PICCINELLI, Giuseppe Lorenzo Andrea
PICCINELLI, Giuseppe Lorenzo Andrea. – Nacque a Scanzo, piccolo borgo vicino a Bergamo, il 4 dicembre 1832, unico figlio di Piero, Pietro Bortolo all’anagrafe (1807-1878), stimato medico del paese, e di Carolina Giovanetti (1806-1834).
I genitori, sposatisi a Bergamo il 27 novembre 1830, vissero nella villa di famiglia a Scanzo, dove i Piccinelli si erano trasferiti nel 1715 dal vicino Comune di Nembro.
Il 22 agosto 1849 Piccinelli terminò i due anni di studi filosofici presso l’Imperiale regio liceo di Bergamo e il 17 febbraio 1855 conseguì la laurea in giurisprudenza e scienze politiche all’Università di Pavia. Questi studi, destinati a rivelarsi preziosi per la sua futura attività imprenditoriale e politica, interruppero la plurisecolare tradizione familiare di medici e farmacisti.
Il 13 agosto 1857 sposò Maria Giulia Brentani (1838-1870), appartenente a una nobile famiglia bergamasca proprietaria di una villa estiva in Scanzo. Dal matrimonio, nel corso dei successivi undici anni, nacquero cinque figli: Carolina (1858), Ursina (1860), Teresa (1864), Piero (Pietro Bortolo all’anagrafe, 1865) e Antonia (1868). Il periodo felice fu interrotto il 9 aprile 1870 quando la moglie morì prematuramente, seguita il 7 maggio 1875 dalla figlia Antonia. Il 30 agosto 1873 Piccinelli sposò Maria Rosa Sirtoli (1845-1919) dalla quale non ebbe figli.
Nel decennio successivo alla laurea si dedicò all’amministrazione dei possedimenti di famiglia a Scanzo, tradizionalmente destinati alle attività vitivinicola e serica. In quegli anni la provincia bergamasca venne colpita dalle gravi infestazioni parassitarie della crittogama delle viti e della pebrina dei bachi da seta. Tali calamità spinsero Piccinelli a cercare nuove opportunità d’investimento. Nel febbraio 1864 individuò nei propri possedimenti di Scanzo calcari marnosi adatti alla fabbricazione di calce idraulica e sperimentò la produzione di questo innovativo legante, cuocendo le marne in un rudimentale forno predisposto nel parco di famiglia e macinando il materiale in un vicino mulino da grano.
La qualità si rivelò ottima tanto da determinare l’immediata costituzione (aprile 1864) di una temporanea società di fatto, la Società per la fabbricazione del cemento idraulico, con la quale avviò i primi investimenti produttivi accompagnati dall’acquisizione di importanti commesse nazionali e internazionali. Il 5 dicembre 1864 la società fu trasformata nell’accomandita Società bergamasca per la produzione dei cementi e delle calci idrauliche, meglio conosciuta come Bergamasca cementi, che entrò immediatamente nel mercato internazionale dei leganti idraulici, fino allora dominato dai produttori francesi, inglesi e tedeschi. Lo sviluppo della società fu rapidissimo grazie all’abilità imprenditoriale di Piccinelli che si riservò la carica plenipotenziaria di direttore generale – mantenuta fino al 1905, anno del suo ritiro per motivi di salute – senza tuttavia attribuirsi diritto di voto in seno al Consiglio di amministrazione e detenendo una quota di minoranza del capitale sociale. Per garantirsi la raccolta dei capitali necessari si avvalse di tutte le potenzialità offerte dall’innovativa forma giuridica della società di capitali.
Tra il 1864 e il 1872 acquisì le piccole realtà locali operanti nel settore, riunendo un nutrito gruppo di capitalisti-finanziatori scelti tra parenti (i Piccinelli di Seriate), affini (i Brentani) e amici, oltre che ingegneri e costruttori edili locali. Nel 1872-88 realizzò l’espansione nazionale a partire dall’acquisizione, l’11 febbraio 1873 (con decorrenza 1° gennaio 1872), della prestigiosa Officina di Palazzolo sull’Oglio (di proprietà della Società ferroviaria dell’Alta Italia), nota in tutto il Paese per la qualità della sua calce idraulica. L’operazione ebbe un’ampia risonanza nel mondo imprenditoriale anche per lo sforzo finanziario messo in atto dalla Bergamasca cementi. Il capitale sociale, infatti, passò da 300.000 lire a 2.500.000 di lire, mentre la capacità produttiva acquisita superava del 40% quella della Bergamasca cementi. Il successo, che aumentò le vendite da 86.000 a 229.000 quintali annui, fu sancito dal cambio di denominazione in Società italiana dei cementi e delle calci idrauliche, più brevemente conosciuta come Italiana Cementi. Per l’acquisizione, Piccinelli fu abile a coinvolgere capitalisti e costruttori della piazza di Milano offrendo la presidenza della società al senatore Francesco Brioschi, ideatore del Politecnico di Milano, il cui prestigio personale consolidò quello della società.
Al termine di questo periodo le dieci officine nella provincia bergamasca e le altre cinque nel centro-nord del Paese, occupavano complessivamente oltre 2000 dipendenti e vantavano una produzione pari a 1.000.000 di quintali annui che, al superamento della crisi economica degli anni Novanta, arrivò nel 1905 a 1.500.000 di quintali. Consapevole del ruolo essenziale svolto dal sistema creditizio nel sostegno allo sviluppo industriale, Piccinelli fu tra i promotori della Banca bergamasca di depositi e conti correnti. Costituita il 6 gennaio 1873, si dimostrò un istituto di credito innovativo e complementare, in termini di prodotti finanziari dedicati alle imprese, rispetto a quelli già operanti sulla piazza bergamasca. Il 21 febbraio 1886 entrò anche nel comitato di sconto (l’attuale Direzione crediti) della Banca mutua popolare di Bergamo, uno dei più importanti istituti di credito locali, mantenendo la carica fino al 1905.
Pioniere e leader nazionale nei leganti idraulici, nelle pietre artificiali e primo in Italia a produrre il cemento Portland artificiale, Piccinelli ricoprì anche molteplici cariche pubbliche nelle quali confermò quella ‘sensibilità sociale’ coltivata nella genealogia familiare e da lui vissuta nella costante ricerca di una difficile, paternalistica e a tratti utopistica mediazione tra accumulazione capitalistica e progresso sociale.
Fu con questa finalità che, parallelamente all’attività imprenditoriale, si impegnò anche nella vita civica e politica. Vicino ai liberali moderati (cattolici di fede monarchica), nel 1860, a soli ventotto anni e quale più giovane consigliere, fu eletto nel primo Consiglio provinciale del nuovo Stato unitario. Riconfermato ininterrottamente fino al suo forzato ritiro nel 1906 fu vicesegretario fino al 1867 e segretario fino 1889, anno in cui venne eletto primo presidente della Provincia (carica precedentemente non elettiva e ricoperta dal prefetto). Fu, al contempo, membro della Deputazione provinciale in due distinti periodi: nel 1860-72 e nel 1880-89. Nel 1893 rifiutò la rielezione a presidente avendo accettato quella nella giunta del Comune di Bergamo con il ruolo di vicesindaco e dove, dal 1879 al 1905, divenne consigliere.
Nel 1868 fu eletto, inoltre, membro del Consiglio della locale Camera di commercio, garantendo presenza e impegno per tutta la sua vita imprenditoriale in un crescendo di consensi. Nel 1885 venne eletto all’unanimità vicepresidente e nel 1901 accettò la presidenza, dopo averla rifiutata dal 1893 per i troppi impegni istituzionali (tra cui anche quello di consigliere nelle amministrazioni di Scanzo e Rosciate, i suoi luoghi natii), carica che mantenne fino al 1906.
La consapevolezza del rapporto simbiotico tra sviluppo economico, istruzione e progresso sociale fu all’origine del suo ingresso nella giunta di vigilanza del Regio istituto tecnico del capoluogo (dal 1878 intitolato a Vittorio Emanuele II), fondato nel 1861 e primo istituto tecnico dell’Italia postunitaria. Entrato nel 1866 in rappresentanza del Consiglio provinciale, proseguì dal 1883 al 1906 su designazione della locale Camera di commercio. Nel 1885 fu tra i promotori della prestigiosa Scuola industriale (poi intitolata a Pietro Paleocapa), emanazione dell’Istituto tecnico, portata a esempio di eccellenza dal ministro di Agricoltura industria e commercio.
Si adoperò sia nel garantirle adeguati contributi da parte degli industriali locali sia nel merito dell’indirizzo degli studi allo scopo di mantenerlo aderente alle specifiche e mutevoli esigenze del tessuto produttivo locale e ottenendo, nel 1901, dal ministero dell’Istruzione la piena autonomia della scuola, in deroga alle disposizioni nazionali. Sensibile alle problematiche sociali, particolarmente accentuate dall’instabilità dello sviluppo capitalistico in atto, si distinse per originalità anche nell’ambito della previdenza a favore dei suoi dipendenti. Piccinelli dispose, in totale solitudine rispetto al mondo imprenditoriale, l’elargizione di un contributo da parte dell’Italiana Cementi a favore della Società di mutuo soccorso costituitasi tra i suoi operai, consapevole della scarsità di fondi reperibili tra essi stessi.
Oltre agli importanti riconoscimenti ottenuti e alle numerose medaglie vinte nelle fiere internazionali per la qualità dei leganti idraulici, Piccinelli venne insignito dei titoli di commendatore della Corona d’Italia, di cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro e, l’8 dicembre 1904, di cavaliere dell’Ordine al merito del lavoro per lo sviluppo dato all’industria dei cementi italiani.
Il 6 novembre 1904 fu protagonista di un ultimo risultato storico, questa volta per il mondo cattolico osservante che, sebbene riunito nel partito clericale, era escluso dalla vita politica nazionale per effetto del non expedit pronunciato da Pio IX nel 1868. Dopo che il 17 ottobre 1904, in vista delle elezioni politiche, una delegazione bergamasca ottenne l’autorizzazione da Pio X, i clericali sostennero la candidatura di Piccinelli in qualità di esponente del partito liberale a loro gradito. Risultò uno dei tre deputati lombardi nel Parlamento nazionale della XXII legislatura eletti, per la prima volta, con il voto esplicito dei clericali. Decise, conseguentemente, di abbandonare tutti gli impegni assunti nelle istituzioni locali allo scadere dei relativi mandati. Mantenne la sola carica di direttore generale dell’Italiana Cementi e, nell’estate del 1905, avviò un grandioso progetto per il suo rilancio, che prevedeva l’unificazione di tutti gli opifici della provincia bergamasca in un unico nuovo imponente impianto, tecnologicamente all’avanguardia, da realizzarsi alle porte del capoluogo, strategicamente prossimo allo scalo ferroviario. Era l’agosto 1905 e Piccinelli trascorreva le vacanze estive nella sua villa di Scanzo lavorando al progetto quando fu colpito da una trombosi. Sopravvisse, ma al prezzo di un’infermità permanente che determinò il suo forzato ritiro a vita privata. Con Piero, suo unico figlio maschio, già impegnato con successo in una propria attività imprenditoriale, furono i fratelli Pesenti a raccogliere l’eredità di Giuseppe Piccinelli.
L’accomandita Fratelli Pesenti fu Antonio, fondata nel 1878, era stata l’unica realtà locale che aveva resistito alle acquisizioni di Piccinelli, e si rivelò anche l’unica in grado di intervenire. Nel 1906 fu perfezionata la fusione tra le due società che attribuì ai tre fratelli – Carlo, Cesare e Daniele Pesenti – il 60% della nuova società: la Società italiana dei cementi e delle calci idrauliche - Società riunite Italiana e Fratelli Pesenti che, nel 1927, assunse la definitiva denominazione di Italcementi.
Ritiratosi nella sua villa di Scanzo, morì il 24 dicembre 1910.
Fonti e Bibl.: Tutte le fonti utilizzate – reperite negli archivi della Camera di Commercio, della Provincia di Bergamo, del Comune di Bergamo, della Italcementi, negli archivi parrocchiali e all’Archivio di Stato di Bergamo – sono dettagliatamente indicate in G. Beltrame, Giuseppe P.: tra imprenditorialità ed impegno civico, Brembate di Sopra, 2009.
C. Besana, Esperienze imprenditoriali nel Bergamasco tra Restaurazione e primi decenni postunitari, in Storia economica e sociale di Bergamo, IX, Bergamo 1994, pp. 177-218; Id., L’associazionismo imprenditoriale tra crisi agraria e prima guerra mondiale, ibid., X, Bergamo 1996, pp. 225-264; P. Bolchini, Dalla manifattura rurale all’industria, ibid., XI, Bergamo 1997, pp. 13-48; Id., Banche banchieri a Bergamo nell’Ottocento, ibid., XII, Bergamo 1997, pp. 11-68. Sull’Italcementi C. Fumagalli, La Italcementi. Origine e vicende storiche, Bergamo 1964; anche G. Subbrero, La grande avventura del cemento (1864-1964), in Storia economica e sociale di Bergamo, XI, Bergamo 1997, pp. 215-270; V. Zamagni, Pesenti, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXXII, Roma 2015, pp. 612-617.