BIANCHINI, Giuseppe Maria
Nacque a Prato il 18 nov. 1685 e vi ricevette la prima formazione letteraria, integrata poi enciclopedicamente, sotto la guida di ottimi maestri come il Meslier e il Marchetti, da studi filosofici compiuti in Firenze presso il convento di S. Maria Novella, e di giurisprudenza, storia ecclesiastica, scienze matematiche a Pisa, dove s'era trasferito nel 1705 e dove il 25 marzo 1709 si laureò in utroque iure; verso la fine di quell'anno, sempre a Pisa, fu ordinato sacerdote. Si dedicò quindi per un certo tempo, dietro invito del vescovo di Pistoia e Prato Michele Visdomini Cortigiani, alla lettura ed esposizione delle opere dei Padri della Chiesa, fra i quali predilesse s. Bernardo. Nominato da un altro vescovo di Pistoia, mons. Federico Alamanni, vicario foraneo e pievano di S. Pietro ad Aiolo, cominciò, mentre attendeva degnamente al ministero ecclesiastico, a partecipare alla vita culturale dei suoi tempi come membro di varie accademie. Già il giovanile soggiorno fiorentino lo aveva immesso, nel 1704, fra gli Apatisti e, due anni dopo, nell'Accademia Fiorentina, di cui fu presto uno dei soci più attivi, in amichevole collaborazione con uomini di sicura dottrina e di grande prestigio come i due Salvini e il Magliabechi.
Fece parte degli Arcadi di Roma col nome d'Idaste Dindimenio, degli Innominati di Bra in Piemonte con quello di Accorciato, dei Rinvigoriti di Foligno con quello di Stabile, della Società Colombaria nel 1741 e della Crusca nel 1742. Morì a Prato il 17 febbr. 1749.
La partecipazione alle attività accademiche gli aprì naturalmente la strada della corrispondenza diretta e indiretta, attraverso la fitta trama di rapporti culturali stabilitasi allora in Italia, con alcuni dei maggiori esponenti della repubblica letteraria, dal Muratori al Crescimbeni, dal Manfredi al Gigli, dal D. M. Manni al Maffei, mentre laboriosamente componeva, in linea col più temperato poligrafismo settecentesco, opere storico-erudite e "lezioni" accademiche, che ebbero un buon rilievo nella stima comune per la sicurezza dell'informazione e il tratto limpido e civile della pagina. Il Mazzuchelli ne fornisce un catalogo, ma conviene precisare che il manipolo dei commenti a passi del Della Casa, del Varchi, del Petrarca e di Dante, e particolarmente l'assai poco conosciuta Difesa di Dante (1715), offrono interessanti spunti di una lettura più aperta e spregiudicata di quella tradizionalmente connessa a preconcetti umanistici. Il modo in cui il B. difende il sommo poeta dalla secolare accusa di aver usato voci "rancide e malgraziose" prefigura infatti, sia pur timidamente, un più maturo indirizzo esegetico che verrà condiviso dai moderni, puntando sull'esigenza di interiorizzare e storicizzare il linguaggio, connettendolo dinamicamente con la personalità dell'autore e con la varietà eccezionale dei soggetti da lui accostati, e giungendo per questa via a intuire la complessità, risolta in unità, delle forze operanti nell'ideazione e nella risoluzione poetica della Commedia.
Pure notevoli, ma sul piano documentario, come miniera di dati che saranno usufruiti dalle storie successive, il trattato Della satira italiana, censurato aspramente dal Baretti; l'Apologia per le stampe d'Italia, vasta rassegna della produzione letteraria e scientifica italiana degli ultimi cent'anni, intesa al fine patriottico di tutelare la nostra reputazione contro il giudizio di frivolezza pronunciato dal Maffei; e la serie dei ritratti storici Dei Gran Duchi di Toscana, volti a illustrarne le benemerenze mecenatistiche, lavoro caldamente lodato dal Muratori.
Opere: Oltre alle traduzioni, prefazioni e minori scritture erudite,Tre lezioni dette pubblicamente nell'Accademia Fiorentina, Firenze 1710(rispettivamente sulla prima terzina del Paradiso, sul sonetto del Petrarca "Sì come eterna vita è veder Dio", sul sonetto pastorale di Benedetto Varchi "Cinto d'edra le tempie intorno intorno"), poi riprodotte in Racc. di prose fiorentine, V, 1, Venezia 1754, pp. 85 ss., 96 ss., 104 ss.; Della satira italiana. Trattato, Massa 1714, stampato con la Dissertazione sull'ipocrisia de' letterati, Firenze 1729e Rovereto 1759(cfr. G. Baretti,La Frusta letteraria, 15febbr. 1764: vedi edizione a cura di L. Piccioni, Bari 1932, I, pp. 271-74); Difesa di Dante Alighieri detta nell'Accademia Fiorentina l'anno 1715..., con Lettera a un religioso nella quale si dimostra che la lettura di Dante è molto utile al predicatore, Firenze 1718; Lezione o sia ragionamento sopra il sonetto di mons. Giovanni Della Casa "Curi le paci sue chi vede Marte", in G. Della Casa,Opere, V, Venezia 1729, p. 243; Lezione in difesa di mons. Della Casa da una critica di Udeno Nizieli,ibid., p. 255; Apologia per le stampe d'Italia, in A. Calogerà,Racc. d'opuscoli scientifici e filologici, II, Venezia 1729, pp. 89-174; La villeggiatura. Dialogo nel quale si discorre sopra un giudizio dato da P. I. Martelli intorno al poetare del Menzini e d'Alessandro Guidi, Firenze 1732.
Bibl.: Giorn. de' letterati d'Italia, II (1710), pp. 243-55; XIX (1714), pp. 414-15; XX (1715), pp. 296-316; XXX (1718), pp. 390-92; F. A. Zaccaria,Storia letter. d'Italia, Venezia 1753, I, pp. 315-24; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1185-90; Novelle letterarie, Firenze, I (1740), coll. 84-87; XVII (1756), col. 503; XXXVIII (1787), col. 596; F. Inghirami,Storia della Toscana, XII, Fiesole 1843, pp. 260s.; A. Neri,Una lettera di G. B., in Giorn. stor. d. letter. ital., III, 6 (1885), p. 305;A. Panella,Firenze e il secolo critico della fortuna di Dante, in Arch. stor. ital., LXXIX (1921), I, pp. 97-122, e spec. pp. 101 s.