MANZONI, Giuseppe
Nacque a Venezia, il 2 genn. 1742, da Giacomo, "cartèr" cioè venditore di carta, e da Teresa Venanzio.
In occasione del matrimonio dei genitori del M., nel 1739, il nonno paterno Iseppo dichiarò di essersi trasferito a Venezia da Barzio, in Valsassina, nel 1682.
A tredici anni, nel 1755, il M. risulta chierico ascritto alla chiesa parrocchiale dei Ss. Apostoli in cui risiedette tutta la vita; l'anno successivo ricevette la tonsura. Fu ordinato sacerdote il 15 marzo 1766. Ugualmente precoce deve essere stato il percorso negli studi. Dalla dedica della sua prima opera pubblicata, all'età di 18 anni, Varj capricci in lettere (Venezia 1760) - che contiene prose satiriche e rime "bernesche" - sappiamo che aveva avuto come maestro di filosofia il domenicano G.A. Ricciotti, lettore di filosofia in Siena. Alla fine degli anni Cinquanta fu partecipe delle riunioni e delle discussioni che animavano e dividevano la città per impulso dell'Accademia dei Granelleschi, di cui fece parte nonostante il suo nome non compaia negli Atti e nelle raccolte ufficiali, come attesta Carlo Gozzi, il principale ispiratore dell'Accademia, nelle sue Memorie inutili (I, Venezia 1797, p. 250). Intorno al 1758 il M. era stato cofondatore, insieme con Giannantonio De Luca e un altro chierico, dell'Accademia dei Planomaci, della quale fu segretario; con il nome di Filalete "tra i Planomaci" firmò molte sue opere.
Alla fine degli anni Cinquanta il M. già traeva sostentamento dall'insegnamento privato, dedicandosi alla scuola di eloquenza e belle lettere, erede del tradizionale corso grammaticale e retorico, e poi ai corsi di filosofia e teologia. Dalla pratica della "scuoletta" nacquero le operette successive, che ebbero successo non solo nei territori della Repubblica veneta: le Favole ad uso dei fanciulli, pubblicate a Venezia nel 1761 e poi almeno cinque volte prima della fine del secolo; e nel 1762 le Regole per bene scrivere l'italiano ad uso delle scuole (ibid.), poi riunite in uno stesso volume che offriva ai maestri testi semplici da far leggere e studiare agli alunni.
Nelle due lucide prefazioni sono denunciati "i pregiudizi […] ne' primi ammaestramenti"; "Non prima i fanciulli hanno apparato l'abbicì ed a compitar un tal poco che tosto a loro si danno a leggere libri che né intendono né apportano loro diletto"; "Sanno appena balbettare i fanciulli, che i maestri tostamente loro porgono ad istudiare l'Alvarro, od il Poretti", cioè le vecchie grammatiche latine, senza mai insegnare loro l'italiano. La riproposizione di antiche favole morali in uno scenario contemporaneo e di semplici regole pratiche per parlare e scrivere l'italiano era compatibile con le battaglie combattute, dai Granelleschi contro C. Goldoni e P. Chiari, che vietavano il teatro contemporaneo e i romanzi.
Egli stesso scese in campo con un libello polemico, Riflessioni critiche sopr'alcune proposizioni trovate nel libro intitolato Il genio ed i costumi del secolo corrente proposte al celebre sig. abate Chiari (ibid. 1762).
Spesso attribuita a C. Gozzi, il quale aveva già polemizzato con la stessa operetta francese tradotta e curata da Chiari, la paternità del M. è attestata con sicurezza da opere contemporanee e da esemplari che recano stampato il suo nome. A indurlo a scrivere erano stati l'esaltazione da parte di Chiari dei "libri da trattenimento", definiti la scuola migliore di buon gusto che si potesse aprire allora in Italia, e l'attacco ai grandi padri della lingua italiana, Dante Alighieri e G. Boccaccio sopra tutti, da quello disprezzati come "scrittori di cinque secoli addietro". La scelta stilistica toscana si traduceva nell'opzione per la poesia bernesca, già fatta propria dal Manzoni.
In occasione della quaresima dello stesso 1762, in una piccola raccolta di tre scritti encomiastici nata nella parrocchia, Rime piacevoli… in occasione che finisce le sue quaresimali fatiche… d. G. Teranza preosto di Mantova, pubblicò il poemetto in ottave Le astuzie di Belzebù, ovvero Censura degli abusi del carnovale e della quaresima (Venezia), riedito l'anno dopo per iniziativa di un libraio che annunciò anche la pubblicazione di un volume di lettere di A. Caro, curato dal M., che invece non fu stampato.
Nella rassegna delle trame messe in opera dal Maligno contro i buoni frutti della predicazione il M. dimostra una facile vena, ben lontana dal modello della poesia dantesca e forse prossima ai cantari popolari e ai vituperati romanzi, che, dopo il Diavolo zoppo di A.-R. Lesage tradotto in italiano fin dal 1716, evocavano schiere di diavoli gobbi, guerci e in seguito perfino innamorati.
Il M. si indirizzò poi verso temi più elevati con Le tre Veneri (Volgare, Apostrofia e Urania) (ibid. 1765), poemetto in 468 endecasillabi sciolti che celebra l'amore coniugale cristiano in occasione delle nozze fra Pietro Leopoldo, arciduca d'Austria, con Maria Luisa, figlia di Carlo III di Borbone re di Spagna. La raffinata edizione di Zatta, impreziosita dalle calcografie di F. Fontebasso, secondo un modello di pubblicazione encomiastica cui il M. ebbe occasione talvolta di partecipare, è dedicata all'imperatrice Maria Teresa. Dopo lo spettacolo immondo e animalesco della Venere "Volgare", la poesia si eleva alla visione celeste guardando a modelli antichi come Virgilio e il Catullo dei Carmina docta, alla poesia stilnovista e al Paradiso dantesco.
Il M. aveva fondato la sua formazione ecclesiastica sullo studio dei Padri della Chiesa, e in particolare di s. Giovanni Crisostomo, che indicava come suo vero maestro di oratoria sacra. Di questo tradusse in versi e stampò per monacazione I precetti alle vergini (s.l. né d.) e Delle lodi della verginità (Venezia 1776). Compose in età giovanile una Parafrasi mistica del Cantico dei cantici (edita forse a Venezia nel 1763) e La continenza vincitrice. Poemetto dedicato a s. Luigi Gonzaga (ibid. 1786).
Frattanto aveva trasformato la sua casa in un vero collegio privato, frequentato da chierici e pochi laici cui il M. insegnava personalmente filosofia e teologia (confutando autori contemporanei come J.-J. Rousseau e Voltaire, o antichi come Lucrezio). Nell'insegnamento era coadiuvato da alcuni sacerdoti amici, fra i quali ebbe un ruolo di rilievo Sante della Valentina, poi benemerito cappellano della Scuola grande di S. Rocco in età napoleonica, che divenne depositario dei manoscritti del M., mentre questi era ancora in vita, nonché curatore di tutte le sue opere.
Nel 1780 quest'ultimo curò l'edizione dei Ritratti critici, ovvero brevi pitture dei vizi e delle stravaganze di questo secolo (Venezia), forse lo scritto più interessante del M., composto intorno al 1760.
Quest'opera, essendo per il M. impraticabili la forma narrativa del romanzo e la stessa novella, riprendeva il modello antico di Teofrasto, per facilitare gli esercizi di lettura di scolari e lettori comuni. Si delineano 200 brevi ritratti di individui chiamati con nomi d'invenzione e tipizzati con tratteggio spesso felice: in quest'opera egli diede il meglio di sé, rivelando una buona conoscenza della società nei suoi diversi strati sociali, nel genere maschile e femminile.
Intorno al 1780 soffrì di una grave malattia nervosa (Zabeo), che lo indusse, probabilmente, a limitare la predicazione solo ai fedeli della sua parrocchia e delle chiese veneziane, per non trascurare l'insegnamento quotidiano (in passato aveva predicato anche fuori di Venezia, fin da prima dell'ordinazione sacerdotale: a Vas nel Bellunese nel 1764 e poi a Montebelluna, a Treviso e a Brescia nel 1776).
Dal 1779 al 1809 furono dati alle stampe a Venezia i suoi Sermoni, Panegirici e le Lezioni catechistiche in molti volumi editi per associazione. Alle scuole indirizzò altri manuali, come Gli elementi dell'arte logico-critica del sig. abate Antonio Genovesi sucosamente, e in lingua volgare ridotti a dialogo (ibid. 1776) e il Libro dei fanciulli ovvero idee generali delle cose nelle quali devono essere ammaestrati, traduzione dal francese talvolta attribuitagli ma edita già nel 1753 e da lui forse solo revisionata e accresciuta. Nel 1810 per confutare La tirannide di V. Alfieri pubblicò i Dogmi di fede definiti dal sacro concilio di Trento…, affermando che "oltre che democratico nella politica, Alfieri è vero eretico in teologia".
Il M. morì a Venezia l'11 ott. 1811.
Le sue opere scolastiche furono ristampate in numerose edizioni fino alla metà dell'Ottocento. G. Leopardi, che nello Zibaldone lamenta la mancanza di buone letture destinate ai fanciulli, nel 1827 accolse cinque favolette del M. nella sua Crestomazia della prosa italiana.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. P.D., C.4.1-5: G. Tassini, Cittadini veneziani, III, pp. 155 s.; Codd. Cicogna, 2999.10 e 3207.9 (pp. manoscritte del M. con notizie autobiografiche); 2186: S. della Valentina, Memorie de' preti secolari alunni delle chiese parrocchiali di Venezia, che si distinsero in fatto di scienze e lettere nel sec. XVIII (1808); Venezia, Arch. stor. del patriarcato, Parrocchia di S. Maria Formosa, Registri dei battesimi, reg. 11; Curia patriarcale, Sez. antica, Examinum matrimoniorum, reg. 214 (1739); Ibid., Legitimitatum, reg. 30 (1741-58); Archivio segreto, Clero, Ordinazioni, reg. 32; Ibid., Clero. Stato personale, reg. 3; Parrocchia dei Ss. XII Apostoli, Registri dei morti, reg. 19; Ibid., Seminario patriarcale, Mss., 316.5: G.A. Moschini, Catalogo dei preti veneti che si distinsero per letteratura nel sec. XVIII (in collab. con G.M. Dezan; Moschini è autore di un Elogio del M. letto in seminario nel 1831, perduto); C. Gozzi, Memorie inutili, Venezia 1797, I, p. 250; G.A. Moschini, Della letteratura veneziana del sec. XVIII, III, Venezia 1806, p. 35 (ricorda il M. solo come oratore sacro); P. Zabeo, Pei solenni funerali… di d. G. M., canonico di Nona, già consultore del S. Uffizio… Orazione, Venezia 1811 (elenca anche i numerosi mss. inediti, ora perduti); A. Orsoni, Storia della chiesa parrocchiale dei Ss. Apostoli, Venezia 1826, pp. 31-33; M. Battagia, Delle accademie veneziane. Dissertazione storica, Venezia 1826, pp. 81-83 (riporta, sotto la data errata del 1740, la notizia corretta del M. fondatore dei Planomaci); Biografia universale antica e moderna, XXXV, Venezia 1827, pp. 171 s.; E. De Tipaldo, Biogr. degli Italiani illustri, VIII, Venezia 1841, pp. 375-379 (J. Crescini); G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia…, Venezia 1855, pp. 255 s.; A. Tessier, Avvertimento e Annotazioni, in G. Manzoni, Tre novellette ed altri brevi scritti…, Venezia 1880, rispettivamente alle pp. 9-11, 23-27; V. Malamani, Una giornalista veneziana del sec. XVIII, in Archivio veneto, II (1891), p. 265 (si dà notizia di una relazione amorosa del M. con Elisabetta Caminer); P. Bosisio, Carlo Gozzi e Goldoni. Una polemica letteraria…, Firenze 1979, pp. 393, 405 s.; A. Vianello, L'opera letteraria di G. M. (1742-1811), tesi di laurea, Univ. degli studi di Padova, a.a. 1991-92; P. Lucchi, Nascita del libro di lettura, in L'editoria del '700 e i Remondini. Atti del Convegno, … 1990, a cura di M. Infelise - P. Marini, Bassano del Grappa 1992, pp. 123-149, 155.