FERRETTI, Giuseppe Luigi (Gino)
Nacque ad Acireale (Catania) il 30 marzo 1880 da Carlo Alberto, piemontese, e da Maria Venuti, siciliana, ambedue insegnanti. Cresciuto "in una città di preti, ma anche di anarchici" (Raya), venne maturando come "un anarchico così disperato di non poter realizzare l'anarchia, da aderire al comunismo con punte savonaroliane" (ibid.). Già tra l'infanzia e l'adolescenza, secondo la testimonianza dello stesso F., cominciò ad elaborare l'"effettiva problematica filosofica" che trovò poi, intorno ai quarant'anni, una prima organica definizione. Nel 1894 morì la madre e il F. iniziò una lunga peregrinazione per l'Italia, vivendo in varie città, soprattutto a Firenze e Roma. Iscrittosi alla facoltà di legge, "per vedere di approfondire la questione sociale" (G. Ferretti, in Filosofi che si confessano, Messina 1948, p. 124), l'abbandonò per dedicarsi alla pittura. Sposatosi nel 1899 con Grazia Sinatra, cercò di superare la crisi ideologica e spirituale dando vita con la moglie, nel 1902, ad un "cenobio laico a Monte Mario", in cui un "quintetto di missionari tolstoiani" cercava di "ridare senso alla vita" (Raya) attraverso il lavoro (soprattutto agricolo), l'impegno educativo e uno stretto dialogo con la natura, vivendo anche profondi vincoli di amicizia. Fu questa un'esperienza breve, ma assai significativa.
Ripresi gli studi "in tradizionali facoltà filosofiche", cercò di "slargare" la propria formazione seguendo, a medicina, corsi di anatomia, biologia, fisiologia, di psichiatria e di psicologia. Svolse i suoi studi universitari "vagando" tra le università di Catania, di Roma, di Firenze e di Napoli, dove nel 1905 si laureò con una tesi sull'"Io" -, in cui il F. affrontava il problema della scelta personale nell'azione volontaria. Vinta una borsa di studio per specializzarsi in Germania, seguì i corsi di O. Külpe a Würzburg e a Lipsia, occupandosi anche di pedagogia e di pedagogia sperimentale. Aderì all'idealismo assoluto, soprattutto nella sua variante gentiliana, e se ne fece convinto difensore in sede filosofica e pedagogica. Vinto un concorso per l'insegnamento della pedagogia nelle scuole normali, fu a Cagliari e in altre città italiane. Dal 1913 diresse la scuola elementare annessa all'istituto magistrale "Vittoria Colonna" di Roma, dove venne sperimentando alcuni principi innovatori della didattica. Interventista nel 1915, sarà poi un deciso antifascista, anche se, in un primo tempo, oppositore dentro il sistema e soltanto in un secondo momento netto oppositore al sistema.
Per questi suoi rapporti conflittuali col fascismo, il F. iniziò e poi interruppe la collaborazione all'Enciclopedia Italiana, per la quale stese due sole voci: Abitudine e Alfabeto nell'insegnamento; giurò fedeltà al regime, ma fu a lungo, a Palermo, un sorvegliato speciale della polizia.
Dal 1929 infatti il F., che dal 1924 fino al 1928 era stato professore di pedagogia all'università di Catania, insegnandovi anche filosofia, era passato ad insegnare pedagogia nell'università di Palermo, dove restò fino alla morte.
Certamente a Palermo fu un maestro di antifascismo, anche se era ormai isolato all'interno dell'università e nell'ambito della vita culturale e civile della città. Gli anni oscuri della dittatura fascista furono però quelli in cui egli portò a maturazione il suo pensiero filosofico e pedagogico, allontanandosi gradatamente, ma decisamente, dall'idealismo e portandone avanti una critica radicale, per approdare ad un "orientamento fenomenistico-relativistico-prammatistico" che si definisce come "estetismo".
Il suo allontanamento dall'idealismo avviene in opposizione ai residui dualistici che vengono a minarne il carattere teoretico innovatore, rivolto, almeno intenzionalmente, a saldare più intimamente il conoscere e il fare, la natura e lo spirito. Da questo dualismo non superato si genera nell'idealismo un errore ulteriore: la valorizzazione della trascendenza, perfino nel suo aspetto religioso tradizionale. Rifiutato il "formalismo trascendentale e dialettico" dell'idealismo, F. intende avviarsi verso un idealismo critico, nettamente contrapposto a quello "magico" gentiliano, che superi ogni dualismo e ponga al centro l'attività creatrice dell'uomo. Di qui nasce l'approdo del F. all'estetismo, in cui venivano fatte rivivere alcune istanze del positivismo, soprattutto pedagogico, quali i richiami allo studio della psicologia della coscienza e dell'inconscio per comprendere adeguatamente l'attività propria dell'uomo e per fissarla nella sua costitutiva creatività, emblematicamente rappresentata dall'attività estetica. L'arte realizza, infatti, il più compiuto immanentismo, poiché "la vita come arte" è "gioia dell'assoluta forma, è evidenza come valore, della Forma nella sua piena qualificata concretezza".
Su questi temi filosofici il F. tornava a più riprese in vari scritti fino al volume Estetismo, pubblicato a Palermo nel 1940, mentre veniva anche mettendo a punto il suo pensiero più strettamente pedagogico. La sua pedagogia si articola intorno a quattro temi fondamentali: la centralità dell'invenzione; lo studio della mente infantile; la didattica come poesia; la scuola-teatro.
F. espose le sue tesi in molti saggi, corsi universitari e articoli, poi in gran parte raccolti nelle edizioni postume dei suoi scritti: Vita del bambino (Napoli 1956) e L'uomo nell'infanzia (Bologna 1959). Centrale resta, soprattutto, lo scritto del 1945 L'educazione quale invenzione. Secondo il F. è necessario però, per realizzare veramente un'"educazione come invenzione", avere una conoscenza adeguata del bambino, del suo mondo psichico e della sua evoluzione mentale. A questo obiettivo ha dedicato molti saggi volti a cogliere la specificità della mente infantile e il suo carattere "magico". Scritti come Silvana o la danza, del 1919, o Il bimbo che ride, del 1922, Ilbimbo mago, del 1924 e 1925, Il disegno dei fanciulli e l'origine musicale dell'espressione figurativa e Lalage o il canto, del 1927, Prima infanzia e esteticità, del 1929 (tutti ripubblicati nella raccolta di scritti ferrettiani Vita del bambino, Napoli 1956) oppure gli studi sulla psicologia del lattante o sul parallelismo tra spiegazioni religiose del mondo e rappresentazioni dei fanciulli sviluppano una precisa concezione della mente infantile come contraddistinta dal carattere "magico", cioè fantastico e ludico, in cui gioco e lavoro non sono distinti, in cui predomina l'attività estetica, piuttosto che quella scientifica o tecnica; carattere che si manifesta nel riso, nella danza, nel canto, espressioni che fanno del bambino un "poeta". In questi lavori il F. riprende le tesi sviluppate da G. Gentile nei suoi Preliminari allo studio del fanciullo, del 1921, delineando poi, del parallelismo fissato da Gentile tra fanciullo e artista, le conseguenze educative e didattiche. Per il F., però, l'identità magica dell'infanzia va compresa e meglio conosciuta anche attraverso l'indagine "pedologica", che deve tener conto di tecniche narrative d'indagine (quali i diari) come pure di metodologie scientifiche, osservative e sistematiche. In queste sue ricerche il F. si avvicina significativamente ai risultati delle indagini svolte da J. Piaget intorno agli aspetti cognitivi dell'infanzia, che ne sottolineano il carattere egocentrico e ludico-operativo, la mentalità "animistica" e "realistica" che la avvicina ai popoli primitivi e ai loro tentativi di spiegazione del mondo. In questo carattere "magico" della mente infantile si colloca anche la sua profonda ispirazione religiosa, rivolta ad una visione unitaria e assoluta del reale, connessa col senso del divino, ma che non dovrà mai connotarsi in senso "positivo", secondo un dettato confessionale, il quale, in realtà, viene a snaturare questa religiosità originaria. Religiosità e religione, per il F., nettamente si oppongono e tra esse l'educazione non può che operare una scelta radicale, in nome della religiosità, come esplicitamente egli sostiene nel saggio del 1923 su Il fanciullo e la religione (in L'Educazione nazionale, V[luglio-agosto 1923]).
L'educazione come invenzione e la concezione del bambino come "mago" esigono un rinnovamento profondo della didattica, che deve porre al centro l'attività del bambino e il rispetto e la valorizzazione della sua specifica mentalità. Tutto l'insegnamento deve qualificarsi come estetico, deve essere attivo e magico, deve farsi "poesia". Anche, e soprattutto, l'insegnamento scientifico, della matematica e delle altre scienze.
Nel 1928 il F. aveva affrontato l'argomento in un saggio edito a Milano: Scienza come poesia. L'invenzione matematica nella scuola degli elementi. Poiché il bambino è poeta, in quanto "il suo atteggiamento di fronte al mondo è di costruttore, operatore, attore", la didattica di ogni disciplina deve tener conto di questa sua natura estetica e collegare lo sviluppo del pensiero formale e delle conoscenze al carattere ludico e produttivo della mente.
Nel corso degli anni Quaranta si attuarono due profonde trasformazioni nel profilo politico e culturale del Ferretti. Dal '43 si impegnò a fianco degli alleati per rinnovare la scuola italiana in senso laico e antifascista; nel dopoguerra aderì al comunismo. Contemporaneamente egli avviava una revisione del suo pensiero filosofico, che lo conduceva ad esiti materialistici. Documenti essenziali e significativi della sua evoluzione politica sono i Consigli per la modernizzazione della scuola elementare, pubblicati a Palermo nel 1943, elaborati dal F. per il governo militare alleato in Sicilia, e l'importante scritto La rivoluzione del mondo è cominciata, uscito a Palermo nel 1947, che testimonia la sua piena adesione al comunismo; sul piano filosofico il passaggio dall'estetismo al materialismo è ben indicato dal volume Analisi della coscienza (ivi 1944) e dai saggi raccolti nel volume uscito postumo nel 1951 a Palermo, Materialismo.
Nei Consigli, redatti su richiesta del pedagogista americano C. Washburne, che lavorava presso la sottocommissione alleata per l'educazione, il F. reclamava una scuola fondata sull'indagine e attenta a delineare nelle menti infantili una nuova concezione della storia, evolutiva e democratica, ma soprattutto una scuola laica. Proprio su quest'ultimo punto si manifestarono le nette opposizioni della Chiesa cattolica, che portarono ad un allontanamento del F. dai lavori della sottocommissione e ad una redazione più conservatrice dei Consigli. Intanto anche nella facoltà di lettere a Palermo, della quale era preside, il F. cercò di rinnovare il curriculum di studi, aprendolo alle lingue moderne e alle scienze.
Dopo aver aderito al marxismo e fatta propria la sua istanza di rivoluzione sociale, il F. fu candidato, nel 1948, come indipendente nelle liste del Blocco del popolo in Sicilia.
Quanto al suo pensiero filosofico e pedagogico, già nel 1944, definendo la coscienza "non nel solo senso psicologico cartesiano o nel senso dualistico-formalistico kantiano o nel senso empiristico pur sempre dualistico, ma come la totalità dell'esperienza-azione in atto", si avvicinava ad una visione materialistica dell'esperienza, fondata sul riconoscimento delle sue fondamentali radici economiche e sociali. Negli scritti degli anni successivi il F. si legava ancora più esplicitamente ad un "materialismo storico rinnovato", il quale pone al centro "l'esigenza fondamentale di Marx, di una nuova analisi della coscienza che provasse, nella materia di questa, inscindibile l'esperienza dell'azione", e che anche si proponesse "come il senso immanente della storia e dell'educazione".
Il F. morì a Palermo il 31 ott. 1950, lasciando, soprattutto in Sicilia, un intenso ricordo della sua opera e della sua personalità decisamente anticonformista, e alcuni scritti inediti, tra i quali un interessante saggio su Il sogno, pubblicato postumo a Roma nel 1964.
Bibl.: U. Spirito, L'idealismo italiano e i suoi critici, Firenze 1930, pp. 212-220; D. Di Giorgi, La critica estetistica all'idealismo di G. F. e Ugo Spirito, Palermo 1942; G. M. Bertin, L'estetismo materialista di G. F., in Rivista critica di storia della filosofia, VII (1952), pp. 312-17; G. Palumbo, G. F. filosofo e pedagogista, in Rassegna di pedagogia, X (1952), pp. 313-322; G. Raya, Profilo di G. F., in G. Ferretti, L'uomo nell'infanzia, Bologna 1959, pp. VII-LX; V. D'Alessandro, G. F. e il rinnovamento della pedagogia, Firenze 1959; L. Borghi, Ilproblema dell'insegnamento della religione nelle scuole italiane nel pensiero di G. Gentile e G. F., in Scuola e città, XII(1961), pp. 221-27; R. Fornaca, La pedagogia italiana del Novecento, Roma 1979, ad Ind.; I contemporanei, a cura di M. Laeng, Firenze 1979 ad Ind.; L. Lombardo Radice, Postfazione/Testimonianza, in G. Biondi-F. Imberciadori, ... Voi siete la primavera d'Italia. L'ideologia fascista nel mondo della scuola. 1925-43, Torino 1982, p. 202; G. F., Catania 1983; L. R. Patané, G. F. e il fascismo, in Scuola e città, XXV(1984), pp. 97-101.