MASSARI, Giuseppe
Uomo politico e scrittore, nato a Taranto l'11 agosto 1821, morto a Roma il 13 marzo 1884. Terminati gli studî letterarî e filosofici nel seminario di Avellino, fu mandato, appena quattordicenne, a Napoli ove si dedicò a studî di medicina, che poi trascurò per quelli delle lettere. Fino d'allora, frequentando la casa dell'abate Monticelli, si sentì infiammato a sensi di libertà, anzi sembra che s'iscrivesse alla setta della Giovine Italia, fondata dal calabrese Benedetto Musolino, che aveva il nome e in parte i principî dell'associazione mazziniana. Il 10 settembre 1838 il M. s'imbarcò da Napoli per Marsiglia, per imposizione del padre. Il M. da Marsiglia, si recò subito a Parigi, dove, non ancora diciottenne, seppe in breve familiarizzarsi con gli esuli italiani che l'avevano preceduto, frequentando specialmente la casa di Guglielmo Pepe. Conobbe G. Berchet, gli Arconati, con i quali, specialmente con la marchesa Costanza, ebbe lunga corrispondenza epistolare, T. Mamiani, G. Libri, M. Amari, F. Confalonieri, ecc. Fu pure protetto dalla principessa C. Belgioioso. Relazione dapprima epistolare, poi personale, strinse con il Gioberti, esule a Bruxelles, a cui scrisse fin dal novembre del 1838, testimoniando l'ammirazione per lui con due articoli inviati nel 1841 al Progresso di Napoli intorno all'Introduzione allo studio della filosofia del filosofo torinese. Il 23 dicembre 1843 il M. lasciò Parigi e venne in Italia, sperando di poter prendere dimora in Toscana; ma dopo breve soggiorno a Torino, dove non fu disturbato, recatosi a Milano, fu dalla polizia austriaca riaccompagnato alla frontiera e costretto a tornare in Francia. Là collaborò (1845) alla Gazzetta Italiana della Belgioioso, e visse fino al 1846, quando, accettato l'invito dell'editore G. Pomba, andò a Torino a dirigervi il Mondo Illustrato. Disgustato del modo come si svolgevano le vicende politiche nel Piemonte, alla fine del 1847 passò in Toscana, e collaborò alla Patria di V. Salvagnoli, quindi, nell'aprile del 1848, a Milano, dove rivide il Gioberti e gli fu compagno nel trionfale viaggio a Roma, in Toscana, nell'Emilia, a Genova. Nel frattempo era stato eletto deputato di Bari (15 aprile) al parlamento napoletano; e nonostante fosse stato assente durante i torbidi del 15 maggio, fu condannato più tardi (1853) a morte in contumacia, come uno dei capi del moto popolare. Andò a Napoli e fu presente il 30 giugno all'inaugurazione del parlamento, facendo parte dell'opposizione al ministero di F. P. Bozzelli, e più tardi, specialmente nella seduta del 3 agosto, ebbe fiere parole per la diserzione del governo borbonico durante la guerra dell'indipendenza. Nell'ottobre fu di nuovo a Torino per partecipare al congresso per la federazione italiana bandito dal Gioberti; poi, riconvocato il parlamento napoletano, tornò a Napoli (febbraio 1849), ma ne ripartì per sfuggire al pericolo di essere arrestato il 26 aprile. A Torino aiutò il Gioberti nella compilazione del Saggiatore, quindi fu collaboratore della Gazzetta Ufficiale, di cui, nel 1856, assunse la direzione; e scrisse pure articoli e corrispondenze per il Cimento, la Rivista Contemporanm, e l'Indépendance Belge. Stese allora l'opuscolo I casi di Napoli dal principio del 1848 al novembre del 1849 (Torino 1849), che furono come di proemio alle celebri lettere del Gladstone, da lui tradotte (Il sig. Gladstone e il governo napoletano, Torino 1851). Caldissimo difensore della politica di Carlo Alberto, e più ancora, di quella del Gioberti e più tardi di quella del conte di Cavour, che gli affidò delicate missioni segrete; in continua relazione con diplomatici e uomini politici italiani e stranieri, il M. ebbe parte, dopo il 1859, negli eventi che precedettero le annessioni dell'Emilia e della Toscana. Il 10 maggio 1860 fu eletto deputato al parlamento subalpino per il collegio di Borgo San Donnino, e alla camera sedette, a eccezione della XIII, dalla VII alla XV legislatura, militando sempre nelle file del partito moderato.
Della sua grande devozione per il Gioberti sono prova le Operette politiche, le Opere postume, infine i Ricordi biografici e il Carteggio del filosofo torinese, che vennero a luce per opera sua tra il 1860 e il 1862, e il Carteggio tenuto con lui dal 1838 al 1852, raccolto da G. Balsamo Crivelli (Torino 1921). Scrisse pure: Ricordi biografici del conte di Cavour, Torino 1872; La vita e il regno di Vittorio Emanuele II, Milano 1878; Vita del generale, Alfonso La Marmora, Firenze 1880. Del suo Diario 1858-Óo sitll'azone politica di Cavour, assai infelicemente pubblicato da G. Beltrani (Bologna 1931), si desidera una nuova edizione condotta sull'autografo; e così pure delle Lettere alla marchesa Arconati Visconti
Bibl.: S. Spaventa, Discorso su G. M., Foligno 1886; T. Sarti, Il parlamento subalpino e nazionale, Terni 1830; G. Paladino, G. M. secondo un recente carteggio, in Rass. stor. d. Risorg., L (1922); R. Cotugno, La vita e i temi di G. M., Trani 1931.