MASELLA, Giuseppe Maria
– Nacque a Lauria, centro montano della Basilicata, il 20 ott. 1888, da Eugenio e Paola Pittella.
Terzo di nove figli, crebbe in un ambiente familiare e sociale di forte tradizione artigiana per le molteplici attività produttive – tessitura, lavorazione dei metalli e del legno – che caratterizzavano la realtà economica del paese natale. Il padre era armaiolo, mestiere esercitato dai Masella per più generazioni, ma, con la crisi che a partire dagli anni Settanta investì il sistema produttivo locale, chiuse l’antico laboratorio familiare e, dopo avere svolto altri lavori artigianali, intraprese con successo l’attività di costruttore e appaltatore di opere pubbliche. Partecipe anche di nuove iniziative imprenditoriali (amministratore della Banca popolare di Lauria sorta nel 1885; promotore e socio della Società Viceconte & C., una delle prime imprese idroelettriche lucane che nel 1900 distribuì l’energia elettrica a Lauria e Lagonegro), egli poté garantire alla numerosa famiglia una discreta agiatezza, riuscendo a mantenere agli studi superiori i quattro figli maschi.
Il M., dopo la scuola primaria e le lezioni impartite da un parente sacerdote, completò gli studi a Melfi presso l’istituto tecnico G. Gasparrini, conseguendo il diploma di geometra. Gli anni trascorsi in questa cittadina, dal 1903 al 1907, furono molto importanti per la sua formazione politica: a Melfi, infatti, si avvicinò al movimento socialista che cominciava ad affermarsi tra il numeroso bracciantato agricolo della zona. Nel 1907 rientrò a Lauria, contando di lavorare nella ditta paterna, ma dal padre stesso fu convinto a partecipare a un concorso per un impiego presso il Banco di Napoli; riuscito a superarlo, nel 1908 prese servizio a Napoli, ove rimase per due anni (cfr. l’autobiografia Un impegno rispettato, p. 15). Nel 1911 ottenne il trasferimento nella filiale del Banco a Potenza. Nello stesso anno, il M. – che già in precedenza con i fratelli Nicola, Egidio e Carlo aveva collaborato al periodico Primavera lucana – fondò Il Popolo lucano, di cui fu il principale ispiratore e che si impose per i suoi caratteri innovativi, assumendo un ruolo rilevante nella vita politica di Potenza e della Basilicata fino al 1922, quando fu costretto a chiudere per le pressioni fasciste.
Distinguendosi nel panorama della vivace stampa locale, legata alle clientele del notabilato, Il Popolo lucano (dapprima quindicinale e dal 1915 settimanale) cercava di accreditarsi come una «voce non di partito anche se fortemente politicizzata, e con un minimo di criterio aziendale», che ne garantiva l’indipendenza economica (Un impegno rispettato, p. 35); si rivolgeva soprattutto al ceto medio impiegatizio e ad altri gruppi urbani con un programma di modernizzazione della realtà regionale.
Il giornale favorì l’alleanza politica tra i socialisti riformisti e i nittiani, che ottennero un primo successo a Potenza, nel 1912, con l’elezione di una giunta comunale – diretta da un imprenditore legato a F.S. Nitti, l’ingegnere G. Janora – espressione di una borghesia illuminata che si raccoglieva nella loggia massonica cittadina Mario Pagano (anche il M. in seguito vi aderì: cfr. Loggia M. Pagano, Rendiconto della gestione… dal 4 luglio 1919 al 31 dic. 1919). Con la giunta, in carica fino al 1914, il M., socialista riformista, collaborò, venendo anche chiamato a far parte del consiglio di amministrazione dell’Istituto delle case popolari.
Le relazioni tra il M. e l’élite borghese lucana, con la quale condivideva una cultura laica e tecnico-produttivistica, si consolidarono nel dopoguerra – il M. chiamato al fronte nel 1916 aveva combattuto come ufficiale – per l’impegno comune mirato ad appoggiare le forze politiche democratiche, stimolare la cooperazione e dare vita a un istituto di credito che aiutasse le attività imprenditoriali. E appunto dalla fine del conflitto il M. dedicò tutte le sue energie all’organizzazione del movimento cooperativo, che considerava «l’unica forza sociale rimasta viva e vitale in questo dopoguerra periglioso» (Lisanti, 2000, p. 134). Nel 1919 promosse la costituzione della Federazione delle cooperative di Basilicata, assumendone la presidenza nel gennaio 1920, eletto dalle prime cooperative federate.
Il lavoro del M. fu efficace; le cooperative di consumo ebbero un forte sviluppo, passando da 73 nel 1920 a 127 nel 1922, con oltre 20.000 soci (ibid., p. 61). La cooperazione di consumo, diffusa fra vari strati sociali e su tutto il territorio lucano, poté avvalersi del sostegno del Consorzio provinciale di approvvigionamento, diretto da esponenti del riformismo potentino (R. Pignatari, G. Martorano, P. Indrio), del cui consiglio di amministrazione il M. fece parte nel 1920-21. Egli cercò anche di coordinare le cooperative di lavoro e quelle agricole, che associavano artigiani (soprattutto muratori), piccoli affittuari e proprietari contadini. Con il supporto della Lega nazionale delle cooperative e della Cassa provinciale di credito agrario, estese l’attività della Federazione la quale commercializzò non solo beni di consumo, ma anche macchine agricole, concimi, materiale edilizio, materie prime e macchinari per attività industriali.
La Federazione, che «come cooperativa [era] forse la più importante del Mezzogiorno», divenne «una grande azienda commerciale» con un movimento di conti di circa 18 milioni di lire nel 1921, tanto che il M. abbandonò l’impiego al Banco di Napoli per dedicarsi esclusivamente alla sua gestione (Un impegno rispettato, p. 46; Calice, 1974, p. 145). Nonostante la violenza delle squadre fasciste la Federazione, soprattutto nelle aree lucane di più forte insediamento socialista, riuscì a svolgere la sua attività fino al 1922. Ma l’anno successivo, quando le squadre fasciste incendiarono i suoi depositi di Potenza e ne distrussero le merci, fu costretta a sciogliersi. Il M., pur dedicandosi all’organizzazione del Partito socialista unitario (PSU; divenne segretario provinciale nel 1924 e, nel 1925, distribuì clandestinamente le ultime tessere), si persuase che ormai solo con nuove istituzioni economiche era possibile contribuire allo sviluppo delle attività produttive e, nello stesso tempo, continuare l’impegno a favore dei gruppi sociali protagonisti del movimento cooperativo. Di qui la sua decisione di costituire, con Janora e altri liberali massoni, un istituto di credito ancorato alla realtà locale.
Il 7 giugno 1924, proprio nella vecchia sede potentina della Federazione delle cooperative, venne redatto l’atto costitutivo della Banca di Basilicata (che, nel 1933, assunse la denominazione di Banca di Lucania), con un capitale sociale di 100.000 lire, diviso in 200 azioni di 500 lire.
Il M., che deteneva 20 azioni, fu nominato direttore, Janora presidente del consiglio di amministrazione e Martorano vicepresidente (Un impegno rispettato, p. 50; Lisanti, 1992, pp. 98 s.). La Banca, che nell’agosto del 1924 aveva aumentato il capitale sociale a 500.000 lire, si proponeva di svolgere molteplici operazioni, impegnandosi a erogare il credito agrario e a «partecipare – come stabiliva il suo statuto – alla costituzione e allo sviluppo di aziende commerciali, industriali o agricole, sia assumendone direttamente il capitale, sia curandone il collocamento presso la propria clientela» (ibid., pp. 99 s.); dopo un inizio modesto l’istituto si sviluppò rapidamente. Ammessa al risconto dal Banco di Napoli e divenuta corrispondente della Banca commerciale italiana, aprì uno sportello pubblico a Potenza e un’agenzia a Rionero, stabilendo recapiti in altri quattro comuni lucani. Nel 1925, con l’emissione di 3000 nuove azioni di 500 lire, il capitale sociale fu elevato a 2 milioni di lire e furono ampliati i poteri del direttore. Il M. ottenne risultati lusinghieri: nel 1926, con 3.097.093 lire di depositi e con sconti e anticipazioni per un ammontare di 7.731.711 lire, per la prima volta fu distribuito agli azionisti un dividendo sugli utili dell’8% (ibid., pp. 100 s.). Un analogo dividendo fu distribuito nei cinque anni successivi: nel 1931 i depositi ammontavano a 8.468.525 lire e il movimento generale dei conti a oltre 243.541.000 lire (Banca di Basilicata, Assemblea generale del 30 marzo 1932, p. 17).
La Banca di Basilicata era divenuta una realtà rilevante della regione, mentre si riduceva la presenza sul territorio degli altri istituti locali di credito. Per l’azienda fondata e diretta dal M. fu molto proficua la creazione della s.a. Esattorie Basilicata, di cui il M. assunse la carica di amministratore delegato cosicché la Banca «potette servirsi degli uffici esattoriali nei vari comuni, come suoi recapiti. Ciò le consentì di allargare la bancabilità in comuni che fino ad allora ne erano privi» (Un impegno rispettato, p. 51).
Costituita nel 1927 con un capitale versato di 600.000 lire (nel 1931 la Banca possedeva 450 azioni per un valore nominale di 225.000 lire; a questa data il patrimonio della società era di oltre un milione), la Esattorie Basilicata rilevò 22 esattorie comunali della regione, già gestite dalla fallita Società Scaramella-Manetti & C. di Roma (Banca di Basilicata, Assemblea generale…, cit., pp. 20 s.; Un impegno rispettato, p. 51). La Società, successivamente denominata Società Esattorie meridionali, estese la sua attività in comuni della Campania e della Calabria (nel 1935 gestiva 47 esattorie) registrando, nonostante la crisi, incrementi negli utili e stabili dividendi (Società Esattorie meridionali, Assemblea generale del 30 marzo 1936, pp. 6-9).
Nel 1928 la Banca di Basilicata aveva partecipato anche alla costituzione della Società acquisti vendite immobili amministrazioni (SAVIA), sottoscrivendo una parte del capitale azionario; nel 1931 la società aveva un patrimonio «di terreni e fabbricati acquistati a ottime condizioni» (Banca di Basilicata, Assemblea generale…, cit., p. 22).
Il successo dell’istituto di credito, grazie alla valida e corretta direzione del M. – come confermò una visita ispettiva della Banca d’Italia nel 1931 (ibid., p. 19) –, non fu legato soltanto agli investimenti finanziari, ma anche al suo radicarsi nella società locale, rispondendo alle esigenze dei vari strati della borghesia locale, in particolare potentina (per un’indicazione parziale sulla sua clientela in tutta la regione si veda l’elenco dei Principali scontisti della Banca di Basilicata, 1931, in Arch. di Stato di Potenza). Ma la depressione economica, accentuata dai cattivi raccolti agricoli del 1930-31, ebbe riflessi negativi in tutti i settori, con una forte restrizione del credito da parte delle banche nazionali operanti nella regione.
La Banca lucana ridusse il risconto presso le altre aziende di credito e si basò principalmente sui propri mezzi. Inoltre, nel corso degli anni Trenta, pur consolidando la sua presenza sul territorio (i depositi, fiduciari e di conto corrente, oscillarono tra i 9 e i 10 milioni di lire), diminuì il dividendo agli azionisti dall’8 al 6% (cfr. Banca di Basilicata, Assemblea generale… 1931, pp. 17-23; Id., Assemblee generali, 1932 e 1933 e Banca di Lucania, Assemblee generali, 1934-38). Ciò nonostante, il M. continuò a intervenire, appena possibile, a sostegno delle attività industriali potentine.
I legami stabiliti dall’azienda di credito con la realtà sociale lucana (tra i «principali scontisti» vi erano anche notabili locali sostenitori del regime e organizzazioni sindacali fasciste) resero possibile che, fino agli inizi degli anni Quaranta, il M., non fascista, potesse permanere nelle cariche di direttore della stessa e di amministratore delegato della Esattorie meridionali.
Le pressioni per «fascistizzare» la Banca erano state costanti a partire dal 1926, nel tentativo, fallito, di modificare lo stesso assetto societario. Le autorità fasciste, infine, non ritennero opportuno prendere un provvedimento di polizia nei confronti del M. – come, nel maggio del 1931, il ministero dell’Interno comunicava al prefetto di Potenza –, ma imposero l’immissione nel consiglio di amministrazione di persone gradite al regime. Il M. stesso favorì l’inserimento di alcune di loro e, con questo espediente, poté ancora sussistere l’anomala situazione di «un gruppo economico potente che fascista non era e che non nascondeva tale posizione» (Un impegno rispettato, pp. 57, 63). Alla presidenza, nel 1931, fu eletto l’avvocato A. Vita, che ricopriva incarichi in organizzazioni del regime e in due società idroelettriche lucane; nel 1933, l’assemblea degli azionisti acconsentì a modificare il nome dell’istituto in Banca di Lucania per esprimere la «grande soddisfazione di poter finalmente ridare alla Regione nostra il suo glorioso nome romano» (Banca di Basilicata, Assemblea generale del 31 marzo 1933, p. 13).
I compromessi con il regime non furono sufficienti nel 1941, quando divennero più tese le relazioni tra il M. e i gerarchi locali, in particolare il segretario federale E. De Marzio. Il M., per evitare che le concessioni alla Esattorie meridionali non venissero rinnovate, si dimise dalla carica di amministratore delegato e, nell’aprile 1943, fu costretto a dimettersi anche da quella di direttore della Banca. Il crollo del fascismo non portò a più solidi assetti gestionali. Nel 1944-45, ripercuotendosi sulla Banca l’instabilità e la frammentazione delle forze politiche meridionali di quegli anni, si verificarono forti contrasti tra i soci azionisti anche sul reintegro nella carica di direttore del M., il quale, stanco delle divisioni e dei conflitti personali, nel 1945 decise di uscire dalla società, cedendo il suo pacchetto azionario e quello posseduto dai suoi parenti (Un impegno rispettato, p. 76). Mantenne, tuttavia, la partecipazione all’impresa di laterizi Sala che, gestita da A. Tucci, suo amico ed ex impiegato della Banca di Lucania, continuò la produzione fino agli inizi degli anni Ottanta.
Nei primi anni del dopoguerra il M. prese parte all’attività del Partito socialista italiano (PSI; nel 1946 fu eletto consigliere comunale di Potenza nelle sue liste), ma successivamente preferì abbandonare la vita politica per dedicarsi alla famiglia: la giovane moglie, Emilia Di Napoli, sposata nel 1942, e i quattro figli.
Il M. morì a Potenza l’11 marzo 1988.
Tra gli scritti del M. si ricordano: Il credito agrario nella provincia di Potenza, Napoli 1911; La Basilicata. Il presente e l’avvenire, Potenza 1919 (concernenti questioni trattate su Il Popolo lucano); Credito e banche nel Chile durante la guerra, in Riv. di scienza bancaria e di economia attuariale e commerciale, I (1915), 7, estr., pp. 1-9; L’incremento della circolazione durante la guerra, ibid., 8, estr., pp. 1-12; Cambi e circolazione, ibid., II (1916), 2-3, estr., pp. 1-19 (riguardanti questioni creditizie e finanziarie); Un aspetto particolare del problema meridionale visto durante cinquanta anni, Potenza s.d., contenente le conferenze tenute al Lions Club di Potenza nel 1960-61, in cui il M. rievoca anche la sua attività giornalistica e imprenditoriale. Si vedano, inoltre, le lettere del M. (La replica di un protagonista; Socialisti e nittiani nell’opposizione al fascismo), in Basilicata, XIV (1978), 1-3, pp. 20 s.; e ibid., 4-6, pp. 19-21; nonché, di particolare interesse come una delle principali fonti sul M., l’autobiografico Un impegno rispettato. Ricordi di un riformista a Potenza, a cura e con prefaz. di L. Sacco, Matera 1982.
Fonti e Bibl.: Sull’attività imprenditoriale del padre cfr. Eugenio Masella, in La Basilicata nel mondo, 1927, n. 3, p. 214. Una ristampa anastatica di alcuni numeri del Popolo lucano è in La Provincia Il Ribelle Il Popolo lucano Il Gazzettino, Rionero in Vulture 1991, pp. 164-286; cfr. anche Associazione italiana biblioteche, Catal. dei periodici lucani, Venosa 1987, p. 50. Sulla Banca di Basilicata, la società Esattorie meridionali e le altre società si vedano: Banca di Basilicata, Assemblea generale del 30 marzo 1932, Potenza 1932; Id., Assemblea generale del 31 marzo 1933, ibid. 1933 e, per gli anni successivi, Banca di Lucania, Assemblee generali, Potenza 1934-38; Società Esattorie meridionali, Assemblea generale del 30 marzo 1936, Potenza 1936; documenti relativi alla Banca (assetti societari nel 1929-30 indicati dal Consiglio provinciale dell’economia di Potenza, Principali scontisti della Banca di Basilicata nel 1931, rapporti con il regime fascista negli anni 1930-32 con carteggio tra il ministero dell’Interno e il prefetto di Potenza nonché lettere dello stesso M. al prefetto) e alla società Esattorie meridionali sono nell’Arch. di Stato di Potenza: Prefettura, Gabinetto, II vers., I elenco, bb. 22 e 23. Sul Consorzio provinciale di approvvigionamento e i rapporti con il movimento cooperativo: ibid., I vers., b. 457. Sul M., la Banca di Lucania, il movimento cooperativo e socialista, la realtà politica ed economica di Potenza e della Basilicata: G. Calice, Lotte politiche e sociali in Basilicata 1898-1922, Roma 1974, pp. 78-159; Id., Economia e classi sociali in Basilicata. Il difficile dominio del fascismo, in Basilicata, XIII (1977), 1-3, pp. 11-19; 4-6, pp. 9-12; XIV (1978), 1-3, pp. 11-21; R.M. Salvia, Potenza capitale: una città senza paesi, in I poteri urbani. Problemi di modernizzazione in un’area meridionale, a cura di G. Calice, Matera 1987, pp. 227-253; G. Calice, Il potere degli elettrici: la Soc. lucana imprese idroelettriche, in Id., Strategie familiari e imprenditoriali fra ’800 e ’900. Il caso della Basilicata, Rionero in Vulture 1992, pp. 11-32; N. Lisanti, Credito e imprese negli anni Venti: la Banca di Lucania, ibid., pp. 89-105; D. Sacco, Cento anni di socialismo in Basilicata, Manduria-Roma 1993, pp. 107-140; Id., Forze politiche, gruppi sociali e classe dirigente in Basilicata tra Otto e Novecento, Manduria-Roma 1997, pp. 45-120. N. Lisanti, Il movimento cooperativo in Basilicata dall’Unità al fascismo, Potenza 2000, pp. 57-155 (in appendice sono pubblicati documenti sul M. e verbali della Federazione delle cooperative); Sugli istituti locali di credito, in particolare la Cassa provinciale di credito agrario e P. Indrio, cfr. anche S. Lardino, Le banche popolari in Basilicata (1880-1900). Appunti per una ricerca, in Rass. stor. lucana, 1989, n. 9-10, pp. 253-278; A. Sinisi, Economia, istituzioni agrarie e gruppi sociali in Basilicata (1861-1914), Napoli 1989, pp. 237-360. Per la cultura e le posizioni politiche della massoneria dall’età giolittiana al fascismo che si riflettono anche nella provincia lucana, gli iscritti in Basilicata e in tutte le province italiane, cfr. F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, pp. 151-351.