BUINI (Bovina, Buina), Giuseppe Maria
Nacque a Bologna tra il 1680 e il 1695. Non si conosce molto sulla vita e sulla formazione artistica di questo compositore, organista, poeta dialettale e librettista bolognese, uno dei rarissimi esempi di operisti-librettisti del sec. XVIII. Sembra che nel 1719 si stabilisse a Venezia, dove, nello stesso anno e in quello successivo, fece rappresentare numerose opere, tra cui La pace per amore, per la quale aveva composto la musica in collaborazione con F. Chelleri, su libretto di A. Schietti; La caduta di Gelone, su testo di F. Rossi; Armida delusa (sono del B. sia il libretto sia la musica; nel libretto presenta quest'opera come "suo primo abbozzo di penna"); Il Filindo, pastorale eroica su libretto dell'abate P. d'Averara; Gli inganni fortunati, pastorale su libretto di B. Valeriani (già musicata dal Chelleri con il titolo La caccia in Etolia). Nel 1720 fece pubblicare a Bologna un libro di Suonate per camera da cembalo,ò violino,e violoncello... Opera prima, suonate che, nella dedica a G. B. Giovannelli, nobile veneto, confessava essergli "gratissime".
Nel 1721 contrasse matrimonio con Cecilia (Cecchina) Belisani, figlia del cantante buffo Francesco e, a sua volta, cantatrice nota sui palcoscenici del Veneto, della Lombardia e dell'Emilia, interprete poi, sovente, delle opere del marito. Ritornato a Bologna, probabilmente dopo il matrimonio, compose, su libretto di A. Zaniboni, l'oratorio S. Petronio vescovo e protettore di Bologna, che venne eseguito la sera del 1º nov. 1721 a Bologna nella chiesa dei padri filippini detti della Madonna di Galliera. Questo lavoro e il suo primo - e forse unico - libro di Suonate... a stampa furono in grado di aprirgli le ambite porte dell'Accademia filarmonica della sua città natale rigidamente chiuse ad autori non ben qualificati: fu aggregato, infatti, nell'ordine dei compositori l'11 sett. 1721 (nel libretto dell'oratorio S. Petronio..., che è del 1721, il B. infatti è indicato come accademico filarmonico, mentre nella Serie cronologica del Martini l'anno di aggregazione è spostato al 1722); nel 1739 venne nominato "principe" della stessa Accademia, titolo che gli fu rinnovato per la seconda volta nel 1735.
Nel 1723, insieme con altri, divenne impresario del teatro Formagliari (come risulta da un documento - scoperto al Fitzwilliam Museum dal Dent -, nel quale il suo cognome è scritto Bovina, mentre la firma in fondo dice chiaramente G. M. Buini): carriera che è possibile seguire con una certa precisione, nelle sue alterne fortune, grazie alla cronaca contemporanea Lo Zibaldone,ossia Giornale di Antonio Barilli bolognese,di quanto è seguito in Bologna (conserv. in manoscritto, n. 225, presso la Bibl. univers. di Bologna), che ci attesta come alcune opere allestite dal B. suscitassero grande concorso di pubblico anche da altre città (per es. Marco Attilio Regolo di A. Scarlatti, ottobre 1724), altre avessero buon successo per la parte comica che "particolarmente incontra a meraviglia" (Albumazar, libretto e musica del B., carnevale 1727), o riuscissero "alquanto piacevoli essendovi una compagnia di bravissimi ballerini" (Teodorico, libretto di A. Salvi, musica del B., ottobre 1728), mentre altre ancora venissero giudicate con una certa severità, come "opera musicale da puoco prezzo..." (La ninfa riconosciuta, libretto di F. Silvani, musica del B., dicembre 1723) o addirittura lavoro "di puoco divertimento, senza conseguenza...", come l'Adelaide (libretto del Salvi, musica del B. e di altri, primavera 1725).
Negli anni seguenti il B. probabilmente divise la sua attività e permanenza tra Bologna e Venezia (come testimoniano le numerose rappresentazioni di sue opere sui teatri di queste città); nel 1731 risulta che anche a Fano venne messo in scena un suo divertimento comico dal titolo Fidarsi è bene,ma non fidarsi è meglio, di cui aveva composto il libretto e la musica e che riscosse notevole successo (come si legge in una lettera - citata dal Dent - da lui inviata il 21 luglio 1731 all'amico U. Zanetti: "...le nuove della nostra opera sono ottime, mentre per grazia di Dio tutto incontra a meraviglia..."); nel 1729, infine, lo si trova a Mantova dove, insieme con la moglie, era entrato al servizio del langravio Filippo d'Assia Darmstadt come "maestro di cappella e di camera" e dove rimase per un periodo imprecisato. Da quel momento le notizie sui suoi spostamenti diventano sempre più scarse, a parte la data e il luogo di rappresentazione di alcune sue opere, come La maschera levata al vizio (libretto di F. Silvani, Bologna 1730, teatro Marsigli-Rossi; altro titolo: Il filosofoipocrita, ibid. 1735); Artanagamennone, "tragichissimo dramma" (Venezia 1731, teatro S. Moisè, altro titolo del Malmocor, 1728); L'ortolana contessa (Venezia 1732, teatro S. Angelo) e Gli amici, "pastoraleper musica" (libretto di P. J. Martelli, Bologna 1734, teatro Formagliari). Solo la notizia della morte - riportata nel già citato Zibaldone del Barilli - interrompe il silenzio sugli ultimi anni del B., che morì il 13 maggio 1739 ad Alessandria della Paglia, dove si era recato, insieme con la moglie, "a farvi un'opera musicale".
Le sue umili origini ("soggetto di bassa estrazione" lo definisce il Fantuzzi) non furono certo un ostacolo per il B. che raggiunse - in ancor giovane età - il successo e la fama nei campi più disparati. Eccellente suonatore d'organo "molto conosciuto in varie città d'Italia...", come si legge in un'anonima Cronologia o sia istoria generale dell'Accademia filarmonica di Bologna (manoscritta, citata dal Vatielli), autore della musica di circa quaranta melodrammi, per otto dei quali scrisse anche il libretto, dette buona prova di sé anche come poeta dialettale. Non solo in diversi suoi libretti introdusse, infatti, personaggi che parlavano in bolognese e - sembra - curò la trasposizione in dialetto bolognese della Secchia rapita del Tassoni (Al trionf di Mudnis pr'una Segia tolta ai Bulgnis. Poema ridicol traspurtà in lingua bulgneisa da un'Accademich dal Tridell. In Modna, 1767), ma nel 1736 scrisse anche un'operetta in sei canti tutta in bolognese, dal titolo L'dsgrazi d' Bertuldin dalla Zena. Miss in rima da Gioseff Mari Buini accademic dal Tridell d' Bulogna (manca la data, ma l'imprimatur è dell'ottobre 1736): rifacimento di un "liberzol" erroneamente attribuito a G. C. Croce, Le disgrazie di Bartolino dalla Zena, avente come unico scopo quello di divertire un poco il lettore, come il B. avverte fin dai primi versi: "An vui cantar ne d'arm, ne d'amur, / ne d'instori, ne di foli; sol a vuì dir, / per passar l'ozi, s'a m' staj a sintir, / alla bulgnesa quater cargadur...".
Della sua vasta produzione musicale (per le opere si rimanda all'elenco completo del Pirrotta nell'Enc. dello Spett., II, Firenze 1954, coll. 1307 s.) è rimasto ben poco: a parte le Suonate già citate, si ricordano l'aria Priva dei rai del sol, compresa in un manoscritto di cantate e di arie per basso figurato, ora al British Museum (Add. 31504); un'altra aria ricordata dall'Eitner, conservata nella Staatsbibliothek di Monaco, e un breve canto spirituale "al Crocefisso Gesù", inserito nella Ricreazione spirituale..., Bologna 1730, raccolta di "sagre canzoni" di autori diversi, che si trova nella Biblioteca del conservatorio di musica di Bruxelles. Assai difficile è, quindi, dare un giudizio sui pregi musicali del B. ma, al di là dei generici ed entusiastici giudizi dei contemporanei (come il Barilli che lo indica "soggetto veramente di gran talento e sapere...", o come il Walther che, nel suo Musikalisches Lexikon, lodefinisce "ein jetziger Zeit berühmter Componist zu Bologna..."; o, ancora, come l'ignoto autore della già citata Cronologia o sia istoria generale che di lui scriveva: "La bizzarria e inventioni rare, un ottimo naturale nel comporre gli hanno guadagnato la stima universale..."), basterà qui ricordare il più meditato giudizio del Torchi il quale, pur notando nelle sonate del B. "una certa agilità di stile", lo criticava in generale per la monotonia dei temi e dei procedimenti musicali.
Meno affrettato può essere, invece, il giudizio sull'attività letterario-librettistica del B., che scrisse i seguenti otto libretti (i testi si trovano al liceo musicale di Bologna e alla Library of Congress di Washington): Armida delusa, Venezia 1720, teatro S. Angelo; Ilsavio delirante, "divertimento comico", Bologna 1726, teatro Marsigli-Rossi (altro titolo: Le frenesie d'amore, Venezia 1726, teatro S. Moisè); Albumazar, Venezia 1727, teatro S. Salvatore; Malmocor, "tragichissimo dramma", Bologna 1728, teatro Marsigli-Rossi (altro titolo: Artanagamennone, Venezia 1731, teatro S. Moisè); La forza del sangue, Bologna 1728, teatro Marsigli-Rossi; Fidarsi è bene,ma non fidarsi è meglio, "divertimento comico" Venezia 1731, teatro S. Moisè; Chi non fa non falla, "divertimento comico", Bologna 1729, teatro Marsigli-Rossi (altro titolo, con rifacimento dei testo: Il protettorealla moda, musica di B. Galuppi, Venezia 1747);e infine La Zanina,maga per amore, dramma comico, San Giovanni in Persiceto 1737, teatro degli Accademici Candidi Uniti. Dotato di una notevole vena comica, di un acuto spirito di osservazione, di "indubbie doti di arguzie e di spirito, un umorismo spassoso e spigliato, un verseggiare agile e disinvolto e, soprattutto, un'abilità innegabile nel taglio, nella varietà e nella disposizione delle scene..." (Vatielli), il B., che in alcune opere serie (come per es. Armida delusa) è ancora assai vicino allo standardizzato modello di melodranuna veneziano carico di intrighi e di magie, nelle opere comiche rivela, invece, una vivacità notevo le di toni e di mezzi scenici, grazie anche alle inesauribili risorse del dialetto cui ricorse assai spesso. Rappresentante tipico di quella scuola d'opera comica bolognese, differente nei caratteri sia dalla contemporanea scuola napoletana sia da quella - un poco più tarda - veneziana (Grove), eccelle soprattutto quando, sulla scia del Teatro alla moda (Venezia 1720) di B. Marcello, vuole tratteggiare con toni umoristici e ironia pungente mode, costumi, personaggi del mondo teatrale del suo tempo, quali apparivano, cioè, non solo nella finzione scenica, ma anche nel mondo reale del teatro melodrammatico settecentesco.
È questo il caso di Chinon fa non falla, opera nella quale vengono prese di mira le smanie delle prime donne cantatrici, i mille traffici delle saccenti madri delle "virtuose" che non mancavano mai dietro e fuor delle scene, le vane promesse di protettori vagheggini che, esprimendosi spesso in uno strano linguaggio misto d'italiano e di tedesco, si rivelavano sempre più ricchi di parole che di fatti; infine, gli imbrogli proverbiali di impresari chiacchieroni e senza scrupoli. È questo soprattutto il caso del Malmocor, divertente parodia del melodramma "eroico" del 1700, il cui soggetto - come si legge nel libretto - era cavato "dalle storie immaginarie al cap. 000. Il resto si finge...", nella quale sotto nomi già di per sé indicativi delle intenzioni satiriche dell'autore (Miradaclea, Artanagamennone, Pappinubbia, Garganastar, Ormondonopalach, la città di Coringuangui...) troviamo la caricatura del re feroce e tiranno ("...Se Tiranno non fossi" - canta Malmocor nella scena 10 del terzo atto - "Orrido non sarebbe il fine... Iniquo sarò dunque, e dispietato, / Perché tragicamente / Venga il Drama concluso, e terminato..."), dell'uso imperante di frammischiare ai momenti più tragici dell'azione cabalette senza senso e senza nesso, della tendenza generale infine di allestire con ogni sorta di approssimazione - e senza preparazione alcuna da parte dei cantanti - gli spettacoli per musica di quel tempo: come è ben rappresentato nel secondo atto dell'opera summenzionata nel quale il B. fa cantare un'aria a Malmocor che, all'improvviso, dimenticatosi della prima parte, grida disperato: "Suggerite, suggerite, / Suggerite per carità!".
S'ignora se fu suo parente Matteo, cantante e compositore nato probabilmente a Bologna nei primi decenni del '700. Poche sono le notizie su di lui: si sa che svolse attività di tenore, nel 1748 a Modena e nel 1755-56 a Padova. Nel 1749 compose "i recitativi e la maggior parte delle arie" (come è scritto sul frontespizio dei libretti dove inoltre è sempre detto "bolognese") di due opere teatrali, La virtuosa corteggiata da tre cicisbei ridicoli (libretto di C. A. Vasini) e Lo scolaro alla moda (libretto d'ignoto), entrambe rappresentate nello stesso anno 1749, la prima al teatro Formagliari di Bologna, la seconda al teatro Ducale di Parma. Nel 1758 si trasferì a Pietroburgo insieme con la moglie Francesca, soprano di un certo talento che aveva cantato, tra l'altro, a Milano nel 1753 e a Padova nel 1755. A Pietroburgo Matteo e sua moglie entrarono a far parte della compagnia di G. B. Locatelli - l'impresario italiano che aveva ricevuto dall'imperatrice Elisabetta l'incarico di allestire settimanalmente gli spettacoli per la corte, oltre che spettacoli pubblici a pagamento - e si fecero presto apprezzare come eccellenti cantanti e attori, secondo il giudizio di Jacob von Stählin, letterato e storico tedesco stabilitosi in Russia e divenuto uno dei personaggi più importanti del mondo teatrale russo (citato dal Mooser). Dopo aver interpretato, tra le altre opere, anche Il filosofodi campagna (libretto di Goldoni, musica di B. Galuppi), La cascina (libretto dello stesso, musica di G. Scolari) e Didone abbandonata (libretto del Metastasio, musica di F. Zoppis) sembra che Matteo risentisse - al pari di altri membri della stessa compagnia teatrale - della declinante fortuna del Locatelli, al punto da essere costretto, dopo il fallimento di quest'ultimo (febbraio 1762), ad abbandonare la Russia. Mentre la moglie Francesca si esibì in seguito a Vienna, per passare quindi a Venezia, egli ritornò dodici anni più tardi in Russia e precisamente a Pietroburgo, dove il 1º nov. 1774 venne nominato maestro di clavicembalo e composizione all'Accademia di Belle Arti, carica che mantenne solo per tre anni (in questo periodo annoverò fra i suoi allievi anche i futuri musicisti P. A. Skokof, N. Davydov e E. J. Fomine). Congedato da questo incarico, passò a insegnare musica e canto all'Istituto delle fanciulle nobili di Smolnyj, dove sembra sia rimasto fino al 1780 circa. Da quel momento viene meno ogni notizia sulla sua attività e non si conoscono né il luogo né l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: G. B. Martini, Serie cronol. de' principi dell'Accademia de' Filarmonici di Bologna, Bologna 1776, pp. 27, 29; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1781, pp. 368 s.; C. Ricci, I teatri di Bologna, Bologna 1888, ad Indicem;G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del liceo musicale di Bologna, I, Bologna 1890, p. 106; IV, ibid. 1905, p. 35; V, a cura di U. Sesini, ibid. 1943, pp. 71-75 (per Matteo, pp. 75 s.); L. Torchi, La musica istrumentale in Italia nei secc. XVI,XVII e XVIII, Torino 1901, p. 169; E. G. Dent, G. M. B., in Sammelbände der internat. Musik-Gesellichaft, XIII (1912), 2, pp. 329-336; G. Rossi, Il Malmocor, in Varietà letter., Bologna 1912, pp. 165 ss.; L. Frati, Bolognesi musicisti e cantanti del Settecento, in Riv. musicale ital., IXXI (1914), pp. 196 ss.; F. Vatielli, Operisti-librettisti dei secc. XVII e XVIII,ibid., XLIII (1939), pp. 605 ss.; A. Della Corte, Satire e grotteschi, Torino 1946, pp. 365-369; C. Burney, A general history of music, II, New York 1957, p. 907; J. G. Walther, Musikal. Lexikon (1732), Kassel-Basel 1953, p. 117; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, pp. 172-174; A. Loewenberg, Annals of Opera, I, Genève 1955, coll. 158 s.; Répertoire internat. des sources musicales. Récueils imprimés,XVIIIe siècle, München-Duisburg 1964, pp. 340 s.; A. Hughes-Hughes, Catalogue of Manuscript Music in the British Museum, II, London 1966, pp. 527 s.; O. G. T. Sonneck, Catalogue of Opera Librettos, III-IV, New York 1967, pp. 1210, 1465; A. Caselli, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, pp. 70-73; Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 1007; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, I, Graz 1959, p. 231; F. J. Fétis, Biographie univ. des Musiciens, II, Bruxelles 1963, pp. 105 s.; Encicl. dello Spett., II, coll. 1307 s.; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 337; La Musica. Diz., I, Torino 1968, p. 305. Per Matteo cfr. anche: R. A. Mooser, Annales de la musique et des musiciens en Russie au XVIIIe siècle, I, Genève 1948, pp. 282 s.; R. Seaman, History of Russian Music, Oxford 1967, p. 270.