata d'Italia. Il 28 dicembre il G. - che faceva le funzioni di generale di brigata - si distinse conducendo la legione all'attacco degli avamposti austriaci davanti a Peschiera; in questa operazione fu ferito molto gravemente alla testa da un colpo di arma da fuoco. Nel febbraio 1801 fu mandato in Toscana con due battaglioni della legione, destinati a Firenze e a Livorno; nel maggio seguente rientrò nel territorio cisalpino.
Nel 1802 il G. tornò al servizio della Repubblica Cisalpina, divenuta Repubblica Italiana, come capo di brigata comandante la 1ª mezza brigata polacca, che nel 1803 condusse in Puglia, inquadrata nella divisione italiana del generale G. Lechi. Nel 1805, iniziata la guerra della terza coalizione, la divisione Lechi risalì la penisola per partecipare alla campagna dell'Armata d'Italia; il 25 novembre il G. e il suo corpo (che in quell'anno aveva assunto la denominazione di I reggimento fanteria polacca, mentre il comandante prendeva il titolo di colonnello) si distinsero nella battaglia di Castelfranco. Nel 1806, dopo che il 1° maggio egli, già insignito della Legion d'onore nel 1805, era stato incluso da Napoleone nella prima nomina di cavalieri dell'Ordine italiano della Corona di ferro (Giornale italiano, 12 maggio 1806, n. 132), ricondusse il suo reggimento nel Regno di Napoli e partecipò alla campagna di Calabria contro gli Anglo-Siciliani. L'anno successivo, approfittando dell'occasione che la guerra della quarta coalizione offriva a lui e a tutti i suoi connazionali che da anni combattevano per la Francia, tornò in Polonia, dove col grado di generale di brigata, cui era stato promosso da Napoleone il 25 marzo 1807, comandò la legione polacco-italiana, composta di tre reggimenti di fanteria e uno di cavalleria. Nel febbraio 1808 fu riorganizzata in Francia la legione della Vistola, destinata alla campagna di Spagna; il G. ne tenne il comando fino al giugno dello stesso anno, quando ottenne il congedo assoluto per ragioni di salute. Scelse allora di stabilirsi non in Polonia ma in Italia, sua seconda patria, dove possedeva terre in provincia di Bologna.
Durante la guerra della quinta coalizione (1809), le cui sorti furono incerte per più mesi, in vari dipartimenti del Regno Italico vi furono moti insurrezionali antinapoleonici. Gli insorti, respinti da Bologna il 7 luglio di quell'anno, andarono ad assediare Ferrara, al cui soccorso il Comune di Bologna inviò il G., al comando d'una colonna di guardia nazionale, gendarmeria e guardia di finanza italiane e di truppe regolari francesi. Il 16 luglio ruppe il blocco di Ferrara, sconfiggendo gli insorti comandati da tale Baschieri. Il 2 settembre gli insorti, per vendicarsi di chi li aveva battuti, ne attaccarono la proprietà a San Martino in Argine; il G., che vi si trovava con soli sei soldati, si difese strenuamente da decine di assalitori e riuscì a respingerli, ma rimase ferito gravemente al petto, e la proprietà subì notevoli danni per l'incendio appiccato dagli insorti. Questi, rimasti temibili anche dopo la fine della guerra, continuarono a perseguitarlo nei mesi seguenti, costringendo i coltivatori delle sue terre a lasciare il lavoro. Il G. chiese allora al principe Eugenio Napoleone, viceré d'Italia, un indennizzo per i danni subiti e un'adeguata guardia alle sue proprietà. Tuttavia il viceré decise (1° dic. 1809) di non concedergli tale guardia, dovendo tutte le proprietà essere difese indistintamente.
Il 27 marzo 1811 il G. sposò la nobile bolognese Maria Anna Brogli, figlia di Luigi e di Orsola Maria Donà, ultima dei Donà conti e baroni d'Armera (questi titoli, passati dai Donà ai Brogli nel 1785, sarebbero stati riconosciuti, oltre al titolo comitale sul proprio cognome, ai discendenti maschi primogeniti del G. con d.m. 6 apr. 1898, dopo che erano stati autorizzati ad assumerli e a trasmetterli per successione con regie lettere patenti 27 marzo 1898).
Dopo la caduta dell'Impero, il G. continuò a vivere da privato a Bologna. Nel febbraio 1831 il governo rivoluzionario provvisorio di Bologna, appena costituitosi, lo chiamò a far parte del comitato di difesa militare incaricato dell'organizzazione e del comando dell'esercito. Fu poi nominato comandante delle province di Romagna, con residenza a Forlì. In tale qualità compì ispezioni fino a Cattolica ed ebbe affidati i due giovani principi Bonaparte che avevano aderito alla rivoluzione italiana: Napoleone (poi morto per malattia a Forlì) e Luigi Napoleone (il futuro Napoleone III). Dopo la sconfitta dei rivoluzionari emiliani (marzo 1831) il G. riparò in Francia, dove cercò di ottenere dal governo la conferma del grado di generale di brigata e un passaporto, per poter tornare a Bologna. La pratica fu lunga e complessa, perché il suo ruolo nella rivoluzione bolognese era stato troppo importante; alla fine, tuttavia, riuscì a beneficiare dell'amnistia concessa da Gregorio XVI agli insorti.
Tornato a Bologna, vi morì nel 1835.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Ministero della Guerra, b. 1586; Cenno biografico del generale G., Bologna s.d. (con molte e gravi inesattezze); L. Chodźko, Histoire des légions polonaises en Italie, Paris 1829, II, pp. 259, 282 s., 294, 322, 542; A. Zanoli, Sulla milizia cisalpino-italiana, Milano 1845, I, pp. 37, 39 s., 148; II, pp. 27, 319, 322; Cospirazioni di Romagna e Bologna nelle memorie di Federico Comandini…, a cura di A. Comandini, Bologna 1899, pp. 26 s.; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, p. 532; Diz. del Risorgimento nazionale, III, p. 248; G. Six, Dictionnaire biographique des généraux et amiraux de la Révolution et de l'Empire, I, Paris 1934, p. 518; Polski słownik biograficzny, VIII, Wrocław 1959-60, pp. 466-469.