GRIPPA, Giuseppe
Nacque a Napoli nel 1744, da Francesco e Antonia Bonanni.
Mancano notizie precise sulla sua prima formazione e la gioventù. Annoverato tra gli allievi di A. Genovesi della generazione di G.M. Galanti, può essere considerato un rappresentante della nuova borghesia intellettuale meridionale che, proprio grazie alla lezione del Genovesi, aveva imparato a discutere liberamente dei problemi economici e politici del Regno di Napoli. Dal 1774 tenne la cattedra di fisica e astronomia nella scuola regia di Salerno, dove ebbe per collega Gennaro Fiore, futuro repubblicano, e conquistò la stima del giovane Matteo Galdi, allievo di entrambi. Fu inoltre membro, fin dalla fondazione (1780), della Reale Accademia di scienze e belle lettere di Napoli. Le relazioni col Fiore e col Galdi fanno comprendere le svolte nella tormentata vicenda intellettuale e politica del G., il cui nome, legato alle vicende culturali e politiche di Salerno, divenne però principalmente noto in rapporto a quello di Gaetano Filangieri. Il G. ingaggiò infatti col filosofo napoletano una lunga e aspra polemica sulla funzione e il destino del baronaggio nel Regno meridionale.
Negli anni Ottanta detrattori e sostenitori della Scienza della legislazione si misurarono con la provocazione dello sconosciuto professore di Salerno.
Nel 1782, due anni dopo l'uscita dei primi due volumi della Scienza della legislazione, il G. pubblicò a Napoli una Lettera al sig. cavaliere d. Gaetano Filangieri sull'esame di alcuni suoi progetti politici in cui, sulla scorta di Montesquieu, sostenne la necessità che in una costituzione monarchica, contro i pericoli del dispotismo, un ordine nobiliare esercitasse la funzione di corpo intermedio. Quest'ordine poteva sopravvivere, secondo il G., solo grazie agli istituti giuridici del maggiorascato e del fedecommesso, indicati invece dal Filangieri come i responsabili dell'iniqua distribuzione della proprietà fondiaria e, in ultima analisi, della perpetuazione di un sistema ingiusto. A difesa del Filangieri intervenne M. Torcia, che nell'Appendice (apparsa anonima con l'indicazione Neustad d'Italia [Napoli], 1783) al suo Sbozzo del commercio di Amsterdam (anch'esso apparso anonimo a Neustad d'Italia [Napoli], nel 1782) stigmatizzò duramente l'incongruità delle posizioni del G., la cui difesa dei baroni meridionali si sarebbe posta contro la monarchia e la patria in nome di una astratta fedeltà alla teoria costituzionale del Montesquieu. Il borghese G. - per il gusto della sfida col principe-filosofo ma anche, come notato da N. Cortese, in nome di un sincero spirito costituzionalista - si trovò così a vestire i panni del difensore della classe nobiliare, guadagnandosi perfino l'appoggio del principe di Strongoli, F. Pignatelli. Questi pubblicò una Lettera apologetica (Napoli 1784) volta a difendere il G. dall'attacco del Torcia e insieme a riproporre - con argomenti tradizionali, estranei alle speculazioni teoriche, a tratti scolastiche (come rileva P. Villani) del G. - una difesa del sistema feudale e del baronaggio.
Nel frattempo, tra l'estate e l'autunno del 1783, videro la luce i volumi terzo e quarto della Scienza della legislazione. Nel terzo, dedicato alle leggi criminali, Filangieri rispose al G., pur non nominandolo, negando che il baronaggio fosse un baluardo contro il dispotismo e auspicando l'abolizione della giurisdizione feudale unita a una trasformazione dei feudi in allodi; abbandonò infine l'idea - peraltro già criticata dal G. - d'una eversione della feudalità in tempi lunghi, da ottenersi attraverso l'alienazione, senza attributi feudali, dei feudi devoluti. La risposta non si fece attendere: nel 1784 uscì il primo dei due volumi de La scienza della legislazione sindacata (Napoli 1784-86).
Il G. contestò la validità della soluzione filangieriana del problema della giurisdizione: sottrarre ai nobili la giurisdizione a favore d'un corpo di magistrati designati dal sovrano equivaleva a sostenere sotto altra forma il dispotismo, a meno che i magistrati non fossero eletti dal popolo. In tal caso, però, doveva mutare l'assetto costituzionale verso una forma assai simile a una repubblica. Pur muovendosi nell'ambito ristretto della discussione della pagina filangieriana, egli non esitò a prospettare, per il momento in astratto, soluzioni non conservatrici, pronunciandosi nettamente, per esempio, contro la legittimità della pena di morte, in accordo con le tesi di C. Beccaria. Nel 1784-85 le posizioni del G. beneficiarono senza dubbio dell'attenzione riservata in tutta Europa all'opera di Filangieri: già note in Germania e segnalate dalle Göttingische Anzeigen von gelehrten Sachen all'inizio del 1784 (Becchi), riprese con attenzione a Napoli dalla Scelta miscellanea alla fine dello stesso anno, di nuovo criticate dal siciliano G. Costanzo in una Dissertazione politica in risposta alla lettera di d. G. G. indirizzata al cav. Filangieri (Catania 1785), acquistarono una connotazione meno direttamente filobaronale, finendo per allarmare lo stesso Pignatelli, che non esitò ad accomunare nell'esecrazione il G. al Filangieri nelle Brevi riflessioni del principe di Strongoli sopra l'opere del cavaliere Gaetano Filangieri e del cattedratico Giuseppe Grippa quali trattano della distribuzione delle giudiziarie funzioni nel nostro Regno che dicon essi viziosa: diretta agli autori della scelta miscellanea (Napoli 1785). Inammissibile era, per il Pignatelli, qualsiasi diminuzione delle prerogative feudali in fatto di amministrazione della giustizia; avventata la sola prefigurazione operata dal G., foss'anche a scopo di esemplificazione teorica, di una magistratura eletta dal popolo.
Dopo la morte del Filangieri il G. ricevette l'ultimo e più duro attacco personale da D. Tommasi, nell'Elogio storico del cavaliere Gaetano Filangieri (Napoli 1788): oltre a ricordare come egli si fosse impropriamente eretto "in difensore del baronaggio", Tommasi non mancò di esaltare il contegno del Filangieri, "il quale poco curando e la Lettera […] ed il fiero sindacato [in corsivo nel testo] dell'opera sua", si era imposto "un nobile, e degno silenzio". La replica del G. comparve a Napoli nel 1795, in un clima politico mutato, col titolo Apologia all'antifilangeriana. Con alcuni opuscoli risguardanti l'agricoltura, e la pubblica economia.
Non potendo evidentemente sopportare la diminuzione operata dal Tommasi della sua statura di critico, il G. rivelò che il Filangieri aveva patito più di un'inquietudine per il suo affondo polemico: "avendo io pubblicata la Lettera nel mese di Novembre dell'anno 1782, si sparse la voce (ed era vero) che da me si sarebbe intrapresa una critica più estesa dell'opera del Filangieri. Giunta questa voce all'orecchio del Cavaliere, affine di distogliermi dall'impegno si determinò nel mese di Febbrajo dell'anno 1783 […] a mandarmi da Napoli a Salerno, unitamente ad un suo Fratello monaco cassinese, il Degnissimo Padre D. Carlo Mazzacane dell'istesso ordine […] Egli usò tutta la forza dell'Eloquenza, per distormi dalla determinazione presa. Ma io stiedi fermo nella mia risoluzione, persuaso appieno che le critiche modeste onorano, e non offendono gli Autori delle opere criticate" (Apologia, pp. 44 s.).
Ma la figura del G. non è riducibile alla polemica col Filangieri. Nel 1789 fu tra i promotori del Magazzino enciclopedico salernitano, primo periodico provinciale del Regno, di ispirazione genovesiana per l'indirizzo politico-culturale e nella composizione della redazione (Capone, p. 257). Il giornale rispecchiava "gli interessi della borghesia provinciale non interessata a mettere in discussione tutto il sistema" (ibid., p. 263) e il G., che rappresentava il tramite con la cultura della capitale, procurò "preziosi articoli, firmati con nomi tra i più noti della cultura napoletana: Domenico di Gennaro duca di Cantalupo, Intendente generale dei Reali fondi allodiali, e Vincenzo Pecorari, Amministratore generale della Regia Dogana di Napoli" (ibid., p. 259). Nei sei mesi di attività pubblicistica il G. ebbe modo di studiare il pensiero economico di G. Palmieri, avvicinandosi al pragmatismo borghese dello scrittore pugliese, come testimoniano gli Opuscoli risguardanti la pubblica economia, pubblicati con l'Apologia del 1795.
È probabile che la chiusura, nei primi anni Novanta, di ogni spiraglio riformista nel Regno e il coinvolgimento dello stesso Matteo Galdi nei processi del 1794 contro i giacobini contribuissero a modificare la posizione politica del G. (e del Fiore), portando a una adesione senza riserve alla Repubblica. Il G. vi ricoprì cariche di rilievo come quella di amministratore dipartimentale del Sele; inoltre, nelle vicende che nella primavera del 1799 culminarono con la presa di Salerno da parte dei Francesi, si distinse per la spietata durezza con cui, insieme con il marchese F. Ruggi, volle condurre la rappresaglia contro i ribelli. Al ritorno dei Borboni quest'ultima circostanza, insieme al coinvolgimento diretto nell'amministrazione, costò al G. prima l'internamento nel carcere napoletano dei Granili e poi, con sentenza della Giunta di Stato (29 dic. 1799), la deportazione a Marsiglia e l'esilio in Francia. Poiché nei confronti suoi, come anche del Fiore, dovevano essere stati espressi voti di morte, il G. non poté beneficiare, come altri giacobini salernitani, dell'indulto incluso nelle clausole dell'armistizio di Foligno del 1801 (Cosimato, p. 27). Passato a Torino al seguito dei Francesi, entrò in contatto con lo scienziato e politico L. Lefèvre-Gineau, membro della commissione internazionale per il sistema metrico decimale; grazie a lui il G. ottenne una cattedra nella nuova scuola di matematica istituita a Casale Monferrato dal governo francese (la sua prolusione all'anno scolastico 1804-05 fu edita: Della utilità, dell'origine, e del progresso della matematica. Discorso tenuto a' giovani monferrini…, Casale 1804). Durante l'esilio scrisse inoltre un Saggio istorico-politico de' calendari a noi più noti (Milano 1806). Tornato in patria nel 1806 il G. non volle riprendere la propria cattedra, offertagli dalla nuova amministrazione; contava invece di far valere presso il ministro A.F. Miot le benemerenze scientifiche, culturali (specialmente per le operette economiche composte all'epoca del Magazzino) e politiche di esule per ottenere la carica di intendente o, secondo mire evidentemente irrealistiche, di direttore della pubblica istruzione (Cosimato, pp. 25 s.). Dopo la restaurazione borbonica si apprestò a un'ulteriore revisione ideologica con l'ultimo scritto pervenutoci: Dell'origine, della natura e del merito del sistema metrico-decimale francese con alcuni pochi pensieri sulla politica, sulla storia, e sulla statistica (Napoli 1816), dove ravvisò nel sistema metrico decimale una sciagura per i popoli, attribuendosi il merito di essersi opposto alla sua applicazione durante il decennio francese.
Dopo questa data non si hanno più notizie del Grippa.
Fonti e Bibl.: La condanna all'esilio del G. (in Arch. di Stato di Napoli, Sentenze della giunta di Stato, reg. 1966, Napoli, 29 dic. 1799) è riportata in Gli avvenimenti del 1799 nelle Due Sicilie. Nuovi documenti, a cura di A. Sansone, Palermo 1901, p. 293; Filiazioni de' rei di stato condannati dalla Suprema Giunta di Stato, e da' visitatori generali, in vita, e a tempo d'essere asportati da' Reali Dominj, Napoli 1800, p. 45; M. Galdi, Pensieri sull'istruzione pubblica relativamente al Regno delle Due Sicilie, Napoli 1809, p. 61; A. Salfi, Elogio di Gaetano Filangieri, Napoli 1866, pp. 46 s.; T. Fornari, Delle teorie economiche nelle provincie napolitane, II, Milano 1882, p. 363; N. Cortese, Stato e ideali politici nell'Italia meridionale nel Settecento e l'esperienza di una rivoluzione, in Id., Memorie di un generale della Repubblica e dell'Impero. Francesco Pignatelli principe di Strongoli, I, Bari 1927, passim; C. Carucci, La provincia di Salerno durante la Repubblica partenopea. Relazione di Costantino Filippi al direttore della segreteria di Stato e Giustizia e Grazia d. Emanuele Parisi il 4 luglio 1800, in Arch. stor. per la provincia di Salerno, n.s., III (1935), 2, p. 157; A. Sinno, Salerno durante la Repubblica partenopea, in Rass. stor. salernitana, X (1949), 1-4, passim; F. Venturi, Gaetano Filangieri. Nota introduttiva, in Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1962, pp. 627 s.; A. Capone, Il "Magazzino enciclopedico salernitano", in Rass. stor. del Risorgimento, L (1963), 2, pp. 251-270; D. Cosimato, Le scuole regie ex gesuitiche, in Il Picentino, n.s., XI (1967), marzo, pp. 22-27; P. Villani, Un oppositore di Gaetano Filangieri. G. G. professore nelle scuole di Salerno, in Rass. stor. salernitana, XVII (1966), 1-4, pp. 33-38; Id., Il dibattito sulla feudalità nel regno di Napoli dal Genovesi al Canosa, in Saggi e ricerche sul Settecento, Napoli 1967, pp. 269-291; Id., Feudalità, riforme, capitalismo agrario. Panorama di storia sociale italiana tra Sette e Ottocento, Bari 1968, pp. 66-78; P. Becchi, La ricezione di Filangieri in Germania, in Gaetano Filangieri e l'Illuminismo europeo, Napoli 1991, p. 229.