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GALLANI, Giuseppe Leggiadro

di Angela Asor Rosa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)
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GALLANI, Giuseppe Leggiadro

Angela Asor Rosa

Figlio di Ziardo e di Susanna, nacque a Parma il 21 dic. 1516. Di famiglia cospicua, il G. venne avviato a studi notarili, ma non esercitò mai la professione, preferendo dedicarsi a studi letterari e alla frequentazione dei cenacoli colti di Parma, in particolare quello della famiglia Baiardi, rinomato per antichità e prestigio. A un membro di questa famiglia, Fabrizio, è dedicata la sua prima opera, una commedia in cinque atti intitolata La Porzia.

L'opera venne diffusa manoscritta intorno al 1540 e pubblicata, senza incontrare alcun favore, una decina di anni più tardi (la British Library di Londra ne conserva una copia sotto la dicitura "Leggiadri Galanni, Giuseppe, La Portia. Comedia [B. Giunta?, Florence, 1550?]"). In anni recenti La Porzia è stata edita da B. Nicolini col titolo Una commedia antispagnuola del Cinquecento. La Porzia di Giuseppe Leggiadro Gallani (Napoli 1962). La commedia, convenzionale per trama e personaggi, è sostenuta da un fortissimo spirito antispagnolo che anima la descrizione degli eventi.

Di qualche anno successiva è la composizione di una tragedia in cinque atti, la Dido, dedicata a Ottavio Farnese e conservata nel manoscritto Parmense 3800 della Biblioteca Palatina di Parma, un codice cartaceo del sec. XVII in 4°, legato in cartone. Nella tragedia, modellata secondo gli stilemi classici, spicca per intensità e forza la figura della protagonista, che riscatta la convenzionalità della trama. Nel prologo il G. fa riferimento a un'opera omonima composta da L. Dolce nel 1547, sostenendo di aver scritto la Dido molti anni prima e di averla affidata a un amico abbandonando Parma. Secondo la testimonianza di I. Affò (p. 49), infatti, quando papa Paolo III nominò duca di Parma e Piacenza Pier Luigi Farnese, nell'agosto 1545, il G. - da sempre fedele a Ottavio - preferì lasciare la città e si recò a Napoli, forse proprio su suo incarico (Nicolini in Una commedia antispagnuola, cit., p. 114). A Napoli fu al servizio di alcuni nobili locali pur continuando a dedicarsi alacremente all'attività letteraria.

La fedeltà del G. al duca Ottavio trovò la sua massima espressione nel poemetto La guerra di Parma, da lui composto poco dopo lo scoppio (maggio 1551) della guerra che vide contrapporsi i Francesi, di cui era alleato Ottavio, e il nuovo papa Giulio III, che contava sull'appoggio di Carlo V. Del poemetto venne stampata nel 1552 dal parmense Seth Viotto un'edizione in quattro canti. Nel corso dello stesso anno, dopo la tregua stipulata dalle parti in aprile, vide la luce un'edizione in sette canti - sempre presso Viotto -, intitolata La guerra di Parma nuovamente con la giunta ristampata, e corretta. Il poemetto sviluppa la tematica storica, che ne costituisce l'asse portante, con uno stile didascalico e monotono, mosso solo da una certa vivacità nella descrizione delle battaglie, in cui viene esaltato il coraggio dei membri della famiglia Farnese impegnati nella guerra.

Vasta fu la produzione poetica del G., conservata in una serie di volumi miscellanei: il libro V delle Rime di diversi illustri signori napoletani, e d'altri nobilissimi ingegni, a cura di L. Dolce, Venezia 1552; in due raccolte di G. Ruscelli, entrambe edite a Venezia nel 1555: Tempio alla divina signora Giovanna d'Aragona e I fiori delle rime dei poeti illustri; nel libro IX delle Rime dei diversi autori, a cura di L. Dolce, Venezia 1564. I versi del G., quasi esclusivamente dedicati a tematiche amorose, sono pervasi da echi classicisti e da un gusto profondo per la descrizione del mondo naturale di stampo arcadico. La banalità generale dei componimenti viene talvolta riscattata da una certa grazia che affiora qua e là fra i versi.

Già il Da Erba (c. 201) dava come dispersi un gran numero di componimenti, in poesia e in prosa, del G.: l'Alithea, tragedia musicale; due egloghe pastorali, Fillide e Forza d'amore; il poemetto in ottave La favola d'Adone; una commedia in prosa, Il falso; un Dialogo dei pastori modellato sull'Arcadia di J. Sannazzaro, e un'incompiuta traduzione in ottave della Tebaide di Stazio.

Incerta è la data della morte del G.: il Da Erba, che scrive nel 1572, ne parla come di persona già morta, mentre lo Spreti sposta la data di morte al 1590.

Fonti e Bibl.: Parma, Bibl. Palatina, Parm. 922: A.M. Edoari da Erba, Compendio copiosissimo dell'origine, antichità successi e nobiltà della città di Parma…, c. 201; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, Parma 1789, IV, pp. 49-52; A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani… continuate…, Parma 1825, VI, pt. 2, pp. 497-499; VII, p. 664; A. Boselli, Un poemetto poco conosciuto del secolo XVI: "La guerra di Parma" (estratto dalla rivista Per l'arte, XV), Parma 1913; E. Boccia, La drammatica a Parma (1400-1900), Parma 1913, pp. 75-77.

Vedi anche
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