SOLI, Giuseppe Maria
‒ Nacque a Vignola (Modena), patria di Jacopo Barozzi, da Giovanni, mezzadro, e da Maria Belluzzi, il 23 giugno 1747. Sposò nel 1787 Paola Verzani, da cui ebbe un unico figlio, Gusmano, anch’egli architetto.
Elogiato da Antonio Canova, fu oggetto di inusitate testimonianze pubbliche sia in occasione delle sue esequie funebri che nella successiva commemorazione, tenuta nella chiesa modenese della Beata Vergine delle Grazie, nel primo anniversario della morte.
Ricordato nell’edizione del 1827 delle Memorie degli architetti antichi e moderni di Francesco Milizia, conobbe poi un lungo oblio. Furono Adolfo Venturi, a sessant’anni dalla morte, e Gabriele Morolli, in occasione di un convegno a Faenza nel 1974, a restituirgli, per primi, il meritato rilievo (Venturi, 1878; Id., 1882; Morolli, 1977).
La principale fonte per conoscerne le vicende umane e professionali rimane comunque la biografia pubblicata nel 1833 da Giovanni De Brignoli di Brunnhoff quale aggiunta alla Biblioteca modenese di Girolamo Tiraboschi.
Il suo percorso formativo prese avvio grazie all’avvocato Giulio De Nobili, governatore di Vignola, al tempo marchesato dei principi Boncompagni Lodovisi. Giuseppe Maria fu messo a bottega, per imparare pittura e disegno, da Fra’ Stefano da Carpi, estroverso protagonista della pittura del Ducato estense del tempo. Sempre grazie a De Nobili, nel 1758 venne presentato al senatore conte Carlo Malvasia di Bologna, che lo accolse in casa introducendolo, appena dodicenne, all’Accademia Clementina, in quegli anni in piena riforma (De Brignoli Di Brunnhoff, 1833; Venturi, 1882; Roversi, 1996-1997). Qui ottenne il premio di frequenza Fiori (1766) nella sezione di figura, che ricevette anche nel 1768, 1769 e 1770. Nel giugno del 1767 ebbe anche la medaglia di prima classe del premio Marsili Aldovrandi, nella sezione di figure in disegno, con l’opera La fabbrica della città di Bologna, fatta da Felsino re di Toscana, ancor oggi conservata presso l’Accademia (Morolli, 1977; Roversi, 1996-1997). Nei dodici anni passati a Bologna, Soli ebbe come docenti Ercole Lelli e soprattutto Carlo Bianconi, figura di spicco nell’ambito dello studio dell’antico e della polemica antibarocca.
Ciò lo portò a lamentarsi della marginalità dell’insegnamento «pratico» nell’Accademia bolognese, che non prevedeva alcun approfondimento nel campo dell’architettura.
Ebbe certamente maggiore influenza su di lui il «dilettante in architettura» senatore Malvasia, per il quale Francesco Tadolini aveva progettato e avviato il non poi finito palazzo di piazzetta S. Donato: un’opera che influenzò fortemente, con i suoi caratteri neocinquecenteschi, la prima attività progettuale di Soli. Fu dunque Malvasia, «conoscitore delle arti» ma anche «riconoscitore degli artefici», a ricoprire un ruolo non secondario nell’avvicinare Giuseppe Maria alla pratica architettonica (Nel segno di Palladio, 2008).
La morte prematura del mecenate (luglio 1767) non impedì a Soli di terminare il proprio percorso didattico presso la Clementina, e poi, nel 1770, di trasferirsi a Roma. Ciò grazie anche al sostegno della Comunità modenese, che dietro ordine dello stesso Francesco III d’Este, a sua volta sensibilizzato dal ministro estense presso la corte papale, il futuro cardinale Filippo Carandini, e da Tiraboschi stesso, ne sostenne il nuovo percorso formativo, artistico e professionale. Soli subentrò così a un altro modenese, il pittore Giovanni Mussatti, da allora più volte al suo fianco. Nel 1771 concorse al premio Clementino di pittura di prima classe senza però conseguire alcun riconoscimento. Agli stessi anni 1771-74 si vogliono far risalire le prime prove architettoniche: i campanili della chiesa parrocchiale di S. Giacomo a Roncole e della pieve di Nonantola, ambedue nel territorio estense (Missere Fontana, 2004). Per conservare la protezione della Comunità modenese al fine di prolungare la permanenza a Roma, Soli si offrì, assieme a Mussatti, di avviare a Modena «la scuola di disegno», colmando in tal modo una lacuna che collocava la città in coda alle altre capitali e non esitando a inviare alcuni dipinti ad attestazione dei risultati raggiunti (Il vecchio Tobia con il figlio e l’arcangelo Raffaele, del 1773, e Veduta della piazza ducale di S. Agostino, del 1775, ora a Milano, Civiche Raccolte del Castello Sforzesco).
Nel 1779 gli fu concessa un’ulteriore proroga, a condizione di ricevere «un quadro di sua mano con gli opportuni attestati», come in effetti avvenne con l’invio dell'Archimede (Modena, Museo civico d’arte) e dell’Apelle che ritrae Campaspe, poi «trafugato» dai francesi.
Durante il soggiorno romano, protratto fino al 1784, Soli perfezionò la propria versatilità pittorica e architettonica attraverso l’attento studio, come ricorda sempre De Brignoli, delle «rovine di que’ vetusti edifici», e ricevette, forse attraverso la stessa Accademia, varie commesse. Tra queste, dipinti e decori per i Barberini (Riva, 1823), una copia dal Guercino e un ritratto per la «real principessa di Francia madama la duchessa d'Orléans» Luisa Maria Adelaide di Borbone, interventi per il principe di Carbognano, Giulio Cesare Colonna di Sciarra, e per sua moglie Cornelia Costanza Barberini in palazzo Barberini di via Quattro Fontane.
La prima vera impresa eminentemente architettonica, che attesta la vocazione classicista di Soli, è il progetto per la chiesa di S. Pietro Apostolo a Carbognano (Viterbo), commissionata sempre dal principe Colonna di Sciarra. Tra le ultime opere eseguite a Roma prima del rientro a Modena, De Brignoli segnala anche gli allestimenti in palazzo Gentili in onore di Ferdinando d’Asburgo Lorena e Maria Beatrice d’Este (1781).
Furono proprio questi lavori che portarono i biografi a citare l’episodio dell’invito ricevuto da Soli dalla stessa «monarca delle Russie ad essere suo architetto in Pietroburgo», invito rifiutato da Soli, il quale, per rientrare nella città natale, «cedé quel posto ad un amico». Secondo Morolli, il rifiuto favorì Giacomo Quarenghi. Sempre a questi ultimi anni romani va forse fatta risalire la conoscenza, tramutata poi in collaborazione, con Giovanni Antonio Antolini, nonché il probabile avvicinamento alla massoneria.
Come già detto, Soli, assieme a Mussatti, aveva più volte sollecitato il duca e la Comunità di Modena ad aprire una scuola di belle arti; richiamato così in patria, Ercole Rinaldo III d’Este gli affidò l’istituzione, la progettazione, l’organizzazione e la direzione della scuola poi Accademia Atestina di belle arti, collocata in luogo del soppresso S. Uffizio. Il nuovo edificio, posto a breve distanza dalla reggia ducale, dalla facciata porticata e dal cortile a esedra evocante cinquecentesche architetture bolognesi e romane, risultò di fatto strategico per la politica riformista dei duchi di Modena e per l’educazione artistica di intere generazioni di giovani artisti. Accademico clementino d’onore (2 novembre 1785), e professore della facoltà di filosofia e arti presso l’Ateneo modenese, Soli venne nominato aiuto dell’anziano architetto ducale Pietro Termanini, che sostituì nella carica nel 1793. Fama e prestigio si consolidarono con l’arrivo di alcuni significativi incarichi, tra cui la costruzione del ponte di S. Ambrogio (1789-93, distrutto nella seconda guerra mondiale). La nomina avvenne a seguito del clamoroso crollo del ponte a campata unica in costruzione sotto la direzione dell’ingegnere ducale Ludovico Bolognini. Il crollo, dovuto a una serie di errori progettuali e forse a un azzardo nel disarmo, conseguì ben trenta vittime, e lo scandalo seguìto portò Soli a subentrare a Bolognini nella carica.
Dopo il ponte sul Panaro, il cui sistema di centinature fece scuola tanto da essere assunto a modello in altri cantieri, Soli fu incaricato della scenografica Porta S. Agostino (1789-91; demolita nel 1912), voluta quale atto finale di uno straordinario periodo di riforme sociali e urbanistiche illuminate, che ebbe in largo S. Agostino il proprio apice (Smargiassi, 1989; Vandelli, 1990; Pigozzi, 2000). Negli stessi anni lavorò anche alla serra dell’orto botanico universitario, poi a palazzo Paolucci in Rua Muro, a palazzo Campori, a villa Ricci poi Messerotti Benvenuti, e a villa Forni. A questa fase particolarmente impegnativa, caratterizzata soprattutto dall’insegnamento artistico nella nuova Accademia Atestina (Righi Guerzoni, 2008), vanno ricondotti la ristampa, a sue spese, del Manuale di architettura di Giovanni Branca con nuove tavole sull’armatura dei ponti dell’incisore Luigi Tadolini di Bologna, ma anche il ritratto ufficiale del duca Ercole Rinaldo III (Modena, Gallerie Estensi, in deposito a palazzo ducale), databile attorno al 1793-94, e quello dell’abate Girolamo Tiraboschi (Bergamo, Accademia Carrara).
Soli aderì con entusiasmo, fin dall’ingresso dei francesi a Modena, alla Repubblica, assumendo incarichi per l’erezione di quasi tutti i nuovi monumenti «alla Libertà» e «alla Riconoscenza». Fu eletto tra i membri del «comitato decurionale» insediato per la nomina della nuova Municipalità. In quegli stessi giorni fu pure tra gli accademici filarmonici che proposero un’accademia, tenuta presso il teatro Rangoni, in onore di Bonaparte, a Modena proprio in quei giorni. Fu poi incaricato, assieme al discusso Luigi Cerretti, poi rettore dell’Università di Pavia, della conservazione e della salvaguardia delle opere requisite sia alle collezioni ducali sia dai beni nazionalizzati (Corradini, 2006). Opere, queste, in larga parte trasferite nell’Accademia di belle arti, dove Soli provvide ad allestire le prime «gallerie» espositive, arginando in tal modo, e per quanto possibile, trafugamenti e manomissioni. Fu poi tra i principali sostenitori dell’istituzione a Modena della scuola militare del genio e dell’artiglieria, voluta dallo stesso Bonaparte sul modello dell’École polytechnique, l’unica in Italia, e aperta il 23 settembre 1798. Oltre ad assumere l’incarico di professore di disegno e figura umana, fu il responsabile degli ampi lavori di riadattamento necessari per accogliere il nuovo istituto nell’ex residenza ducale.
Nel 1801 venne chiamato a Milano per far parte della commissione, assieme a Carlo Barabino, a Giacomo Albertolli, a Luigi Canonica e a Paolo Bergilli, per esaminare il progetto del foro Bonaparte di Giovanni Antonio Antolini (1753-1841).
Il 25 e 26 giugno 1805 Napoleone in visita a Modena, per cui Soli aveva curato gli allestimenti per l’ingresso in città, lo decorò della Legione d’onore. Nel 1810 venne anche nominato «ispettore de’ Reali Fabbricati di Modena». In tal ruolo, nello stesso anno raggiunse Venezia, dove, su richiesta dello stesso imperatore, sostituì Antolini nel difficile compito della discussa, e in quel momento impantanata, ricostruzione dell’ala delle Procuratie nuovissime in piazza S. Marco (Pfister, 2003; Frank, 2004-2005). Richiamato da Venezia (col figlio Gusmano) dal nuovo arciduca di Modena, Soli riassunse già nel settembre del 1814 la carica di «architetto di Sua Altezza Reale» purché con lo stesso «emolumento che percepiva a suo tempo quando sostituì il fu signor Pietro Termanini nel 1784». Da ciò l’impegno di ultimare i lavori agli appartamenti di rappresentanza e privati della residenza ora arciducale, cui seguirono i lavori alle facciate di levante e settentrionale (Bulgarelli, 1987; Roversi, 2018). Venne pure incaricato di seguire i lavori di recupero delle opere trafugate dai francesi.
Fin dalla sua istituzione, fu membro della commissione d’ornato di Modena, nonché ispiratore del grande piano di riforma urbana della capitale estense, approvato nel 1818 e solo in minima parte attuato. Fu praticamente il deus ex machina della Modena della Restaurazione: di fatto non c’era nulla che non venisse sottoposto al suo esame preventivo. Oltre agli incarichi pubblici, assolti assieme al figlio e agli architetti da lui formati presso la ripristinata Accademia Atestina di belle arti, di cui fu direttore, ricevette importanti commesse private e religiose, sia nella capitale sia in vari centri del modenese.
Morì a Modena il 20 ottobre 1822. I funerali vennero celebrati in forma solenne e fu sepolto a Vignola, per la quale aveva progettato il rifacimento, concluso più tardi da Cesare Costa, della parrocchiale dei Ss. Nazario e Celso.
Fonti e Bibl.: G. Riva, Nell’anniversario della morte di Giuseppe Soli, pittore e architetto illustre, Modena 1823; F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, II, Bologna 1827, pp. 488-493 (voce a cura di G. De Brignoli Di Brunnhoff); G. De Brignoli Di Brunnhoff, Del cavaliere G.M. Soli, in Notizie biografiche e letterarie in continuazione della Biblioteca modenese del Tiraboschi, I, Reggio 1833, p. 157; M. Valdrighi, Giuseppe Soli, in Iconografia dei celebri vignolesi, a cura di F. Selmi, Modena 1839, p. I; A. Venturi, Le belle arti a Modena. Osservazioni critiche, Modena 1878, p. 23; Id., La R. Galleria Estense in Modena, Modena 1882, p. 340; G. Morolli, G.M. S., architetto modenese (1745-1822), in Architettura in Emilia-Romagna dall’Illuminismo alla Restaurazione, Firenze 1977, pp. 103-124; M. Bulgarelli, 1798-1830. Rivoluzione e Restaurazione, in Il palazzo ducale di Modena…, a cura di A. Biondi, Modena 1987, pp. 279-317; M. Smargiassi, Genesi del piccone demolitore. Un secolo e mezzo di trasformazioni urbane a Modena (1760-1915), in Storia urbana, XII (1989), 47, pp. 138-143; V. Vandelli, L’ultimo volo dell’aquila bianca: le riforme urbane e territoriali di Ercole Rinaldo III d’Este, in Gli architetti del pubblico a Reggio Emilia… (catal.), a cura di M. Pigozzi, Casalecchio sul Reno (BO) 1990, pp. 151-196; D. Lenzi, L’insegnamento dell’architettura e la formazione dell’architetto a Bologna nel secolo XVIII, in L’architettura nelle accademie riformate. Insegnamento, dibattito culturale, interventi pubblici. Atti del Convegno… 1989, a cura di G. Ricci, Milano 1992, pp. 71-95; S. Roversi, G.M. S., tesi di laurea, Facoltà di lettere e filosofia, corso di laurea in DAMS, Università degli Studi di Bologna, a.a. 1996-1997; G. Martinelli Braglia, G.M. S., in La virtù delle arti. Adeodato Malatesta e l’Accademia Atestina, a cura di D. Ferriani, Vignola 1998, pp. 37-39; V. Sala - V. Vandelli, «E poscia si attese alacremente all’educazione dei giovani…». G.M. S. e l’istituzione dell’Accademia, ibid., pp. 21-35; M. Pigozzi, L’edilizia pubblica nel Ducato estense da Francesco III ed Ercole III, in L’edilizia pubblica nell’età dell’Illuminismo, a cura di G. Simonini, II, Firenze 2000, pp. 492 s.; Ead., L’architettura del Pubblico a Modena e a Reggio Emilia al tempo di Francesco III e di Ercole III, in Lo Stato di Modena. Una capitale, una dinastia, una civiltà nella storia d’Europa. Atti del Convegno…, Modena… 1998, a cura di A. Spaggiari - G. Trenti, I, Roma 2001, p. 302; A. Coccioli Mastroviti, L’Accademia Atestina e l’architettura a Modena nell’età della Restaurazione, in La cultura architettonica nell’età della Restaurazione, a cura di G. Ricci - G. D’Amia, Milano 2002, pp. 225-239; M. Pigozzi, G.M. S. fra Ancien Régime e Restaurazione, ibid., pp. 263-278; G. Romagnini - V. Vandelli, La Restaurazione in villa…, in Villa Gandini. Neoclassico modenese, a cura di N. Brigati - V. Vandelli, Formigine 2002, pp. 23-69; A. Pfister, La vicenda della reggia napoleonica veneziana e i progetti per il palazzo conservati nel fondo Luigi Canonica, in Architettura e urbanistica in età neoclassica. Giovanni Antonio Antolini (1753-1841). Atti del primo convegno di studi antoliniani..., Bologna-Faenza... 2000, a cura di M.G. Marziliano, Faenza 2003, pp. 209-247; F. Missere Fontana, Cultura architettonica e scientifica nelle carte e nei libri della famiglia Soli…, Modena 2004, pp. 26-30 (voce 50); M. Frank, Atti mancati o progetti falliti? Attorno al Palazzo Reale di Venezia, in Rivista Napoleonica, X-XI (2004-2005), pp. 101-122; E. Corradini, Conquiste artistiche nelle collezioni estensi. Le spoliazioni di Napoleone Bonaparte a Modena, Cinisello Balsamo (MI) 2006, pp. 16-20; L. Silingardi, Architettura e decorazione di villa nel modenese: dal neoclassicismo di G.M. S. alla cultura della tarda restaurazione di Cesare Costa, in Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, s. 11, XXVIII (2006), pp. 255-304; Nel segno di Palladio. Angelo Venturoli e l’architettura di villa nel Bolognese tra Sette e Ottocento, a cura di A.M. Matteucci - F. Ceccarelli, Bologna 2008, passim; L. Righi Guerzoni, Ingenuarum Artium Studia: G.M. S. artefice a Modena della nuova scuola e Accademia di belle arti, in Tracce dei luoghi. Tracce della storia…, Roma 2008, pp. 251-261; V. Vandelli, Verso una biografia di G.M. S., pittore e architetto, ibid., 2008a, pp. 262-284; Id., Non ha originali, ha però i gessi delle più belle statue dell’antichità…, in Attualità e memoria in Adolfo Venturi. Atti del Convegno... 2006, a cura di A. Battilani - N. Raimondi - E. Sponzilli, Modena 2008b, pp. 37-47; Id., S., G.M., in Studi sul Settecento Romano. Architetti e ingegneri a confronto, a cura di E. De Benedetti, III, Roma 2008c, pp. 265-269; S. Roversi, Ludovico Meglioli. Prospetto della facciata nord del palazzo ducale di Modena…, in Mutina splendidissima. La città romana e la sua eredità, a cura di L. Malnati et alii, Roma 2017, pp. 500 s.