FERONI, Giuseppe Maria
Nacque a Firenze il 30 apr. 1693 da Fabio, marchese di Bellavista, e Costanza Maria Della Stufa. Compì i suoi studi a Roma, dove ottenne il 15 genn. 1716 il titolo di dottore utriusque iuris alla Sapienza. Il giorno successivo fu nominato referendario della Segnatura di giustizia e protonotario apostolico nell'Ordine dei partecipanti.
Nel 1719 fu promosso all'Ordine presbiterale e venne provvisto da Clemente XI di un canonicato nella basilica di S. Giovanni in Laterano. Iniziò allora la sua pluridecennale attività nelle congregazioni romane e nell'arco di pochi mesi divenne consultore della congregazione dei Riti e ponente nella congregazione della Fabbrica di S. Pietro e in quella del Buon Governo.
Da tutti ritenuto "grave, prudente et habile" (Archivio segr. Vaticano, Processus, f. 301), il F. seppe avanzare senza inimicarsi nessuno. La sua carriera procedette così senza scosse ed egli accumulò cariche e onori. Nel 1728 Benedetto XIII lo nominò segretario della congregazione per l'Immunità ecclesiastica. Il 30 maggio di quell'anno il F. fu inoltre nominato arcivescovo di Damasco in Fenicia e il 4 giugno fu designato assistente al soglio pontificio.
Per circa un decennio fu una presenza discreta nella Curia, ma la sua carriera, negli anni Trenta conobbe un periodo di stasi; soltanto nel 1738 Clemente XII lo fece assessore del S. Uffizio e improvvisamente il F. conobbe un graduale rilanCio. Il 2 dic. 1741 divenne canonico della basilica di S. Pietro. Due anni più tardi fu trasferito da Benedetto XIV alla congregazione dei Vescovi e dei Regolari, dove esercitò le funzioni di segretario.
Seguì una nuova pausa decennale, nel corso della quale il F. sfruttò la propria posizione per guadagnarsi la nomina al cardinalato. Infine il 26 nov. 1753 fu eletto cardinale e il 10 dicembre dello stesso anno ebbe il titolo di S. Pancrazio. Fu allora ascritto alle congregazioni del S. Uffizio, dell'Immunità ecclesiastica, dei Vescovi e Regolari, di Propaganda Fide e dei Riti. Era ormai anziano, ma la sua ascesa non era ancora finita.
Nel 1758 partecipò al conclave che vide eletto Carlo Rezzonico e seppe sfruttare il proprio ascendente per sostenere la candidatura del futuro papa Clemente XIII, che in cambio lo nominò prefetto della congregazione dei Riti. Da questo momento iniziò a collezionare protettorie ecclesiastiche. Il 10 marzo 1758 divenne il protettore della Congregazione dei benedettini di Vallombrosa, sostituendo il cardinale Giovanni Antonio Guadagni. Nel 1764 successe invece al cardinale Giuseppe Spinelli quale protettore del collegio greco in Roma.
Nello stesso anno venne trasferito al titolo di S. Cecilia. Nel 1766 fu nominato protettore del monastero di S. Marta in Roma e un anno dopo anche del monastero di S. Cecilia. Alle protettorie romane unì inoltre quella dei Luoghi Santi di Terrasanta.
Morì a Roma il 15 nov. 1767 e fu sepolto nella chiesa di S. Cecilia.
La lunga e brillante carriera portò il F. a lavorare in tutte le più importanti congregazioni romane, ma non lasciò tracce cospicue nei loro archivi. Era sempre presente e conosceva tutto e tutti, eppure non espresse mai un parere decisivo.
Negli archivi della congregazione di Propaganda Fide restano alcuni appunti relativi alla sua partecipazione alle riunioni sulle Indie orientali. Inoltre prese parte alle discussioni sulle sorti delle colonie francesi nelle Americhe. Nel 1759 era presente a un incontro importante relativo alla città di Québec: e cinque anni più tardi veniva invitato a una riunione per l'elezione del nuovo vescovo di quella città. Inoltre, con altri cardinali, valutò le modalità con le quali preservare la fede cattolica nelle coloffle francesi cadute nelle mani degli Inglesi. Da alcune indicazioni risulta anche che nel 1765 si interessò dei problemi delle missioni in Austria e in Boemia, della situazione del patriarcato antiocheno dei greci melchiti e degli affari della Cina. Tuttavia nessuna minuta delle riunioni dei cardinali di Propaganda fa risaltare un suo contributo di particolare importanza.
Il F. ebbe infatti l'abilità di attraversare la vita burocratica romana senza farsene coinvolgere. Fu da tutti riconosciuto "onesto e gentile" (Cardella) e molti lo trovarono straordinariamente eloquente, ma i suoi interessi risiedevano al di fuori della vita di Curia. Da giovane fu arcade acclamato sotto il nome di Auralgo Dionisadio. La sua abilità letteraria, che per altro non portò mai alla stesura di un'opera originale, fu ben nota ai pontefici. Nel 1728gli fu così affidata la cura dei Sermoni sopra la vita della gloriosissima Vergine e Madre di Dio Maria (Benevento-Firenze 1728) di Benedetto XIII. Accarezzò inoltre sogni di mecenatismo, che poté in parte realizzare nella piccola villa che si fece costruire vicino alla basilica di S. Pancrazio.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio di Propaganda Fide, CP, vol. 137 (1764-1781), ff. 1-2v;Ibid., Lettere, vol. 195 (1759), ff. 111rv, e vol. 207 (1765), passim;Arch. segr. Vaticano, Processus Datariae, 105 (1728), ff. 291-301; Diario ordinario (Cracas), 1767, p. 96; Notizie per l'anno, 1767, pp. 4-7;G. M. Crescimbeni, L'Arcadia di nuovo ampliata, II, Roma 1711, p. 40;L. Cardella, Mem. storiche de' cardinali, IX, Roma 1797, pp. 39 s.;G. V. Marchesi Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato, Firenze 1951, pp. 502 s.;L. Lopetegui, La Sagrada Congregación en la supresión y retablecimiento de la Compañia de Jesús, in J. Metzler, Sacrae Congregationis de Propaganda Fide Memoria rerum, II, 1, Rom-Freiburg-Wien 1973, p. 164; Gli Arcadi dal 1690 al 1800, a cura di A. M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, p. 321;G. Moroni, Diz. di erud. storico-eccles., XXIII, p. 40;R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, V, Patavii 1952, p. 181; VI, ibid. 1958, p. 16.