GIUSEPPE MARIA da Cento (Figatelli, Giuseppe Maria)
Nacque a Casumaro, nei dintorni di Cento nel Ferrarese, l'11 marzo 1611 da Giuseppe Figatelli e da Bartolomea Laurenti e fu battezzato con il nome di Lorenzo. Ebbe almeno un fratello minore, Gianfrancesco, che lo seguì sulla strada della vocazione religiosa vestendo anch'egli l'abito cappuccino con il nome di Giacomo da Cento.
Trascorse l'infanzia e l'adolescenza tra la città natale e Ferrara, dove frequentò i corsi del locale Studio e si addottorò nelle arti. Se si crede a quanto egli stesso scrisse, sotto mentite spoglie, nella Letteraal lettore che precede la sua opera di maggior successo, il Ristretto aritmetico, già in quegli anni mostrò una spiccata attitudine per la matematica e compose le due parti che formano il libro, lasciandole però manoscritte. È inoltre probabile che risalga a questo lasso di tempo un suo apprendistato in pittura e architettura, alla scuola di un artista centese, C. Gennari.
Il 18 luglio 1632, a Cesena, vestì l'abito cappuccino, prendendo il nome di Giuseppe Maria. Un anno dopo, il 18 luglio 1633, terminato il periodo di noviziato, vi fece la solenne professione di rito. Inizialmente i superiori lo destinarono all'ufficio di predicatore, al quale venne ben presto ad aggiungersi la responsabilità di guardiano. Tra il 1633 e il 1654 fu in vari conventi della provincia bolognese dell'Ordine, tra i quali quelli di Cento, Casalmaggiore (dove fu guardiano nel 1641-42), Argenta (guardiano nel 1643-44), Comacchio (guardiano nel 1651-53) e Santarcangelo (guardiano nel 1653-54). In quest'ultima località dal dicembre del 1653 sovrintese anche alla fabbrica del nuovo convento. Forse, ma a tal proposito le fonti sono poco chiare, fu l'autore del progetto poi realizzato. Nel 1654 succedette al conterraneo Giuseppe Trevigiani nell'ufficio di fabbriciere, occupandosi non solo del restauro di conventi della provincia, come quello di Comacchio, ma anche della riedificazione della chiesa del convento d'Argenta, lesionata in modo irreparabile da un'inondazione del 1655. L'edificio, per il quale G. fornì il disegno e l'assistenza, fu terminato nel 1660 e consacrato due anni dopo dall'arcivescovo di Ravenna.
Tuttavia l'attività per la quale G. fu più noto fu quella di scrittore di cose matematiche. Le sue opere, tutte pubblicate negli ultimi due decenni della sua vita, seguono due filoni tra loro complementari, uno di matematica teorica elementare e l'altro di matematica applicata, nella fattispecie di gnomonica. La prima a esser data alle stampe fu il Ristretto aritmetico, che vide la luce in Modena nel 1664. Il libro, che ebbe un immediato successo come manuale di base, consta di due parti: la prima introduce allo studio "della quantità razionale per tutte le regole mercantili", come recita il titolo, mentre la seconda affronta il campo degli irrazionali, nonché la "scienza maggiore del numero". Una terza parte, dedicata all'algebra, venne aggiunta a partire dalla seconda edizione, stampata a Venezia nel 1678 con un titolo, Trattatoaritmetico, rimasto immutato nelle 23 edizioni susseguitesi fino al 1797. Al Ristretto va associato un Memoriale geometrico (Modena 1664), scritto come ulteriore parte del manuale di matematica elementare ma, per motivi contingenti, pubblicato separatamente. L'operetta, rara (ve ne è una copia nella Biblioteca Estense di Modena), è un breve compendio di geometria euclidea, che presenta come sapere complementare a quello aritmetico. Infine nel 1667 G. pubblicò a Forlì un trattato di gnomonica, Retta linea gnomonica, di cui fornì anche una seconda edizione, stampata a Modena nel 1675. La principale differenza tra le due edizioni è un'Aggiunta che illustra le regole per l'esatta taratura della clessidra. Il trattatello divenne un'opera di riferimento, ed è citato in testi di gnomonica contemporanei e successivi.
Nel 1665 G. fu di nuovo chiamato come guardiano nel convento di Comacchio, restandovi fino a tutto il 1666. Trascorse gli ultimi anni nel convento di Mirandola, nel Modenese, dove morì il 20 novembre (secondo altre fonti il 28 settembre) 1682.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. provinciale dei frati minori cappuccini, Biografie; Ibid., Vestizioni, II, c. 40; Ibid., Professioni, III, cc. 128-129; Ibid., Campione provinciale, I, cc. 114, 233, 282-283, 307, 342; Ibid., Campione del convento, Argenta, II, c. 99v; Ibid., Campione del convento, Cento, c. 152; Ibid., Campione del convento, Comacchio, cc. 84-85; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, p. 360; Bernardo da Bologna, Bibliotheca scriptorum capuccinorum, Venetiis 1747, pp. 158 s.; G.F. Erri, Dell'origine di Cento e di sua pieve, Bologna 1769, p. 301; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana, I, Modena 1870, coll. 456-458; Id., ibid. Correzioni ed aggiunte, ibid. 1878-93, I, col. 28; II, col. 123; III, col. 171; V, coll. 63 s.; VI, col. 191; VII, col. 35; A. Orsini, Cenni biograficidegli illustri centesi, Cento 1880, pp. 86 s.; Donato da San Giovanni in Persiceto, Biblioteca dei frati minori cappuccini della provincia di Bologna, Budrio 1949, pp. 293-298; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 860 s.; Salvatore da Sasso Marconi, La provincia cappuccina di Bologna, Faenza 1959, pp. LXXVIII, 373 s.; I frati minori della provincia di Bologna. Necrologio, Bologna 1994, p. 1292.