PANERAI, Giuseppe
PANERAI, Giuseppe. – Nacque a Firenze l’8 settembre 1903, da Guido, figlio di Leon Francesco, e da Guglielmina Fracei.
Il padre rappresentava già la quarta generazione di orologiai che aveva avuto il suo capostipite in Giovanni (1825-1897); questi, a metà Ottocento, aveva aperto sul fiorentino Ponte alle Grazie un negozio di orologeria e avviato rapporti con le principali fabbriche elvetiche. La madre era figlia di un piccolo industriale originario di Macugnaga, fabbricante a Firenze di gavette e altri oggetti metallici per l’esercito. Nel 1876, in seguito alla decisione di ampliare il Ponte alle Grazie e demolire le casette che ospitavano le botteghe, il negozio dovette trasferirsi, cambiando più volte sede, fino ad approdare in piazza S. Giovanni e ad assumere il nome di Orologeria Svizzera (conservato fino al 2000). L’esigenza di assemblare le diverse parti degli orologi indusse i Panerai ad affiancare al punto vendita un laboratorio di riparazioni divenuto poi un grande magazzino di pezzi di ricambio, accessori e utensili per meccanica di precisione e la prima scuola di orologeria a Firenze.
L’inizio di un’attività produttiva distinta da quella commerciale fu merito di Guido (1873-1934), dotato d’intuito, lungimiranza e non comuni capacità tecniche. Nonostante gli studi all’Accademia delle belle arti lasciassero presagire altre inclinazioni, Guido scelse di dar vita ad una società divenendo presto concessionario delle più prestigiose ditte estere produttrici d’orologi e annoverando fra i clienti anche la Marina militare. Al principio del secolo assunse inoltre la gestione delle attività della famiglia della moglie. Fu da questi due nuclei che ebbe origine la Guido Panerai ottica e meccanica di precisione, con la produzione di lenti speciali e l’approntamento di congegni meccanici per particolari usi militari.
Avvalendosi di studi sull’autoluminosità, Guido realizzò un procedimento che utilizzava il fenomeno della luminescenza, ottenuta mediante una miscela di fosforo e materiale radioattivo, per rendere autoluminosi quadranti di strumenti e reticoli per congegni di mira e cannocchiali. La sostanza – battezzata ‘radiomir’ – costituì l’elemento base di quasi tutte le sue invenzioni, come pure di buona parte di quelle di Giuseppe nei decenni seguenti. Nel 1913 fu messo a punto un calcolatore per il lancio dei siluri da parte dei MAS (motobarca armata silurante): strumento sofisticato, dotato di una meccanica complessa e di un display che lo rendeva leggibile anche in totale oscurità, trovò impiego durante la Grande guerra.
Fu allora che s’intensificarono i rapporti con i vertici militari: la Marina chiedeva all’azienda materiale tecnico, ma soprattutto soluzioni a precisi problemi. Quando Guido e poi Giuseppe, procedendo in genere per tentativi ed errori, riuscivano a risolverli, solitamente brevettavano in Italia e talvolta anche all’estero le loro invenzioni, escluse quelle classificate, cioè sottoposte a segreto militare. Guido riuscì così a creare un’impresa solida, che agiva praticamente su commessa e aveva una propria nicchia di mercato e che, coniugando la struttura artigianale con l’attività di ricerca, seppe specializzarsi nella produzione di tecnologie avanzate e garantire gli elevati standard di qualità e sicurezza indispensabili negli impieghi militari.
Ultimo di tre figli (la secondogenita Anna morì a pochi mesi), Giuseppe frequentò le scuole elementari nel collegio convitto Alle Querce, dei padri barnabiti, uno dei più prestigiosi di Firenze. Nel 1924, conseguito il diploma di perito commerciale e ragioniere, decise di lasciare alla sorella Maria la gestione del negozio e di dedicarsi al lavoro tecnico-progettuale nell’officina.
Il suo ingresso ebbe subito un riconoscimento formale: il 15 maggio 1925 si costituì la Panerai Guido & Figlio, società di fatto per il commercio al dettaglio di orologi, utensili e fornitura di orologeria, articoli di ottica e di meccanica di precisione. Furono anni di grande collaborazione fino alla scomparsa del padre nel 1934, quando Giuseppe avviò altre ricerche arrivando a contare in tutta la sua attività, oltre ai materiali classificati, circa 80 brevetti e a trasformare l’azienda in una sorta di ufficio studi per la Marina militare.
I dispositivi del 1935-38, sull’applicazione del radiomir a congegni di punteria e quadranti di vario tipo, riproposero e ampliarono le tecnologie messe a punto dal padre. Nei traguardi di puntamento per il lancio di siluri si avvalse dell’aiuto di Aimone di Savoia Aosta (cugino di Vittorio Emanuele III e fratello di Amedeo d’Aosta), all’epoca ammiraglio comandante il dipartimento marittimo di La Spezia e con il quale esisteva un rapporto di stima e amicizia.
Sul finire del decennio e poi durante il conflitto, Panerai costruì per la Marina una serie di strumenti appositamente studiati per incursori, nuotatori d’assalto (sommozzatori o Gruppo Gamma) e palombari. L’impossibilità, per una marina povera qual era quella italiana, di opporsi alla flotta britannica poteva essere compensata dall’impiego di ‘mezzi insidiosi e d’assalto’ capaci di sferrare attacchi a sorpresa contro navi e basi nemiche. Ciò spiega l’impegno della Marina in questa direzione e le richieste alla Panerai, che definiva le specifiche tecniche, e ad altre aziende impegnate in tali produzioni (per esempio San Giorgio, Officine Galileo ecc.). Unitamente al fondamentale corredo in dotazione agli operatori dei mezzi d’assalto (vari tipi di torce, bussole e profondimetri da polso), Panerai produsse anche uno speciale orologio.
Su richiesta del comando del 1° Gruppo sommergibili, il ministero della Marina fin dal settembre 1935 aveva incaricato la Commissione permanente per gli esperimenti dei materiali da guerra (MARIPERMAN) di realizzare un orologio luminoso subacqueo per sommozzatori, ma quelli consegnati risultarono insoddisfacenti. La Marina si rivolse alla casa fiorentina e, nell’ambito di questo riservatissimo progetto militare, nacquero fra il 1936 e il 1938 gli orologi Radiomir Panerai, destinati a fare epoca per le imprese di cui furono protagonisti gli incursori italiani che ne erano dotati. Il primo modello entrato in fabbricazione era piuttosto grande (47 mm di diametro) a forma di cuscino, con cassa e corona a vite, quadrante nero privo di scritte, dove si susseguivano numeri romani, indici e numeri arabi ricoperti di materiale luminoso e movimento meccanico a carica manuale fornito in esclusiva dalla Rolex. Poco dopo Panerai riprogettò il quadrante, affinché fosse più funzionale e visibile ricorrendo a solo quattro grandi cifre arabe ai punti cardinali, intervallati da lunghi indici a barretta: gli uni e gli altri, però, non erano ricoperti di sostanza luminescente, ma scavati nella parte superiore del quadrante. Questo, formato da una sorta di scatolino di alluminio con cifre traforate nella parte superiore e una plastica trasparente con cifre a rilievo all’interno, era riempito di una miscela a base di radio e sigillato contro le infiltrazioni. Con la successiva applicazione della tecnologia dei ‘tubetti al radiomir’, che assicurò indici più fosforescenti e non sottoposti a rapido degrado, si riuscì a evitare la difficoltà di lettura in particolari condizioni di oscurità, emersa durante la sperimentazione. Sempre all’inizio degli anni Quaranta, una nuova modifica conferì agli orologi quella peculiarità che ancora oggi li connota rispetto a qualsiasi altro modello subacqueo: per risolvere il problema delle infiltrazioni nella cassa dalla corona a vite, in caso di immersioni profonde o molto prolungate, si aggiunse sul fianco della cassa un’armatura d’acciaio a forma di mezzaluna, con al centro una leva di serraggio a camma. Il congegno proteggeva la corona da urti o aperture involontarie e assicurava la tenuta stagna fino a una profondità di circa 200 m.
Se la guerra potenziò le attività aziendali, tanto da portare i dipendenti a oltre 100 unità, il dopoguerra non interruppe l’evoluzione e il perfezionamento degli orologi, né degli altri dispositivi. Grazie alle tecnologie sviluppate nella misurazione del tempo, nell’illuminazione, negli strumenti subacquei e nella meccanica di precisione in genere, si intensificarono le ricerche e i rapporti con la Marina. Per essere a contatto con il ministero e i militari e seguire le pratiche dei brevetti – fra il 1945 e il 1970 se ne contarono oltre 70 (più del 90% del totale) – negli anni Sessanta Panerai prese casa a Roma, nel quartiere Parioli.
Nel dopoguerra – in concomitanza con la progettazione e costruzione di vari torni ad alta precisione per orologeria e meccanica fine rettificati a mano, nella cui produzione l’azienda vantava una consolidata specializzazione – Panerai aveva ripreso la ricerca sugli orologi. Con il progredire degli studi sull’atomo e sulla radioattività era emerso, infatti, che il quadrante del Radiomir emetteva consistenti quantità di raggi gamma: per eliminare il pericolo di radiazioni, individuò un nuovo composto luminoso a base di trizio, innocuo e di ottima visibilità. La sostanza, chiamata ‘luminor’, diede il nome alla nuova serie di orologi che migliorava l’impostazione tecnica del Radiomir. Gli anni Cinquanta segnarono però la fabbricazione degli ultimi orologi per la Marina (in totale circa 300 pezzi). Panerai continuò, nondimeno, a impegnarsi nell’Associazione Industriali della provincia di Firenze, come responsabile del settore meccanico e a partecipare, ogni anno, alla Fiera di Milano.
Il 7 luglio 1956 sposò Maria Teresa Abetti (n. il 7 settembre 1923), figlia di un chirurgo. Le famiglie si conoscevano da tempo, perché il padre di Giuseppe e la nonna materna di Maria Teresa, Luisa Bürgisser, erano terziari francescani e quest’ultima, di nazionalità svizzera, frequentava spesso il negozio di piazza S. Giovanni. Dalla loro unione non nacquero figli.
Fra le molte applicazioni delle ricerche di Panerai all’inizio degli anni Sessanta spiccano quelle, costose e complesse, sull’elettroluminescenza. Questa, oltre che dall’Esercito, fu utilizzata anche nei principali sistemi forniti alla Marina, specie in quello di appontaggio, avviato già sul finire degli anni Cinquanta.
L’Italia fu il primo paese a dotarsi di elicotteri per impiego tattico imbarcati su navi di modesto tonnellaggio, con ponte di volo a poppa e ciò richiese soluzioni originali, specie per l’appontaggio nella notte o comunque in situazioni di ridotta visibilità. Si trattava, in particolare, di fornire al pilota precise indicazioni ottiche e creare un sistema di comunicazioni, ottiche e acustiche, fra la plancia di comando e il ponte volo per trasmettere ordini e segnali riguardanti le operazioni dell’elicottero. L’intero sistema venne fornito alla Marina militare dal 1965 al 1972 e installato su 14 unità navali.
Quelle citate rappresentano soltanto una modesta parte delle invenzioni di Panerai: i suoi brevetti, oltre ad attestare una creatività e versatilità non comuni, rivelano come l’impegno per la Marina non esaurisse le ricerche per congegni meccanici di vario genere, spesso anche un po’ bizzarri (dai rasoi messi a punto nel 1955 alla macchina per la tinteggiatura delle pellicce, datata 1968 che tingeva solo il pelo, lasciando inalterato il colore della pelle).
All’inizio degli anni Settanta si manifestarono i sintomi della malattia che colpì Panerai: l’ultima richiesta di brevetto risale, infatti, al luglio 1970. Nel predisporre la propria successione, ebbe un duplice obiettivo: mantenere in vita l’azienda e salvaguardare i rapporti con la Marina. A tale fine voleva che l’ingegner Dino Zei, allora tenente colonnello delle armi navali, con il quale collaborava dal 1968, gli subentrasse. Zei avrebbe dovuto lasciare la Marina con il consenso del ministero.
Pur di non perdere l’eccezionale patrimonio di competenze tecniche, abilità ed esperienza rappresentato dall’azienda e non privarsi di un indispensabile supporto tecnico e logistico nel campo dei sistemi ad alto contenuto tecnologico, la Marina accettò. Molti erano del resto i progetti classificati in corso per il Comando subacquei e incursori (COMSUBIN) – fiore all’occhiello della Panerai, in quanto costituivano la parte incursionistica e i prodotti tecnologicamente di punta – come pure erano in fase di definizione alcuni perfezionamenti per apparati e sistemi installati a bordo, primi fra tutti quelli di appontaggio e i teleindicatori di livello per le casse assetto dei sommergibili.
Panerai morì a Firenze il 7 febbraio 1972.
Poco tempo dopo Zei rilevò l’azienda, alla quale volle dare il nome di Srl Officine Panerai, di cui divenne amministratore unico, mentre le attività legate al negozio rimasero alla famiglia Panerai nella persona della sorella e, alla sua scomparsa nel 1993, alla vedova di Giuseppe, Maria Teresa Abetti. La continuità dell’impresa era salva.
Zei proseguì il lavoro del predecessore, ma in seguito alle diminuite commesse del ministero cercò di diversificare l’attività dell’azienda. Nel 1992 riprese i disegni di Panerai degli anni Trenta-Quaranta, ma cercando di adattare gli orologi a un normale impiego. L’anno dopo ne realizzò tre serie numerate e in tiratura limitata, ispirate al classico Luminor e al Mare Nostrum, un progetto, quest’ultimo, del 1943 rimasto allo stato di prototipo. L’inadeguatezza finanziaria e della rete di vendita non consentì però di andare oltre. Dopo incertezze e accordi falliti, nel marzo 1997 il comparto orologeria delle Officine Panerai – brevetti, marchio, disegni e know how – fu acquisito dal Vendôme Luxury Group, l’odierna Richemont, la multinazionale del lusso che nel 2000 rilevò lo storico negozio di piazza S. Giovanni. Il settore più specificamente militare, proseguì, invece, le forniture per la Marina.
Fonti e Bibl.: L’archivio della famiglia Panerai, andato in gran parte distrutto con l’alluvione di Firenze del 1966, è conservato presso l’abita-zione di Maria Teresa Abetti Panerai. Studi: M. Spertini - E. Bagnasco, I mezzi d’assalto della Xa Flottiglia Mas. 1940-1945, Parma 1991; Ufficio storico della Marina militare, I mezzi d’assalto, XIV, La marina italiana nella seconda guerra mondiale, Roma 1992; P. Ferrari, Stato e sviluppo industriale. Il Ministero della Marina 1884-1914, inItalia Contemporanea, 1994, n. 197, pp. 685-718; G. Negretti, Orologi di polso, s.l. 1997, 1998; Id., Panerai Historia. Nel profondo del mare, s.l. 1999; Officine Panerai 2000, Milano s.d.; E. Desiderio, Gli orologi della Marina, dalla guerra al lusso, in La Nazione, 13 giugno 2002, p. 43; Una storia che comincia con gli orologi per la Marina, in Affari & Finanza, suppl. a La Repubblica, 17 giugno 2002, p. 23; D. Zei, La Panerai di Firenze. 150 anni di storia, Fornacette di Calcinaia (Pisa) 2003; D. Manetti, G. P., imprenditore fiorentino del Nove-cento, in Imprenditori e banchieri. Formazione e selezione dell’imprenditorialità in Italia dall’Unità ai nostri giorni, Atti del Convegno di studi… Lucca…2003, a cura di G. Conti et al., Napoli 2004, pp. 171-199; L. Pasetto - L. Cipullo, Panerai. Una storia italiana, s.l. 2013.