NUVOLARI, Giuseppe
NUVOLARI, Giuseppe. – Nacque a Barbassolo di Roncoferraro (Mantova) il 27 febbraio 1820 da Gaspare e da Francesca Mantovani.
Cresciuto in una famiglia di affittuari e proprietari terrieri, nei primi anni della giovinezza consolidò la propria posizione economica, fino a divenire un ricco possidente nelle campagne mantovane alla sinistra del Mincio che, da qualche decennio, stavano conoscendo la fortissima crescita di una nuova borghesia terriera portatrice di mentalità imprenditoriale e di spirito d’innovazione.
Nel 1848 si dimostrò sostenitore entusiasta della causa rivoluzionaria, senza che, tuttavia, al ritorno degli austriaci gli potesse essere ascritta alcuna responsabilità personale negli avvenimenti. Ma quando nel 1852 venne alla luce la trama cospirativa mazziniania passata alla storia come ‘congiura di Belfiore’, la sua adesione agli ideali nazionali si rivelò più profonda di quanto fosse potuta apparire: se al cugino Giovanni Nuvolari venne comminata la pena capitale, poi commutata in reclusione nella fortezza boema di Josefstadt, Giuseppe fu condannato a morte in contumacia quando aveva già preso la via dell’esilio.
A Genova, dove si era rifugiato, iniziò a collaborare con i comitati mazziniani, per i quali raccolse fondi e adesioni e ai cui progetti non mancò di fornire sostegno economico: fu così per il tentativo insurrezionale milanese del febbraio 1853 e per la spedizione del 1857 costata la vita a Carlo Pisacane. Nel 1859 combattè per la prima volta agli ordini di Giuseppe Garibaldi fra le guide dei Cacciatori delle Alpi. Dopo l’armistizio di Villafranca si spostò a Bologna, dove si arruolò con il grado di sergente nell’esercito della Lega dell’Italia centrale guidato dallo stesso Garibaldi, che conobbe personalmente. Dopo l’esaurimento di quell’esperienza politico-militare, tornò a Genova: da qui, all’inizio del 1860, partì per il primo di tanti soggiorni a Caprera, dove, per due mesi, visse a contatto con i familiari di Garibaldi e la sua cerchia più stretta, ponendo le basi di una crescente confidenza.
Nella primavera 1860 si dedicò ai preparativi per l’impresa meridionale, cui prese parte fra le guide, con il grado di maresciallo, salpando da Quarto con i Mille e portando a bordo la cassa della spedizione consegnatagli da Agostino Bertani. In novembre, alla fine della campagna, raggiunto il grado di capitano, si stabilì a Torino, seguendo la trafila che coinvolse gli ufficiali garibaldini, sottoposti dapprima al parere di una commissione di scrutinio, poi in gran parte collocati in aspettativa nel Corpo volontari italiani, sciolto nella primavera del 1862. Fu allora che Nuvolari tornò operativamente al servizio di Garibaldi, con l’incarico di verificare le condizioni per un’iniziativa insurrezionale nel Trentino, che si esaurì con l’arresto di un gruppo di garibaldini a Sarnico. Quando l’azione si spostò verso Sud, Nuvolari fu di nuovo a fianco del generale. Nel giugno 1862 sbarcò con lui in Sicilia, dove venne affiliato alla massoneria, e lo seguì, come ufficiale di stato maggiore, tra i volontari che l’esercito regolare avrebbe fermato sull’Aspromonte mentre tentavano di risalire la penisola fino a Roma.
Negli anni successivi, durante i quali la diplomazia e la politica estera ‘personale’ di Vittorio Emanuele II cercarono al contempo di neutralizzare, strumentalizzare e coinvolgere nelle proprie strategie il movimento garibaldino, Nuvolari svolse compiti di fiducia per il generale. Fu la guerra del 1866 a richiamarlo sul campo di battaglia, di nuovo tra i volontari di Garibaldi, con il grado di capitano, meritando la medaglia d’argento per i combattimenti di Monte Suello e Bezzecca. Alla fine del conflitto, con l’unione di tutto il Mantovano al Regno d’Italia, poté fare ritorno ai luoghi d’origine, forzatamente abbandonati 14 anni prima. Qualche mese più tardi, durante il suo viaggio nei territori appena abbandonati dall’Austria, Garibaldi soggiornò nella residenza di Nuvolari, a Carzedole, la frazione di Roncoferraro che di lì a poco, in ricordo dell’evento, prese il nome di villa Garibaldi. Fu per Nuvolari una breve parentesi domestica, presto interrotta dall’ultima esperienza militare in camicia rossa, che si consumò nell’autunno 1867, alle porte di Roma, nell’impresa conclusa con la battaglia di Mentana, alla quale prese parte come aiutante di campo di Garibaldi. Da allora il legame tra i due assunse un carattere più privato, tanto che Nuvolari nel gennaio 1875 fu chiamato a condurre personalmente per sette mesi l’azienda agricola di Caprera durante il periodo trascorso dal generale a Roma per attendere all’attività parlamentare.
Nel 1879, anche sulla base di quell’esperienza, diede alle stampe il volume Come la penso. Nelle sue pagine, oltre a spiegare il proprio allontanamento dalla religione tradizionale con la vicinanza e l’esempio di don Enrico Tazzoli, prete patriota sconfessato dalle gerarchie ecclesiastiche e ‘martire di Belfiore’, denunciava il circolo vizioso che, a suo giudizio, si sarebbe instaurato dopo l’Unità fra la passività dei sardi (e, in generale, delle popolazioni meridionali incapaci di mettere a frutto le proprie risorse) e le elargizioni clientelari dei governi a loro beneficio e a danno del Settentrione operoso. Gli stereotipi negativi attribuiti alla popolazione sarda componevano un quadro sociale e antropologico antitetico a quello della borghesia rurale padana, cui Nuvolari, non senza idealizzarne i tratti e ridimensionandone i nascenti conflitti con il bracciantato, rivendicava orgogliosamente di appartenere.
Non si riconobbe nella leadership politica dell’Italia unita: aspro critico della Destra storica, non manifestò entusiasmo per l’ascesa al potere della Sinistra, così come non si immedesimò troppo nell’incarico offertogli da Garibaldi nel 1878 di coordinare su scala nazionale il movimento irredentista, compito cui ben presto rinunciò a beneficio di Matteo Renato Imbriani.
Nel 1888, su iniziale sollecitazione di Adriano Lemmi, redasse le proprie Osservazioni alle Memorie di Garibaldi, pubblicandole poi per stralci sulle pagine del periodico mantovano IlMendico. Ne usciva un ritratto non convenziale del generale, affettuoso ma non certo apologetico, cui non erano estranee valutazioni negative sulla ‘corte’ di Caprera. Era nell’insieme un punto di vista poco funzionale alla mitizzazione della figura di Garibaldi che stava prendendo forma all’inizio dell’età crispina.
Colpito da paralisi, morì nella sua residenza di villa Garibaldi il 17 luglio 1897.
In Nuvolari convissero a lungo la devozione personale a Garibaldi, la fedeltà agli ideali mazziniani e ai principi laici (come mostrarono financo le sue esequie svoltesi in forma strettamente civile), l’orgoglio della propria identità sociale e quindi dell’appartenenza a una imprenditoria rurale settentrionale capace – ai suoi occhi – di incarnare la modernizzazione che le classi dirigenti postunitarie non erano state in grado di imprimere a gran parte del paese.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, I Mille di Marsala, b. 23, f. 696; Ibid., Ist. per la storia del Risorgimento italiano, Fondo Sprovieri, b. 504, f. 504; Bologna, Museo civico del Risorgimento, Fondo G. N.; Arch. di Stato di Mantova, Legato Luzio, b. 8, f. 4; G.C. Abba, Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, Milano 1991 (I ed. 1891), pp. 26, 101 s.; G. Castellini, Eroi garibaldini, Milano 1931 (I ed. 1910-11), pp. 106, 206, 209, 276, 279; M. Bertolotti, Le complicazioni della vita. Storie del Risorgimento, Milano 1998, ad ind.; Dai campi di battaglia a Caprera. Le osservazioni di G. N. alle Memorie del Generale Garibaldi, a cura di M. Gavelli - O. Sangiorgi, Bologna 2005; F. Nuvolari, Giuseppe Garibaldi, i Nuvolari, il Risorgimento, Fino Mornasco 2007, ad ind.; C. Cipolla, Belfiore, I, I Comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto ed il loro processo a Mantova del 1852-1853, Milano 2006, ad ind.; Ed. nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi, XIV, a cura di E. Moscati, Roma 2009, pp. 69, 216; La repubblica, la scienza, l’uguaglianza. Una famiglia del Risorgimento tra mazzinianesimo ed emancipazionismo, a cura di C. Bertolotti, Milano 2012, p. 38; M. Bertolotti, G. N., in Gli Italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, I, Fare l’Italia: unità e disunità nel Risorgimento, a cura di M. Isnenghi - E. Cecchinato, Torino 2008, pp. 940 s.