MARAVIGLIA (Meraviglia), Giuseppe Maria (al secolo Giovanni Francesco)
Nacque a Milano nel 1617 da Anna Carpana e da Pompeo. Studiò presso il seminario dei chierici regolari teatini in S. Antonio Abate a Milano, dove compì il postulato e il noviziato, e dove professò il 26 maggio 1633. In quell'occasione il M. prese il nome di Giuseppe Maria. Il M. si segnalò immediatamente per la facilità e la predisposizione agli studi tanto che, non appena li ebbe ultimati, fu chiamato dai confratelli a insegnare presso la scuola del seminario di Venezia in qualità di lettore di filosofia e teologia. La buona fama di studioso e di insegnante gli guadagnò in seguito l'attenzione dei moderatori dell'Università di Padova che, nel maggio del 1651, gli affidarono la cattedra straordinaria di etica. In linea con la tradizione dello Studio padovano, il M. insegnò l'etica aristotelica e, per quanto la sua attività accademica non abbia conosciuto la fortuna di altri suoi colleghi, vide confermato il suo incarico per diciassette anni con cospicui progressivi aumenti di stipendio.
Del M. i biografi ricordano circa trenta opere, prevalentemente a carattere etico, molte delle quali videro alcune ristampe.
La Pseudomantia veterum et recentiorum explosa (Venezia 1662) è considerata la principale. Dedicata al senatore veneziano Pietro Basadonna, espone e confuta, secondo la tradizione filosofica, astrologica e teologica, tutti i tipi di divinazione. Il M., pur tollerandone alcune forme, censura il tentativo di acquisire conoscenza mediante tali pratiche, ritenendo ammissibili solo poche forme di predizione (storia, medicina astrologica, meteorologia). Tra le altre opere si ricordano, per il loro risvolto politico e civile e per il pubblico cui furono indirizzate, il Proteus ethicopoliticus seu De multiformi hominis statu ad normam virtutis concinnato (ibid. 1660), all'interno del quale si trovano le Leges prudentiae senatoriae, dedicate al procuratore di S. Marco, Alvise Da Mosto, e rivolte ai senatori veneziani, elenco di ammonimenti e norme di condotta a uso di chi governa; l'Hermes coelestis, sive Legatus e coelo ad principes Christianos pro evertendo Turcarum imperio e, opera unita alla precedente, l'Hermetis coelestis, sive Legati ad principes Christianos consilia bellica pro evertendo Turcarum imperio (ibid. 1665), contenenti esortazioni dirette al pontefice e ai principi cristiani a favore dell'intervento al fianco di Venezia nel conflitto di Candia contro i Turchi; Degli errori de' savi (Roma 1667), una lunga disamina in volgare dell'agire di governanti, politici, saggi e prelati, di cui il M. individua, deplorandoli, i comportamenti gretti, e con ammaestramenti ne sollecita di più lungimiranti. Tali scritti rivelano una sensibilità per i temi dell'agire politico che gli attirò il favore di molti.
Nel 1665 si riunì a Roma, presieduto dal cardinale Giulio Rospigliosi, futuro Clemente IX, il capitolo generale dell'Ordine teatino, che elesse - primo caso di elezione a questa carica di un religioso non facente parte del capitolo - il M. alla carica di preposito generale, che egli tenne fino al 1668. Con Rospigliosi il M. rivelò una consonanza di intenti sulla questione di Candia. Una volta eletto papa (20 giugno 1667), Clemente IX fece del soccorso alla Serenissima uno dei capisaldi dell'attività diplomatica del suo pontificato, e a quel fine impiegò ingenti risorse militari ed economiche. Non è forse un caso che l'ambasceria veneziana inviata a Roma per rendere omaggio al nuovo pontefice e per perorare la causa della guerra di Candia sollecitasse al contempo la nomina a vescovo del M., al quale era stata nel frattempo conferita la cittadinanza veneziana. Malgrado quasi tutte le fonti datino la nomina del M. a vescovo di Novara nel decimo giorno di papato di Clemente IX, essa, caldeggiata peraltro anche dal cardinale Benedetto Odescalchi, futuro Innocenzo XI, avvenne solo il 12 dic. 1667.
Nell'ambito delle iniziative promosse da Clemente IX per sostenere lo sforzo bellico veneziano, il M. partecipò alla legazione pontificia presso il duca di Baviera per chiederne l'intervento nella guerra contro l'Impero ottomano. Non appare chiara, tuttavia, la veste in cui il M. vi avrebbe preso parte. Sull'opportunità della presenza del M. giocavano più fattori, tra i quali lo stretto legame che stringeva l'Ordine teatino alla casa di Baviera, in particolare con Enrichetta Adelaide di Savoia, consorte del duca Ferdinando Maria, che nel 1661 aveva patrocinato la casa teatina di Monaco. Nel 1663, inoltre, il M. aveva dedicato ai duchi di Baviera tre opere per salutare la nascita dell'erede, Massimiliano Emanuele. Si deve, quindi, supporre che il M., inviato in Baviera nella veste di generale dei teatini per visitare la casa di Monaco, cogliesse l'opportunità per svolgere la sua missione diplomatica con il duca al fine di perorare la causa veneziana nella guerra di Candia. La missione bavarese non portò, tuttavia, i frutti sperati. Sulla via del ritorno il M. fu per alcuni mesi a Venezia, dove continuò a occuparsi del conflitto con i Turchi. Terminato questo incarico, il 16 giugno 1668 prese possesso della diocesi di Novara.
L'aspetto più significativo del vescovato del M. fu il grande impegno profuso nel perseguire e affermare la regola teatina e nel riformare i costumi del popolo e del clero. Nel 1674 celebrò un sinodo i cui decreti si ricordano per il loro notevole rigore nella liturgia, nel controllo della fede, nella condotta del clero e nella cura dei luoghi sacri. Durante il suo vescovato furono erette le collegiate di Varallo Sesia e Borgomanero, fu ampliata la chiesa della Madonna di Monserrato e riedificato il seminario, al quale destinò una copiosa biblioteca. Distribuì alla popolazione povera, secondo quanto riferisce la tradizione, 10.000 scudi tratti dalle proprie rendite. Come vescovo di Novara, il M. era signore di Soriso, Gozano e della Riviera d'Orta, sulla questione della cui giurisdizione cercò inutilmente di trovare una soluzione.
Il M. morì a Galliate il 18 sett. 1684 e fu sepolto a Novara.
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