GUARINO, Giuseppe
Secondogenito di cinque fratelli, nacque a Montedoro, presso Caltanissetta, il 6 marzo 1827 da Michele, notaio, e da Angela Papia. Cresciuto in una famiglia di stretta osservanza cattolica, nel 1839 entrò nel seminario di Agrigento. Il 22 sett. 1849 fu ordinato sacerdote e l'anno successivo completò gli studi teologici nel collegio dei Ss. Agostino e Tommaso d'Aquino, annesso al seminario, dove insegnò teologia. Nel 1855 fu chiamato a Palermo come segretario di mons. D. Planeta, giudice del tribunale della Regia Monarchia e Apostolica Legazia, ed esercitò il sacerdozio nella chiesa di S. Domenico.
Caro all'arcivescovo G.B. Naselli, morto nel 1871, fu nominato dal successore di questo, M. Celesia, primo consigliere negli affari di curia. Il G. collaborò inoltre con il p. G. Cusumano, promotore a Palermo dell'Opera del boccone del povero, divenendone uno dei primi sostenitori.
In ragione dello zelo esibito dal G., Pio IX decise di affidargli la cura pastorale di una diocesi siciliana. Preconizzato arcivescovo di Siracusa nel concistoro segreto del 23 febbr. 1872, il 17 marzo successivo ricevette la consacrazione da mons. Celesia.
La recente legge delle guarentigie obbligava il G. a chiedere l'exequatur del governo italiano. Egli non dette comunicazione formale della nomina alle autorità con l'esibizione della copia autentica del decreto papale di nomina, ma il 20 marzo 1872 ne informò il ministro di Grazia e Giustizia, esprimendo l'auspicio "che il Governo darà gli opportuni provvedimenti a rimuovere qualunque ostacolo, che possa impedire il pieno esercizio del mio pastorale ufficio". Il procuratore generale reggente presso la corte d'appello di Palermo, V. Calenda di Tavani, fu di parere diverso e il 30 marzo scrisse al guardasigilli asserendo che il G., quantunque "versato nelle discipline canoniche e nella filosofia morale", non meritava l'exequatur in quanto "come prete mal vede l'ordine di cose stabilito in Italia dal '60 in qua, e sebbene riserbato non nasconde il desiderio che ha di vederlo distrutto".
Pur privo dell'exequatur, il G. prese possesso della diocesi il 17 aprile, accolto calorosamente dal facente funzione di sindaco M. Interlandi Landolina, nonostante il voto contrario della giunta comunale.
Nei tre anni del suo episcopato il G. operò con energia per rinsaldare la disciplina del clero diocesano, rimasto senza guida per alcuni anni dopo la morte nel 1868 di mons. A. Rubino. Con la stessa energia promosse una serie di attività pastorali che riavvicinarono la popolazione alla vita religiosa, sconvolta da un decennio di rivolgimenti politici. Inoltre il G. si adoperò per riorganizzare le congregazioni religiose presenti nella diocesi e per costituirne di nuove, per istituire e potenziare le opere caritative, soprattutto per rilanciare l'istruzione catechistica dei fanciulli, da tempo trascurata dai parroci della diocesi. Tutte queste attività, se gli procurarono stima e autorevolezza crescenti nella diocesi, non favorirono tuttavia i suoi rapporti con il governo, che nel maggio 1875 gli ingiunse formalmente di lasciare il palazzo episcopale. Il G. fu quindi costretto a risiedere in una casa nei pressi del seminario.
Il 5 luglio 1875 Pio IX lo nominò arcivescovo di Messina, ma soltanto quattro anni dopo, con r.d. 27 luglio 1879, il G. ottenne dal governo italiano l'exequatur e poté prendere possesso della mensa arcivescovile.
Anche a Messina il G. trovò una situazione ambientale difficile, con un clero non in grado di opporsi al processo di secolarizzazione che stava attraversando la società siciliana e, in alcuni suoi elementi, inadatto ai compiti pastorali che era chiamato ad assolvere. Con la stessa energia adoperata nella sua prima sede episcopale il G. riuscì a imprimere la disciplina al clero diocesano. Inoltre, diede nuovo impulso e aggiornò secondo le esigenze dei tempi le associazioni del laicato. Si prese cura del seminario, provvedendo al restauro dei locali e alla nomina di insegnanti più qualificati. Il G. fu anche in prima fila nel soccorso delle vittime del colera che nel 1887 colpì la Sicilia e particolarmente la diocesi di Messina, ottenendo dal governo la medaglia d'argento al valor civile.
Il 16 genn. 1893 Leone XIII gli conferì il berretto cardinalizio, assegnandogli tre giorni dopo il titolo di S. Tommaso in Parione. Negli ultimi anni della sua vita il G. dovette assistere a una delle più gravi calamità che colpirono Messina, il terremoto del 16 nov. 1894. Anche in questa occasione non lesinò l'impegno, sia sotto il profilo pastorale, sia collaborando attivamente ai soccorsi con le autorità pubbliche.
Menomato dal 1895 per una paralisi, morì a Messina il 21 sett. 1897. Il 10 nov. 1985 è iniziato nella cattedrale di Messina il processo diocesano di beatificazione.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Segr. di Stato, Epoca moderna, 1872-97, rubr. 3 e 283; Palermo, Arch. diocesano, Corrispondenza del card. Celesia; Ibid., Archivio famiglia Guarino - De Grazia, Lettere di mons. Guarino; Agrigento, Arch. della curia vescovile, Libro delle ordinazioni, sub 21 dic. 1838. Notizie sul G. in A. Lauricella, Notizie storiche del seminario e collegio dei Ss. Agostino e Tommaso, Girgenti 1897, passim; Il giubileo episcopale del card. G., Messina 1907; V. Alfano, Montedoro (1635-1935) nel terzo centenario della fondazione, Caltanissetta 1935, ad nomen; D. De Gregorio, Il card. G. G. arcivescovo e archimandrita di Messina, Messina 1982; G. Zito, La cura pastorale a Catania negli anni dell'episcopato Dusmet (1867-1894), Acireale 1987, ad ind.; La Chiesa in Sicilia dal Vaticano I al Vaticano II, a cura di F. Flores d'Arcais, Caltanissetta-Roma 1994, I, pp. 86, 144, 148 s., 161, 392, 498-501, 510; II, pp. 651, 661; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VIII, pp. 36, 53, 58, 380, 531; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXII, coll. 557-559.