GRONCHI, Giuseppe
Nacque a Firenze il 14 luglio 1882 da Alessandro e da Elena Maddalena Prati. Nel 1904 si iscrisse all'Accademia di belle arti di Firenze; dopo un'interruzione di alcuni anni, riprese gli studi nel 1909. Diplomatosi scultore nel 1911, il 24 genn. 1917 fu nominato accademico onorario. Forse la sua formazione si completò grazie a "un'intensa trasferta austriaca, durante la quale assimilò gli stilemi della Secessione viennese" (Salvagnini, Sculture…, 1999, p. 12).
A partire dal 1901, il G. partecipò alle iniziative espositive della Società di belle arti di Firenze: in quello stesso anno si presentò con un busto in gesso dal titolo Cicerone fanciullo (catal., p. 29); mentre nel 1903 è la volta di un Bozzetto, ugualmente in gesso, dal soggetto non meglio specificato (catal., p. 33). Nel 1910 partecipò alla quarta fase del concorso per l'esecuzione del monumento a Ugo Foscolo in S. Croce, presentando - in collaborazione con l'architetto Armando Titta - un bozzetto che, rispettoso delle regole del bando, ricalcava la tipologia dei sepolcri quattrocenteschi e che venne particolarmente lodato su alcuni quotidiani dell'epoca come "creazione forte e delicata" e per l'interpretazione vera e umana, priva di allegorie e di retorica, che della morte del grande poeta offriva (Alessandri, con ripr.). Ancora nel 1910, il G. partecipò con successo, al concorso Baruzzi di Bologna con un'opera dal titolo Il piacere; mentre nel 1911 eseguì il bassorilievo sovrastante la porta d'ingresso dell'Esposizione retrospettiva italiana e regionale di Firenze con le raffigurazioni della Pittura e della Scultura (catal.); alla manifestazione l'artista fu presente anche in qualità di espositore con due gessi, l'uno dal titolo Un dubbio, l'altro raffigurante un Torso (catal., pp. 65, 92). Tra il 1911 e il 1912, partecipò, a Firenze, alla VII Esposizione degli artisti italiani, presentandosi nella sezione dei "non soci" con due bronzi: Porta biglietti e Figura di donna (catal., p. 173).
Quest'ultima - un'invenzione suggestiva, in cui si sommano influenze di V. Gemito e A. Rodin - sarà presentata dall'artista anche all'edizione successiva della manifestazione, svoltasi nel 1913 (catal., p. 176, ripr. a p. n.n.).
Ancora nel 1913 partecipò alla II Esposizione di belle arti di Napoli con un frammento scultoreo dal titolo Ninfa Io (D'Andrea, p. 7); mentre, tra la fine del 1914 e l'inizio del 1915, in occasione della I Esposizione invernale toscana della Società di belle arti, a Firenze, il G. partecipò con quattro gessi: Figura, Bambini, Salomè e Leda (catal., pp. 25 s., 44, 55); fu presente anche alla successiva edizione della mostra, svoltasi tra il 1915 e il 1916, con La mamma, scultura in materiale non specificato, con il gesso Tramonto di primavera e con il bronzo David (catal., pp. 11, 35, 59).
Il G. figura tra gli esecutori delle parti decorative del teatro Savoia, realizzato a Firenze su progetto di M. Piacentini e G. Venturi e inaugurato nel dicembre del 1922: in particolare i fregi decorativi in stucco sulle colonne binate, i parapetti forati della seconda loggia, i riquadri di maschere decorative apparvero "modellati con tale gusto come da anni era raro vedere nei locali pubblici d'Italia" (Angelini, p. 268, con ripr.); inoltre, secondo Tinti, un "gusto singolare e modernissimo" (p. 216, con ripr.) caratterizzava il cassettonato di un breve corridoio nel foyer del primo ordine, decorato con formelle a rilievo, pure in stucco, raffiguranti Segni dello Zodiaco, eseguiti dallo stesso G. all'insegna di un'interpretazione assai elegante dell'arcaismo di A. Bourdelle, perfettamente in sintonia con le tre sculture in legno dorato e dipinto di A. Maraini, che coronavano il boccascena del teatro.
Nel corso degli anni Venti, l'artista fu tra i più prolifici interpreti di quella "monumentomania", che interessò l'Italia, e in particolare la Toscana, eseguendo tra il 1924 e il 1927, ben dieci opere, fra targhe e monumenti, dedicate ai caduti della Grande Guerra. Alcune di esse - spesso incentrate sul tema del milite coraggioso, difensore della patria e della famiglia - sono andate distrutte nel corso del secondo conflitto mondiale, come, per esempio, il Monumento ai caduti di Pietramala (Salvagnini, La scultura…, 1999, p. 100), ma anche in anni più recenti, dal Monumento ai caduti di Serravalle Pistoiese, alla Targa ai caduti di Galliano, al Monumento ai caduti di Barberino di Mugello, e sono note soltanto attraverso foto d'epoca (ibid., illustrazioni rispettivamente alle pp. 114, 85, 67). Il confronto di queste vecchie immagini, spesso di difficile lettura, e le opere che ancora sussistono (la targa ai caduti agricoltori di Sesto Fiorentino, Calenzano e Brozzi, e quelle ai caduti della Rari Nantes e della Selt Valdarno e dei quartieri di S. Frediano e di S. Spirito, a Firenze) testimoniano l'eclettismo del G., il quale, pur rivelando una costante inclinazione per le eleganti cifre déco, appare pronto ad accostarle, di volta in volta, a suggestioni iconografiche legate ancora al simbolismo, o a echi della vigorosa plastica arcaizzante di A. Bourdelle, o all'interpretazione che dell'antico offriva A. Zanelli nell'altare della Patria a Roma, o, infine, al modellato terso e disteso, e persino a certe invenzioni iconografiche, di A. Maraini, conosciuto dal G. sul cantiere del teatro Savoia. Negli anni Venti si concentra anche buona parte della produzione cimiteriale del G., destinata ai principali cimiteri fiorentini: tra gli esiti più notevoli si segnalano, entrambi a Trespiano, il Cippo Igilio Righini modellato in pietra nel 1919 (Salvagnini, 1996, p. 58, ripr. a p. 18) e il bronzeo Busto di Garibalda Niccoli, risalente al 1923, collocato su un'alta base in pietra caratterizzata, così come il Cippo, da raffinate stilizzazioni decorative di matrice secessionista (ibid., p. 37 con ripr.).
Nel 1931 venne inaugurata la stazione di Milano, edificio che - progettato all'insegna della contaminazione di stilemi secessionisti, formule déco e soluzioni classicheggianti ispirate a Novecento - si rivela un contesto operativo particolarmente congeniale al G., che vi eseguì alcune sculture poste su alti pinnacoli: per le facciate prospicienti via Aporti (La lupa capitolina, emblema di Roma, Il grifone, emblema di Genova, Il leone marciano emblema di Venezia) e via Sammartini (Il toro, emblema di Torino) tutte ancora in loco. Tra il 1930 e il 1932 il G. eseguì una fontana "pubblicitaria" in cemento per la ditta Campari, ancora oggi visibile in località Poggiolino delle Piastre, in provincia di Pistoia: stilisticamente essa si richiama alla Secessione nelle due grandi teste che sormontano la specchiatura in cemento; ma i putti musicanti sopra la vasca, ripropongono, nello stile e nell'invenzione, quelli dei rilievi decorativi eseguiti dall'artista, circa dieci anni avanti, per il teatro Savoia. Nel 1933 il G. è presente alla I Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti con un Torso marmoreo (catal., p. 63). Tra il 1934 e il 1935, lavorò alla decorazione della Biblioteca nazionale di Firenze, forse grazie all'interessamento del più noto scultore B. Morescalchi, probabilmente conosciuto all'epoca dei lavori al teatro Savoia: in particolare, il 12 luglio del 1934, il G. firmò il contratto per l'esecuzione e la messa in opera, entro il termine di ottanta giorni, di due telamoni, ancora oggi visibili al di sotto delle grandi mensole d'appoggio dei rampanti dello scalone d'onore. In realtà, l'incarico si rivelerà più laborioso del previsto, e le due sculture verranno collocate soltanto il 31 genn. 1935. Per l'aula magna della Scuola di applicazione per la Regia Aeronautica - edificata nel parco delle Cascine, a Firenze, su progetto dell'architetto R. Fagnoni e inaugurata nel 1938 - l'artista eseguì il Busto del re imperatore, disperso.
Il G. morì a Firenze il 20 ag. 1944.
Fonti e Bibl.: S. Alessandri, Il concorso per il Monumento a Ugo Foscolo in S. Croce. L'esposizione dei bozzetti nel salone dei Cinquecento, in La Nazione, 19 ott. 1910; R. D'Andrea, La II Esposizione nazionale di belle arti in Napoli, Napoli 1913, pp. 6 s.; L. Angelini, Cronache fiorentine. Il nuovo teatro Savoia a Firenze, in Emporium, LVII (1923), pp. 268-272; M. Tinti, Notizie varie. Il cinema teatro Savoia a Firenze, in Architettura e arti decorative, II (1923), p. 216; F. Gurrieri, La SGA un monumento del razionalismo italiano, in R. Fagnoni. Architettura della Scuola di applicazione aeronautica di Firenze, Milano 1988, p. 32; M. Pratesi - G. Uzzani, L'arte italiana del Novecento. La Toscana, a cura di E. Crispolti, Venezia 1991, p. 193; Museo d'arte italiana di Lima, a cura di Mario Quesada, Venezia 1994, p. 143; G. Salvagnini, Un secolo di scultura fiorentina sul colle di Trespiano, in Libero. Ricerche sulla scultura del primo Novecento, 1996, n. 8, pp. 37, 44, 58, 77 (con ulteriore bibl.); Il Dizionario Faini. Repertorio biogr. di pittori, scultori, grafici, architetti e restauratori toscani del primo Novecento, a cura di A.P. Torresi, Ferrara 1997, pp. 81 s., 188; C. Cinelli, Note d'archivio sulle fasi costruttive e decorative della Biblioteca nazionale di Firenze, in Libero. Ricerche sulla scultura del primo Novecento, 1999, n. 14, pp. 15-24; G. Salvagnini, Sculture per la Biblioteca nazionale di Firenze, ibid., pp. 2-14; Id., La scultura nei monumenti ai caduti della prima guerra mondiale in Toscana, Firenze 1999, pp. 15, 42, 54, 67, 82, 84 s., 100, 114 s., 122 (con ulteriore bibl.); Milano déco. La fisionomia della città negli anni Venti. Guida, a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1999, p. 22; A. Caputo, Decoro e progettazione nelle forme dell'utile, in Motivi e figure nell'arte toscana del XX secolo, a cura di C. Sisi, Ospedaletto 2000, p. 159; A.P. Torresi, Scultori d'Accademia. Diz. biogr. di maestri, allievi e soci dell'Accademia di belle arti a Firenze(1750-1915), Ferrara 2000, pp. 78 s.