MORUZZI, Giuseppe
– Nacque a Campagnola Emilia, in provincia di Reggio Emilia, il 30 luglio 1910, primogenito di Giovanni, medico, e di Bianca Carbonieri.
Entrambi i genitori appartenevano a famiglie della buona borghesia agraria emiliana, proprietarie di fornite biblioteche attestanti genuini interessi culturali e con alcuni membri messisi in luce nel campo della politica e della medicina universitaria dell’Ottocento: il nonno paterno di Bianca, Francesco Carbonieri, laureato in legge e possidente di terreni nel Reggiano e nel Modenese, fu nominato senatore del Regno d’Italia su proposta di Cavour nel 1860; nella famiglia paterna, originaria dell’Appennino tra Parma e Piacenza, Giovanni Cavacciuti, nonno materno di Giovanni Moruzzi, fu professore di patologia nella Università di Parma dal 1854 al 1874. Anche Giovanni Moruzzi, laureato in medicina a Parma nel 1904, intraprese la carriera universitaria come assistente nella clinica medica di quella università, ma costretto a interromperla dalla prima guerra mondiale, esercitò proficuamente per molti anni la professione privata in varie città emiliane.
Moruzzi visse l’infanzia e la giovinezza a Parma e nell’avita villa del Bombodolo nella campagna parmigiana presso Noceto. Studiò nelle scuole pubbliche e la sua formazione fu fortemente influenzata dalle notevoli tradizioni culturali della famiglia, a lui trasmesse soprattutto da un prozio del ramo paterno, Paolo Cavacciuti, medico a Genova e uomo dai molti saperi. Ottenuta la maturità classica nel 1927, si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Parma, rinunciando a una forte inclinazione per gli studi storici e umanistici, e si laureò con lode nel 1933.
Durante il corso di laurea preferì le discipline biologiche a quelle cliniche, frequentando prima l’Istituto di anatomia umana diretto da Antonio Pensa, allievo del premio Nobel Camillo Golgi, e poi l’Istituto di fisiologia diretto da Mario Camis. Pensa lo addestrò nelle principali tecniche neuroistologiche e gli fece pubblicare a vent’anni il suo primo lavoro, un’analisi della rete nervosa diffusa di Golgi nello strato dei granuli del cervelletto. Camis, ricercatore di vaglia che aveva lavorato in Inghilterra con il grande neurofisiologo Charles Scott Sherrington, ne determinò la scelta definitiva verso la fisiologia.
Di Camis Moruzzi fu assistente a Parma dal 1933 al 1935 e a Bologna dal 1936 al 1938, anno in cui Camis, ebreo, fu allontanato dall’università a causa delle leggi razziali fasciste. Contro l’impostazione allora corrente di fare ricerche in campi assai disparati della fisiologia, Moruzzi scelse di caratterizzare la sua personalità di ricercatore dedicandosi alla sola neurofisiologia, pur restando al corrente degli sviluppi di tutti gli altri settori per i fini didattici. Nel 1937-38 un soggiorno di lavoro presso l’Università libera di Bruxelles gli permise di fare esperienza nel campo dell’elettrofisiologia normale e patologica della corteccia cerebrale nel laboratorio di Frédéric Bremer (1892-1982), un altro brillante allievo di Sherrington, e soprattutto di impossessarsi delle problematiche riguardanti i meccanismi cerebrali del ciclo sonno-veglia, a quei tempi ancora in gran parte ignoti.
Trasferitosi alla fine del 1938 nel laboratorio di fisiologia della Università di Cambridge, diretto da Edgar Douglas Adrian, premiato con il Nobel per la medicina o la fisiologia insieme a Sherrington nel 1932, Moruzzi collaborò con Adrian stesso in un lavoro fondamentale sull’emissione continua di potenziali d’azione da parte della corteccia motoria anche in assenza di movimenti, nonché sulla relazione di questi potenziali con le onde elettroencefalografiche (Impulses in the pyramidal tract, in Journal of Physiology, XCVII [1939], 2, pp. 153-199).
La registrazione dei potenziali dei neuroni corticali motori dai loro prolungamenti nel fascio piramidale dimostrò per la prima volta che il codice di frequenza scoperto da Adrian nei nervi periferici era utilizzato anche dalla corteccia cerebrale, costituendo così un sistema unitario di comunicazione fra i neuroni in tutte le attività funzionali del sistema nervoso, dalla percezione al movimento, al pensiero e all’azione. Come Adrian stesso riconobbe sempre, il giovane Moruzzi dette contributi essenziali alla scoperta, suggerendo ed eseguendo ingegnosi esperimenti di controllo decisivi per l’accertamento dell’origine corticale dei potenziali d’azione registrati. Tra i due nacque un’amicizia durata molti decenni, e tre anni dopo la morte di Adrian, Moruzzi gli dedicò un appassionato e perspicace ricordo della sua personalità umana e scientifica (In memoriam Lord Adrian (1889-1977), in Reviews of Physiology Biochemistry Pharmacology, LXXXVII [1980], pp.1-24).
Rientrato a Bologna a causa della seconda guerra mondiale, Moruzzi dovette rallentare considerevolmente l’attività di ricerca sia per l’arruolamento nella sanità militare, sia per un breve incarico di insegnamento all’Università di Siena (1942-43), sia soprattutto per la mancanza di mezzi materiali. Dopo la guerra fu professore incaricato di fisiologia all’Università di Parma (1945-46) e straordinario della stessa materia all’Università di Ferrara (1946-48). Trasferito nel 1948 all’Università di Pisa prese, con una delle decisioni più fortunate della sua vita, un anno di congedo per svolgere ricerche presso la Northwestern University di Chicago, in un ambiente scientifico non afflitto dalle ristrettezze materiali e morali in cui la dittatura e la guerra avevano fatto precipitare l’Italia. Lì fece infatti la sua scoperta più famosa, destinata a cambiare il modo di pensare delle neuroscienze contemporanee e a esercitare su di esse un’influenza profonda che perdura ancora dopo molti decenni. In collaborazione con Horace Winchell Magoun, dimostrò che la stimolazione elettrica ripetitiva della formazione reticolare bulbo-ponto-mesencefalica produce la reazione di risveglio di Berger e l’attivazione dell’elettroencefalogramma. La scoperta portò al concetto di un sistema reticolare deputato all’attivazione della corteccia cerebrale nel risveglio e nel mantenimento dello stato vigile, e capace di un’attività intrinseca propria anche se influenzabile dai sistemi specifici di senso. In questo concetto confluirono felicemente l’esperienza di Moruzzi riguardo ai meccanismi di regolazione dell’attività corticale, maturata grazie alle collaborazioni con Bremer ed Adrian, e la conoscenza diretta da parte di Magoun dell’azione regolatrice discendente della formazione reticolare sul midollo spinale, che suggeriva un’analoga azione regolatrice ascendente sulla corteccia cerebrale.
Il sobrio lavoro di Moruzzi e Magoun (Brain stem reticular formation and activation of the EEG, in Electroencephalography and Clinical Neurophysiology, I [1949], 4, pp. 455-473), un classico della letteratura neuroscientifica, rivoluzionò le teorie non solo dei neurofisiologi, ma anche quelle dei farmacologi interessati ai meccanismi d’azione degli anestetici generali, degli psicologi interessati allo studio dell’attenzione e della motivazione, dei neurologi e dei neurochirurghi interessati alla fisiopatologia del coma e degli stati alterati di coscienza, degli psichiatri interessati ai possibili substrati organici delle distimie e di altre sindromi psicopatologiche.
Ritornato a Pisa e insediatosi anche con diritto di abitazione nello storico Istituto di fisiologia in via S. Zeno, dotato di spazi ampi e funzionali e di un bel giardino alberato a ridosso delle mura medievali della città, Moruzzi si propose di contribuire alla ricostruzione culturale del proprio paese mettendo generosamente a disposizione della comunità scientifica italiana il patrimonio di conoscenze e tecniche scientifiche acquisito all’estero, e procurando, grazie alla sua indiscussa reputazione di grande scienziato congiunta alla sua riconosciuta probità personale, fondi per la ricerca da enti finanziatori americani e nazionali. Dotò i laboratori delle più moderne attrezzature per lo studio del sistema nervoso e riportò sugli scaffali della biblioteca dell’Istituto, depredata durante la guerra del suo ricco patrimonio librario, le collezioni complete di tutte le riviste di interesse fisiologico. Fondando l’Istituto di neurofisiologia del Consiglio nazionale delle ricerche, dotato di personale e laboratori propri, e affiancandolo all’Istituto universitario, creò un centro di livello mondiale per lo studio del sistema nervoso. In questo ambiente ideale per la ricerca e la didattica si formarono decine di giovani ricercatori italiani e stranieri, attirati dalla fama scientifica di Moruzzi e desiderosi di diventare cittadini della repubblica della scienza.
Nella ricerca a Pisa Moruzzi esplorò vari aspetti delle funzioni del cervelletto, recuperando argomenti dei suoi lavori giovanili, e approfondì magistralmente lo studio del funzionamento della formazione reticolare con l’analisi dell’attività di singoli neuroni, dimostrandone la reattività a stimoli da più organi di senso. Ma soprattutto si concentrò sui meccanismi del ciclo sonno-veglia, producendo molti lavori originali e autorevoli rassegne (Active processes in the brain stem during sleep, in Harvey Lectures, LVIII [1963], pp. 233-297; The sleep-waking cycle, in Ergebnisse der Physiologie, LXIV [1972], pp.1-165), e facendo della rivista Archives italiennes de biologie, da lui rifondata nel 1957 e diretta fino al 1980, il mezzo di diffusione favorito per i migliori lavori internazionali sull’argomento.
La sua previsione della divisione del sistema attivatore troncoencefalico in sottosistemi fu confermata dalle successive scoperte da parte di ricercatori svedesi di gruppi chimicamente caratterizzati di neuroni con proiezioni diffuse utilizzanti trasmettitori aminergici e colinergici. Sostenne e dimostrò la genesi attiva del sonno da parte di sistemi neuronali antagonisti rispetto al sistema attivante troncoencefalico, e con la sezione mediopontina pretrigeminale nel gatto (C. Batini - G. Moruzzi - M. Palestini - G.F. Rossi - A. Zanchetti, Effects of complete pontine transections on the sleep-wakefulness rhythm: The midpontine pretrigeminal preparation, in Archives italiennes de biologie, XCVII [1959], 1, pp. 1-12.) fornì un modello animale alla sindrome locked-in nell’uomo, nella quale un cervello perfettamente cosciente è incarcerato in un corpo che il cervello stesso non può più muovere. Nel tentativo di affrontare il problema ancora in buona parte irrisolto del valore funzionale del sonno, avanzò l’ipotesi che il sonno serva ai processi di ristoro delle strutture neuronali e sinaptiche specificamente impegnate nell’apprendimento e nella memoria durante la veglia, e descrisse il sonno come un istinto avente componenti appetitive e consummatorie e rivolto alla soddisfazione di un bisogno fisiologico fondamentale (Sleep and instinctive behaviour, ibid., CVII [1969], 2, pp. 175-216).
La grande capacità didattica di Moruzzi, caratterizzata anche dall’analisi storica dell’evoluzione del pensiero scientifico, è documentata dalle due edizioni del testo di fisiologia (Fisiologia della vita vegetativa, Torino 1978, 1986; Fisiologia della vita di relazione, ibid., 1975, 1981). Partecipò all’organizzazione e alla redazione di pubblicazioni dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana, fra le quali la grande Enciclopedia del Novecento. Fu membro onorario dell’American physiological society e socio eletto di molte accademie e società scientifiche nazionali e straniere, fra le quali l’Accademia nazionale dei Lincei, l’Accademia nazionale dei XL, la Pontificia academia scientiarum, l’American philosophical society e l’American academy of arts and sciences. Ricevette per la sua attività scientifica il premio Feltrinelli dell’Accademia nazionale dei Lincei (1956), il premio Lashley dell’American philosophical society (1965), il premio Saint-Vincent dell’Accademia di medicina di Torino (1969), il premio Kenneth Craik del St. John’s College di Cambridge (1971), e lauree ad honorem dalle università di Pennsylvania (1963), Lione (1963), Lovanio (1964), Oslo (1965), Zurigo (1969) e Monaco di Baviera (1972).
Negli ultimi anni della sua vita affrontò con dignità e coraggio la malattia di Parkinson. Morì a Pisa l’11 marzo 1986.
Lasciò la moglie Maria Vittoria Venturini e i figli Giovanni, fisico, e Paolo, cardiologo, con i quali aveva costituito una famiglia molto unita e ricca di ideali e di affetti. Di lui rimane nei tanti amici e colleghi in tutto il mondo, nei numerosi allievi, in tutti coloro che lo conobbero da vicino, il ricordo perenne non solo di un grande scienziato e un vero maestro di fisiologia, ma anche e soprattutto di una persona di straordinaria statura intellettuale e morale.
Fonti e Bibl.: L.M. Marshall, An annotated interview with G. M., 1910-1986, inExperimen-tal Neurology, XCVII (1987), 2, pp. 225-242; G. Cosmacini, Una dinastia di medici. La saga dei Cavacciuti-Moruzzi, Milano 1992; P. Moruzzi, Ricordo di mio padre, G. M., in Aurea Parma, LXXVII (1993), I, pp. 29-33; G. Berlucchi, British roots of Italian neurophysiology in the early 20th century, in Current Biology, XVIII (2008), 2, pp. R51-R56; M. Meulders - M. Piccolino - N.J. Wade, G. M. Ritratti di uno scienziato, Pisa 2010 (alle pp. 41-121: G. Moruzzi, Ricordi).