LA MASA, Giuseppe
Nacque a Trabia, presso Palermo, il 30 nov. 1819, da Andrea e da Anastasia Pitissi. Crebbe in una famiglia di tradizioni liberali e, rimasto orfano in tenera età, fu educato in seminario (derivandone velleità letterarie e un'indubbia facilità di penna); si iscrisse poi, senza concludere gli studi, all'Università di Palermo. Collaboratore tra gli anni Trenta e Quaranta del periodico democratico La Ruota di B. Castiglia, entrò poi nell'amministrazione del Comune di Trabia.
Temperamento ardente e "testa calda", com'ebbero a definirlo poi i suoi non pochi avversari, il L. fu presto indotto all'esilio e nel 1844 riparò a Firenze, ove trascorse un triennio, decisivo sul piano personale e politico. Conobbe infatti (maggio 1845) Felicita Bevilacqua, di nobile famiglia bresciano-veronese, che avrebbe più tardi sposato, ed entrò in contatto con gli ambienti democratici (G.B. Niccolini, G. Montanelli, I. Ribotti, N. Fabrizi, F. Orsini). Ambedue le circostanze rinviano all'indubbio fascino che il L. esercitava, alla sua capacità di far colpo.
Il L. ebbe parte nei movimenti politici del 1847. Fu in Sicilia nell'agosto, in vista dei moti di Messina del 1° settembre; rientrato in Toscana, riprese l'attività pubblicistica (tra opuscoli e composizioni poetiche d'occasione) e politica (nel Comitato generale italiano, con Montanelli e Fabrizi). Si collocò sin da allora su posizioni democratiche ma (contrariamente a quanto sostenuto da R. Romeo) non mazziniane. Con Fabrizi, come lui convinto, contro Mazzini, dell'iniziativa meridionale quale motore dell'insurrezione nazionale, progettò una rivolta in Abruzzo.
Il 12 genn. 1848 il L. fu l'iniziatore del moto popolare di Palermo. Nei primi giorni svolse un ruolo decisivo, contribuendo all'unità delle forze rivoluzionarie con la designazione di R. Settimo a capo del governo provvisorio. Considerato come uno dei più esperti in campo militare all'interno del governo provvisorio, il L. fu inviato al Nord (aprile 1848) a capo dei 100 crociati siciliani, e nell'estate partecipò alle operazioni militari in Veneto. Al ritorno in Sicilia, di fronte alla critica situazione militare propose invano, con F. Crispi, un decreto per la leva in massa (agosto 1848). Poco dopo (3-4 sett. 1848) fu inviato alla difesa di Messina e Milazzo; qui il suo comportamento non fu esente da colpe, e gli va in parte imputata la perdita di Milazzo. Successivamente, d'intesa col Fabrizi, progettò una spedizione in Abruzzo e Calabria, come extrema ratio per ribaltare la critica situazione politico-militare.
Nel gennaio 1849 il L. fu a Roma a rappresentare la Sicilia presso la Costituente italiana, oltre che per organizzare un'insurrezione nel Meridione, e partecipò alle discussioni che precedettero la proclamazione della Repubblica Romana. Nel marzo tentò di organizzare la difesa nel distretto di Termini Imerese. Incluso dopo la restaurazione borbonica nella lista di 43 patrioti da bandire, il L. partì da Palermo nell'aprile 1849 e, dopo una tappa a Malta, riparò come molti altri a Genova. Il legame sentimentale e il comune impegno patriottico con Felicita Bevilacqua, sorella di un caduto di Pastrengo e organizzatrice, nel 1848, dell'assistenza ai soldati italiani, facilitarono l'inserimento sociale e politico del L., che poté favorire l'arrivo di altri emigrati.
Nel 1849-50 si svolse, tra gli emigrati politici meridionali, un'accesa discussione politica in cui il bilancio del recente fallimento s'intrecciò con il dibattito sul "che fare". Vi partecipò anche il L., mentre si occupava dell'assistenza agli esuli - non senza personalismi: nel 1851 fondò una sua associazione, che ebbe breve vita - e lavorava alla compilazione di un ampio dossier (Documenti della rivoluzione siciliana del 1847-49 in rapporto alla Italia, Torino 1850; nuova ed., a cura di G. Falzone, Palermo 1978) che risultò non privo di venature autocelebrative e di attacchi personali, ma molto documentato.
Vi erano espresse posizioni condivise dalla gran parte dei democratici siciliani, che attribuivano alle camarille moderate la responsabilità dell'insuccesso. Con R. Pilo e altri, il L. si collocò in posizione mediana tra G. La Farina, già incline a trattative coi moderati, e P. Calvi, repubblicano radicale (ambedue autori di storie della rivoluzione siciliana; dell'opera di La Farina il L. tenne conto nell'Aggiunta ai Documenti della rivoluzione siciliana [Torino 1851], un volume di ben 353 pagine). Esprime la strategia del L., in questa fase, la celebrazione, comune con i fuorusciti napoletani, del secondo anniversario della rivoluzione siciliana (12 genn. 1850). Politicamente importante - nella crisi del partito d'azione - fu anche la Protesta edita dal L. contro M. Stabile, l'esponente del moderatismo siciliano (filoinglese) in predicato di far parte del Comitato nazionale italiano, costituito a Londra da Mazzini. Ma nel litigioso ambiente dell'emigrazione siciliana il L. polemizzò anche con altri (in particolare Crispi e G. Carnazza). Nei Documenti, il L. affermò tra l'altro che fu grave errore la mancata costituzione di un esercito di leva; il problema del rapporto fra esercito regolare e volontari, qui appena accennato, rimase poi al centro delle sue riflessioni.
Negli anni successivi, la vita del L. fu sul piano personale piuttosto travagliata: fra le difficoltà economiche, i contrasti con la famiglia Bevilacqua che dopo l'iniziale assenso osteggiò a lungo la sua relazione con Felicita, i problemi di salute con soggiorni a Nizza e a La Spezia, i controlli di polizia, compreso un domicilio coatto a Mondovì. Sul piano delle idee politiche, il L. maturò allora (1853) una svolta decisiva, con il distacco dalle posizioni repubblicane e l'approdo a una valutazione positiva del Regno di Sardegna come protagonista della lotta per l'indipendenza e l'unità. Il fatto che uno dei protagonisti della rivoluzione siciliana, peraltro da sempre antimazziniano, facesse cadere la pregiudiziale istituzionale (lo slogan fu quello della "bandiera neutra") fece scalpore negli ambienti democratici, come provano i carteggi di Pilo, di Fabrizi e di altri.
Il L. rese concreti e pubblici i suoi nuovi orientamenti indirizzando al governo piemontese una relazione sulla situazione della Sicilia. Redasse inoltre, fra 1853 e 1854, il trattatello sulla Guerra insurrezionale in Italia tendente a conquistare la nazionalità, che volle presentare personalmente a Cavour, ma che pubblicò poi a sue spese nel 1856 a Torino, per battere sul tempo il programma di D. Manin (altre edizioni apparvero ancora a Torino nel 1859 e a Palermo nel 1860; rist. in La guerra del 1848-49 in Italia. C. Pisacane e G. La Masa, a cura di S. Sechi, Napoli 1970).
Il testo del L. si inserisce nel dibattito aperto in quegli anni dai saggi di C. Balbo, M. d'Ayala, C. De Cristoforis, C. Pisacane. Constatato che il Quarantotto era stato penalizzato dalla mancata organizzazione militare ("le rivoluzioni caddero perché i despoti avevano lo scudo degli eserciti disciplinati"), il L. afferma che alla costituzione della nazione armata dovevano concorrere - favoriti dalla natura montuosa dell'Italia - tanto le bande e i Comuni rurali in armi, quanto gli eserciti regolari "che la prima parte della rivoluzione vittoriosa farà nazionali per amore o per forza", e che dovevano divenire il punto di coagulo delle bande. L'assetto istituzionale previsto dal L. era quello di un Consiglio centrale degli Stati insorti, destinato a cooperare col re sardo. Altro aspetto interessante del testo del L. è la sua piena consapevolezza della presenza, nella società italiana, di una vastissima area di indifferenza al problema nazionale.
Accolto con favore dalla stampa piemontese, tra i democratici il libro aprì un dibattito che rivelò un ampio ventaglio di posizioni.
Forse per la delusione seguita al fallimento del moto Bentivegna in Sicilia, ma certo anche per sfuggire alle difficoltà economiche, per qualche tempo il L. (che proprio allora - nella data fatidica del 12 genn. 1858 - sposò la Bevilacqua) abbandonò la politica e si dedicò a organizzare una colonia agricolo-militare a Buenos Aires, nella quale egli avrebbe dovuto essere il "nuovo Garibaldi". Il progetto, nel quale il L. coinvolse non pochi amici, non sortì alla fine esiti concreti.
Nel 1859, dagli inizi della guerra, il L. seguì lo sviluppo degli eventi e non mancò di impegnarsi per creare un fronte comune fra democratici e moderati (compresi gli autonomisti guidati da V. Fardella marchese di Torrearsa) ed evitare che il governo piemontese si appoggiasse agli ultramoderati orientati a lasciare ancora una chance alla dinastia borbonica. Al riguardo l'8 giugno 1859 indirizzò al Cavour una memoria, presentandosi come rappresentante di un vasto schieramento unitario ed evidenziando la necessità di far leva, strumentalmente, sulla prospettiva dell'indipendenza da Napoli sostenuta dagli autonomisti ("idea assai seducente nel popolo minuto"). Ripubblicò allora, con una lettera Ai governi provvisori di Toscana, Romagna, Modena e Parma (Torino 1859), il suo opuscolo del 1856 (poi nuovamente edito, con aggiunte, nel 1860), e fu in contatto con chi in Sicilia aveva ripreso l'azione cospirativa.
Dopo la pausa dell'inverno 1859-60 (trascorso in Lombardia e nel Veneto), il L. riprese a occuparsi attivamente delle vicende siciliane. Nell'aprile 1860 parve per un momento che Cavour intendesse accordarsi con lui, e non con Garibaldi, per il comando della imminente spedizione, nel corso della quale il L. fu tra i principali collaboratori di Garibaldi, in particolare nella decisiva fase tra Calatafimi e la presa di Palermo: reclutò volontari, organizzò bande, e partecipò con valore ed efficacia (22-25 maggio) alle operazioni militari ad Altofonte, Gibilrossa e Misilmeri, sino all'entrata nella capitale. In altre circostanze peraltro il suo comportamento non fu esente da critiche (e ne seguirono, nei decenni successivi, vivaci polemiche); anche nei rapporti con Garibaldi, che il L. non seguì nella campagna sul continente, non mancarono screzi. Può ben dirsi, comunque, che il ruolo di capo delle squadre di picciotti fu il perfetto coronamento di tutta la sua carriera politica. Quanto a quella militare, come molti altri fra i Mille, il L. fu inserito nei ruoli dell'esercito con il grado di generale.
L'attività politica del L. nel periodo postunitario fu ovviamente favorita, nell'immediato, dal contraccolpo positivo dell'epopea dei Mille, più o meno abilmente sfruttato. Candidatosi nel collegio siciliano di Termini Imerese, fu eletto deputato nelle file della Sinistra, nell'VIII e nella IX legislatura, nonché nella X, in seguito a elezioni suppletive tenutesi il 12 giugno 1870. La sua attività di parlamentare fu principalmente rivolta al sostegno di iniziative legislative finalizzate a incentivare lo sviluppo economico e sociale della Sicilia, quali la partecipazione alla discussione del progetto di legge concernente le strade nazionali sull'isola e il voto a favore dell'autonomia del Banco di Sicilia, in relazione all'esercizio del credito fondiario.
Si dedicò inoltre, da un lato, alla promozione di disegni di legge volti a garantire il miglioramento delle condizioni economiche e sociali degli ex combattenti, in particolare siciliani e, dall'altro, alla difesa del proprio onore militare. Il 23 nov. 1861 propose alla Camera un disegno di legge per il riconoscimento dei gradi e delle pensioni militari conferite nel 1848 dal governo siciliano. Il progetto fu discusso e approvato dalla Camera, nella sola parte relativa al riconoscimento dei gradi; tuttavia, passato al vaglio del Senato, non fu mai trasformato in legge.
Tra il 7 e il 12 apr. 1862, il L. sottopose poi all'esame della Camera il parere emesso da una corte d'onore, istituita presso il ministero della Guerra, e che egli considerava fortemente lesivo della sua reputazione militare. La Camera ritenne il verdetto del ministero non lesivo dell'onore del L. che definiva "benemerito cittadino italiano, che di opere e di sostanze non fu avaro alla patria"; tuttavia, non soddisfatto, il L. inviò ai deputati una Memoria documentata del deputato gen. Giuseppe La Masa sulla quistione che lo riguarda… (Torino 1862).
Mentre, durante l'VIII legislatura, il L. garantì una strenua difesa degli interessi dei Siciliani e una presenza assidua in Parlamento, che gli valse la rielezione nel 1865, così non avvenne per la nona e la decima, nelle quali gli affari di famiglia prima (fu, infatti, occupato insieme con la moglie, nel disbrigo di pratiche relative alla concessione da parte dello Stato di un prestito a premi), e gravi motivi di salute poi (fu colpito da una malattia agli occhi che lo ridusse alla cecità), resero saltuaria la sua presenza in Parlamento e fallimentare la candidatura alle elezioni del novembre 1870. Nel 1872 fu invece eletto consigliere comunale a Bevilacqua (Verona).
Al di fuori del Parlamento e dell'attività pubblica, larga parte delle energie del L. fu spesa negli anni Sessanta e Settanta in un'intensa attività pubblicistica a difesa del proprio onore e del proprio ruolo nella spedizione dei Mille. Il L. fu fatto oggetto in effetti di una dura campagna diffamatoria volta a metterne in dubbio il coraggio.
Tra le molteplici accuse mossegli, merita ricordare quelle che destarono in lui maggiore sdegno: un presunto svenimento prima della battaglia di Calatafimi (che gli impedì di prendervi parte), l'allontanamento da parte del dittatore (cagionato a detta dei suoi detrattori da incomprensioni sorte fra i due), la mancata partecipazione alla liberazione di Palermo e, infine, la responsabilità per il ferimento del generale G. Carini. Il travisamento di questi e altri fatti minori indusse il L. non soltanto a chiedere una confutazione ufficiale da parte del ministero della Guerra e poi del Parlamento, ma anche ad appellarsi all'opinione pubblica. Diede infatti alle stampe Alcuni fatti e documenti della rivoluzione dell'Italia meridionale del 1860 riguardanti i Siciliani e L. (Torino 1861) e provocò per mezzo di una serie di lettere aperte pubblicate su varie testate nazionali, la testimonianza di ufficiali e soldati che confermarono il peso reale avuto dal L. nella campagna per la liberazione dell'Italia meridionale.
Più tardi, in occasione della pubblicazione da parte di G. Guerzoni della Vita di Nino Bixio (Firenze 1875), il L., nuovamente indignato dall'alterazione di alcuni fatti di cui era stato protagonista, sollecitò l'istituzione di un giurì storico nazionale per l'approfondimento della storia contemporanea, affinché fossero estinti "gli errori e l'ignoranza, in moltissimi italiani, dei fatti che costituiscono l'unità nazionale". Il giurì emise verdetto favorevole al L., lasciando tuttavia impregiudicata la questione storica. Di qui la successiva proposta del L. per la creazione di una commissione storica con sede a Palermo, alla quale tutti coloro che avessero partecipato alle rivoluzioni di Sicilia del 1848 e del 1860, erano invitati a spedire qualsiasi documento atto a far luce sugli avvenimenti.
Nel 1877 si assisté all'ultimo tentativo, rivelatosi poi fallimentare, di ripresa della carriera parlamentare da parte del L., in occasione delle elezioni suppletive tenutesi il 14 gennaio nel collegio di Poggioreale (Palermo). Intanto nello stesso anno, sempre a Palermo, egli fondava l'Associazione patriottica, umanitaria, moralizzatrice, lo statuto della quale prevedeva l'affiliazione di uomini "onesti", cui affidare, in considerazione delle loro qualità, la lotta contro i mali di Sicilia e d'Italia (brigantaggio, brogli elettorali, clientelismo, povertà, analfabetismo, ecc.) e l'insegnamento della "vera" storia patria. L'associazione ebbe vita breve e già nel maggio 1877 il carteggio ne documenta la lenta agonia.
Il L. morì a Roma il 29 marzo 1881.
Altri scritti del L.: I popoli delle Due Sicilie ai fratelli italiani, agli Inglesi, Firenze 1847; Il mio ritorno in Sicilia. I Siciliani ai fratelli toscani: versi, ibid. 1847; Risposta a Francesco Crispi Genova, Genova 1850; All'emigrazione italiana in Genova ed ai cittadini della Liguria, ibid. 1851; Lettera al barone B. Ricasoli, ministro del governo di Toscana, Torino 1859; Fatti e documenti sulla guerra del 1860 nell'Italia meridionale diretti al consiglio di disciplina, Napoli 1861; Discorso con progetto organico di Giuseppe La Masa sulla necessità di un'associazione patriottica ed umanitaria tendente a costituire la lega fra la gente onesta in Italia, Palermo 1877.
Fonti e Bibl.: Verona, Biblioteca civica, Carteggi, bb. 407-443; 1326-1328 (arch. personale del L. con carteggi, memoriali ecc.); Arch. di Stato di Verona, Bevilacqua - La Masa (non inventariato); Milano, Museo del Risorgimento, La Masa. Lettere del L. si trovano in numerosi carteggi di patrioti: fra i più significativi, quelli di N. Fabrizi (Roma, Museo centr. del Risorgimento, b. 523; Forlì, Biblioteca comunale, Autografoteca Piancastelli), R. Pilo (Roma, Arch. centr. dello Stato), L. Valerio (Torino, Biblioteca della Provincia, Arch. Valerio). Tracce del L. nelle carte di polizia: Arch. di Stato di Genova, Prefettura, Gabinetto, pacchi nn. 72 (1850), 91; Arch. di Stato di Venezia, Luogotenenza, Presidenza, b. 313, f. 42 (1858).
Tra le fonti edite: Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, VIII legislatura (per la consultazione cfr. indici nominativi posti alla fine di ogni sessione); Documenti, vol. II, pp. 461-463, 1052; Indice gen., Roma 1898, pp. 469 s., 648 s.
Fondamentale importanza, per la ricostruzione della vita, rivestono le opere dello stesso La Masa. Si vedano inoltre: L. Pellegrino, Lettera a G. L., Malta 1850; G. La Farina, Istoria documentata della Rivoluzione siciliana…, Capolago 1851, passim; G. Oddo Bonafede, I Mille di Marsala, Milano 1863, passim; Id., Cenno storico politico-militare sul generale G. L. e documenti correlativi, Verona 1879; G. Ferlazzo, Cenni biografici di L., Palermo 1882; A. Traina, Discorso letto per l'inaugurazione del monumento a G. L., Palermo 1882; G. Simoncini-Scaglione, Commemorazione del 12 genn. 1848. Parole pronunciate in piazza Ruggero Settimo, Palermo 1886; F. Dominici-Longo, Il 12 genn. 1848. Parole, Termini Imerese 1888; Id., G. L.: commemorazione, Palermo 1890; R. Corselli, L'opera militare di G. L., in Arch. stor. siciliano, s. 2, XXXVII (1912), pp. 277-302; A. Coppola, In memoria di G. L. e di R. Di Benedetto, Palermo 1913; R. Corselli, La figura politica e militare di G. L., in Riv. militare, LIX (1914), pp. 259-277, 454-474; R. Pilo, Esatta cronaca dei fatti avvenuti in Sicilia e preparativi di rivoluzione pria del 12 genn. 1848, in Il Risorgimento italiano, VII (1914), pp. 1-25; T. Palamenghi Crispi, N. Fabrizi, C. Pisacane, R. Pilo. Nuovi documenti specialmente relativi alla spedizione di Sapri, ibid., p. 355; A. Coppola, Il campo di Gibilrossa ed il 27 maggio 1860, in Riv. d'Italia, XVIII (1915), pp. 575-624; Id., La vita di G. L. nella storia del Risorgimento italiano, Palermo 1919; R. Corselli, Garibaldi e L. nella liberazione della Sicilia nel 1860, Palermo 1920; E. Casanova, L'emigrazione politica siciliana dal 1849 al 1851, in Rass. stor. del Risorgimento, XI (1924), pp. 800, 802, 811, 815, 843-848; XII (1925), pp. 4, 6, 8, 10, 13, 31 s., 38, 41; V. Fainelli, Come si venne a Quarto. Documenti e particolari inediti, in Nuova Antologia, 1° giugno 1932, pp. 307-345; Epistolario di Nino Bixio, a cura di E. Morelli, I, Roma 1939, ad ind.; U. De Maria, G. L., in Celebrazioni siciliane, II, Urbino 1940, pp. 185-220; V. Fainelli, Da Marsala a Calatafimi secondo il carteggio La Masa, in Rass. stor. del Risorgimento, XXXVII (1950), pp. 125-133; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Napoli 1950, ad ind.; A. Saitta, Filippo Buonarroti, Roma 1951, II, pp. 228-231; L. Rodelli, La Repubblica Romana del 1849, Pisa 1955, p. 128; F. Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana, Milano 1958, p. 317; R. Composto, Gli esuli siciliani alla vigilia della rivoluzione del 1860, Palermo 1961, pp. 35-48; G. Berti, I democratici e l'iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano 1961, ad ind.; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1961, ad ind.; U. Marcelli, G. L. e la prima idea della spedizione dei Mille, in La Sicilia e l'Unità d'Italia, a cura di S.M. Ganci - R. Guccione Scaglione, II, Milano 1962, pp. 365-370; G. Falzone, L. figura da rivalutare, in Terza Sponda, I (1965), pp. 37-40; N. Giordano, Una interessante lettera inedita di G. L. (contro Crispi e la sua consorteria), in Arch. stor. siciliano, s. 3, XIX (1970), pp. 227-265; S. Sechi, Introduzione a G. La Masa, in La guerra del 1848-49, cit., pp. 353-361; G.M. Varanini, Lettere inedite di R. Pilo a G. L., in Arch. stor. siciliano, s. 3, XXI-XXII (1972), pp. 349-360; Lettere di Rosalino Pilo, a cura di G. Falzone, Roma 1972, pp. LXVIII, 121, 219; G.M. Varanini, Il padre G. Ventura e G. L. nel 1848-1849, in Arch. stor. siciliano, s. 4, II (1976), pp. 3-29; Id., Sulla pubblicazione della Guerra insurrezionale di G. L., in Rass. stor. del Risorgimento, LXII (1975), pp. 420-448; P. Sinesio, G. L. e il Risorgimento italiano, Caltanissetta 2000. Tra i repertori: C. Arrighi, I 450 ovvero I deputati del presente e i deputati dell'avvenire, Milano 1864-65, parte I, pp. 21-29; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 567; Enc. militare, a cura di A. Malatesta, Milano 1930, IV, p. 507; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 284 s. (rist. anast., ibid. 1993, pp. 283 s.); Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. Italiana, XX, s.v.; Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, IV, Indici, Firenze 1977, ad nomen.
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