OLIVI, Giuseppe
OLIVI, Giuseppe. – Nacque a Chioggia il 18 marzo 1769, da Francesco Antonio e Teresa Vianelli.
All’età di cinque anni fu affetto da una grave forma di tubercolosi. A sette rimase orfano del padre e da allora si occuparono della sua educazione gli zii Gasparo e Giovanni Olivi. A Chioggia poté godere dell’amicizia e della dottrina di Bartolomeo Bottari e Giuseppe Fabris, entrambi valenti botanici, che lo introdussero allo studio delle opere di Linneo, Buffon e Bonnet. Altrettanto preziosa e stimolante fu la frequentazione con lo zoologo Andrea Renier, con il quale acquisì la pratica nella ‘notomizazione’ degli animali marini.
Per approfondire le conoscenze fisico-naturalistiche avrebbe voluto spostarsi a Padova già nel 1785 ma, poiché la madre non volle assumersi la responsabilità di farlo trasferire quando era ancora minorenne, nell’aprile 1786 entrò nella congregazione dell’Oratorio dei padri filippini di Chioggia. Nel settembre 1787 riuscì comunque a compiere un viaggio fra Padova e Vicenza, in occasione del quale avviò alcune proficue relazioni intellettuali con ‘dotti’ delle rispettive città. A motivo del peggioramento di salute, risiedette da maggio a settembre 1789 a Padova per usufruire delle cure del medico Girolamo Trevisan. Ritornato a Chioggia, decise di non rimanere all’Oratorio e progettò contestualmente di consolidare i rapporti con Padova l’anno successivo .
Nel corso di questo graduale inserimento nel milieu patavino, ebbe modo di stringere amicizia con alcuni esponenti di spicco della vita scientifica e culturale: Leopoldo Marcantonio Caldani, Simone Stratico, Giuseppe Toaldo, Stefano Gallini, Melchiorre Cesarotti, Pietro Arduino, per finire con Alberto Fortis e Nicolò Da Rio, gli interlocutori forse più decisivi per la sua vita e la sua carriera scientifica. Prese a frequentare anche il salotto della contessa Leopoldina Stahrenberg, sospetta di orientamento filofrancese, e nel 1790 divenne membro della neonata Società per la lettura di gazzette e giornali. Oltre alla città patavina, visitò spesso Venezia, assiduo in alcuni salotti, fra cui quelli di Giustina Renier Melchior e di Vendramin Rousseau. Sul piano strettamente scientifico, rilevante fu la stretta amicizia con Vincenzo Dandolo, proprietario della farmacia Adamo ed Eva e noto per la traduzione con annotazioni delle opere chimiche di Lavoisier, che Olivi recensì in due puntate (in Nuovo Giornale enciclopedico d’Italia, IV [1791], pp. 69-79; V [1792], pp. 59-67), non senza esprimere alcune critiche, che però non pregiudicarono la bontà dei rapporti. Altrettanto proficui furono i contatti con l’ambiente veronese, in particolare con Giovanni Arduino e Giuseppe Tommaselli.
I contorni dell’indagine scientifica di Olivi si andavano dunque precisando entro questo perimetro di rapporti, puntualmente rispecchiati nelle dediche: a Niccolò Da Rio, a cui è dedicata la lettera Della scoperta dei due testacei proporiferi e di un’alga tintoria, con alcune riflessioni sopra la porpora degli antichi e la sua restituzione ultimamente proposta (in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, XIV [1791], pp. 361-368); a Giovanni Arduino, a cui sono indirizzate le lettere Sulla botanica e l’agricoltura di Chioggia e de’ lidi veneti, e Dei corni d’Ammone (in Nuovo Giornale enciclopedico d’Italia, III [1791], pp. 1-8; IV [1792], pp. 311 s.).
Il primo importante riconoscimento pubblico all’attività scientifica di Olivi venne nel 1791, con la nomina a socio corrispondente dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti. L’elezione fu dovuta all’autorevole pressione esercitata da Fortis e dalla benevola reazione che suscitò la lettura del saggio che Olivi presentò all’uopo, ovvero Dell’ulva atro-purpurea spezie nuova e tintoria delle lagune venete (pubblicato però solo due anni dopo a Padova come autonomo estratto e poi in Saggi scientifici e letterari dell’Accademia di Padova, III [1794], pp. 144-154). Il vano tentativo di divenire socio effettivo fu il primo di una serie che Olivi intraprese per conseguire una sistemazione che gli consentisse almeno una relativa stabilità economica. Sempre nel 1791 Andrea Memmo, procuratore di S. Marco, cercò senza successo di far affidare a Olivi il posto di sovrintendente alle arti, tentativo reiterato anche nel biennio successivo, ma ancora inutilmente.
Il tema prescelto per conseguire l’affiliazione alla prestigiosa accademia patavina dava conto anche della centralità che lo studio della botanica marina stava acquisendo e che Olivi prese a indagare seguendo tre principali direttrici: la scoperta di nuove specie; lo studio, pertinenente la fisiologia, delle cause che producono il movimento (cfr. Delle conferve irritabili, e del loro movimento di progressione verso la luce. Esame fisico-chimico specialmente diretto a stabilire la vegetabilità della loro natura, in Memorie di matematica e fisica della Società italiana, VI [1792], pp. 161-204; Scoperta e spiegazione del fenomeno del movimento progressivo d’una conferva infusoria (materia verde di Priestley) verso la luce, in Annali botanici, VII [1793], pp. 30-56); infine la determinazione dell’effettivo regno di appartenenza degli enti di quella classe tradizionalmente denominata ‘piantanimale’, che costituiva ancora una sfida per la biologia.
Su un versante più strettamente fisiologico, sviluppò la ricerca sulle cause anche a partire dalla speculare prospettiva zoologica (cfr. Transunto del saggio sopra la natura ed economia animale dei vermi cellulanio piant-animali, in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, XVI [1793], pp. 240-255, ripreso poi con una presentazione dello studio di Stefano Andrea Renier sul Botrillo piantanimale marino in Nuovo Giornale enciclopedico d’Italia, VII [1794], pp. 67-78) costituì uno degli assi tematici portanti dell’opera principale di Olivi: la Zoologia adriatica (pubblicata a Bassano per i tipi di Giuseppe Remondini sul finire del 1792).
Già nel dicembre 1791 Olivi propose ai membri dell’Accademia patavina il tema che sarebbe poi divenuto oggetto della Dissertazione preliminare dell’opera. Il progetto fu giudicato positivamente, ma ci volle più di un anno per portarlo a compimento. La Zoologia adriatica, come il sottotitolo suggerisce, intende porsi di primo acchito come un Catalogo ragionato degli animali del Golfo, e delle Lagune di Venezia; ma questa istanza sistematica è al contempo incardinata entro un quadro teorico interpretativo di gran lunga più generale, che punta a un’integrazione quanto mai virtuosa dei vari settori dell’indagine naturalistica: da un lato, l’individuazione di un criterio di tipo ‘ecologico’, compendiato dalla necessità di studiare la fauna e la flora marine a partire da una conoscenza profonda e dettagliata dei fondali; dall’altro, l’adozione di un linguaggio di tipo geometrico-matematico, inteso come metodo di investigazione. Ciò è ben evidenziato dal tentativo di ricondurre la morfologia a figure geometriche, nella convinzione che questo fornisse una chiave di lettura nella determinazione delle regole che guidano la generazione e l’accrescimento delle forme viventi.
La ricerca delle regole di questa proporzionalità costituisce la materia del Saggio sulla proporzionalità trovata nell’accrescimento de’ granchi, delle conchiglie, e de pesci, che, rimasto allo stadio di manoscritto, fu edito da Marcello Boldrini (1927, pp. 327-354), il quale analizzò l’apporto di Olivi nel quadro storico generale dei metodi quantitativi applicati alla biologia, da Thomas Robert Malthus a Francis Galton. Ricordando anche le ricerche di Lorenzo Camerano e Luciano Pigorini, Giuseppe Montalenti (1981), invece, ha collocato i lavori di Olivi lungo un orizzonte idealmente collegabile a On the growth and form di D’Arcy Thompson.
Al suo apparire, la Zoologia adriatica riscosse un’immediata e calorosa ricezione, ben documentata dall’elevato numero di recensioni e segnalazioni nei principali giornali scientifici italiani ed europei. La statura intellettuale di Olivi trovò ulteriore riconoscimento, sia sul piano dell’incremento della già cospicua rete di relazioni personali con i dotti italiani ed europei, sia su un piano istituzionale.
Particolarmente significativa fu, per il respiro nazionale dell’istituzione, l’affiliazione alla Società italiana dei XL, avvenuta nel luglio 1793, frutto del lusinghiero parere che Anton Maria Lorgna, fondatore e preside, aveva espresso sull’opera di Olivi e dell’autorevole intermediazione del già citato Tommaselli, l’amicizia con il quale trovò una forma di ratificazione esterna nella pubblicazione di uno scambio di lettere (cfr. Ricerche sulla natura e genesi delle lave compatte di Tommaselli e la Risposta di Olivi, in Giornale fisico-medico, VI [1793], pp. 154-162). Seguirono altre affiliazioni a società italiane ed europee, fra cui l’Accademia delle scienze di Torino, la Società di fisica di Zurigo e la Società degli amici indagatori-ricercatori della natura di Berlino.
Sull’onda di questo considerevole successo Olivi sondò nuove strade per ottenere un incarico, anche in direzione accademica. Ma per la mancanza di un solida sponda politica le manovre compiute sul finire del 1793 non furono in grado di assicurargli la cattedra di botanica che era stata di Giovanni Marsili e che fu affidata, come preventivato, al supplente Giuseppe Bonato, protetto del potente Giacomo Nani. Nel 1794 Giustina Renier Michiel tentò di procurargli la cattedra di materia medica, ma incontrò il veto di un membro dei Riformatori dello Studio. Sfumata del tutto la strada accademica, Olivi nell’aprile 1795 volle concorrere per il posto di consultore al Magistrato de’ beni inculti, rimasto vacante per il decesso di Giovanni Arduino, ma le pratiche del concorso erano ancora in fieri quando fu stroncato dalla malattia.
Morì a Padova il 24 agosto 1795.
Opere: A quelle già citate, vanno aggiunte: Dell’Atmosfera delle acque minerali di Salerno, e in particolare del lezzo d’asfalto, che si fa sentire, della di lui permanente gasosità, natura, e denominazione. Memoria epistolare diretta al Sig. Vincenzo Comi, in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, XIV (1791), pp. 333-345; Illustrazione alla Storia naturale compresa nelle Transazioni filosofiche della Società reale di Londra, III, Venezia 1793, pp. 281-326 (in collaborazione con Nicolò Da Rio); Saggio d’osservazioni concernenti li nuovi progressi della fisica del corpo umano, in Nuovo Giornale enciclopedico d’Italia, VI (1793), pp. 61-78; Ricerche chimiche intorno alla cagione della colorazione in rosso delle croste de’ granchi e gamberi, in Annali di chimica e storia naturale, IV (1793), pp. 100-106; Osservazioni sopra la squisitezza del senso del tatto di alcuni vermi marini, in Memorie di matematica e fisica della Società italiana, VII (1794), pp. 478-481; Lamarkia. Di queste piante componenti un genere nuovo, in Nuovi annali botanici, I (1794), pp. 76-84. Postumo uscì Idea o sogno filosofico sopra l’educazione sociale, Venezia 1808. La Zoologia Adriatica è disponibile anche in ristampa anastatica con prefazione di Cizio Gibin (Conselve 1995). Opere rimaste manoscritte sono in larga parte conservate presso la Biblioteca civica di Chioggia, mss. Olivi. Ampio e disseminato il carteggio, solo parzialmente edito: C. Gibin, Lettere di Stefano Gallini a G. O., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXI (1988), pp. 105-121; le lettere scambiate con Lazzaro Spallanzani sono edite in L. Spallanzani, Carteggi, VI Carteggi con Lucchesini… Quirini, a cura di P. Di Pietro, Modena 1986, pp. 214-220. Ampio e dissemi-nato il carteggio, edito in Lettere di G. O. (1769-1795), naturalista, a cura di C. Gibin, Conselve 2004; alcuni scampoli erano stati editi sia in C. Gibin, Lettere di Stefano Gallini a G. O., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXI (1988), pp. 105-121, sia in L. Spallanzani, Carteggi, VI Carteggi con Lucche-sini… Quirini, a cura di P. Di Pietro, Modena 1986, pp. 214-220.
Fonti e Bibl.: M. Cesarotti, Elogio dell’abate G. O. ed analisi delle sue opere con un saggio di poesie inedite del medesimo, Padova 1796; P. Pozzetti, Elogio di G. O., in Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle scienze, IX (1802), pp. LXXXXI-CVI; G.B. Vaseggio, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti, del secolo XVIII, e de’ contemporanei, IV, Venezia 1837, pp. 3-7; L. Camerano, L’Abate G. O. e la “Somatometria” moderna, in Bollettino dei Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Università di Torino, XX (1905), pp. 1-6; L. Pigorini, Un precursore veneto degli studi di biometria: l’abate G. O., in Ateneo veneto, XLVII (1925), pp. 149-156; M. Boldrini, Biometrica. Problemi della vita delle specie e degli individui, Padova 1927; A. Minelli, G. O. e la sua Zoologia adriatica, in Episteme, II (1972), pp. 104-115; G. Montalenti, Studi di biologia marina nel Settecento: il contributo dei naturalisti chioggiotti G. O. e S.A. Reiner, in Stefano Andrea Renier naturalista e riformatore.Chioggia 1759 - Padova 1830: materiali del Comitato Renier, a cura di C. Gibin - P. Tiozzo, Padova 1981, pp. 25-33; C. Gibin, G. O.: un illuminista veneto, in Ateneo veneto, CLXXIII (1986), pp. 249-261; K. Pomian, Collezionisti, amatori e curiosi. Parigi-Venezia XVI-XVIII, secolo, Milano 1989, pp. 289-291; C. Gibin, La geometria della natura. Chioggia e l’Europa nella vicenda intellettuale di G. O. naturalista del Settecento, Padova 1994; V. Giormani, 1793-1795: la breve stagione concorsuale di G. O. tra Padova e Venezia, in Studi veneziani, n.s., XXX (1995), pp. 269-318; P. Di Pietro, Spallanzani e il mare, in Bollettino storico reggiano, LXXXVII (1995), pp. 63-73; L. Ciancio, Autopsie della terra. Illuminismo e geologia in Alberto Fortis (1741-1807), Firenze 1995, pp. 30, 234, 256-262, 275; Lezioni sul Settecento veneto. Atti delle Giornate oliviane, a cura di C. Gibin, Sottomarina di Chioggia 1998; B. Battaglia, La Zoologia adriatica di G. O., in Le scienze biologiche nel Veneto dell’Ottocento. Atti del sesto Seminario di storia delle scienze e delle tecniche nell’Ottocento veneto, 1996, a cura di B. Battaglia - G.A. Danieli - A. Minelli, Venezia 1998, pp. 11-21; C. Gibin, G. O., in Professori e scienziati a Padova nel Settecento, a cura di S. Casellato - L. Sitran Rea, Padova 2002, pp. 667-674.