PAGGI, Giuseppe Maria
PAGGI, Giuseppe Maria (in religione Giovanni Battista). – Nacque a Genova il 10 giugno 1615 da Giovanni Battista e da Maddalena Artusi, entrambi di famiglia della nuova nobiltà.
Il padre, nato a Genova nel 1554, fu un insigne pittore. La famiglia risaliva fino al XII secolo; nel 1488 Andrea, Antonio, Battista e Bartolomeo Paggi intervennero al giuramento di fedeltà di Genova al duca di Milano Gian Galeazzo Sforza e nel 1604 Bartolomeo Paggi di Gerolamo compose la tragedia La fedeltà (Genova, appresso Giuseppe Pavoni).
Battezzato il 15 giugno presso la chiesa di S. Siro in centro città, Paggi ebbe almeno due fratelli, Torquato e Carl’Antonio (quest’ultimo fu con lui ascritto alla nobiltà genovese in data 2 dicembre 1626). Educato fino ai 15 anni nella Congregazione della Beata Vergine presso i gesuiti di Genova, iniziò gli studi di umanità, retorica e filosofia e il 21 dicembre 1626 decise di farsi chierico. Nell’autunno del 1629, non è nota la ragione, si trasferì a Perugia per studiare diritto civile e canonico alla Sapienza Nuova. Il 21 dicembre del medesimo anno ricevette la prima tonsura e i quattro ordini minori. Prese a frequentare la chiesa di S. Ercolano, retta dai barnabiti, e nel 1635, mentre stava per laurearsi in giurisprudenza, decise di entrare nell’Ordine, accolto dal superiore locale Agricola Bartolotti senior.
Accettato nella Congregazione dei chierici regolari di s. Paolo il 20 febbraio 1636, fu inviato a Zagarolo, dove aveva sede il noviziato della Provincia romana dell’Ordine; l’8 maggio vestì l’abito religioso, prendendo il nome di suo padre, Giovanni Battista. A Zagarolo, il 17 maggio 1637, emise la professione solenne nella chiesa della Ss. Annunziata nelle mani del superiore della chiesa dei Ss. Biagio e Carlo ai Catinari a Roma, Cristoforo Giarda. Nell’Ordine proseguì gli studi di filosofia presso le scuole Arcimboldi di S. Alessandro in Zebedia a Milano e dal 1639 quelli di teologia nel collegio S. Paolo di Macerata. Qui ricevette il suddiaconato il 24 marzo 1640, il diaconato il 16 marzo 1641 e il sacerdozio il 21 settembre dello stesso anno.
Il 16 ottobre 1641 ebbe la sua prima destinazione ad Asti, come insegnante di retorica presso le scuole pubbliche di S. Martino, rette dai barnabiti, che avevano riaperto dopo essere state chiuse in seguito alla guerra tra la Francia e il Piemonte e alla peste del 1630. L’11 giugno 1646 fu nominato superiore del collegio e delle scuole, carica che ricoprì fino al 1650. Particolarmente stimato, divenne esaminatore sinodale del vescovo Ottavio Broglia e suo coadiutore nella visita alla diocesi d’Asti nell’autunno del 1647.
Iniziò ad affermarsi come oratore sacro – nel sinodo diocesano di Asti tenuto del 1643 tenne, alla presenza di monsignor Broglia, il discorso d’inaugurazione De utilitate et observantia legum – ma anche come autore di pubblici discorsi, come quello tenuto presso il collegio di S. Martino il 12 maggio 1644 davanti al vescovo e al governatore, dal titolo La conversione del Re Giosafat. Apprezzati furono anche Lo Scudo, sacro Panegirico sopra la SS. Sindone detto alle Altezze Reali nel Duomo di Torino consacrato all’A.R. di Carlo Emanuele II nell’ingresso del Governo de’ suoi Stati (Torino 1648) e diversi quaresimali: l’Apparato funebre pel defunto Marchese Villa, tenutosi ad Asti il 2 settembre 1648 e ivi pubblicato lo stesso anno, e quelli tenuti in S. Alessandro a Milano nel 1650, a Lodi nel 1651, a Crema nel 1652, a Roma, in S. Biagio e Carlo ai Catinari, nel 1653, a Bologna nel 1655.
Nel 1650 rifiutò l’ufficio di superiore di S. Paolo alla Colonna a Roma e fu destinato a Genova a S. Paolo in Campetto, dove fu confessore; ma nel 1652 non poté sottrarsi alla nomina precedentemente rifiutata. Giunto a Roma il 24 maggio, assunse la guida della comunità, alle prese con gravi difficoltà di natura economica per alcune vertenze in corso e per le conseguenze di un incendio divampato nella chiesa una trentina d’anni prima. A causa del breve periodo di permanenza non portò a termine il risanamento, nonostante le buone amicizie coltivate, come quella con il cardinale Fabio Chigi, futuro papa Alessandro VII, che nel 1659 avrebbe acquistato per il nipote Agostino il palazzo Aldobrandini, nell’area poi divenuta la piazza di S. Paolo alla Colonna.
Il nuovo capitolo generale, celebratosi a Milano nel maggio 1653, lo destinò all’altra casa romana dell’Ordine, quella dei Ss. Biagio e Carlo ai Catinari, ma poco dopo, resasi improvvisamente vacante la carica di superiore provinciale della stessa Provincia romana, Paggi fu chiamato a ricoprire tale ufficio, che tenne fino al 1655. Nell’ultimo anno del mandato si scontrò con il superiore generale, Giovanni Angelo Bossi, da lui accusato di violazione delle Costituzioni per la doppia elezione del superiore dei Ss. Biagio e Carlo ai Catinari, Ercolano Olivieri, a procuratore generale, carica ritenuta incompatibile con la prima. Il 14 giugno 1655 fu nominato da Alessandro VII, da poco eletto papa, vescovo di Brugnato.
Riconciliatosi con il suo Ordine, Paggi fu consacrato il 24 giugno 1655 in Ss. Biagio e Carlo ai Catinari per mano del cardinale Giulio Cesare Sacchetti, assistito da monsignor Francesco Antonio Sacchetti, vescovo di Troia, e da monsignor Giacinto Cordella, vescovo di Venafro. Il 3 maggio 1656, come segno tangibile di gratitudine e di ritrovata unità, assistette i barnabiti nella fondazione della loro nuova casa in S. Bartolomeo degli Armeni a Genova e benedisse la Repubblica con la sacra immagine del Sudario (la chiesa conserva ancora oggi l’olio su tela Gesù consegna la propria immagine ad Anania, opera di Giovan Battista Paggi).
Confinante con Stati diversi – costituiva un privilegiato luogo di rifugio per coloro che intendevano sottrarsi al foro laicale – la piccola e montuosa diocesi di Brugnato era allora formata da 33 parrocchie: 26 si trovavano sotto la Repubblica di Genova, due nel Piacentino (Ducato di Parma), tre nel Pontremolese (Granducato di Toscana) e due nei feudi imperiali del marchese Malaspina. Durante il suo episcopato (sette anni) Paggi si dimostrò molto attento nella difesa dei diritti della sua Chiesa. Di particolare rilievo fu il ruolo di paciere che svolse in varie circostanze: nel 1657, per esempio, fu eletto dal Senato di Genova arbitro di pace per le contese familiari intercorse a Brugnato tra il vicario generale Silvestro Bertucci e il capitano di Levanto. Si dimostrò sensibile ai bisogni del territorio, sia spirituali sia materiali: a Sestri Levante cooperò all’erezione di un monastero delle turchine (l’Ordine della Ss. Annunziata), restaurò e nel 1659 ricostruì ex novo una parte del suo palazzo vescovile, nel 1660 fece riparare l’arco di mezzo del ponte sul Vara, danneggiato da una piena, permettendo così di ricollegare Brugnato con la strada della Spezia. Non gli mancarono amarezze, come la vertenza apertasi con il vescovo di Sarzana Prospero Spinola, poiché Paggi aveva ordinato a Brugnato tre suoi chierici respinti all’esame d’ammissione agli ordini: per questo nel 1660 fu privato dalla Sacra Congregazione del Concilio della facoltà di ordinare chierici di altra diocesi senza previa consultazione della Congregazione stessa.
Appassionatosi alle ricerche storiche, fu tenuto in gran conto dalla Repubblica di Genova, che lo incaricò di scrivere le Historie di Genova (Genova, Biblioteca Universitaria, Genova, Manoscritti, B._V.29; il microfilm si trova alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, pos. 73763), rimaste interrotte dalla morte precoce.
L’opera è divisa in due parti, la prima riguarda i fatti del 1527 che portarono alla svolta filospagnola di Andrea Doria, la seconda ripercorre la storia della città dalle origini al 1296.
Ammalato, fu assistito per due mesi dal confratello Gabriele da Passano, fino alla morte, avvenuta a Brugnato l’8 febbraio 1663.
Fu sepolto nella cattedrale dei Ss. Pietro, Lorenzo Martire e Colombano Abate, nella Cappella del Rosario.
Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca Franzoniana, Missioni Urbane, Mss.: F. Federici, Abecedario delle famiglie genovesi [al vol. III c. 62rv cita la famiglia Pagli (de Pagi), ma né Giuseppe Maria né suo padre]; Ibid., Mss.: G. Giscardi, Origine e fasti delle nobili famiglie di Genova, ad nomen; M. Giustiniani, Scrittori liguri, Roma 1667, p. 338; P. Baffico, Storia del S. Sudario, Genova 1694, pp. 38-40; P. Scionico, Saggi cronologici o sia Genova nelle sue antichità ricercata, Genova 1743, pp. 95, 144; D. De Totis, Synodi Ecclesiae Brugnatensis, Genova 1744, p. 365; V. Podestà, Memorie di Sestri Levante, Genova 1876, p. 29; L. Alfonso, Liguri illustri: Giovanni Battista Paggi, in La Berio, XII (1972), 3, pp. 38-42. Fonti barnabitiche: L. Levati, Vescovi barnabiti che in Liguria ebbero i natali o la sede, Genova 1910, pp. 53-100; O. Premoli, Storia dei barnabiti nel Seicento, Roma 1922, pp. 212, 259, 263-266; L. Levati, Provincia Romana e Napoletana dei Chierici Regolari di S. Paolo detti Barnabiti, Genova 1925, pp. 66-69; G. Boffito, Scrittori barnabiti o della Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, III, Firenze 1934, pp. 84-86; S. Pagano, Gerarchia Barnabitica, I, (1536-1700), Roma 1994, passim.