LAZZARO, Giuseppe
Nacque a Napoli il 6 apr. 1825 da Gaetano e Marianna Antonucci. Educato dai gesuiti, si dedicò agli studi letterari e fin da giovanissimo operò nel giornalismo. Per le sue opinioni politiche fu imprigionato una prima volta nel 1849. Tornato in libertà, si allontanò per qualche tempo da Napoli e al suo ritorno si dedicò all'insegnamento, senza però avere i requisiti necessari: per questo motivo fu nuovamente incarcerato. Dopo la spedizione di Sapri e la morte di C. Pisacane, si impegnò a riallacciare le fila delle cospirazioni, mantenendo un'intensa corrispondenza con gli emigrati che risiedevano a Torino, Genova, Malta ecc. Pubblicò, a intervalli, un giornale clandestino, il Corriere di Napoli, dalle cui pagine alimentò la rivolta antiborbonica. Nel 1857, quando Ferdinando II nel tentativo di una riconciliazione allentò il freno sulla stampa, scrisse su Epoca. Fu imprigionato nuovamente nel 1859, perché aveva partecipato a una grande manifestazione di giubilo per la vittoria franco-piemontese a Montebello.
Sulle condizioni della lotta politica nella Napoli preunitaria e sullo scarso seguito che vi avevano avuto le tesi mazziniane il L. avrebbe lasciato un'importante testimonianza nelle sue Memorie sulla rivoluzione nell'Italia meridionale dal 1848 al 7 sett. 1860 (Napoli 1867).
Tenace oppositore dell'annessione incondizionata dell'Italia meridionale, sosteneva che con il plebiscito dell'ottobre 1860 si era votato per l'Italia una e indivisibile, cioè per uno Stato nuovo, con leggi nuove. In questo senso condivideva con i mazziniani la tesi dell'urgenza di proclamare Roma capitale e di dare inizio alla nuova vita nazionale. Sul finire del 1860 fu tra i democratici non mazziniani che fondarono il Circolo popolare nazionale, che poi costituì il Circolo elettorale per organizzare le elezioni. I sostenitori del Circolo popolare nazionale intendevano restare strettamente nell'ambito costituzionale e, come risulta dai molti articoli scritti dallo stesso L. sul Nomade, improntarono l'opposizione al governo a equilibrio e misura, invocando un limite alla piemontesizzazione del Mezzogiorno. I mazziniani, a loro volta, avevano creato un Comitato elettorale unitario. Pur essendoci numerose divergenze, i due organismi (Circolo elettorale e comitato elettorale unitario) si fusero in un nuovo comitato, nel cui consiglio direttivo sedette anche il Lazzaro.
All'unione del fronte democratico si giunse con un compromesso, di cui fu espressione il Memorandum sulle condizioni delle provincie meridionali (firmato da 19 deputati della Sinistra, tra cui il L.), con il quale l'opposizione napoletana focalizzò i propri obiettivi sul malcontento del Mezzogiorno, rivendicando al Parlamento il diritto di stabilire il definitivo ordinamento amministrativo del nuovo Stato. L'arresto di G. Garibaldi sull'Aspromonte mise in crisi tutto il Partito d'azione, che all'inizio del 1861 aveva fondato a Napoli un Comitato di provvedimento (il L. ne era stato uno dei promotori) e che nei primi mesi del 1862 era andato sempre più identificandosi con la corrente mazziniano-garibaldina e con la priorità da essa assegnata alla liberazione di Roma e Venezia: secondo il L., Roma capitale avrebbe contribuito a spostare verso il Sud l'asse del Regno. Tra il 1863 e il 1865 si determinò un divario sempre più netto tra la Sinistra parlamentare, ormai divenuta partito costituzionale, e la parte del Partito d'azione che continuò a puntare sull'iniziativa rivoluzionaria e popolare. "A Napoli, poi, il distacco della corrente legalitaria dai repubblicani nell'autunno del '62 è già un fatto compiuto. Lazzaro e gli altri esponenti della Sinistra meridionale che tra la fine del '61 e la primavera del '62 hanno collaborato col gruppo del "Popolo d'Italia" entrando nell'Unitaria e nell'Emancipatrice, hanno cominciato a prendere le distanze dai mazziniani prima di Aspromonte" (Scirocco, 1973): il 22 ag. 1862 il L., P. Sterbini e D. Lioy davano vita al giornale Roma, che il L. diresse dalla scomparsa di Sterbini (1863) fino al 1890.
Il giornale nasceva con "il dichiarato obiettivo di collegare l'azione della democrazia in Parlamento con i problemi del meridione e della sua capitale, facendo così dei mali amministrativi di queste terre la ragione di un'opposizione politica tesa al mutamento della direzione dello stato" (Mascilli Migliorini).
In una serie di articoli dedicati alle Necessità meridionali e agli Interessi materiali delle provincie napoletane pubblicati sul Roma nel settembre 1866, il L. sostenne che la forma di governo e la stessa libertà della nazione non importavano al cittadino finché c'era miseria e che alla base della rivolta contro i Borbone c'era stata soprattutto la stagnazione economica. A suo avviso lo Stato unitario non aveva affrontato alcuna delle grandi questioni sociali del Mezzogiorno, né aveva tenuto presente che Napoli, cessando di essere il centro politico di uno Stato, sarebbe dovuta diventare il centro commerciale ed economico di un gruppo di province importanti. Tra i "rimedi" proposti, il L. riteneva fondamentale la trasformazione dei partiti perché, una volta chiusa con Venezia la questione dell'essere della nazione, bisognava affrontare quella del benessere: i partiti dovevano perciò darsi un programma di riforme amministrative tali da diminuire l'effetto dell'accentramento e della pressione fiscale.
Dalle pagine del Roma il L. difese pure la Comune di Parigi, ritenendola espressione di esigenze giuste, da molto tempo manifestatesi in Francia. Il 10 apr. 1871 invitava i lettori a non esprimere giudizi sugli eccessi imputati agli insorti parigini senza aver prima esaminato attentamente il programma della Comune sulla questione sociale, ricordando i tempi in cui la reazione calunniava i patrioti italiani indicandoli come nemici dell'ordine pubblico e sociale. Nel 1874, dopo i moti anarchici in Emilia, a Firenze e in Puglia, il L. si espresse contro la tendenza a ricorrere a leggi speciali, perché "le istituzioni si salvano rispettando le opinioni di tutti, e volendo che le forme prescritte dalla legge per guarentigia di tutti siano sempre rispettate" (16 ag. 1874). Salita la Sinistra al potere, di nuovo tornò a difendere le libertà costituzionali, quando A. Depretis decretò lo scioglimento delle associazioni socialiste, dopo i fatti del Matese.
Importante e continuativa fu la sua attività politica. Dopo l'annessione fu eletto alla Camera (VIII legislatura) per il collegio di Conversano, collegio che gli fu fedele fino a tutta la XIV legislatura; dal 1882 fu tra i rappresentanti del I collegio di Bari, fino alla nomina a senatore, il 3 giugno 1908.
Il L. fu esponente della Sinistra parlamentare che tentava di convogliare il malcontento e le rivendicazioni del Mezzogiorno nell'alveo della lotta legale e costituzionale. Sedette sempre a sinistra, tra i liberali costituzionali e avversò il trasformismo di Depretis, mantenendosi fedele al programma della Sinistra storica. Si specializzò nelle problematiche di procedura parlamentare e difese sempre il regolamento della Camera. Si occupò di problemi di diritto pubblico, della naturalizzazione degli emigrati veneti, dei rapporti tra Italia e Francia.
Nel 1863 entro nel Consiglio provinciale di Napoli come rappresentante dell'ala legalitaria della corrente democratica, assertore della necessità di inquadrare i democratici in un partito costituzionale, operante nell'ambito della vita parlamentare, portavoce degli interessi del Mezzogiorno, danneggiati dal metodo unitario centralistico. Il 30 luglio 1865 il L. fu eletto consigliere del Comune di Napoli e il 23 nov. 1866 ebbe la nomina a commissario per la liquidazione dei crediti e debiti del Municipio verso lo Stato. Fu pure membro del consiglio generale del Banco di Napoli e censore del Banco medesimo nella sede di Roma. Nominato sovrintendente della Santa Casa dell'Annunziata di Napoli, ebbe delle accuse per l'alta mortalità infantile registrata nell'istituto durante la sua gestione.
Sposò in prime nozze Angelina Fanelli e in seconde nozze Maria Sturmhofel. Ebbe una figlia, Elvira, moglie di Riccardo Cipriani, segretario generale del Banco di Napoli.
Morì a Roma il 20 marzo 1910.
Opere: Luigia, ovvero I portenti d'un'epidemia. Storia contemporanea, Napoli 1854; Saggio storico cronologico de' fatti pubblici delle Due Sicilie da' tempi antichi fino agli odierni, ibid. 1854; Storia della questione e della guerra d'Oriente dalle origini fino alla pace del 30 marzo 1856: con una questione dei Luoghi santi fino dai tempi delle crociate, ibid. 1856; Storia della Compagnia delle Indie, ibid. 1858; La posizione interna, ibid. 1860; La posizione europea e l'Italia, ibid. 1861; Il deputato delle provincie napoletane, ibid. 1861; Pietro Colletta, Torino 1861; Il cesarismo e l'Italia, Napoli 1862; Liborio Romano, Torino 1863; Fisiologia del Parlamento italiano, Napoli 1871; La maggioranza del disciolto Consiglio provinciale di Napoli al paese: memorandum, ibid. [1889].
Fonti e Bibl.: Il carteggio politico del L. è stato donato dal fratello al Museo centrale del Risorgimento di Roma; cfr., inoltre, Napoli, Bibl. nazionale, Carte Ranieri; C. Arrighi, I 450 deputati del presente e i deputati dell'avvenire, Milano 1865, s.v.; L. Brangi, I moribondi di Montecitorio, Torino 1889, pp. 251-254; E. Arbib, Cinquant'anni di storia parlamentare del Regno d'Italia, I-IV, Roma 1898-1907, ad nomen; Il "Roma" nel suo cinquantennio, Napoli 1911, pp. 42 s.; A. Scirocco, I democratici italiani da Sapri a Porta Pia, Napoli 1969, ad ind.; A. Capone, L'opposizione meridionale nell'età della Destra, Roma 1970, ad ind.; A. Scirocco, Dall'Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Napoli, X, Napoli 1971, pp. 21-24, 28, 106, 108; A. Allocati, Napoli dal 1848 al 1860, ibid., IX, ibid. 1972, pp. 184-207; A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l'Unità (1860-1878), Napoli 1973, p. 177; A. Capone, Destra e Sinistra da Cavour a Crispi, in Storia d'Italia (UTET), XX, Torino 1981, ad ind.; L. Mascilli Migliorini, La vita amministrativa e politica, in G. Galasso, Napoli, Roma-Bari 1987, p. 152; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, II, Roma 1896, s.v.; Id., Il Parlamento italiano nel cinquantenario dello statuto, Roma 1898, s.v.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, p. 350.