GIANELLI, Giuseppe Luigi
Nato ad Abano Terme, presso Padova, da Antonio e Francesca Zecchinelli il 10 luglio 1799, dopo aver superato gli studi di grammatica e umanità presso il collegio dell'abate F. Dianin e quelli ginnasiali nel seminario patavino, si iscrisse al corso di medicina nell'Università di Padova.
Sulla sua formazione scientifica esercitarono una non trascurabile influenza il fratello della madre, Gian Maria Zecchinelli, professore a Padova e medico ispettore sanitario delle terme di Abano; e soprattutto Francesco Luigi Fanzago, docente di medicina legale e polizia medica nell'Università patavina.
Conseguite nel 1821 le lauree in medicina e in chirurgia, l'anno successivo il G. fu nominato medico delle terme di Abano, San Pietro Montagnana e Montegrotto, e nel settembre dello stesso anno ottenne l'impiego di medico vaccinatore della città di Padova, nel circondario della parrocchia degli Eremitani. Nominato assistente nell'ospedale di Padova il 1° nov. 1822, lasciò tale incarico dopo breve tempo: era infatti divenuto allievo interno dell'Istituto di perfezionamento chirurgico di Vienna, la prestigiosa istituzione che accoglieva i più promettenti tra i giovani medici che erano prescelti a frequentarlo. Rimase a Vienna dal dicembre 1823 all'aprile 1826, ottenendo il diploma di chirurgo operatore e maturando anche una buona esperienza nelle sale mediche. Aveva intanto orientato i suoi interessi medico-scientifici nel campo della medicina e della sanità pubblica: tornato in patria, nel 1827 fu nominato medico provinciale per la delegazione di Belluno; quindi, in considerazione dei suoi meriti culturali e professionali e della stima che aveva di lui il Fanzago, nel dicembre 1830 fu chiamato all'Università di Padova a insegnare medicina legale e polizia medica. Di questo insegnamento fu poi confermato professore di ruolo con decreto del 25 luglio 1835.
Appena assunto l'incarico universitario, il G. si trovò a fronteggiare il grave pericolo del colera che minacciava il territorio italiano. Già chiamato nel 1831 a far parte di una commissione incaricata di esaminare l'idoneità di locali adattati alla funzione di lazzaretto quando l'epidemia infieriva nei paesi vicini, al primo apparire del flagello nel territorio italiano, nell'ottobre 1835, gli furono provvisoriamente affidate le funzioni di medico provinciale di delegazione in Padova.
Gli studiosi di polizia medica, coscienti della scarsa conoscenza dell'igiene sociale da parte della generalità dei medici pratici, si interrogavano sulla natura dei morbi epidemici, ancora velata da misteri e oggetto di non poche incertezze interpretative. Inseritosi autorevolmente nel dibattito, il G. fu tra i protagonisti di quella riabilitazione culturale della medicina che si affidava allo strumento della stampa periodica e della pubblicistica, consapevole dell'importanza della divulgazione come uno degli strumenti più importanti ed efficaci per l'affermazione della razionalità della scienza medica. Egli riteneva di primaria importanza l'esigenza di educazione e di crescita culturale della popolazione così come la necessità di convincere del ruolo e della funzione sociale il medico impegnato a garantire il progresso igienico della nazione; e che dovesse essere affidato ai medici, arricchiti dalle nuove conoscenze, il compito non solo di istruire il popolo, ma anche di illuminare il politico. Attratto da questa dimensione dell'impegno medico, il G. lasciò ben presto l'insegnamento universitario per dedicarsi totalmente all'esercizio della medicina pubblica.
Vinto il concorso per il posto di proto-medico consigliere di governo di Milano, già coperto da A. Mosetig e resosi libero nell'agosto 1836, al quale avevano partecipato alcuni tra i più autorevoli rappresentanti della medicina lombarda del tempo, il G. assunse il nuovo ufficio nel 1838, e da allora si dedicò, per 35 anni, al lavoro nelle magistrature sanitarie, con l'incarico di sovrintendere e vigilare su tutti i problemi della sanità pubblica e della sua organizzazione: ospedali, condotte sanitarie, farmacie, cimiteri; istruzione medica, ostetrica e zooiatrica; vigilanza e difesa per contrastare i morbi epidemici, epizootici e contagiosi. Non tralasciò, comunque, la ricerca scientifica, ma, trasferito il suo impegno di studioso dalle aule universitarie alle strutture amministrative, fu autore di una ricca produzione scientifica.
Nel 1848 fu coinvolto nelle vicende politiche risorgimentali e ne subì conseguenze che influirono negativamente sul suo ruolo pubblico: infatti, essendogli stata confermata la piena fiducia dal governo provvisorio milanese, con la restaurazione del 1849 gli fu revocato l'ufficio. Negli anni successivi visse piuttosto ritirato, dedito ai suoi studi, e rifiutò altri incarichi. Fu comunque presidente dell'Accademia fisio-medico-statistica di Milano e membro dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, e in queste sedi ebbe modo di coltivare e ampliare molti dei suoi interessi scientifici. Provvisto di mezzi, di padronanza delle lingue straniere e di buona cultura, viaggiò molto per arricchire le sue conoscenze mediche. Tornò a interessarsi più attivamente delle questioni sanitarie pubbliche dopo il 1861 nel rinnovato clima del Regno d'Italia: accettò nuovamente incarichi e per una decina d'anni partecipò ancora con autorevolezza ai dibattiti scientifici dell'igiene e della politica sanitaria.
Profondamente versato nelle materie politico-legali applicate alla medicina, il G. lasciò numerosi scritti scientifici distinguibili in tre filoni: polizia medica e igiene, giurisprudenza medica e medicina giudiziaria. Fino dall'inizio della sua attività aveva dato prova di una buona inclinazione alle discussioni di dottrina e di uno spiccato intuito risolutivo nell'ordinamento delle questioni pratiche. Durante gli anni della permanenza alla direzione della magistratura sanitaria milanese si era dedicato all'approfondimento teorico di alcune problematiche e la sua produzione scientifica lo collocò tra i più noti rappresentanti di medicina pubblica, esperto ascoltato nelle molte questioni di igiene e di polizia sanitaria dell'epoca. Collaborò con regolarità a importanti testate di giornalismo scientifico e sviluppò un impegno anche pubblicistico soprattutto dopo il suo ritiro dall'ufficio.
Tra i suoi primi lavori scientifici si trova la memoria Dei soccorsi reclamati dalla scienza e dalla umanità a salvamento dei sommersi in Padova, letta il 23 giugno 1835 ed edita a Padova nello stesso anno. Nel breve periodo trascorso alla direzione della cattedra di Padova si era dedicato alla stesura di un Trattato di medicina pubblica, di cui apparve un volume a Padova nel 1836. La trattazione avrebbe dovuto articolarsi nelle tre sezioni di medicina legale, polizia medica e giurisprudenza della medicina, ma la pubblicazione si limitò alla prima parte che, in un centinaio di pagine, affrontava i preliminari, i cenni storici e la discussione sulla finalità e le avvertenze da seguire nell'esercizio della medicina legale. Nello stesso anno aveva dato alle stampe a Padova il discorso Della influenza della medicina pubblica sul benessere fisico e morale dei popoli.
Dopo il suo trasferimento a Milano, orientati decisamente i suoi interessi scientifici nei campi della medicina e della sanità pubblica, si inserì nel dibattito allora in corso intorno ad alcuni temi sociali, quali quelli della salute dei lavoratori, dell'igiene pubblica e degli stabilimenti industriali insalubri. Trattò Dei miglioramenti sociali efficaci e possibili a vantaggio degli agricoltori e degli operai nel Discorso letto in occasione della distribuzione dei premi d'industria il giorno 30 maggio 1847 (Milano 1847), in cui affrontava il limite di età nell'ammissione dei fanciulli in fabbrica. Sul grave problema della pellagra promosse a Milano una commissione stabile e propose giunte comunali per la statistica e per i soccorsi ai pellagrosi nel Lombardo Veneto. Studiò la piaga del cretinismo e i possibili interventi contro la diffusione della idrofobia. A fronte delle gravi condizioni degli infermi indigenti e dei rischi per la salute delle classi povere, sostenne la difesa del ruolo delle condotte mediche che erano veicolo di beneficenza e fulcro di igiene rurale. Dimostrò attenzione al problema allora assai dibattuto delle carceri e del trattamento dei carcerati: confidando nella funzione rieducatrice della pena, si univa a quanti si opponevano alle condizioni di incarceramento che mortificano la persona e invocavano una riforma degli istituti, e propendeva per il sistema cellulare, mitigato da visite, istruzione, esercizi corporali e lavoro. Partecipò anche alla discussione sulla realtà del manicomio milanese, che costituì per molto tempo uno dei principali problemi sanitari della città, e fu tra quanti sostennero con argomentazioni scientifiche la necessità di sostituire la vecchia sede della Senavra (La necessità del manicomio milanese dimostrata dalla storia e dall'igiene pubblica. Memoria, Milano 1856).
Dimostrò precisi orientamenti di posizione nel dibattito scientifico ancora assai complesso sui morbi epidemici e sulle difese possibili dalle epidemie. Già nella sua esperienza a Padova si era dovuto confrontare con il grave problema del colera che si affacciava proprio allora in Europa. Tornò più volte ad affrontare le diverse questioni che questa malattia poneva, legate alle perduranti incertezze interpretative d'epoca, sulla natura "contagiosa" o "epidemica" del male. L'intreccio tra la rilevanza di interessi economico-commerciali e la debolezza delle posizioni mediche teneva aperta la discussione sui provvedimenti di quarantena e sull'isolamento dei viaggiatori provenienti da zone sospette, che molti ritenevano ancora facoltativi. Il G. si schierò, con casistica e argomentazioni, tra i sostenitori di opportuni provvedimenti contumaciali, opponendosi a quanti dubitavano della natura contagiosa. L'aumentata facilità e rapidità dei viaggi faceva agitare sempre la questione delle quarantene e l'assemblea medico-politica di Costantinopoli nel 1866 assodava la dottrina profilattica avviata dal G., proponendo alcune riforme al sistema contumaciale: La questione delle quarantene nel cholera presso la Conferenza internazionale di Costantinopoli. Note (Padova 1866).
Affrontò lo studio medico-legale delle ferite nell'articolo Su le lesioni e ferite considerate sotto l'aspetto medico-legale (in Gazzetta medica italiana - Lombardia, s. 3, t. III, 5 genn. 1852, pp. 1-5): prendendo spunto da un lavoro di Antonio Tarchini-Bonfanti sull'insufficienza della legislazione austriaca sull'argomento, pubblicava le sue considerazioni intorno a principî generali della questione che era solito proporre nel suo insegnamento padovano e che si pongono come una ordinata suddivisione dei criteri utili a esprimersi sulla maggiore o minore gravità delle lesioni, sulle varietà di casi e circostanze, sulla complessità delle norme dei codici a guida dei medici chiamati a esprimersi. Proseguì la discussione soffermandosi specialmente sul ruolo dei periti nel giudizio in un ulteriore lungo articolo dal titolo Commento ai principj medico legali su le lesioni violente nel quale fa d'uopo condurre il discorso su la qualificazione di perito data ai medici, su lo studio della medicina legale necessario ai medici ed ai giurisperiti e su le providenze legislative desiderate sull'argomento (ibid., 8 e 15 marzo 1852, pp. 77-94).
In una recensione al volume pubblicato a Londra da F.H. Burgess nel 1852 sul clima italiano in rapporto all'esigenza di cura della tisi polmonare, appariva interessato alle questioni allora assai dibattute sulla topografia e la geografia medica (ibid., t. V, 13 febbr. 1854, pp. 66-68). Compì una rassegna comparata d'igiene delle nazioni europee, frutto dei suoi viaggi all'estero: le osservazioni compiute in Germania furono raccolte nella memoria La giurisprudenza della medicina in Prussia. Memoria (Milano 1854).
Nel clima rinnovato del paese, dopo l'Unità d'Italia, tornò a interessarsi maggiormente agli aspetti medico-politici. Pubblicò L'uomo e i codici nel nuovo Regno italico; commentario medico legale (ibid. 1860) e La medicina e i medici nei codici e presso i tribunali del Regno d'Italia. Memoria (ibid. 1863). Dimostrò una competente attenzione anche per le discipline psichiatriche e criminologiche che stavano avviando in quel periodo la costituzione di un dottrinario da confrontare con i codici e con le problematiche dell'imputabilità dei malati di mente. Si occupò in alcune memorie delle difficoltà degli esami medico-legali nei casi di alienazione mentale e dei mezzi d'indagine degli stati psichici (Sulle cause che escludono o diminuiscono l'imputabilità secondo il progetto di codice penale diramato nell'agosto 1867. Memoria, ibid. 1867; Sulle cause fondamentali di incapacità criminale state ritenute nell'ultimo progetto di codice penale del Regno. Considerazioni, Padova 1868; L'uomo e i codici di giustizia punitiva progettati pel Regno d'Italia. Memoria, Milano 1870). Partecipò alla discussione sull'insegnamento e l'esercizio dei vari rami di medicina in Italia (Sulla libertà dello studio e insegnamento…, ibid. 1862). Nel 1870 pubblicò a Padova un contributo Sopra alcune farmacopee nuove e desiderate sotto forma di lettera al prof. F. Coletti.
Nel 1858, come presidente dell'Accademia fisio-medico-statistica di Milano intervenne alla commemorazione di Luigi Sacco, l'apostolo della vaccinazione in Italia, con un discorso pubblicato in Monumento al cavaliere dottore Luigi Sacco eretto nello spedale Maggiore ed inaugurato il 29 aprile 1858, Milano 1858, pp. 11-16. Della sua competenza sul tema del vaccino resta ampia testimonianza nella memoria La vaccinazione e le sue leggi in Italia, ibid. 1864, che si inserì nel dibattito sulle problematiche di purezza e di vigore delle fonti per l'efficacia dell'innesto vaccino: questo scritto contiene un elenco cronologico di tutti i suoi lavori attinenti la medicina pubblica, apparsi fino al 1863. Un ricordo del suo maestro di medicina legale si trova nell'Orazione funebre in onore di Francesco Luigi Fanzago letta nella cattedrale di Padova il 28 maggio 1836, pubblicata a Milano nel 1869.
Membro di diverse accademie e società scientifiche, fu socio dell'Accademia di scienze, lettere e arti di Padova, e attivo sostenitore dell'Associazione medica italiana. Membro straordinario della Commissione superiore di sanità, fu eletto presidente onorario del congresso medico di Roma dell'autunno 1871. Era stato designato a partecipare al congresso di Londra per la riforma penitenziaria. A Roma, ove si era recato per partecipare ai lavori della Commissione di sanità, cadde malato: curato dall'amico Francesco Cortese, nonostante le precarie condizioni di salute volle affrontare la via del ritorno verso casa.
Nella sosta a Firenze morì il 18 febbr. 1872.
Fonti e Bibl.: Necr. in Gazzetta medica italiana - Provincie venete, 1872, n. 8, p. 64; Annali universali di medicina e chirurgia, CCXIX (1872), pp. 447-449; Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, VI (1873), pp. 656-663; Arch. di Stato di Milano, Uffici regi, p.m., 540; O. Andreucci, Della vita scientifica di Luigi G., s.l. 1872; B. Panizza, Sul merito di G. G. rispetto alla medicina civile. Discorso inaugurale… nella aula magna della R. Università di Padova il dì 16 novembre 1874, Padova 1874; C. Crestani - M. Rippa Bonati - B. Tamiso, La storia dell'insegnamento della medicina legale in Padova, in Rivista italiana di medicina legale, XIV (1992), pp. 921-941; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte, II, p. 546 .