CARAFA, Giuseppe Maria
Nacque a Nola da Giovan Battista signore di Rivonigro e successivamente duca di Montenero e da Fortunata Carmignano il 15 marzo 1717 e fu battezzato nella cappella dell'episcopio dallo zio paterno e vescovo locale, Francesco Maria, il 17 seguente con i nomi di Giuseppe Felice. A sedici anni, nel 1731 professò tra i teatini e fu poi ordinato sacerdote il 25 marzo 1741 nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone in Napoli.
Terminati gli studi, insegnò filosofia e storia ecclesiastica nel collegio borbonico dei nobili di Palermo.
Docente di teologia per i religiosi del suo Ordine, fin dal primo anno di fondazione (1741) partecipava alle attività dell'Accademia di scienze ecclesiastiche istituita a Napoli dal card. Giuseppe Spinelli, presentando quattro dissertazioni nella sezione liturgica: I) Se l'Apostoli abbino istituito qualch'ordine di liturgia e che debba dirsi di quelli attribuiti a s. Pietro,s. Iacopo,s. Marco e s. Matteo (27 luglio 1741); II) Quando incominciassero l'altari,di qual materia s'usarono nell'antica Chiesa e qual fu la loro forma; quanti ve n'erano in ciascuna chiesa e del loro sito in esse (19 ott. 1741); III) Tra' calici antichi quale detto fusse il santo o primipiale,il ministeriale,l'ansato,il fondaco,il pendente,et il calice del battesimo e della penitenza (4 genn. 1742); IV) Se fusse lecito a' sacerdoti dei primi secoli il dir più messe nel medesimo giorno e in qual maniera una stessa messa fu celebrata da più sacerdoti (15 marzo 1742). Col metodo di ricerca, che gli fu abituale in seguito, concentrò la sua indagine sistematica sulle fonti più vetuste, a partire dalla normativa dei concili, ricostruendo in tal modo le origini delle usanze liturgiche e la loro evoluzione progressiva, fino alle disposizioni più recenti. Le preoccupazioni apologetiche e le punte polemiche adottate contro la metodologia e le scelte critiche del Basnage resero labili e dispersive le argomentazioni delle altre due monografie presentate nella sezione storica dell'Accademia: I) S'esamina ciò che dice il Signor Basnage intorno all'antichità del calendario nel quale si notavano i nomi dei vescovi,nella pagina 763 del tomo primo (s.d.); II) S'esamina e si rigetta l'interpretazione del canone 334 del concilio di Elvira data dal Basnage,tomo secondo,anno 305,pagina 601 (s.d.).
Nel 1743 fu trasferito a Roma, nello studentato di S. Andrea della Valle per l'insegnamento di diritto canonico e dal 1747 in poi appartenne come socio alla Accademia di liturgia fondata da Benedetto XIV. Pubblicò De re domestica Episcoporum ad canonem decimumquintum Concilii Carthaginiensis IV renovatum a Concilio Tridentino sess. 25 cap. I. Episcopus vilem suppellectilem et mensam,ac victum pauperem habeat; et dignitatis suae auctoritatem fide atque vitae meritis quaerat,commentarius, Romae 1747, nel quale ripropose il modello del vescovo tridentino. Due anni dopo diede alle stampe a Roma: De capella Regis utriusque Siciliae et aliorum Principum seu de sacris aulicis rebus liber unus (2 ed., 1772), in cui, tracciata la storia dell'istituto del cappellano maggiore, ne compendiò in quattordici capitoli la natura, i privilegi, le prerogative, la liturgia, i riti, la giurisdizione, la peculiare competenza sulla università quale prefetto degli studi e, infine, la cronotassi dei prelati succedutisi nell'incarico. Per il catalogo delle festività liturgiche e per il rituale, si avvalse della collaborazione di Celestino Craliani che ricopriva tale carica durante quegli anni.
Attuata la riforma dell'università di Roma, vi fu nominato docente di storia ecclesiastica da Benedetto XIV, che gli commissionò la storia dell'istituto, pubblicata nel 1751 col titolo: De Gymnasio Romano et de eius professoribus ab Urbe condita libri duo (riedita nel 1971 in ristampa anastatica).
Nonostante la severa critica del Renazzi (I, p. XVI), l'opera del C., benché non esauriente, costituisce una fonte preziosa di notizie attendibili, per la prima volta coordinate con metodo ed accuratezza; alla sequenza cronologica delle vicende, delle ristrutturazioni, degli scadimenti e delle innovazioni dello Studio raccolta nel primo libro, il C. aggiunse nel secondo il catalogo dei docenti distinti per cattedre, con una breve biografia di ognuno; in appendice produsse la serie dei professori "dignitate illustres", degli avvocati concistoriali e, infine, i documenti fondamentali che interessavano la Sapienza, da Bonifacio VIII al regnante pontefice.
Nello stesso anno venne trasferito a Napoli come preposito della casa di S. Paolo Maggiore e nel 1753, dopo aver partecipato al capitolo generale, fu eletto visitatore dei teatini della sua provincia. Nominato vescovo di Trivento, ricevette la consacrazione il 25 luglio 1754. Dopo due anni, il 19 luglio 1756, fu trasferito alla più vasta diocesi di Mileto e raggiunse la sede nel dicembre successivo. Mentre espletava la visita pastorale, nel 1759 compilò la prima relazione diretta alla Congregazione del Concilio, annunziando il programma di risanamento degli abusi riscontrati.
Il nuovo episcopio, la sede degli uffici di curia e del vicario generale, i locali per l'archivio generale, una casa per il clero a disposizione dei sacerdoti di passaggio in città, il nuovo seminario eretto presso la cattedrale radicalmente restaurata da lui medesimo e dotato di una ricca biblioteca con una sala per accademie, l'acquisto dell'ex collegio dei gesuiti in Monteleone costituivano nei suoi calcoli gli strumenti della riforma effettiva del clero a cui mirava. Le cure che riservò ai chierici, il cui numero salì presto da ventiquattro ad oltre settanta, e un programma di studio meno arido e ridotto non gli impedirono di selezionare con severità i candidati e di impartire disposizioni restrittive per contenere la indiscriminata moltiplicazione degli ecclesiastici, coralmente lamentata in tutto il Regno. Nel palazzo vescovile organizzò un corso regolare di diritto canonico e civile, che ebbe molto successo tra ecclesiastici e laici. Nella azione pastorale insistette sul potenziamento della catechesi come dovere primario dei parroci, controllandone personalmente l'efficacia ed, i risultati nei contatti col popolo.
Le frequenti liti giurisdizionali con i numerosi baroni titolari di feudi nella sua diocesi, e particolarmente col principe di Cariati feudatario di Palmi, furono episodi marginali a paragone della debilitante controversia per l'abbazia della Trinità di Mileto sede di un capitolo collegiale, iniziata con la complice intesa dell'intera corporazione nel 1760 da un canonico, che sperava di esimersi dalla giurisdizione dell'ordinario per diventarvi abate nullius e di assorbirne le cospicue rendite. Ambizioso, collerico e pugnace, quale lo ricordava il Capialbi, il C. ritenne di difendere il buon diritto e soltanto a distanza di anni colse l'ampiezza e il significato ideologico-politico che la Curia regia napoletana, rappresentata dai consiglieri Pallante, Paoletti, Patrizi e Ferrari in ruoli diversi, aveva conferito all'occasionale ma emblematico confronto. Alla incalzante azione del tribunale tentò di resistere appellandosi al dispositivo concordatario del 1741, reclamando anche l'intervento del nunzio di Spagna presso quella corte. Ottenne che la causa fosse sottratta alla Camera reale (supremo organo giudiziario senza appello) e rimessa al tribunale del cappellano maggiore. Alle due allegazioni elaborate dal suo legale nel 1762 con la sua collaborazione, ne aggiunse un'altra composta da lui medesimo: Difesa del vescovo di Mileto e del Collegio dei Greci in Roma contro un'istanza fiscale ed una scrittura stampata col titolo di Dimostrazione del padronato della Real Corona,sulla chiesa e badia della Trinità di Mileto (s.n.t., ma Napoli 1769) con una vasta appendice documentaria. Ma sopraggiunse il sequestro delle rendite, di cui beneficiava in larga parte il Collegio greco di Roma, ed il C. si adoperò per salvare almeno l'integrità della giurisdizione vescovile, e perciò stese un'altra scrittura: Dimostrazione che alla badia della Trinità di Mileto non competa esenzione o giurisdizione alcuna e molto meno la qualità di nullius con territorio separato (s.n.t., ma Napoli 1770), con appendice documentaria. Nonostante la solidità delle sue argomentazioni, fu colto dall'amara sorpresa di una nuova istanza fiscale intimatagli dalla Curia del cappellano maggiore, che nel 1771 decise: "esser il vescovado di Mileto di regio padronato". La delusione, la dichiarata impotenza, l'angustia non lo trovarono remissivo nella duplice sconfitta. Dopo tali risultati, "io forse sarò nelle circostanze di non dover più ritornare alla mia Chiesa" scrisse da Napoli al segretario di Stato cardinale Pallavicini, presentando per la quarta volta le dimissioni. Rimase spettatore costernato della destinazione delle ingenti rendite dell'abbazia, attribuite in un primo tempo ai collegi della Calabria e nel 1780 alla precaria Accademia di scienze e belle lettere fondata da Ferdinando IV. Quasi non bastasse tale "tempesta", com'egli scriveva, tra il 1772 e il 1773 dovette fronteggiare le pretese dei cavalieri di Malta, avidi della reintegrazione giudiziale nella soppressa giurisdizione "quasi vescovile" su Drosi e Melicuccà, due paesi della diocesi.
All'esperienza pastorale aggiunse quella curiale con la nomina a segretario della Congregazione dei Vescovi e regolari nel 1778, pur conservando la diocesi, e nell'anno successivo diede alle stampe, adespoto, un disinvolto e fragile Parere diun teologo sulla residenza de' vescovi impiegati al servizio della Chiesa o delloStato (Roma 1779), che presto lo coinvolse in una serrata polemica dottrinale. Gli attacchi mordaci a forti tinte giansenistiche dell'anonimo censore lo stimolarono quindi ad elaborare una Confutazione della Gazzetta Ecclesiastica di Firenze de 17nov. 1780,fol. n. 25,circaun'operetta stampata in Roma (Livorno [ma Roma] 1781). Alla ironica e corriva risposta del periodico replicò con una Seconda confutazione della Gazzetta Ecclesiastica di Firenze in data 14 dic. 1781, n. 50, circa un operetta stampata in Roma (Livorno [ma Roma] 1782), per respingere l'accusa di leggerezza e di compromissione teologica con cui aveva trattato della residenza obbligatoria dei vescovi. Nel 1783 ebbe la "somma afflizione" di sapere la Calabria e particolarmente Mileto sconvolte dal terremoto. Avviatosi da Roma, fu trattenuto a Napoli dalle autorità di governo, che gli vietarono di recarsi alla sede, riconfermandogli il sequestro delle rendite della mensa vescovile. Il 10 febbr. 1785 rinunciò al vescovato. Morì il 7 sett. 1786 a Napoli.
Fonti e Bibl.: Il ms. delle dissert. dell'Acc. di scienze ecclesiastiche si trova in Bibl. dell'Oratorio di Napoli (Gerolamini), ms. A.C.O. 367/I, cartella 4. La corrispondenza con mons. Galiani è nella Bibl. d. Soc. napol. di storia patria, ms. XXX. D. s, ff. 132-133v; ms. XXX. C. 6, f. 6; Arch. Segr. Vat., Processus Datariae, vol. 131, ff. 329-340; Ibid. Lettere di vescovi e prelati, vol. 282, f. 220; vol. 283, f 363; vol. 285, ff. 277, 281 s., 340-343; vol. 286, ff. 86, 119-20, 171, 192; vol. 287, ff. 295, 366; vol. 288, ff. 214-15, 256; vol. 289, f. 228; vol. 290, ff. 155, 222; vol. 291, f. 8; vol. 296, f. 113; vol. 298, f 431; vol. 310, ff. 139, 183; Arch. della Congregazione del Concilio, Miletensis,Relariones ad SS. Limina, a.a. 1759, 1764, 1776, 1780; Ibid. Liber 29 litterarum Visit. SS. Lim., ff. 218v-219v; Liber 30, ff. 91v-93v; Liber 110 decretorum anni 1760, f. 122; Roma, Arch. generale dei teatini, ms. 144: L. Guarini, Catalogo dei cardinali,arcivescovi e vescovi teatini, f. 116; Arch. di Stato di Napoli, Consulte del Cappellano Maggiore, fasc. n. 689, int. 84; Thesaurus resolutionum S. Congregat. Concilii, XXIX, Romae 1760, pp. 71-73; XXXXIII, Romae 1774, pp. 161-166 (cause della diocesi di Mileto con pareri del C.); A. Labini, Orazione ne' funerali di mons. G.M.C. celebrati nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone il dì 9 sett. 1786, Napoli s.d.; A. F. Vezzosi, I scrittori de' cherici regolari detti teatini, I, Roma 1780, pp. 217-219; Notizie per l'anno, Roma 1779, p. 291; 1780, p. 290; 1781, p. 294; 1782, p. 291; 1783, p. 291; 1784, p. 292; 1785, p. 294; 1786, p. 248; F. M. Renazzi, Storia dell'Univ. di Roma, I, Roma 1803, p. XVI; IV, ibid. 1805, p. 251; V. Capialbi, Mem. per servire alla storia della santa Chiesa Militese, Napoli 1835, pp. 93-101; C, Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 81; G Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XXI, Venezia 1870, p. 439; C. Minieri Riccio, Cenno stor. delle Accad. fiorite nella città di Napoli, in Arch. st. per le prov. napol., V (1880), p. 583; D. Taccone Gallucci, Monogr. della città e diocesi di Mileto, Modena 1882, p. 58; D. Zangari, Anonima pseudonimi,eteronomi scrittori calabresi..., Napoli 1930, pp. 28 s.; N. Spano, L'Università di Roma, Roma 1935, p. 54; L. von Pastor, Storia deipapi, XVI, 1, Roma 1195, p. 141; F. Nicolini, Della società naz. di scienze,lettere e arti..., Napoli 1974, p. 28, R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchiacath., VI, Patavii 1958, pp. 288, 418; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Carafa di Napoli, tav. XI.