ROMUALDI, Giuseppe Nettuno
(Pino). – Nacque a Dovia di Predappio il 24 luglio 1913, terzo di cinque figli, da Valzania e da Maria Luigia Proli.
Vissuto in un clima risorgimentale (il padre, socialista, amico di Benito Mussolini, portava il nome di un’importante figura mazziniana e garibaldina di Cesena), ebbe fin da giovane la passione per la politica e per il giornalismo: a sedici anni collaborava al Rubicone, rivista culturale locale, e a venti dirigeva La Romagna sportiva.
Nell’ottobre del 1935, allo scoppio della guerra d’Etiopia, si arruolò volontario nel battaglione universitario Curtatone e Montanara, in partenza per l’Africa orientale; raggiunse la Somalia e a Bur Scibis mise a punto un piano per lo sviluppo economico della colonia africana. L’8 luglio 1936, terminata la guerra con il grado di capitano e con una decorazione al valore, rientrò a Forlì e venne nominato segretario del locale Gruppo universitario fascista (GUF). Nel 1939, dopo essersi laureato in scienze politiche, era nuovamente in Africa, come vicefederale del Partito nazionale fascista (PNF) di Gimma, una delle province dell’Impero. Al suo ritorno in Italia, agli inizi del 1940, fu nominato direttore del Popolo di Romagna, organo della federazione fascista di Forlì. Il 25 aprile di quell’anno si sposò con Vera Versari.
Scoppiata la guerra mondiale, partì di nuovo volontario per il fronte greco-albanese. Il 25 luglio 1943 lo colse in licenza; tentò di partire nuovamente per il fronte ma fu raggiunto dalla notizia dell’armistizio. L’11 settembre, insieme con altri, riaprì la sede del partito a Forlì e riprese, come direttore, le pubblicazioni del Popolo di Romagna.
Dopo avere partecipato al Congresso di Verona del Partito fascista repubblicano (PFR), fu nominato nel novembre del 1943 direttore della Gazzetta di Parma. Nel gennaio del 1944, nel tentativo andato a vuoto di Mussolini di sostituire il segretario del PFR Alessandro Pavolini con Fulvio Balisti, Romualdi fu proposto per la vicesegreteria. Tre mesi dopo fu nominato segretario federale di Parma, dove si segnalò per notevole attivismo e intransigenza; nell’ottobre del 1944 fu nominato vicesegretario del Partito su diretta indicazione di Mussolini. L’intensa attività in quei difficili frangenti e le frequenti ispezioni alle varie federazioni del PFR lo collocarono tra i fascisti più in vista e più noti del partito: egli si adoperò per creare un movimento clandestino che potesse agire in caso di crollo della Repubblica sociale italiana (RSI) allo scopo di permettere al fascismo di sopravvivere alla sconfitta militare. Tale progetto non riuscì perché il governo della RSI non stanziò i fondi previsti. In ogni caso, Romualdi, grazie ai rapporti ormai accertati con l’Office of strategic services (OSS) americano, fu inserito in un progetto più ampio che prevedeva, a guerra conclusa, la collaborazione con i fascisti in funzione anticomunista.
Nelle concitate vicende degli ultimi giorni della RSI ebbe un ruolo non secondario: all’alba del 26 aprile 1945 guidò i cinquemila fascisti che lasciarono Milano per raggiungere Como e quindi riunirsi a Mussolini, dando loro, il giorno successivo, l’ordine di tregua. Scampato fortunosamente alla giustizia sommaria, si nascose a Milano fino a giugno, allorché riuscì a giungere a Roma: visse per circa tre anni in clandestinità, inseguito da una condanna a morte comminata dalla corte d’assise straordinaria di Parma nel febbraio 1947 per una rappresaglia ordinata il 1° settembre 1944, che aveva portato all’uccisione di sette persone, in seguito a un attentato in cui erano stati uccisi due militari.
Sotto la falsa generalità di ‘dottor Versari’, a Roma riprese i contatti con il mondo dei fascisti: insieme con Puccio Pucci e Aniceto Del Massa, non si limitò ad aiutare i militanti in difficoltà economiche, ma soprattutto preparò il terreno per un organismo politico che li rappresentasse; inoltre, attraverso il contatto con i primi giornali neofascisti (Manifesto di Pietro Marengo a Bari, Rivolta ideale di Giovanni Tonelli a Roma e Meridiano d’Italia di De Agazio a Milano), riuscì a fare credere alle altre forze politiche che quest’area fosse corposa e ben organizzata. Ciò gli permise di operare nei mesi antecedenti il referendum istituzionale con molta abilità: promise ai repubblicani e ai monarchici che i fascisti avrebbero comunque difeso la legalità contro ogni tentativo di ribaltare con la forza i risultati del referendum. In questo modo, attraverso contatti con esponenti antifascisti (da Ivanoe Bonomi a Palmiro Togliatti, dai socialisti ai democristiani e ai liberali), riuscì a ottenere l’amnistia grazie alla quale, nel giugno del 1946, uscirono ventimila dei trentamila fascisti detenuti o internati.
A quel punto, con gli ex fascisti ormai liberi Romualdi iniziò a pensare alla costituzione di un partito politico, convinto che la clandestinità, alla lunga, non avrebbe pagato: per questo motivo, sciolse i Fasci di azione rivoluzionaria (FAR), una struttura nata dopo il referendum come alternativa se fosse fallita la soluzione legale. Il 3 dicembre 1946, presso lo studio di Arturo Michelini, venne decisa la costituzione del Movimento sociale italiano (in principio siglato Mo.S.It., poi MSI), mentre il 26 successivo, data che poi venne assunta come ufficiale, la formazione si allargò a nuove adesioni.
Romualdi volle un partito atlantico, moderato e non nostalgico, in grado di intercettare non solo il voto dei fascisti, ma di una più ampia fascia di opinione pubblica moderata e nazionalista. Fu lui a promuovere, nel luglio del 1947, Giorgio Almirante al vertice del partito; tuttavia, il giovane ex capo gabinetto della RSI impresse al nascente partito non solo grande dinamismo, ma soprattutto una forte componente identitaria, legandolo ai miti della Repubblica sociale e del fascismo rivoluzionario.
Durante la campagna elettorale del 1948, un mese prima delle elezioni, Romualdi fu arrestato e dovette scontare circa tre anni di galera per la condanna a morte (nel frattempo derubricata) del febbraio 1947. La detenzione lo mise al margine del partito. Fu eletto deputato nel 1953 e rimase a Montecitorio ininterrottamente fino al 1983; nella IX legislatura (1983-87) fu eletto al Senato. Dal 1979 al 1988 fu deputato al Parlamento europeo e dal 1984 fu vicepresidente del gruppo delle Destre europee, fino alla scomparsa.
Nel partito si caratterizzò per la difesa dell’identità nazionale e per un deciso realismo, rifuggendo dalle suggestioni della sinistra interna socializzatrice e dalle tesi radicali senza prospettiva politica. Sottolineò gli aspetti culturali e cercò di sviluppare una mentalità aperta ai grandi temi internazionali, come dimostrò la sua rivista, L’Italiano, fondata nel 1959, una delle più importanti dell’area.
Vicino ai segretari moderati, Augusto De Marsanich e Michelini, dal 1952 al 1965 fu vicesegretario del partito; ruppe con Michelini e fu all’opposizione dal 1965 al 1969, tornò a essere vicesegretario dal 1970 al 1977, per poi essere nominato presidente del MSI-DN dopo la scissione di Democrazia nazionale cui non volle partecipare; conservò quella carica fino al 1982, dopo di che si dedicò essenzialmente al Parlamento europeo.
Nella sua carriera politica, oltre a L’Italiano, diresse in più occasioni giornali di partito: da Lotta politica nel 1952-53 a Il Popolo italiano (1956), fino al Secolo d’Italia nel 1987-88.
Ebbe due figli, Adriano (1940-1973), uno dei più vivaci intellettuali della destra italiana, e Marina (nata nel 1943).
Morì a Roma il 21 maggio 1988, un giorno prima di Giorgio Almirante; il partito decise di accomunare i due fondatori del partito in comuni esequie.
Opere. All’attività giornalistica, Romualdi accompagnò anche una vivace opera saggistica: L’ora di Catilina. Rivoluzioni e colpi di Stato nell’Europa moderna (Roma 1962) fu in realtà in buona parte scritto in carcere nel 1948; importanti, per gli interessi di Romualdi, Intervista sull’Europa, Palermo 1979, e Filippo Anfuso e l’idea di Europa-Nazione, Palermo 1983. Si vedano inoltre: L’Italia non fa notizia, Roma 1962; Scaramucce a Palazzo d’Accursio, Roma 1963; Dossier 25 luglio 1943, Roma 1978. Una utilissima raccolta dei suoi scritti su L’Italiano è contenuta in Caro lettore, con introduzione di G. Tricoli, Roma 1989. Importante testimonianza storica è costituita da Fascismo repubblicano, a cura di M. Viganò, Milano 1992, il memoriale della sua attività dal 23 luglio 1943 fino alla fine della Repubblica sociale italiana. Significativa la ricostruzione della sua attività politica dopo la seconda guerra mondiale in Intervista sul mio partito, a cura di A. Urso, in Proposta, II (1987), 3-4, pp. 43-66.
Fonti e Bibl.: Una piccola parte delle sue carte è conservata dalla famiglia a Roma; riferimenti all’attività politica di Romualdi sono presenti in diversi fondi conservati a Roma, presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (fondo Accame, fondo Baldoni, fondo Cassiano, fondo Erra).
L’unico breve ma completo profilo biografico è quello di A.A. Mola, P. R., in Il Parlamento italiano 1861-1992, XXI, Gli anni difficili della Repubblica. La crisi politica e il terrorismo, Milano 1992, pp. 138 s.
Numerosissime indicazioni sull’attività politica di Romualdi si trovano in P. Ignazi, Il polo escluso. Profilo del Movimento sociale italiano, Bologna 1989, ad ind.; M. Tarchi, Esuli in patria. I fascisti nell’Italia repubblicana, Parma 1995, ad ind.; Id., Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, intervista di A. Carioti, Milano 1995, ad ind.; P. Nello, Il partito della Fiamma. La Destra in Italia dal MSI ad AN, Pisa 1998, ad ind.; A. Baldoni, La Destra in Italia 1945-1969, Roma 1999, ad ind.; R. Migliori, P. R., realista e sognatore, in La memoria della Destra, a cura di G. Malgieri, Roma 2000, pp. 36-44; G. Parlato, Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia, Bologna 2006, ad ind.; A. Baldoni, Storia della Destra. Dal postfascismo al Popolo della libertà, Firenze 2009, ad ind.; G. Parlato, La fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia nazionale, Milano 2016, ad ind.; A. Terranova, L’altro MSI. I leader mancati per una destra differente, pref. di A. Carioti, Roma 2016, pp. 15-31.