GREATTI, Giuseppe
Nacque a Pasian Schiavonesco (ora Basiliano), presso Udine, il 3 genn. 1758, da Felice e Giuseppina Romano. Di famiglia borghese (numerosi, dal XVII al XIX secolo, i notai), studiò presso i barnabiti, poi nel seminario di Udine; nel 1782 vestì l'abito sacerdotale. Immatricolatosi nel 1781 all'Università di Padova, nel 1785 vi conseguì il dottorato in utroque iure.
Immediato fu l'inserimento del G. nell'ambiente culturale padovano. Nel 1785 apparvero a Padova e Venezia i suoi primi prodotti letterari: Gli Elisi, per le nozze Foscarini Garzoni-Rasponi, e due sonetti nei Componimenti poetici per la monacazione di Maria Cappello.
In questi anni il G., che ebbe anche una breve esperienza come istitutore in Venezia, secondo il costume dell'epoca versò alla nobiltà lagunare e di terraferma il tributo di componimenti di occasione (censiti dal Michieli). Comparve con M. Cesarotti e altri intellettuali padovani, quasi tutti accademici Ricovrati (F. Pimbiolo, D. Francesconi, A. Dalmistro, S. Assemani, G. Polcastro), in sillogi per lo più di buona qualità letteraria, come i Componimenti per nozze Caimo-Stella (Udine 1786), le Poesie per nozze Lippomano-Querini (Venezia 1790), i Versi epitalamici per nozze Sangiantoffetti-Nani (Padova 1792) o, più tardi, il collettaneo Elogio dell'ab. Olivi (ibid. 1796). Le lettere a Lavinia Florio (dal 1781) e ad A. Bartolini (1786-87 e 1797, edite nelle Lettere inedite d'illustri friulani del sec. XVIII, Udine 1826) restituiscono un'eco vivace delle sue relazioni culturali e della centralità, in esse, del Cesarotti.
Nel 1786 il G. divenne direttore del nuovo collegio dei nobili presso il seminario vescovile e socio dell'Accademia patavina. Del suo contributo a questa (ne fu anche bibliotecario e archivista) è traccia nelle Notizie giornaliere del segretario G. Gennari e nel lusinghiero resoconto di Cesarotti del suo Esame critico della vita di Cicerone scritta da Plutarco, letto nel gennaio 1791 (Saggi scientifici e letterari dell'Accademia di Padova, III, 2, Padova 1794, pp. 233-254). Aperto alla cultura europea (fu tra i non molti estimatori veneti della letteratura inglese, in particolare di A. Pope), in due anni stampò traduzioni della tragedia per musica Ati di F. Quinault (Venezia 1793), de Il Cid di Corneille e dell'ode Per santa Cecilia da J. Dryden (entrambe Venezia 1794). Un ulteriore contributo fu l'Ultima epistola di Abelardo ad Elisa. Traduzione dall'inglese, apparve con falso nome di luogo (Ginevra) e senza data. Nel 1794 sei componimenti furono inseriti nell'Anno poetico stampato dalla tip. Pepoliana di Venezia e suoi contributi (per lo più di "poligrafia scientifica") comparvero nelle veneziane Memorie per servire alla storia letteraria e civile. Se Il passeggio di Vanzo (Padova 1796), dedicato a Elena Venier, moglie di Girolamo Giustiniani capitanio e vicepodestà uscente di Padova, per il quale scrisse un sonetto nell'Omaggio poetico a lui dedicato (Padova 1796), non si discosta dai precedenti prodotti d'occasione, il poemetto L'educazione (Padova 1796) fu un tributo, più che al tema, alla dedicataria Arpalice Savorgnan Cergneu di Brazzà Papafava, come lui friulana e animatrice in città d'un vivace salotto intellettuale di aperte simpatie massoniche e filofrancesi.
Il G. era dunque un intellettuale di una certa fama quando, nel 1794, fu nominato bibliotecario dell'Universitaria di Padova. Il 1797 segnò il suo ingresso nella politica. Denunciato, nel marzo, agli inquisitori di Stato dal capitanio di Padova insieme con un gruppo di "persone aderenti alle massime francesi" (inclusi i professori dello Studio M. Carburi, L. Arduino, S. Stratico), fu tra coloro che si opposero, come a "tirannia per opinioni", all'arresto del marchese S. Dondi dall'Orologio. Tra aprile e settembre comparvero negli Annali della libertà padovana (I-III, Padova 1797) importanti atti che portano il suo nome: tra i primi organizzatori della Municipalità, fu relatore del decreto sull'affrancazione dei fondi di manomorta e di altri (soppressione di enti religiosi, demanializzazione dei loro beni, abolizione dei diritti di giuspatronato). Nell'ottobre fu delegato al Congresso nazionale veneto, poi fu membro del governo centrale del Padovano. In campo culturale fu tra i fautori della Società patriottica di pubblica istruzione, che egli inaugurò il 9 pratile anno V (26 maggio 1797) con un Discorso (Padova 1797) gonfio di spirito "democratico".
Non è però certo che siano sue le Riflessioni sul rapporto stampato della conferenza avuta col generale Bonaparte dal cittadino Dandolo in Mestre, relativa agli affari e allepretese di Venezia (senza indicazioni di tipografia, 1797), come farebbe supporre una replica a lui indirizzata da F. Dupré (Riflessioni sulle circostanze passate, presenti e future del popoloveneziano, Venezia 1797). In tale ruolo, e rivestendo posizioni "giacobine" ben più radicali dell'umore tutt'al più liberalmente costituzionalistico del contesto veneto, si espose a dure critiche. Così dall'ambiente veneziano, che mal tollerava le misure contro il patriziato, venne il rimprovero di ricambiare con la requisizione dei beni L. Sangiantoffetti, che a suo tempo lo avrebbe "beneficato e tratto dalla miseria". Certo la focosità di temperamento gli procurò scontri personali e incidenti pubblici, come uno occorso in occasione della visita ufficiale a Udine, nell'estate, per sollecitare la presenza d'una delegazione friulana al congresso di Bassano.
Seguirono anni durissimi. Nel 1798 dal tradizionalista e antilluministico Studio gli giunse (come ad altri docenti pure politicamente "compromessi") un provvedimento di licenziamento, al quale non seguì, diversamente che in altri casi e nonostante i rapidi rivolgimenti politici, una reintegrazione. Non gli valse neppure piegare il genio poetico ai nuovi dominatori, inserendo il sonetto Il ritorno della felicità nei Monumenti poetici dell'antico Stato veneto divenuto austriaco (I, Venezia 1798). Nel 1800 si trasferì a Milano, dove nel settembre fu nominato (per qualità professionali e per virtù politiche) bibliotecario dell'allora ginnasio nazionale di Brera. Tuttavia, per poco chiare vicende politiche, fu arrestato e destituito, e nel 1803 si ritirò definitivamente nel nativo Friuli, col quale non aveva, peraltro, mai interrotto i contatti.
Nel novembre 1805 il generale A. Massena lo nominò commissario organizzatore del governo provvisorio di Udine. La nuova parentesi politica fu breve (il governo cessò nel febbraio successivo) ma appassionata. Dopo questo momento la sua voce si fece sentire solo nelle lettere, ma non perché ripiegasse su interessi meramente culturali.
Ribadì l'ininterrotta fede napoleonica in una fitta produzione in versi, in parte inedita ma per lo più pubblicata dai tipografi udinesi D. e G. Pecile o nel Giornale di Passariano. La pace di Presburgo (26 dic. 1805) motivò il sonetto La pace, dedicato al viceré d'Italia Eugenio de Beauharnais, come la cantata Il genio militare (Udine 1808); altri furono composti per la visita a Udine di Napoleone (1807) e per il suo compleanno, mentre la nascita del re di Roma ispirò il poemetto L'oracolo di Pronea (ibid. 1811), che già il titolo poneva in relazione col Pronea cesarottiano.
Né venne meno il senso profondamente civile della sua attività culturale. La Allocuzione fatta all'Accademia aquilejese-agraria riunita nella seduta dei 23 marzo 1811 (ibid. 1811) trattò del ruolo pubblico dell'intellettuale, compreso dell'alta responsabilità di guida ai destini segnati dalla politica. Come segretario della rinata Accademia egli richiamò i soci a contribuire fattivamente a superare l'"anarchia di spirito" nella quale credeva di riconoscere anche "la causa originaria e vera del disordine economico" del Dipartimento di Passariano. Egli stesso fornì subito un concreto esempio con le Osservazioni sulla coltura e tintura del guado… nel presentare al sig. prefetto del Dipartimento del Passariano l'elenco dei coltivatori di tale pianta (Milano 1811). Gli ultimi anni udinesi segnano anche la fase più felice dell'attività letteraria. All'amica d'un tempo, la Florio, il G. indirizzò l'Epistola a Temira (Udine 1805), consolatoria per la morte del marito, che forse ispirò a Foscolo la figura di Isabella Teotochi in un frammento di romanzo autobiografico. Il poeta e il G. si conoscevano da tempo. Una lettera del secondo, del 1796 (Foscolo, Epistolario, I, pp. 20-24), svela uno scambio intenso su temi letterari di attualità (i poeti "primitivi", Ossian, la poesia inglese), che insieme con l'amor di patria dovettero sostanziare il loro dialogo. Nel 1808 il G., mediatore delle fortune letterarie dell'amico in terra veneta, aveva pubblicato presso N. Bettoni, col quale intrattenne un discreto commercio epistolare (cfr. Copie di lettere scritte al tipografo Nicolò Bettoni, s.l. né d.), una Lettera a s.e. Eva Baraguey-D'Hiliers [moglie del governatore militare del Friuli] sul carme dei Sepolcri del signor Ugo Foscolo e sulle due versioni del primo canto dell'Iliade, l'una del signor Foscolo medesimo, l'altra del sig. cavaliere Vincenzo Monti (Brescia 1808) che, stando a una lettera di Foscolo dell'anno precedente (Epistolario, II, p. 266), si era forse pensato di anteporre alla stampa bettoniana dei Sepolcri. Anche se la perdurante ammirazione per Cesarotti non consentì al G. di apprezzare in pieno Foscolo e Monti come traduttori, il gusto per lo "stile figurato, energico, pittoresco" del primo e per la novità della sua poesia dà l'esatta misura della condivisione degli ideali letterari del suo tempo.
Nel 1811 divenne rettore del collegio A.L. Moro di San Vito al Tagliamento, con cui doveva aver collaborato già nel 1796, quando aveva formulato in forma di lettera un Saggio di un programma di studi (poi edito da P.G. Zuccheri, Portogruaro 1879) articolato su otto anni, ispirato al pestalozziano "metodo naturale". Il 9 ottobre comunicò l'assunta direzione con un foglio rivolto Ai genitori del Dipartimento del Tagliamento e dei dipartimenti limitrofi che hanno figli da educare, dove il piano educativo era dichiaratamente finalizzato a "formare buoni uomini, buoni sudditi e cittadini utili". Tuttavia non gli fu concesso di completare il primo anno dei corsi: si spense in San Vito il 27 febbr. 1812.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Udine, ArchivioCaimo, b. 78 (carteggio con Lavinia Florio: 29 lettere al G., 1786-1808, e 141 del G., 1785-1811); Udine, Biblioteca civica, Mss., f.p. 479 (lett. a F. Duodo, 1797); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Epistolario Moschini, sub voce (lett. a M. Cesarotti, 1792, e P. Meneghelli, 1811); Padova, Bibl. del seminario vescovile, Mss., 620/19, p. 69 (lett. a G. Gennari, Udine 1794); Rovigo, Biblioteca dell'Acc. dei Concordi, Mss. Conc., 379/31 (4 lett., a C. Sibiliato, D. Francesconi e a ignoto, Udine 1787 e Padova 1797); 338/43 (una lettera ad A. Dalmistro, Padova 1794); Modena, Biblioteca Estense, Autografi Campori, filza Greatti (2 lett. a ignoti, Padova 1789 e 1793); Milano, Biblioteca Braidense, Mss., AG.XV.6/III (2 lettere, Padova 1790 e 1796); Archivio, Personale, C 101 (al prefetto di polizia del Dip. d'Olona, Milano 1801); Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, 206, 226-227 (2 lettere, Padova 1791 e 1793); U. Foscolo, Epistolario, a cura di P. Carli, I, Firenze 1949, pp. 20-24 n. 11, pp. 29-32 n. 16. Sugli studi universitari: Univ. di Padova, Arch. antico, b. 48, cc. 269v-270r; b. 169, c. 171r. Sull'attività di bibliotecario: Arch. di Stato di Venezia, Riformatori, b. 514, cc. 129-137, e filza 166; Padova, Biblioteca universitaria, Archivio, b. 4; Milano, Biblioteca Braidense, Libri, bb. 6-7; Arch. di Stato di Milano, Studi, p.a., cart. 27-8. Per l'attività politica: Arch. di Stato di Venezia, Democrazia, b. 179; Governo centrale del Padovano, bb. 1, 3, 14-15; Inquisitori di Stato, b. 315; Padova, Arch. della Curia vescovile, Miscellanea, 1797-1816, n. 22; Arch. di Stato di Udine, Arch. comunale antico, b. 315, n. 50, e Arch. comunale napoleonico, b. 235; Arch. di Stato di Milano, Uffici e tribunali regi, parte speciale, b. 26. M. Cesarotti, Relazioni accademiche, I, Pisa 1803, pp. 59-65; G. 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