KIRNER, Giuseppe
Nacque a Friedenweiler, presso Neustadt nel Baden, il 25 ag. 1868 da Bernhard e da Rosa Winterhalder. Dal Granducato di Baden, di cui erano originari e dove fino alla sua nascita avevano vissuto, i genitori si trasferirono presto a Livorno per aprirvi un negozio di orologeria. Per la sua prima formazione il ragazzo fu affidato dai genitori, entrambi ferventi cattolici, a un ecclesiastico; successivamente, però, nella convinzione che non si dovesse scegliere per lui, si preferì iscriverlo non al seminario ma al ginnasio e poi al liceo statale. Ciò fece sì che, pur conservando per tutta l'adolescenza e fino ai primi anni dell'università quella che gli pareva fosse un'autentica vocazione al sacerdozio, il K., conclusi gli studi classici e ottenuto un posto nella Scuola normale superiore di Pisa, sostituisse gradualmente la propria fede sempre più incerta con la convinta adesione alle dottrine scientiste del tempo.
Il rendimento negli studi, assai alto sin dagli inizi, favorì la svolta laica del K., avviato già prima della laurea alla ricerca scientifica sotto la guida di docenti quali A. D'Ancona e A. Crivellucci: il primo, in particolare, ne seppe coltivare la passione per la filologia classica dandole un indirizzo capace di produrre già nel 1889 - lo stesso anno in cui il K. si laureò e conseguì anche il diploma di magistero - risultati di un certo rilievo: pur se ancora acerbe nella tecnica e nella forma, le sue prime prove di studioso denotavano infatti una buona predisposizione al lavoro di scavo nelle fonti e all'inquadramento storico-erudito della documentazione d'archivio, reperita quest'ultima privilegiando di solito il Basso Medioevo e la prima Età moderna.
A tale filone vanno ricondotti il saggio Sulla storia dell'Europa di Pierfrancesco Giambullari (in Annali della R. Scuola normale superiore di Pisa, VII [1889], pp. 243-284) e i tre opuscoli Sulle opere storiche di Francesco Petrarca (Pisa 1889, elogiato da R. Renier nel Giorn. stor. della letteratura italiana, XVI [1890], pp. 409 s.), Della "Laudatio Urbis Florentinae" di Leonardo Bruni (Livorno 1889), e I "Dialogi ad Petrum Histrum" di Leonardo Bruni (ibid. 1889). Presto sarebbero venute le collaborazioni agli Studi storici di A. Crivellucci ed E. Pais (Intorno ad un passo di Solino [I, 45], I [1892], pp. 91-95; Quando vennero nella Spagna i Cartaginesi, II [1893], pp. 190-202, e, nella stessa annata, Intorno all'"Ora marittima" di Avieno e alle sue fonti, pp. 358-373; Di alcuni documenti del sec. XII concernenti le Chiese francesi, IX [1900], pp. 93-121) e alla Rassegna di antichità classica (Contributo alla critica del testo di Solino, I [1896], pp. 75-96; A proposito del processo degli Scipioni, ibid., pp. 199-214).
Era intanto cominciata per il K. la lenta trafila dell'insegnamento nella scuola media superiore: professore per un anno al ginnasio di Pontedera, il 1° ott. 1891 ebbe una cattedra come reggente al liceo di Trani; di qui fu trasferito nell'aprile del 1892 a Lecce e nel 1895, in seguito a concorso, al liceo Garibaldi di Palermo, donde dopo un anno passò al liceo Vittorio Emanuele II della stessa città, restandovi fino al 1899.
In tutti questi incarichi, come pure in quelli successivi, le materie che insegnò furono la storia e la geografia; ma l'inclinazione per la filologia, sopita soltanto dall'esito delle sue vicende concorsuali, gli dettava intanto i suoi lavori di maggiore impegno: l'edizione degli Statuti ed ordini di Monte Castello, contado di Pisa (Bologna 1890), frutto delle ricerche nell'Archivio comunale di Pontedera, e il Manuale di letteratura latina, I, Letteratura arcaica (Livorno 1896) che lo stesso K. avrebbe più tardi giudicato poco riuscito e comunque diseguale perché troppo condizionato dalle pause a cui, nei tre anni di lavoro che gli era costato, lo avevano costretto i continui spostamenti e uno stato di salute - non solo fisica - abbastanza precario. Ad aggravare la situazione contribuirono i "tumulti violentissimi in quella scolaresca indisciplinata e corrotta" (Discorsi e scritti, p. LXIX) suscitati nel primo anno della permanenza a Palermo dai suoi metodi didattici, ritenuti troppo severi da studenti evidentemente abituati a una completa assenza di rigore; né a mutare il clima bastò il passaggio, nel 1896, al Vittorio Emanuele, dove gli incidenti, gli insulti e perfino le minacce continuarono al punto da costringere il K. a portare in tribunale uno tra i più facinorosi dei suoi contestatori, assolto alla fine per un gesto di clemenza dello stesso docente. In realtà, perché le cose andassero a posto si dovette attendere che un provvedimento ministeriale spostasse il K. a Bologna presso il liceo Minghetti (1899).
La brutta esperienza siciliana, distogliendolo totalmente dal lavoro di ricerca, lo aveva però sensibilizzato ai gravi problemi della scuola in Italia e, soprattutto, alle condizioni di lavoro del corpo docente, di modo che, quando, nel 1901, cominciarono a crearsi spontaneamente le prime strutture organizzative degli insegnanti interessati alla riforma del settore, il K. venne a trovarsi, quasi senza volerlo, alla testa del gruppo bolognese che il 18 maggio 1901 aveva dato vita alla sezione locale di una neonata associazione fra gli insegnanti delle scuole classiche. La rapidità con cui abbracciò il progetto non gli impedì però di far orientare il consenso verso la necessità di estendere l'associazione a tutti i docenti, di conferire alla tipologia organizzativa prescelta un carattere democratico e antiautoritario da conseguirsi lasciando la massima autonomia alle singole sezioni periferiche e, infine, di evitare ogni collateralismo con i partiti politici, quale che ne fosse l'orientamento.
Il fatto di essere inserito nella commissione incaricata di redigere lo statuto della nascente federazione e di essere stato eletto il 30 giugno 1901 quasi all'unanimità presidente della sezione bolognese diede al K. un indubbio peso nel momento in cui, costituitasi nell'autunno del 1901, dopo il congresso di Bologna del 25-27 settembre, la Federazione nazionale insegnanti scuola media (FNISM), gliene venne attribuita la presidenza. In particolare, però, nella fase d'avvio e nei successivi sviluppi si fece sentire la collaborazione appassionata prestatagli sotto forma di consigli, suggerimenti ed elaborazioni da Gaetano Salvemini, che della soluzione del problema della scuola aveva fatto uno snodo essenziale del processo di democratizzazione del paese. Il rapporto che subito si instaurò fra i due - fatto di fittissimi scambi epistolari e di reciproco fiancheggiamento in occasione dei congressi annuali della FNISM -, mentre assicurava la rapida diffusione del movimento e la sua crescita in termini di iscrizioni, aprendo la mentalità dei docenti a comportamenti sindacali, ne faceva anche l'interlocutore obbligato per il governo, costretto ora a misurarsi con una forza organizzata distribuita capillarmente su tutto il territorio e da tenere in conto anche come potenziale serbatoio di voti. Fu proprio in relazione alla politica governativa, guidata prima dal ministro della Pubblica Istruzione N. Nasi e poi da V.E. Orlando, che il K. e Salvemini - il primo caratterialmente più equilibrato, il secondo più insofferente e aggressivo - tracciarono per la FNISM una linea che, oltre a chiedere miglioramenti economici tali da portare la categoria a godere degli stessi stipendi dei dipendenti pubblici forniti di titoli di studio equipollenti, puntava sul raggiungimento di uno stato giuridico capace di porre la docenza al riparo dai soprusi e dagli arbitri con i quali in passato l'amministrazione aveva discriminato gli elementi politicamente meno conformisti.
Non fu facile perseguire tale obiettivo. Per il K. in particolare ci fu subito da parte del ministro Nasi, insieme con qualche intimidazione, un tentativo di toglierlo dalla sua sede bolognese e di spostarlo a Venezia: nell'occasione ci si dovette accontentare di trasferirlo all'istituto tecnico del capoluogo emiliano; poi vennero ostacoli d'ogni sorta, inclusi gli atteggiamenti di una parte del corpo insegnante ostile a ogni ipotesi di sindacalizzazione della categoria, le tattiche dilatorie del governo e le insidie che il K. stesso attribuiva alle manovre frazionistiche della massoneria, timorosa di perdere il potere che aveva da tempo in quel settore del pubblico impiego. Proprio l'opposizione della componente massonica al disegno di legge sullo stato giuridico presentato dal ministro V.E. Orlando l'8 marzo 1904 e da lui sostenuto indusse il K. a presentarsi dimissionario con l'intero consiglio federale al congresso di Roma del settembre 1904: la decisione, rientrata in attesa di una chiarificazione dei rapporti di forza, divenne irrevocabile per quel che riguardava il K. il 15 apr. 1905; il giorno dopo, superata la preclusione che lo aveva a lungo tenuto lontano dal partito socialista, al Salvemini che da tempo lo esortava a "politicizzarsi" il K. dichiarava che, persuaso ormai dello stretto nesso che legava i problemi della scuola "col movimento generale del proletariato e coll'azione socialista", si sentiva orientato "non solo verso i partiti democratici in genere […] ma esclusivamente verso il partito socialista" (in Salvemini, Carteggi, p. 319): a patto, precisava, che se ne espellessero la sinistra estrema, da lui considerata anarcoide, e, soprattutto, la componente massonica.
Da quando aveva assunto la responsabilità della FNISM il K., oltre a dover rinunziare alla ricerca (l'ultima sua fatica era stata la traduzione della parte seconda del vol. III della Geschichte Siciliens im Alterthum di A. Holm, apparsa a Torino nel 1901; rist. anast., Bologna 1965), aveva dovuto affiancare all'insegnamento i numerosi impegni organizzativi (pubblicazione del Bollettino quindicinale, organizzazione dei congressi di categoria tra il 1902 e il 1905 e stesura delle relazioni d'apertura, disbrigo della corrispondenza, riscossione delle quote, rapporti con i politici) connessi con la sua carica. Non si tirò mai indietro, ma pagò tutto questo con un forte logorio nervoso e fisico. Riservò le ultime energie alla preparazione del congresso di Milano della FNISM avente come tema la riforma della scuola media: un congresso al quale non fece in tempo a partecipare per la febbre tifoidea che in sedici giorni ebbe ragione del suo organismo debilitato.
Il K. morì nella clinica S. Orsola di Bologna il 19 sett. 1905.
Un anno dopo la sua scomparsa, mentre il Parlamento approvava lo stato giuridico ed economico degli insegnanti, un gruppo di amici raccolse e pubblicò un volume di Discorsi e scritti di G. Kirner (Padova 1906) che si apriva con una lunga e commossa commemorazione di Salvemini e comprendeva importanti frammenti autobiografici, brani di diario e i testi delle sue relazioni annuali, compresa quella del 1905 dal titolo Criteri fondamentali per una riforma dell'istruzione media. Al suo nome sarebbe poi stato intitolato l'istituto mutualistico fondato per il sostegno delle famiglie dei professori morti prima di aver maturato il diritto alla pensione.
Fonti e Bibl.: G. Salvemini, Per la scuola e per gli insegnanti… Con una lettera dell'A. a G. K., Messina 1904; G. Tarozzi, Il professore di scuola media e il suo futuro compito sociale (in memoria di G. K.), in Riv. di filosofia, pedagogia e scienze affini, VIII (1906), pp. 649-666; V. Osimo, G. K., in Critica sociale, 16 marzo 1907; G. Salvemini, Scritti sulla scuola, a cura di L. Borghi - B. Finocchiaro, Milano 1966, ad ind.; Id., Carteggi, I, 1895-1911, a cura di E. Gencarelli, Milano 1968, ad ind.; Id., Carteggio, 1903-1906, a cura di S. Bucchi, Roma 1997, ad ind.; M.L. Salvadori, Gaetano Salvemini, Torino 1963, ad ind.; L. Ambrosoli, La Federazione nazionale insegnanti scuola media dalle origini al 1925, Firenze 1967, ad ind.; Id., "Critica sociale" e Federazione nazionale insegnanti scuole medie, in T. Tomasi et al., Scuola e società nel socialismo riformista (1891-1926)…, Firenze 1968, ad ind.; A. Asor Rosa, La cultura, in Storia d'Italia (Einaudi), IV, Dall'Unità a oggi, t. II, Torino 1975, pp. 1224 s.; S. Notari, I cento anni della Federazione nazionale insegnanti, in Le Carte e la storia, VIII (2002), 2, pp. 113-116.