CASAREGI, Giuseppe Lorenzo Maria
Nacque a Genova il 9 ag. 1670 da Giandomenico, in una famiglia non iscritta nel Libro d'oro della nobiltà genovese.
Dell'attività di Giandomenico fornisce notizie nella sua opera lo stesso C.: lo ricorda nel 1691 membro del Consiglio di giustizia del ducato di Parma e Piacenza e, qualche anno più tardi, inviato, sempre dai Farnese, a reggere "suamet imperia Ulyssipone". Altrove sono ricordati i servizi resi e i favori ricavati durante un soggiorno francese come funzionario regio ad Arras. Fu anche alle dipendenze della Repubblica di Genova, reggendo nel 1649 il vicariato di Rapallo e nel 1655 quello di Chiavari. Giandomenico ebbe altri quattro figli: Giovanni Bartolommeo, letterato di buona levatura e fama; Maria Anna, che sposò Nicola Maria Bernabò, giureconsulto collegiato; Bianca Maria Pellegrina, che sposò Bonaventura Scotto, e Maria Cattarina, che sposò il conte Giuseppe d'Aubert, console di Francia a Genova.
L'iter degli studi del C. è del tutto simile a quello dei giovani della sua epoca e della sua condizione sociale. La prima formazione avvenne in Genova, nelle scuole gesuitiche, ed è lo stesso C. a ricordarlo nel suo primo scritto. Nella biografia premessa all'edizione veneziana, scritta dal fratello Giovanni Bartolommeo, si parla di un libello di epigrammi (non pervenuto) e di studi di latino e di filosofia. Il riferimento ai gesuiti potrebbe peraltro riguardare la sua prima formazione giuridica: si ha infatti notizia di scuole gesuitiche aperte a Genova tra il 1634 e il 1640 in cui si insegnava anche il diritto canonico. Per i corsi di diritto civile, l'incertezza riguardante la loro regolare esistenza è maggiore. Il C., comunque, aggiungeva agli studi teorici la pratica presso il giureconsulto Gian Pietro Grimaldi. Seguì poi un periodo di studio nell'università di Pisa, tra il 1686 e il 1691: anche relativamente a questi anni non vi sono riferimenti nell'opera del C., ma nella biografia curata dal fratello vengono ricordati come suoi maestri Brondi, Lopez e Farsetti. Tornato a Genova, il C. sostenne nel 1691 l'esame di laurea, che era l'unico mezzo per entrare a far parte del Collegio dei giureconsulti e poter intraprendere la professione forense.
Ottenuta il 25 giugno 1691 la laurea in utroque, il C. venne iscritto nella matricola il 25 agosto dello stesso anno e, contemporaneamente alla professione legale, iniziò la pubblicazione di opere dottrinali: egli stesso ricorda come all'età di ventun anni avesse concluso la sua opera di commento ad alcuni titoli degli statuti di Genova. Al fine della ricostruzione della sua biografia, queste Elucubrationes pongono il problema di un eventuale collegamento con un'altra attività che gli viene attribuita nellostesso periodo, cioè quella di professore. La notizia ci viene dal fratello, nella biografia più volte ricordata, in questi termini: "ibique [cioè a Genova] primus post illius Universitatis instaurationem per aliquot tempus ius civile publice interpretatus est". Più volte ripresa, ma mai controllata, questa notizia pone alcuni problemi di attendibilità.
Decisamente contrarie alla sua veridicità sono le informazioni ricavabili dall'Isnardi, autore dell'unica opera informata sulla università di Genova, il quale non ritrova tracce di insegnamento di tipo universitario sino al sec. XVIII inoltrato. Data l'importanza pubblica della istituzione, il silenzio dei documenti ufficiali e degli annalisti sembra argomento determinante a favore di tale opinione, unito alla circostanza che negli anni successivi gli studenti genovesi continuavano a recarsi in altre università per compiere i propri studi giuridici (come si ricava dalle procedure di ammissione al Collegio).
L'attività principale del C. dal momento della sua iscrizione al Collegio (1691) fino al 1717, quindi per 26 anni, fu quella di avvocato, consulente, arbitro e giudice svolta, secondo un documento del 1707, in uno studio aperto "nelle vicinanze di Canneto", cioè nella parte più antica di Genova, dove esiste un "vico del Casareggio". Le tracce di tale attività si ritrovano specialmente nei Discursus, buona parte dei quali riguarda cause genovesi in cui il C. è presente a qualche titolo. Nei volumi di allegationes posseduti da quasi tutte le biblioteche genovesi è poi possibile trovare ulteriori esempi della sua attività di legale. Tra esse è soprattutto famoso un parere a favore delle comunità di Albenga per una controversia di giurisdizione con Alassio, ricordato anche nella biografia scritta dal fratello.
La fama di avvocato del C. superò presto i confini della Repubblica, come è provato dalla richiesta di consigli proveniente da altri Stati; nell'ottobre 1617 egli fu chiamato dal granduca di Toscana a far parte della Rota di Siena. Il soggiorno senese fu brevissimo, perché solo due mesi dopo il C. passò alla più importante Rota di Firenze, dove operò per circa un ventennio. Le carte e le collezioni di sentenze rotali, oltre agli stessi Discursus, ci tramandano una vasta documentazione di questo periodo. Gli ottimi rapporti con i Medici lo portarono ad ottenere l'ammissione al Consiglio di giustizia granducale e cospicui favori.
Gli ultimi anni della sua vita furono funestati da una grave malattia, e il fratello, attribuendola all'eccesso di studio e di lavoro, racconta che fu sopportata con grande forza d'animo.
Il C. morì a Firenze l'8 agosto 1737, senza lasciare figli: nella chiesa di S. Agostino la sua tomba, con inciso un epitaffio dettato dal fratello, è ormai scomparsa.
La prima opera a stampa del C. è costituita dalle Elucubrationes ac resolutiones in aliquot et ad integra statuta de decretis ac de successionibus ab intestato Serenissimae Reipublicae Genuensis. Scritte nel 1691 e pubblicate dapprima a Genova nel 1697, furono ristampate nell'edizione veneziana dell'Operaomnia del 1740 con Additiones et Adnotationes. Oltre che per alcuni interessanti spunti dottrinali - quali il rapporto tra diritto statutario e diritto comune (ripreso nelle opere successive), il valore della communis opinio e un atteggiamento antiecclesiastico in materia successoria, l'opera si segnala per il quadro dell'ambiente politico e forense di Genova.
Segue poi l'opera maggiore del C., i Discursus legales de commercio, che raccoglie il frutto dell'attività legale, come avvocato e come giudice, svolta prima a Genova e poi a Firenze. L'opera è costituita in gran parte da pareri legali del C. e da sentenze della Rota fiorentina da lui stese. Comprende anche un certo numero di sentenze di altri tribunali e pareri di altri autori.
I primi cinquanta discursus furono stampati a Genova nel 1707 e ripubblicati, sempre a Genova, nel 1897-1900 a cura di U. Carcassi e P. Cogliolo. In essi gli apporti esterni sono molto limitati: vi sono due sentenze della Rota di Genova, con commento del C. (d. 10 e d. 13), e un voto del padre Giandomenico (d. 23). Quanto agli argomenti, è rispettato il riferimento a temi mercantili, che, sia pure in carenza di una visione sistematica o di una successione cronologica, sembrano porsi come un blocco abbastanza omogeneo.
Lo stesso non può dirsi per i settanta discursus successivi (da 51 a 120), che, unitamente ai primi, confluiscono in una edizione fiorentina del 1719 dell'editore Bernardo Paperini. La maggior parte (in particolare gli ultimi quaranta) sono allegazioni unite senza particolare criterio e senza riguardo alla materia mercantile (si discute di dote, di tasse, ecc.). Alcuni sono sentenze di tribunali (soprattutto la Rota fiorentina) e pareri legali, non del C., privi di commento. Rimane l'impressione che, per rendere più corposa l'opera, il C. abbia inserito tutto quello che riteneva valido della sua precedente attività, anche se non strettamente afferente al tema prescelto.
I discursus da 121 a 186, che si aggiungono ai precedenti e completano nel 1729 l'edizione fiorentina, sono invece generalmente più attinenti al tema che il C. intende illustrare, cioè il commercio, ma hanno la particolarità di essere in maggioranza sentenze della Rota fiorentina, provenienti quindi da una meditazione collegiale, anche se scritte e motivate dal Casaregi. I rimanenti discursus sono ancora interventi pro veritate del C., in cause soprattutto genovesi, e sentenze di altri tribunali, con poco o nessun commento.
I discursus finali (da 187 a 226) sono aggiunti editorialmente nell'edizione veneziana delle opere curata (1740) dal fratello Giovanni Bartolommeo e dal giurista ed amico del C. Gian Francesco Brandi, i quali, sulla scorta degli appunti dell'autore, corredarono di additiones anche i discursus precedenti. Si ha l'impressione di una utilizzazione completa di tutto il materiale trovato presso il C., e da questo conservato in quanto interessante ai fini dei propri studi. Accanto a decisioni della Rota fiorentina sono collocati alcuni suoi pareri e riflessioni su punti o questioni specifiche, ma soprattutto molte sentenze della Rota fiorentina stese da altri. Il Brandi curò anche indici molto completi ed utili, data la non sistematica trattazione degli argomenti. Le additiones sono per lo più aggiunte di citazioni o brevi spiegazioni, probabilmente scritte dal C. sui margini delle copie personali delle edizioni precedenti, ed incorporate dagli editori.
I Discursus sono quindi opera formata alluvionalmente, con stratificazioni successive, ed è necessario, nel valutarli, tenere conto della loro singola origine, separando la prima parte genovese, prevalentemente di origine avvocatesca, da quella toscana, con preponderanza di sentenze rotali che, pur vedendo il C. come estensore, presuppongono valutazioni collegiali e collegamenti con i precedenti giurisprudenziali dello stesso tribunale. L'opera rimane soprattutto una raccolta di casi pratici, nella tradizione delle raccolte consiliari, e non ha mai la pretesa di porsi come una organica trattazione dottrinale: il C. non ha fini di sistematicità, ma di utilità per la pratica. Entro questi confini, spesso richiamati, egli ottiene risultati magari frammentari ma importanti per il futuro sviluppo della dottrina commercialistica, soprattutto in materia di cambi (che tratta senza falsi moralismi), di assicurazioni e di girata cambiaria. L'attenzione per il commercio marittimo è preponderante: avarie e cambi marittimi sono oggetto di numerosi discursus e vengono sempre investigati a fondo. Meno approfonditi ed originali appaiono i riferimenti ed argomenti maggiormente afferenti alla tecnica marinaresca, così come non particolarmente perspicui risultano i discursus più strettamente di diritto civile.
Un giudizio negativo su quest'opera, formulato da Goldschmidt, è ripreso da Lattes in questi termini: "...raccolta senza alcun ordine di dissertazione e pareri altrui annotati, quasi tutti su casi pratici...". Esso rispecchia una valutazione attenta soprattutto agli apporti di sistemazione organica della disciplina mercantile, unita ad una considerazione negativa della letteratura giuridica rivolta alla pratica. La fortuna dell'opera presso i contemporanei ed i posteri potrebbe da sola far sorgere dei dubbi sulla fondatezza di tale giudizio, ma un parere diverso deve soprattutto fondarsi su quanto detto relativamente alla struttura, alla formazione e agli scopi del Discursus, oltre che sulla personalità dell'autore.
A una indiscutibile capacità di cogliere nei singoli casi proposti i più importanti connotati tecnico-giuridici, il C. unisce una cultura commercialistica aggiornata con la dottrina francese, tedesca e soprattutto olandese. Non dello stesso livello risulta la sua cultura letteraria o filosofica: i riferimenti, anche quando si tratta di teologi o di moralisti che si sono occupati di alcuni aspetti della materia mercantile, sono pochi e non particolarmente meditati. Pur se determinato da debolezze culturali, l'atteggiamento del C. si risolve in una spinta al processo di completa secolarizzazione del diritto commerciale, con il rifiuto sostanziale delle implicazioni morali, anche se temperato esteriormente - e si può capirlo, considerati gli ambienti in cui operava - dall'ossequio per le prescrizioni canoniche. È la posizione ideologica di un tecnico che nel microcosmo concettuale e metodologico della propria disciplina si ritiene completo ed appagato, considerando superflui, se non addirittura devianti, gli apporti esterni. Fondamentale si rivela anche il contributo del C. al processo - peraltro già avanzato - di progressiva autonomizzazione dello ius mercatorum, con il rilievo concesso all'equità, alla buona fede ed a particolari prassi negoziali e processuali: questo si accompagna però con un atteggiamento di diffidenza nei confronti dei mercanti che vogliono ingerirsi in funzioni (ad esempio di giudici) che egli ritiene monopolio del ceto dei giuristi. Tornano in luce le convinzioni, già espresse nella sua prima opera, sul ruolo del ceto dei giuristi e le lamentele sul loro basso livello tecnico e morale.
Da collegare ai discursus è il Quintin Weitsen Tractatus de avariis cum observationibus Simonis a Leewen et Matthaei de Vicq, in novum Methodum ad faciliora usum ad eodem Ioseph Maria de Casaregis accomodatus:l'opera, pubblicata a Genova nel 1707 in appendice ai primi cinquanta discursus, è ristampata nell'edizione fiorentina del 1729 e nell'Operaomnia a Venezia nel 1740. Il trattato, composto tra il 1554 e il 1563 fu edito nel 1617 per la prima volta con le note di Leewen e di de Vicq, fondamentali da un punto di vista dottrinale. Gli interventi del C. sono di scarsissimo rilievo: egli evidentemente ritiene l'opera un utile complemento ai suoi Discursus e un veicolo per la migliore conoscenza in Italia di un ambiente dottrinale all'avanguardia nel campo del diritto marittimo.
Le ultime due opere del C. sono in volgare: in primo luogo Il Consolato del Mare colla spiegazione di Giuseppe Lorenzo Maria Casaregi, stampata per la prima volta a Firenze nel 1719. Più volte ristampata (Lucca 1720, Venezia 1737, Livorno 1738, Venezia 1802, Torino 1911) e compresa nell'Operaomnia. Anche a proposito di quest'opera l'intervento del C. è abbastanza limitato. Una "chiara e puntuale non meno che succinta spiegazione" del Consolato. glisembre utile complemento ai Discursus (è lo stesso C. che lo dice nell'introduzione), dal momento che gli succede di "vedere... da alcuni Procuratori e Causidici, non molto intendenti delle cose alla mercatura spettanti, ... adolterato frequentemente, e dirò così, straziato lo schietto sentimento di alcuni de' mentovati capitoli, come degli oracoli si costuma, ciascuno facendola da Indovino, ed in quella parte traendoli, che più glitorna, con notabile pregiudizio, di troppo creduli e inesperti clientoli".
Il risultato è un'operazione letteraria abbastanza singolare, quasi una traduzione della versione italiana del Consolato, condotta secondo i criteri che il C. ha enunciato: una versione che sia "chiara", poiché il testo che circolava, risalente a tre secoli prima, conteneva oscurità di senso e spesso anche di logica (e il C. provvede a trasporre il tutto in un linguaggio molto piano); una versione "puntuale", e, in realtà, la fedeltà al testo, che ha per le mani anche in spagnolo e in francese, è pressoché completa; infine, l'ultimo proposito è una versione "succinta", che il C. ottiene con l'omissione dei brani del Consolato che non hanno carattere dispositivo, ma semplicemente esplicativo e discorsivo. Il tutto è integrato con scarni riferimenti bibliografici, in maggioranza richiami alle opere del Targa e di altri marittimisti ed ai commenti al Consolato. La fortuna della Spiegazione (ormaiil Consolato sarà stampato con questa integrazione), pur considerando i limiti dell'intervento del C., è una ulteriore riprova della sua sensibilità e del suo atteggiamento di disponibilità quasi didattica nei confronti della pratica e dei suoi problemi. È un'operazione modesta che sfiora, nella spiegazione di alcuni capitoli, la banalità, ma che pone nelle mani degli operatori del diritto, anch'essi modesti nella media, uno strumento finalmente chiaro.
Da ultimo va ricordata, quell'"opera pratica e legale", come la definisce lo stesso C., che è Il Cambista istruito per ogni caso de' Fallimenti o sia istruzione per le piazzemercantili:edito a Firenze nel 1723 e nel 1729 (con integrazioni), a Venezia nel 1737 e nel 1740, nell'Operaomnia. Nell'edizione del 1723 vi è una Giuntad'alcune decisioni confacevoli allamateria delladecozione de' mercanti, checomprende due decisioni della Rota romana, sei della Rota fiorentina col C. uditore, e un'integrazione ai discursus 59, 60 e 61. Il C., rispettando ancora una volta le proprie scelte dottrinali, tende a chiarire alcuni punti controversi a proposito del rapporto tra fallimento e lettera di cambio e a difendere il più possibile l'elemento di buona fede dei negozi mercantili.
Fonti e Bibl.: Per notizie sulla famiglia, cfr. Genova, Arch. storico comun., fondo mss.: S. Della Cella, Famiglie di Genova antiche e moderne, estinte e viventi, nobili e popolari (ms. del 1789), IV, 2, lettera C, pp. 20 s.; vari docum. si trovano anche nell'archivio della famiglia Bernabò di Genova e sono stati cortesemente forniti dai proprietari insieme a una allegazione manoscritta del C. in data 22 sett. 1707. Altre allegazioni si trovano, sempre a Genova, nella Bibl. univ. e nella Bibl. giuridica P. E. Bensa. La laurea del C. è edita parzialm. da E. Bensa, Il Collegio dei giurisperiti di Genova, Genova 1897, pp. 49-55, mentre a p. 42 si trovano i dati sulla iscrizione al Collegio (altri documenti al proposito sono in Archivio di Stato di Genova, Notai Ignoti, Collegio dei dottori, filza n. 231); notizie sulla vita e le opere sono in G. B. Casaregi, Auctoris vita, in G. L. M. Casaregis Opera, Venezia 1740, I, pp. XIII s.; G. Somis di Chiavrie, Dello allegare nel foro i dottori, Genova 1823, pp. 42-45; G. B. Belloro, G. C., in L. Grillo, Elogio dei liguri illustri, Genova 1846, 11, pp. 345-353; G. B. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, Genova 1858, V, pp. 115 s.; L. Isnardi, Storia della università di Genova, I, Genova 1861, pp. 85 s.; T. Giannini, Profili stor., I, G. L. M. Casaregis, in Arch. giuridico, LIII (1894), pp. 508-512; O. Sciolla, Discorso sopra il Consolato del Mare colla spiegaz. di G. L. M. C., in Il Consolato del Mare colla spiegaz. di G. L. M. C., Torino 1911, pp. IX-XXXI; A. Lattes, L'Università di Genova, Genova 1923, pp. 19 s.; Id., Casaregi (o Casaregis) G. M. L., in Enciclop. Italiana, IX, Roma 1931, p. 284; G. Barni, G. M. L. C., in Il Porto di Genova, Genova 1953, pp. 45 s.; M. Chiaudano, Casaregi (o Casaregis) G. L. M., in Novissimo Digesto Ital., II, Torino 1958, pp. 980 s. Per la valutazione del C., oltre alle opere precedenti, cfr. L. Goldschmidt, Die Werke des Casaregis, in Zeitschrift für das Gesammte Handelsrecht, X (1867), pp. 468 ss.; E. Bensa, Il diritto marittimo e le sue fonti, Genova 1889, p. 36.